Il contributo originale della CV vista dai Paesi poveri

Una diversa logica economica

di Esteban Belderrain

L’autore, filosofo e scientista politico argentino, in questo momento residente in Brasile e con ampia esperienza dell’America Latina, fa alcune considerazioni importanti sulla crisi finanziaria internazionale che ha scosso la sicurezza di coloro che credevano di avere tutte le risposte e le ricette per lo sviluppo. In questo contesto mostra come la “Caritas in Veritate” è un invito a rivedere con umiltà e serietà i modelli di sviluppo finora vigenti, riconoscendone certi lati positivi, ma anche le gravi lacune e gl’insuccessi persistenti che fanno più pregnanti e importanti le proposte innovative dell’enciclica.

Disuguaglianza sociale

L’America Latina è ancora segnata da scandalosi livelli di povertà e miseria. Dal 40% al 45% delle persone si trovano in grave situazione di povertà (più di 200 milioni). È interessante osservare che nei primi anni della decada del 1990 come anche il primo periodo degli anni 2000, nei quali hanno dominato ricette economiche differenti, sono stati anni di crescita economica in buona parte dei paesi della regione, ma gli indici di povertà cambiarono ben poco o restarono inalterati.
Molti studi mostrano che il ritmo della riduzione della povertà nella regione non è esattamente legato al modello economico adottato, ma al livello di crescita economica globale e, fondamentalmente, all’influenza diretta che questa crescita ha nel reddito dei poveri. Nelle società disuguali è più facile che i settori più potenti si approprino dei benefici della crescita. Per questo, la distribuzione iniziale dei redditi e il modo di come questa distribuzione avviene lungo il tempo, condizionano il ritmo dell’eliminazione della povertà.
Arriviamo così al nodo della questione. Se la crescita dell’America Latina è stata minore di quella di altre regioni del pianeta, se nelle ultime decadi questa crescita si è fermata e se i suoi benefici non hanno portato ad una maggior riduzione della povertà, in buona parte lo si deve alla profonda disuguaglianza che c´è nella regione. È la disuguaglianza che ostacola la riduzione della povertà e ritarda la crescita e lo sviluppo.

Principio della gratuità

L’America Latina è ancora la regione con maggiore disuguaglianza nel pianeta. È l’esempio più chiaro dello scandalo delle “disparità che feriscono” su cui il Papa ha parlato nella Caritas in Veritate (CV).
Il 10% dei più ricchi della popolazione detengono 84 volte più risorse che il 10% dei più poveri. In Italia, paese che registra la maggiore disparità sociale in Europa, i ricchi hanno in mano 12 volte più risorse che i poveri. Nell’America Latina il 20% dei più poveri della popolazione hanno in mano soltanto 3,3% dei rediti, invece il 20% dei più ricchi hanno in mano il 57,9%.
Questo risponde alla domanda del perché il livello di povertà non dipende dall’applicazione dell’uno o dell’altro modello economico e perché bisogna cambiare la logica per affrontare le cause profonde di questo problema. Forse è qui il maggiore contributo che la nuova enciclica può dare per capire la realtà latino-americana e non solo, e trasformarla: Benedetto XVI ci invita a superare la discussione sui modelli economici pensando di più agli attori sociali reali e alla logica che sta dietro ai loro atteggiamenti e condotte.
«La grande sfida che abbiamo davanti a noi – fatta emergere dalle problematiche dello sviluppo in questo tempo di globalizzazione e resa ancor più evidente dalla crisi economico-finanziaria – è mostrare, a livello sia di pensiero sia di comportamenti, che non solo i tradizionali principi dell’etica sociale, quali la trasparenza, l’onestà e la responsabilità non possono venire trascurati o attenuati, ma anche che nei rapporti di mercato il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto dentro la normale attività economica. Ciò è un’esigenza dell’uomo nel momento attuale, ma anche un’esigenza della stessa ragione economica. Si tratta di una esigenza ad un tempo della carità e della verità» (CV n. 36).
La questione non è soltanto di diminuire il peso dello Stato e del mercato nell’ orientamento dell’economia, ma di rivedere come questi attori si comportano. È già chiaro che il fatto di aver lasciato, nel passato, il destino dell’economia al libero gioco dei capitali non ha prodotto un maggiore beneficio in termini sociali. Ma lo stesso succede oggi là dove c´è una maggiore presenza dello Stato nel controllo dell’economia. Molti governi spendono più risorse per assicurarsi la permanenza nel potere che per produrre i cambiamenti sociali necessari.
Nell’enciclica, il Papa scrive: «La vittoria sul sottosviluppo richiede di agire non solo sul miglioramento delle transazioni fondate sullo scambio, non solo sui trasferimenti delle strutture assistenziali di natura pubblica, ma soprattutto sulla progressiva apertura, in contesto mondiale, a forme di attività economica caratterizzate da quote di gratuità e di comunione. Il binomio esclusivo mercato-Stato corrode la socialità, mentre le forme economiche solidali, che trovano il loro terreno migliore nella società civile senza ridursi ad essa, creano socialità. Il mercato della gratuità non esiste e non si possono disporre per legge atteggiamenti gratuiti. Eppure sia il mercato sia la politica hanno bisogno di persone aperte al dono reciproco» (CV n. 39).

Una logica diversa

I cambiamenti necessari richiedono un cambiamento di logica e non soltanto di un trasferimento del dominio del mercato allo Stato o viceversa. È necessaria una logica di azione economica e un’altra per l’azione politica. Vuol dire sostituire i principi di massimizzazione dei profitti o di potere che operano in modo predominante sugli attori economici o politici, con principi di carità, quindi di giustizia fraterna e solidale, che aiutino a superare il grave problema della disuguaglianza.
Nel capitolo dedicato all’economia, il Papa approfondisce la sua analisi. «Oggi possiamo dire che la vita economica deve essere compresa come una realtà a più dimensioni: in tutte, in diversa misura e con modalità specifiche, deve essere presente l’aspetto della reciprocità fraterna. Nell’epoca della globalizzazione, l’attività economica non può prescindere dalla gratuità, che dissemina e alimenta la solidarietà e la responsabilità per la giustizia e il bene comune nei suoi vari soggetti e attori. Si tratta, in definitiva, di una forma concreta e profonda di democrazia economica. La solidarietà è anzitutto sentirsi tutti responsabili di tutti, quindi non può essere delegata solo allo Stato. Mentre ieri si poteva ritenere che prima bisognasse perseguire la giustizia e che la gratuità intervenisse dopo come un complemento, oggi bisogna dire che senza la gratuità non si riesce a realizzare nemmeno la giustizia. Serve, pertanto, un mercato nel quale possano liberamente operare, in condizioni di pari opportunità, imprese che perseguono fini istituzionali diversi. Accanto all’impresa privata orientata al profitto, e ai vari tipi di impresa pubblica, devono potersi radicare ed esprimere quelle organizzazioni produttive che perseguono fini mutualistici e sociali. È dal loro reciproco confronto sul mercato che ci si può attendere una sorta di ibridazione dei comportamenti d’impresa e dunque un’attenzione sensibile alla civilizzazione dell’economia. Carità nella verità, in questo caso, significa che bisogna dare forma e organizzazione a quelle iniziative economiche che, pur senza negare il profitto, intendono andare oltre la logica dello scambio degli equivalenti e del profitto fine a se stesso» (CV n. 38).
Lo stesso potremmo sperare dalla politica, anche se questo tema non é stato affrontato per esteso dal Pontefice. Prevale nella letteratura sulle politiche economiche un consenso su due condizioni basiche per lo sviluppo: il capitale istituzionale – il funzionamento delle istituzioni politiche ed economiche – e il capitale sociale, inteso come la fiducia scambievole tra membri di una comunità. In fondo, una delle pietre più pesanti da rimuovere nel camino dello sviluppo dell’America Latina è la mancanza di attuazione della democrazia in tutta la sua pienezza, non solo quella ristretta all’ambito politico e fatta come sistema di governo, ma anche come espressione di valori etici estesi su tutti gli ambiti dell’attività umana. Anche l’attività politica, se desidera contribuire per «lo sviluppo economico, sociale e politico, ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità» (CV n. 34).
Se, nel campo economico, la comunione implica la donazione libera di profitti, nel campo politico la fraternità significa la donazione libera di quote di potere in beneficio del cittadino, specie dei più deboli. La democrazia partecipativa e la delega di potere (empowrement1) al cittadino, trovano nuove chiavi di significato nel principio di fraternità.
Comunione e fraternità, nomi nuovi per superare le gravi ingiustizie che attraversano l’America Latina come tanti altri angoli del nostro pianeta, sommersi in una povertà indegna dell’essere umano. Sono nomi nuovi per suscitare speranze di sviluppo «integrale, il che vuol dire rivolto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo» (CV n. 18).

Juan Esteban Belderrain

 

1)    “Tra le parole straniere ormai di uso corrente, empowerment è una delle poche a non avere un corrispettivo nella lingua italiana. (…) In politica, l’empowerment è la capacità di ripensare la vita sociale di gruppi e di singoli attraverso la formazione e l’informazione, per favorire l’accesso alle risorse da parte dei gruppi oppressi, aumentando la loro partecipazione attiva alla vita politica e la capacità di dominare gli eventi, permettendo l’assunzione di responsabilità e ampliando la possibilità di incidere sul dibattito decisionale. (…) di fronte alla concentrazione in poche mani del potere economico e politico in ambito planetario, se ne auspica la delega e il trasferimento; a fronte della concentrazione e della privatizzazione dei saperi, si lavora per lo sviluppo delle potenzialità e l’aumento delle capacità delle popolazioni del Sud del mondo; a fronte dell’erosione degli spazi di democrazia, si lotta per la valorizzazione del contributo di tutti; contro una globalizzazione basata unicamente sulla legge del più forte, [si promuove] la responsabilità della partecipazione politica in prima persona.” (G. BURGIO, in:      http://www.aggiornamentisociali.it/0302lessico.html.