Vivere in Dio i rapporti umani

La possibilità e la ricchezza della vita nel celibato dipendono dalla qualità dei rapporti che stabiliamo. Lo mostra questa testimonianza onesta, sincera e toccante di un sacerdote austriaco, assistente spirituale degli studenti della facoltà di teologia e padre spirituale del seminario minore, nella diocesi di Graz.

Sono cresciuto in una famiglia numerosa, insieme a sette fratelli e sorelle. A casa regnava un clima d’amore, di vera comunione, e allo stesso tempo d’apertura verso tutti quelli che venivano in contatto con noi. Ho sperimentato anche una fede profonda e vissuta, che ha fatto crescere in me, già da bambino, un rapporto personale con Gesù. Con quest’esperienza bella di famiglia alle spalle, era spontaneo sentire il desiderio di avere da grande una bella famiglia.

Da giovane amavo essere in rapporto con tanti, cercavo la compagnia degli altri per parlare insieme, per giocare, per portare avanti interessi comuni. In modo speciale mi piaceva la musica e anche la danza. Suonavo il clarinetto e il sassofono, ho girato in tanti posti col mio gruppo musicale. Pensavo di studiare musica per fare del mio hobby anche la mia professione.

Dato il mio carattere aperto, ho avuto facilità anche nel rapporto con le ragazze. È nata qualche amicizia in cui si facevano sentire in maniera forte i sentimenti verso l’una o l’altra.

La chiamata a una donazione totale

Quando ho conosciuto il carisma dell’unità, ho scoperto Dio in modo nuovo e più profondo come Colui che mi avvolge con il suo amore infinito e che vuole trasformare tutti gli aspetti della mia vita. Mi sentivo spinto a vivere con intensità la Parola di Dio e a chiedermi sempre più quale fosse la sua volontà, i suoi piani per la mia vita. Così ho cominciato pian piano a vivere anche i rapporti interpersonali in modo diverso.

L’incontro con gli altri era un incontro con Gesù che chiedeva da me un amore sincero e puro. Cercavo di amare gli altri non per motivi semplicemente umani anche se belli, ma per amore di Dio. Questo ha cambiato il mio comportamento, mi ha fatto scoprire la bellezza di vivere in Dio i rapporti umani. E più vivevo così, più sentivo il mio cuore spalancarsi su tutti. Non mi bastava più concentrare il mio affetto su una persona seppure molto cara e attraente. Sentivo che Gesù mi rendeva partecipe di un amore che voleva essere rivolto a tutti.

Verso la fine degli studi in seminario, però, mi sono inaspettatamente innamorato di una ragazza. Intravedevo davanti a me un bel futuro, con lei e con dei figli. Ho sentito come Dio mi chiedeva ancora una volta una scelta libera riguardo alla mia strada. In quel periodo era di grande aiuto poter parlare apertamente di tutto con un sacerdote amico. Con lui ho potuto fare un’esperienza di vera comunione dove Gesù in mezzo a noi mi dava la luce per i passi da intraprendere. Quando, dopo questa esperienza che avvertivo come una prova, ho riscelto con nuova coscienza e con una decisione più profonda la via della verginità, sentivo questo come un dono dell’amore di Dio.

È arrivato così il giorno dell’ordinazione. Mi sono donato a Colui che mi faceva partecipare del suo infinito amore. Sentivo e sento tuttora una gioia profonda di poter essere uno strumento nelle mani di Dio per irradiare il suo amore su coloro con i quali veniamo a contatto. Vivere da celibe per me non significava mai un non poter amare ma anzi una chiamata ad amare come Gesù ama.

Famiglia che va oltre

Sono sacerdote da 12 anni. Nella nostra vita ministeriale non mancano di certo i momenti di difficoltà. Specialmente nella società in cui viviamo, non è cosa scontata trovare sempre il modo giusto di rapportarsi con gli altri, soprattutto con le donne. È avvenuto che qualcuna di loro si è innamorata di me perché si sentiva ascoltata fino in fondo e aiutata. Anche per il mio cuore è passato qualche sentimento. In questi casi è stato importante avere chiara dentro di me la scelta che liberamente avevo fatta. Ogni volta è stata un’occasione per ridichiarare il mio amore a Colui che mi ha amato più di tutti. Occorreva anche la giusta prudenza, per non giocare con i sentimenti altrui e neanche con i miei. Non posso neppure guardare certe cose, se voglio rimanere interiormente libero e vivere la purezza del cuore e del corpo.

Un grande aiuto per vivere da celibe è la vita d’unità con i fratelli del focolare dove possiamo parlare apertamente di tutto, perché c’è la sicurezza che viene accolto con amore. L’amore reciproco dichiarato tra noi ci dà la possibilità di mettere in comune anche i problemi. Quando mi accorgo che non voglio parlare coi miei fratelli di certi aspetti dei miei rapporti, capisco subito che c’è qualcosa che non va bene, perché c’è qualcosa che voglio nascondere. Così l’unità con gli altri mi aiuta a vivere i miei rapporti nello Spirito di Dio: in maniera aperta, disinteressata, gratuita.

Qualche anno fa un seminarista di 17 anni mi ha detto: «Lei certamente ha una ragazza». Alla mia domanda perché pensava questo, ha risposto: «Perché lei è sempre felice». Sì, sono veramente felice – anche in mezzo a difficoltà e conquiste – ma è una gioia che non viene dal rapporto con una creatura umana, ma da Dio che mi riempie il cuore del suo amore.

Se avevo pensato di avere una famiglia e tanti figli, Dio ha risposto con sovrabbondanza a questo mio desiderio. Ho trovato una famiglia che va ben oltre quella che immaginavo: fratelli e sorelle che vivono con me la vita del Vangelo e poi attorno a me tante persone che trovano o ritrovano, anche un po’ tramite me, la pienezza della vita. Un’esperienza che mi fa sentire padre e madre di Gesù in loro.

Stefan Ulz