Fraternità: la mia luce

Questo racconto in prosa è anche poesia. E con una vera poesia si conclude. È la storia di un sacerdote divenuto cieco, che nell’amore fraterno trova una nuova luce per sé e per gli altri. La trascriviamo così come è stata raccontata dall’autore durante il Congresso.

Sono di Napoli, sacerdote da 49 anni.

Nato in una famiglia numerosa di 11 figli. Sono cresciuto in questo bel giardino e al calore dell’amore dei miei genitori e dei miei fratelli è sbocciata la mia vocazione. Animatore dei ragazzi delle medie e poi del ginnasio, in attesa ansiosa di arrivare al traguardo: “Il sacerdozio”. Sognavo ad occhi aperti, volevo cambiare il mondo.

Poi una grazia: un anno prima del sacerdozio, si va a Lourdes. Ho il cuore pieno di gioia, ma dura poco. La mia strada va in salita, perché vado sano e torno ammalato negli occhi. Non potrò più studiare se non aiutandomi con grosse lenti d’ingrandimento.

Arrivato il giorno della mia prima messa, mentre tutto intorno è festa, per me ha inizio la notte; non riesco a leggere il testo sacro, mi crollano tutti gli ideali; successivamente sono mandato in una parrocchia vicino casa. Per stordirmi e dimenticare mi butto in mille cose. Il vuoto che è dentro di me è sempre più profondo.

Sono giovane e sogno grandi ideali, perciò vado in Svizzera per farmi curare da un professore di fama mondiale. Tre volte sono partito: 20 giorni la prima volta, 40 giorni e poi 9 lunghi mesi di cure e terapie. Rado barbe ai malati, suono e canto canzoni della mia terra per sbarcare il lunario.

Dopo tutto, deluso e pieno di debiti, ritorno a casa senza successo.

La dipendenza dagli altri, il sentirmi compatito, mi pesa enormemente. Poi nel mio cielo grigio una piccola stella: un giovane sacerdote si presta ad aiutarmi a leggere e a scrivere le mie cose. La luce dei suoi occhi, il suo caldo sorriso e la sua grande serenità, mi danno sicurezza. Un giorno mi ha parlato di Dio (“a me sacerdote?”) e di alcuni amici, i quali, amandosi fino ad essere disposti a dare la vita l’uno per l’altro, realizzavano la presenza di Dio tra loro.

Questo mi ha così stupito che ho voluto conoscere i suoi amici. Ed è stato un incontro folgorante. Una fulgida luce nella mia notte. Dopo quell’incontro i focolarini non mi hanno lasciato più. Così quella fiamma appena accesa veniva costantemente alimentata.

Invitato a un convegno per i sacerdoti, volentieri vi ho partecipato. Stranamente, poi, stufo voglio andarmene; quando un sottile filo di voce, dolce e caldo, accarezzando l’udito mi scendeva nell’anima. Senza vedere entro e soltanto alla fine scopro di essermi seduto in prima fila davanti a Chiara Lubich che era venuta a parlarci.

Non ricordo cosa abbia detto, ho sentito una grande luce piombarmi addosso. Dagli occhi, una pioggia abbondante di lacrime, come vaso pregiato colpito in pieno va in frantumi, così ero io. Ma vorrò ricomporre i cocci e comincio così a compiere piccoli atti di amore e scopro che l’amore mi apre il cuore, illumina  tutto il mio essere.

Poi, quella notte, la più nera della mia vita, buttato lì per terra, solo e deluso, una voce: tu sei cieco  due volte, negli occhi e nel cuore. Chi ama vede. Illuminato da  questa luce ho detto il mio sì. Dio è entrato in me e ho visto con occhi nuovi. Ogni cosa un pretesto per amare, ogni persona un prossimo da amare. Sperimentavo così che dovevo fare soltanto una cosa: amare.

Intanto, coglievo i primi frutti  di questo mio essere fisso nella luce. Le persone venivano a me e se ne tornavano risolte e decise a ricominciare. Intanto sbocciava nel mio cuore un grande desiderio, una grande passione: incontrare i sacerdoti. Li andavo a trovare ed essi stupiti mi chiedevano: ma tu come fai? E nel raccontare loro il miracolo di questa luce ne erano attratti.

Sono ormai anni che fusi in uno dall’amore con altri sacerdoti che condividono lo stesso Ideale, abbiamo la fortuna, la gioia e la grazia di avere tutti i giorni la vera luce della sua presenza in mezzo a noi. E in questa luce vado libero, felice cantando: non vedo con gli occhi, ma al buio una luce hai messo nel mio cuore, e adesso sì! Ci vedo.

La luce sei Tu. E dietro questo sipario compio opere meravigliose, stupende. Ti ringrazio Signor.

 

È tanto bello il sole quando brilla
Il delicato vento quando sfiora e
Spaziare dal monte al piano e contemplare
Gli occhi di un bimbo.
È tutto bello: è tua bellezza.
Ma c’è un perché nella mia vita:
Perché si è spenta la luce degli occhi miei?
Perché non vedo l’azzurro del mare?
E non mi avvedo della tua presenza
Nel fratello che mi passa accanto.
È per la tua gloria, o Dio:
Un angelo mi portò la luce
Che importan allora le cose del creato se
Dentro mi hai messo il paradiso?
È la mia gioia d’essere un’ombra
Sulla quale tu solo vuoi brillar.

Raffaele Alterio