«Dove due o più…»

Sul tema della presenza di Cristo nella comunità, al congresso si è proposto un ampio stralcio del discorso tenuto da Chiara Lubich in occasione del Fokolar-Festival a Payerne (Svizzera) il 26 settembre 1982. In maniera molto didattica la fondatrice dei Focolari spiega come vivere concretamente l’unità evangelica in modo che si possa sperimentare la realtà profonda della comunione cristiana: la presenza del Risorto in mezzo ai suoi1.

«Farsi uno»

Per servire bene, ci sono due paroline fantastiche, che non bisogna mai dimenticare: “farsi uno”, farsi uno con gli altri. È favoloso! Cosa significa? In termini moderni sarebbe: “vivere l’altro”, cioè non vivere più ripiegati su noi stessi, ma cercare di entrare nell’altro, nei suoi sentimenti, cercar di portare i suoi pesi, cercar di condividere le sue gioie. Farsi uno. «Con i bambini come faccio? Vogliono che io giochi con loro!». Giocare. Farsi uno in tutto, tranne che nel peccato, quello no. Farsi uno. E dirai: «Ma che perdita di tempo star lì a guardare quella cosa alla televisione! Che perdita di tempo andare a fare una gita!» No, non è perso il tempo, è tutto amore, è tutto tempo guadagnato, perché bisogna farsi uno per amore.

Se oggi tutti portassimo via solo questa parola: farsi uno per amore, cioè disinteressatamente…! Farsi uno per amore, non per guadagnarli a Cristo, neanche questo, neanche per un interesse soprannaturale. Farsi uno. D’altra parte ho costatato che, vivendo così con persone che magari non vogliono saperne di Gesù Cristo, questo farsi uno con loro – condividere le loro pene, i loro dolori – ha come conseguenza che quelle persone “ritornano” perché si sentono libere.

Questo farsi uno esige la morte di noi, perché non possiamo più vivere per noi stessi ma per gli altri. Questa morte di noi è la Vita in noi, è Cristo in noi. Se Cristo è in noi, sulla nostra morte, tutti, presto o tardi, vengono attirati a Cristo. Gesù ha detto: «Quando sarò innalzato sulla croce, attirerò tutti a me»2. Quando anche noi, rivivendo Cristo, siamo un altro lui, quando innalziamo sulla croce il nostro io, cioè lo “ammazziamo” per lasciar vivere Cristo, pian piano vengono tutti conquistati. Questa è la grande esperienza del Movimento dei focolari. Se siamo così tanti, in 146 nazioni ormai – che vuol dire praticamente in tutto il mondo – lo si deve all’amore, al servizio, all’essersi fatti uno senza alcun interesse, solo per amare, solo per amore. Dice san Paolo: farsi «tutto a tutti», farsi «debole con i deboli», per guadagnarli a Cristo, «per salvare ad ogni costo qualcuno»3. Questo amore disinteressato è un metodo apostolico straordinario.

Io vorrei farvi esempi di persone che – perché mi sono fatta uno – hanno voluto poi conoscere Cristo, il nostro Ideale, e sono state conquistate a Gesù. O di altre, con le quali mi sono fatta uno, aiutandole, facendo loro qualche regalo, scrivendo a Pasqua, a Natale, aiutando le loro famiglie… E sempre per amore. Magari, trent’anni dopo, vogliono essere anche loro seguaci vivi e autentici di Gesù. Bisogna saper aspettare, ma soprattutto bisogna essere sicuri che l’amore rimane, rimane anche in Paradiso, quindi è la cosa più bella che noi possiamo fare. Dobbiamo farci uno per amore, in tutto, tranne che nel peccato. Il peccato, no.

L’unità: è Gesù!

Questo farci uno, come dicevo, presto o tardi conquista. E che cosa succede della persona conquistata? Anche lei vuole amare, vuol farsi uno e cerca di farlo con tutti, anche con noi. Succede allora che siamo in due a farci uno, ad amarci veramente come Gesù vuole: Gesù vuole che ci amiamo fino a morire l’uno per l’altro. Non vuole che ci amiamo, aspettando di morire domani, dopodomani, il prossimo anno; vuole che moriamo adesso, vuole che viviamo “morti”, morti a noi stessi perché vivi all’amore. Allora, quando due anime s’incontrano e si amano così, ecco succedere un fatto straordinario. Come quando due elementi si combinano e ne viene fuori un terzo, che non è la somma di due elementi ma è un’altra cosa, così, quando Antonio e Livio si amano in questa maniera, avendo come misura dell’amore la morte, cosa viene fuori? Un terzo elemento. Non è Livio più Antonio, Antonio più Livio, non è un miscuglio di due persone, non è un gruppo di due o più persone: è Gesù! È Gesù! È una cosa favolosa! «Dove due o tre sono uniti nel mio nome – dice Gesù – (che vuol dire ‘in questo amore’, ‘in me’) io sono in mezzo a loro»4, che vuol dire: ‘in loro’. Due o più persone che si amano in questa maniera portano nel mondo, generano nel mondo una fiamma: lo stesso Cristo, lo stesso Gesù. È favoloso!

Ricordo quando facevamo le prime esperienze di questo modo di amare, che auguro a tutti. Eravamo sorpresi, incantati. Dicevamo: «Oh! l’unità, l’unità, che divina bellezza! Non abbiamo parole… non si può spiegare: è Gesù. Si vede, si sente, si gode con i sensi dell’anima, ma non si può dire cosa sia. È ineffabile come Dio. Ci si accorge soprattutto quando manca: è come se il sole tramontasse. L’unità, che è la presenza di Gesù in mezzo a noi, porta il suo spirito, lo spirito di Cristo con tutti i suoi frutti, che sono: una pace mai sperimentata prima; una gioia mai conosciuta; voglia di amare; spirito di eroismo; illuminazione, fa capire, fa comprendere meglio le Scritture, fa interpretare meglio gli avvenimenti. È lo Spirito che guida, è lo Spirito Santo, lo spirito di Gesù. Dove c’è quest’unità, c’è lo spirito di Gesù con tutti i suoi frutti. È una meraviglia!».

E qualcuno potrà dire: «Mi puoi spiegare meglio come è questa presenza di Gesù?». Vedi, prima di partire da questa terra, Gesù ha detto: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo»5. Io resto con voi. E dov’è Gesù adesso? Lo sappiamo: è nel suo Corpo, che è la Chiesa; è con i cristiani, specie con quelli che lo annunziano; è presente nei successori degli Apostoli; è nella Santissima Eucaristia; è nei poveri, negli ammalati, nei deboli; è nella sua Parola – la Parola di Dio è Gesù – ; è anche nella comunità unita nel suo nome, lui è qui... «Dove due o tre… ivi sono io…». Questa è una parola tanto amata anche dai riformati. Gesù è lì.

Ai tempi nostri c’è una sensibilità tutta particolare per questa presenza di Gesù. Lo dice Paolo VI, quando afferma che oggi il mondo non ascolta tanto i maestri quanto i testimoni; cioè quelli che prima fanno e poi parlano. E dice ancora che, se il mondo ascolta i maestri, è perché prima sono testimoni. Noi lo possiamo capire, vedendo, per esempio, come è ascoltata dovunque Madre Teresa di Calcutta. È ascoltata e accettata, perché ha una realtà dietro alle spalle. E così anche altri testimoni del nostro tempo.

Sì, oggi è in rilievo il mandato missionario che dice di andare e predicare a tutte le genti e battezzare, ma viene in rilievo in modo speciale il mandato missionario di Giovanni, che dice: «Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri»6. Ne abbiamo avuto una conferma enorme quando siamo stati in Asia, a parlare a migliaia di buddisti. Erano sensibili alle parole di Gesù, alle sue verità, alle verità del cristianesimo e vi aderivano con amore, perché avevano conosciuto nel mondo gruppi di focolarini, di volontari, cattolici e non cattolici, tutti uniti con Cristo in mezzo a loro. E Cristo li ha colpiti. Infatti il Vangelo dice: «Che siano uno, affinché il mondo creda»7. E hanno creduto! È importantissima questa presenza di Gesù. È importante anche qui in Svizzera.

Portiamo l’amore, Gesù, nelle strutture della nostra Chiesa, portiamo l’amore, Gesù, nei nostri Ordini, nelle nostre Congregazioni. Quante volte ci sono queste bellissime aiuole della Chiesa ma non fioriscono del tutto; manca un po’ di sole, manca l’amore. Se portiamo l’amore, vedremo una meraviglia, il giardino della Chiesa! (...)

Chiara Lubich

 

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1) Il testo integrale di questo discorso è stato pubblicato nella rivista GEN, nn. 4-8/2005.

2) Gv 2, 32.

3) Cf 1Cor 9, 22.

4) Mt 18, 20.

5) Mt 28, 20.

6) Gv 13, 35.

7) Gv 17, 21.