Ben più che operatori sociali

di Mons. Joseph GRECH

 

Il vescovo di Sandhurst (Australia)
parla del segreto più profondo della vita sacerdotale:
l’azione dello Spirito che fa di poveri esseri
umani strumenti di Dio
.

 

Ringrazio sempre Dio per il mio primo parroco, che un giorno, non molto tempo dopo il mio arrivo in parrocchia, pregò su di me. La sua preghiera chiedeva che io potessi sperimentare, fin dall’inizio del mio ministero sacerdotale, una nuova discesa dello Spirito Santo in modo da diventare un testimone vero di Cristo Risorto.

Come effetto di quella preghiera, ora so che Gesù Cristo è vivo, non solo perché ho letto ed ho sentito parlare di Lui, ma perché ho sperimentato, nel profondo del cuore, il suo tocco e la sua presenza. Ma c’è di più: continuo a sperimentare questa incredibile realtà anche oggi, persino in questo momento in cui vi sto parlando.

Come risultato di quella preghiera tutto il mio ministero pastorale ha avuto un solo obiettivo: aiutare la gente ad avere un rapporto stretto e profondo con Gesù Cristo. Ho capito veramente bene che, come preti, la nostra vocazione e la nostra chiamata consistono nel portare la Sposa, la Sua Chiesa, non a noi, ma a Gesù Cristo, il nostro Dio che è innamorato di noi in modo appassionato.

Infatti, nel profondo del mio cuore, so bene che Gesù Cristo è presente in tutto quanto faccio e tocca quanti incontro, proprio come faceva nel tempo in cui passava sulle strade di Israele. Come è potente il nostro Dio! Basta guardare quanto la gente si trasforma e fiorisce, sperimentando il tocco del Dio vivente.

È questa una realtà che si ripercuote anche nel mio modo di predicare. So bene che molti fra noi sacerdoti sono spesso preoccupati e carichi d’ansia su come possiamo davvero proclamare il messaggio di Gesù Cristo in modo potente e significativo, cosicché la nostra gente possa sperimentare la realtà di Dio nella propria vita. Non dobbiamo mai dare per scontato il nostro modo di predicare. Dobbiamo studiare e leggere. È necessario essere ben informati, ma soprattutto dobbiamo parlare del nostro rapporto personale e intimo con Gesù Cristo.

E qui la mia preghiera personale quotidiana diventa decisiva. Prego costantemente che, quando le persone mi sentono parlare di Gesù e quando vedono come mi rapporto con loro, possano sperimentare che Gesù Cristo in quel momento li guarisce, li incoraggia, li ama e li perdona. Prego di poter diventare sempre più un segno pieno d’amore di ciò che Paolo esprime in Gal 2, 20: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».

In tutto questo, pur in mezzo a difficoltà, ansie e paure, trovo la forza per perseverare con speranza nella mia chiamata come prete. Non ci si può lasciar prendere dal panico e nemmeno sentirsi degli sconfitti. Sappiamo bene che nulla è impossibile a Dio (cf Lc 1, 37). Questo significa che per Dio tutto è possibile. Qui sta la mia identità di battezzato e di prete. Continuo il mio cammino con la gente che Dio ha affidato alle mie cure di pastore con lo sguardo fisso in Gesù Cristo (cf Eb 12, 1-2), sapendo bene che, come Paolo afferma nella Lettera ai Filippesi: «Tutto posso in Cristo che mi dà forza» (cf Fil 4, 13).

«Signore Gesù Cristo, aiuta noi sacerdoti e il tuo popolo a vivere ed esercitare la nostra vocazione con questa mentalità vincente».