Semi di speranza tra i giovani

È ben nota la situazione del cristianesimo in Olanda: dopo secoli di abbondante fioritura anche nella diffusione della fede nel mondo, il cristianesimo sembra spazzato via dalla secolarizzazione,una vera “notte” di ateismo. Ma oggi si aprono nuove prospettive. È l’esperienza di un parroco della città di Eindhoven.

Situazione della Chiesa

Circa trenta anni fa, la Chiesa cattolica nel nostro Paese è entrata in una profonda crisi. In breve tempo abbiamo perso quasi tutti i giovani e i vescovi hanno persino chiuso i seminari mandando i pochi seminaristi rimasti a vivere in mezzo a tutti gli altri studenti. Nella società olandese era diventato un tabù parlare di Dio. Ad eccezione di qualche piccolo gruppo o qualche Chiesa protestante, i cristiani avevano perso la capacità di parlare dell’esperienza di Dio. Due anni fa un’indagine sociologica ha rilevato che l’Olanda è diventato il Paese più secolarizzato al mondo.

Ma oggi ci sono forti segni che stiamo entrando in una fase nuova. Siamo testimoni di un risveglio della fede, particolarmente fra i giovani. Ciò è frutto soprattutto della presenza dei nuovi carismi ecclesiali e anche del modo con cui i nostri vescovi hanno valorizzato i Movimenti che provengono da questi carismi. È successo così che ad esempio, sin dal 1998, le diocesi e i Movimenti organizzano insieme la partecipazione dei giovani olandesi alle Giornate mondiali dei giovani e alle Giornate nazionali della gioventù cattolica.

Oltre la secolarizzazione

Per quanto riguarda i nostri giovani, si può dire che ormai siamo entrati veramente in una nuova stagione. Essi sono i figli o persino i nipoti della generazione più secolarizzata. In genere conoscono poco o niente di Gesù e della Chiesa. Per cui quando s‘imbattono in una fede vissuta in modo evangelico, non sono trattenuti da preconcetti. Scoprono la Chiesa come comunione, come luogo di rapporti veri nei quali traspare il mistero di Dio come vita d’Amore.

Di fronte a questa situazione ho sentito di dover porre nel mio ministero un accento tutto particolare sui giovani, tanto che sei anni fa ho chiesto al mio vescovo di poter dedicare una consistente parte del mio tempo alla pastorale giovanile ed egli ne è stato ben lieto.

Una metodologia relazionale

Quale il mio approccio? Prima di tutto “perdo tempo” con i giovani, cioè apro la mia casa e il mio cuore per loro: per le loro ansie, le loro aspettative, le loro sofferenze e le loro gioie; in breve “vivo l’altro”. Così quando sono in parrocchia, ma anche in momenti privilegiati come le vacanze.

Sono sempre di nuovo sorpreso nel vedere che ciò che più di tutto conferisce dinamismo e fecondità alla pastorale è l’impegno di vivere autenticamente i rapporti secondo gli insegnamenti di Gesù. Cerco dunque di donarmi gratuitamente agli altri. Quando questa donazione trova una risposta nel cuore del giovane e diventa reciproca, allora sperimentiamo fra di noi la presenza di Gesù Risorto, come fuoco ardente e luce sapienziale. Una volta toccati da questo fuoco d’amore, per loro inizia una scuola di vita, una scuola di comunione, tenuta da Gesù vivente fra noi.

Così abbiamo visto nascere in parrocchia una comunità internazionale di giovani anglofoni. Poi è nata la comunità francofona, composta da francesi e profughi africani. In seguito la comunità di lingua ispanica, formata da latino-americani e spagnoli.

Porto avanti ogni iniziativa per i giovani con un’équipe composta da loro.

Strada facendo, sono stati i giovani stessi a coinvolgermi nella pastorale vocazionale. Sono nati due circoli vocazionali, uno per ragazzi e uno per ragazze. Così ho potuto aiutare già una decina di giovani a scoprire la loro chiamata a donarsi a Dio nella verginità.

Potete immaginare quanta gioia e forza questa esperienza ormai ininterrotta sta donando anche a me come pastore.

Rapporti «da Gesù a Gesù»

Per concludere vorrei evidenziare la dimensione mistica e carismatica dell’approccio pastorale che sto vivendo. È stato decisivo per me l’incontro con la spiritualità dell’unità. Mi ha portato alla scelta fondamentale di voler amare Gesù nell’altro. Questo è essenziale, come in ogni altro campo, anche nella pastorale giovanile e vocazionale: bisogna indirizzarsi alla persona di Gesù che vive nel giovane, partendo da Gesù che vive anche in me.

Questa consapevolezza mi sprona – come accompagnatore e guida – a contare soprattutto sull’azione dello Spirito Santo nelle persone.

Ciò mi rende attento a dare spazio alla Sapienza e a seguire la voce interiore dello Spirito. E ogniqualvolta scelgo quest’atteggiamento, sento che un Altro parla in me e tocca i giovani. È motivo di profonda riconoscenza a Dio e inaspettata forza per me sperimentare le parole di Gesù: «Fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Perché, in definitiva, è Lui che chiama e continuerà a chiamare i giovani ad ogni vocazione possibile, per edificare il Suo Regno in mezzo a noi.

Ad Verest