Scuola di comunione

Della cittadella del Movimento dei focolari sorta a Loppiano, nei pressi di Firenze1, fa parte anche il Centro di formazione alla spiritualità di comunione per sacerdoti, diaconi permanenti e seminaristi diocesani «Vinea mea». Si tratta di una «scuola d’ecclesiologia di comunione» non soltanto teorica ma pratica, come mostrano queste esperienze di alcuni dei seminaristi che – col consenso dei loro vescovi – vi hanno trascorso un periodo della loro formazione.

Vivere il Vangelo nel quotidiano

Bogdan Kania, che cosa ti ha spinto a interrompere gli studi per andare per un anno a Loppiano?

Nel mio seminario in Polonia ho sentito dire che c’era un gruppo di “focolarini”. Quel nome non mi diceva niente, ma proprio per questo ho deciso di conoscerli! Durante gli incontri meditavano su una frase della Scrittura per metterla in pratica, e raccontavano esperienze su come l’avevano vissuta. Io non credevo che quelle esperienze fossero vere; pensavo le inventassero.

Un giorno, sulla strada, un giovane ci chiese qualcosa da mangiare. Io non sapevo cosa fare, ma un amico del gruppo mi disse: «Compra per lui quello che piace di più a te». Ho fatto così e l’ho dato al giovane, provando una gioia profonda, come se avessi incontrato Gesù.

Da allora ho capito che anche le esperienze di quegli amici erano autentiche. E mi sono convinto che pure io potevo vivere il Vangelo ogni giorno.

Qualcuno degli amici che vivevano così in seminario mi raccontò che aveva frequentato per un anno il Centro di spiritualità di Loppiano, dicendomi che si trattava di una “scuola” di Vangelo vissuto insieme. Avevo il desiderio di fare anch’io tale esperienza. Sapevo che gli altri seminaristi non avrebbero compreso questa scelta e mi avrebbero criticato, ma ho deciso di chiedere ai responsabili del seminario la possibilità di interrompere gli studi e di venire a Loppiano. Infatti, sono convinto che la preparazione al sacerdozio non è fatta solo di sei anni di studio teologico, ma di una realtà profonda di vita secondo il Vangelo che dura per sempre.

Qui si impara l’unità, cuore del Vangelo

E tu, László Gyetkó, vieni dall’Ungheria: come ti trovi in questo Centro di spiritualità di comunione?

Sono contento, ma è anche un grande cambiamento nella mia vita, perché si tratta proprio di un’esperienza di quell’“unità trinitaria” che Gesù ha chiesto al Padre per noi («che siano uno come tu ed io siamo uno»), cioè di amore fraterno nella reciprocità: imparare a dare e a ricevere. Ho capito che alla base di tutto ci deve essere l’amore reciproco: prima di lavorare, prima di pregare, prima di qualsiasi altra cosa; e questo è stato molto nuovo per me.

Che cosa significa per te fare un’esperienza così intensa di questa realtà che costituisce il cuore del Vangelo e pertanto della vita cristiana?

Ho sperimentato che ciascuno ha qualcosa di prezioso da dare. Vivendo il “date e vi sarà dato”, ho sperimentato che ricevo sempre di più di quanto sono capace di dare.

Una volta sono arrivati degli ospiti e ricorreva anche il compleanno di uno di noi. Abbiamo fatto una festa, dove io mi sono impegnato al massimo nell’organizzazione e anche gli altri davano il meglio di sé. Mi ha sorpreso vedere la festa che ne è uscita: molto più bella di quella che potevo fare o pensare. L’unità è proprio una forza! Lo si può sperimentare costantemente in ogni ambito della vita.

Entriamo nel concreto…

Jojo Unlayao, tu sei delle Filippine. Ci puoi raccontare un fatto che faccia vedere cosa significa per te la vita secondo il comandamento di Gesù?

Un giorno avevamo lavorato molto e io ero stanco. Marcin mi ha ricordato che sarebbe toccato a noi preparare la cena. «Cuciniamo le congie, ho detto, un piatto tipico filippino, perché è facile da preparare».

Nel pomeriggio sono sceso in cucina per prendere dal freezer delle cosce di pollo e scongelarle. Ma ho visto che Marcin aveva già tirato fuori del tacchino. Ho insistito per cambiare la carne, perché il tacchino non rientrava affatto nella mia ricetta. In quel momento è arrivato il responsabile della cucina e ha detto che non era bene rimettere nel freezer carne già scongelata. Ero deluso.

Provvidenzialmente quel pomeriggio abbiamo guardato una conversazione in cui Chiara parlava a un congresso di seminaristi di ciò che ci distingue come autentici cristiani, cioè l’amore al fratello e l’amore reciproco. Era per me come una doccia fredda, perché mi sono subito accorto che quelle parole erano dirette a me. Abbiamo quindi cambiato il nostro menù, che è stato apprezzato da tutti, perché non abbiamo lasciato che l’egoismo guastasse il nostro cibo.

Da allora è è cambiato il nostro modo di cucinare, poiché non cuciniamo secondo le nostre preferenze, ma considerando Gesù presente nei fratelli.

Può sembrare un episodio piccolo e banale, ma sappiamo quanto anche futili motivi possono disturbarci personalmente e compromettere la comunione. La vita è intessuta soprattutto di “normali” realtà quotidiane, e soltanto allenandosi a vivere bene queste si diventa capaci di affrontare con sapienza e nella comunione anche le realtà più grandi.

La comunione ci rende liberi

Una domanda a te, Emanuel Stañczyk, che vieni dalla Polonia: quando fate le cose insieme, non ti senti limitare nella libertà?

Ricordo un fatto semplice: un giorno ero un po’ triste e dopo il pranzo volevo ritirarmi e stare in pace. Ma mi sono ricordato che era bene non fare la mia volontà ma quella di Dio e quindi amare concretamente gli altri.

Sono andato in cucina per vedere se c’era qualche lavoro da fare. Mi è stato chiesto allora di aiutare a pulire degli armadietti.

Dopo mezz’ora di lavoro, ero molto contento di aver fatto quello che era stato deciso insieme con gli altri. La tristezza si era trasformata in gioia.

Quando, al posto dei miei desideri, scelgo la volontà di Dio, che è il bene più grande e che sempre significa “amare”, trovo la libertà piena. Libertà anche dai condizionamenti delle mie abitudini, che tante volte sono portato ad assolutizzare, mentre sono spesso relative. Ma libertà soprattutto per fare la volontà di Dio.

Questo logicamente non è sempre facile, spesso costa, ma vale la pena, perché si trovano la gioia e un’unione più profonda con Dio.

a cura della redazione

 

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1) Per un’ampia presentazione delle caratteristiche e degli obiettivi di questa “città del Vangelo”, cf M. Zanzucchi, Una giornata a Loppiano, Città Nuova, Roma 2004