Fare del seminario una famiglia

Due seminaristi di Brasilia raccontano con semplicità e limpidezza evangelica lo stile di vita di un folto gruppo di seminaristi che, attraverso i piccoli gesti, contribuisce a creare rapporti di comunione in ogni ambito del loro seminario.

Le necessità dell’altro sono nostre

Edilson: Noi due viviamo assieme ad altri seminaristi la spiritualità dell’unità, cercando di essere una famiglia tra di noi e con tutti i nostri compagni di seminario.

Tiago: Per essere veramente questa famiglia secondo lo spirito del Vangelo è necessario accogliere le necessità dell’altro come le proprie. In quest’anno uno dei seminaristi, che condivide con noi lo stesso ideale di vita personale e comunitaria, ha passato un momento di crisi. Il motivo era dato dal fatto che i genitori erano ammalati, senza lavoro e pieni di debiti. È stato difficile per lui mettere in comune questa situazione.

Appena però lo ha fatto, abbiamo deciso di abbracciare insieme quel dolore, perché la sua famiglia era anche la nostra. Inspirandoci al brano degli Atti – dove si dice: «tra i cristiani non c’erano bisognosi» – abbiamo fatto una comunione di beni tra di noi per le necessità più urgenti e lo abbiamo aiutato anche nei compiti del seminario e della facoltà. Questo amore concreto gli dava forza per affrontare quella situazione difficile. Gli altri seminaristi, al vedere il nostro sforzo nel condividere le difficoltà di questo fratello, si sono messi anche loro a disposizione, proponendo di fare una colletta durante una delle Messe. Oggi la situazione è migliorata e la sua famiglia è immensamente grata al seminario.

L’arte d’amare

Edilson: Nel nostro seminario siamo ormai un bel gruppo a vivere “l’arte d'amare”. Ci troviamo al mattino nell’intervallo delle lezioni per pregare insieme il “time out” (un momento di preghiera per la pace nel mondo) e scegliamo un punto dell’arte d’amare da vivere durante quel giorno. Questo ha cambiato il nostro atteggiamento. Durante la me-renda, cerchiamo di approfittarne per condividere le nostre esperienze con i compagni.

Nell’intervallo delle lezioni

Edilson: Un fatterello successo in una di queste pause. Quel giorno avevamo estratto la carta “amare per primi”. Avevamo appena finito la merenda e stavamo per tornare alle lezioni, quando ho cominciato a raccogliere i bicchieri e le posate per portarle in cucina, anche se questo è un lavoro che dovrebbe fare un impiegato del seminario. Un altro seminarista ha visto quello che stavo facendo e mi ha detto: «Ti aiuterò, perché vedo che voi siete sempre disposti ad amare». Da allora dopo la merenda anche altri compagni fanno lo stesso e questo ci aiuta a creare un bel rapporto tra noi seminaristi e il personale di servizio. Avvertiamo che anche questi piccoli fatti, di cui è intrisa la vita quotidiana, sono un “allenamento” che contribuisce a far crescere in noi una mentalità rinnovata che ci prepara al ministero di servizio che ci attende.

La vita evangelica contagia

Tiago: Una cosa che costatiamo è che la vita d’unità e di amore reciproco contiene una tale carica di verità e di bellezza che diventa attraente. Un giorno eravamo riuniti nella stanza di uno di noi per leggere la Parola di Vita di quel mese, ed è arrivato un seminarista nuovo. Lui voleva sapere qualcosa del seminario; lo abbiamo accolto con calore come se fosse stato Gesù stesso che entrava per quella porta. Prima che partisse gli abbiamo dato una copia della Parola di Vita di quel mese, e la volta successiva c’era anche lui in questo incontro. L’amicizia con questo seminarista è cresciuta e siamo diventati grandi amici. Dopo le vacanze di metà anno lui è passato per un momento di dubbio circa la sua vocazione. Conoscendolo, capivo che questi dubbi erano frutto di  qualche attaccamento che mi sembrava suo dovere risolvere. Però non avevo il coraggio di dirglielo per un  pudore umano, pensando che l’avrebbe presa a male. Dopo una meditazione della Parola sentivo quella “voce” dentro che mi sembrava un’ispirazione dello Spirito Santo e che mi spingeva a fare questo passo soltanto per amore di lui, senza pretendere di “convertirlo”, perché solo Dio può toccare il cuore di una persona. Allora l’ho chiamato per parlargli e ho cercato di  “essere vuoto” davanti a lui per poterlo capire e accoglierlo fino in fondo, e lui ha fatto lo stesso. Alla fine, quel colloquio è servito anche a me ed eravamo tutti e due felici di quello che è venuto fuori. Così lui ha potuto superare quel momento difficile che stava vivendo.

Povertà e condivisione

Edilson: Nella parrocchia dove ho svolto lo stage pastorale mi hanno regalato un paio di scarpe. Ero molto contento di quel regalo. Tornato in seminario ho capito che alcuni compagni, che sarebbero stati ordinati diaconi in quei giorni, avevano bisogno di un paio di scarpe. Allora, mi sono sentito spinto a vivere il punto dell’arte d’amare che invita ad “amare l’altro come sé”. Sono andato da uno di loro e gliele ho fatto provare ed in effetti sembravano fatte proprio per lui. Mi ha confidato che già aveva perso l’idea di comprare nuove scarpe per l’ordinazione e che sarebbe stato ordinato con le uniche scarpe che aveva, molto malandate. Uscendo dalla sua stanza ho sentito una grande libertà interiore.

Seminario «famiglia di Dio»

Tiago: È solo una spiritualità di comunione che può farci diventare “famiglia di Dio” – secondo l’espressione biblica assunta così fortemente, tra l’altro, dal Concilio Vaticano II. E questo è apprezzato anche dai nostri formatori che ci incoraggiano a proseguire su questa strada. Per poter partecipare a questo congresso abbiamo svolto varie attività per avere i soldi del biglietto aereo. Nell’ultima settimana prima di comprare i biglietti non avevamo ancora tutta la somma di cui c’era bisogno, allora non sapevamo se Dio voleva veramente che venissimo in due. La prima cosa che abbiamo cercato di fare era vivere la Parola di Vita di quel mese che diceva: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22, 42), e ci siamo fidati della provvidenza di Dio. E la provvidenza non si è fatta aspettare, attraverso alcuni sacerdoti della nostra diocesi. Pure i formatori del seminario ci avevano promesso un aiuto che però per un imprevisto non era possibile avere prima del viaggio. Abbiamo detto loro che già avevamo i soldi per questo viaggio, perché i seminaristi che condividevano la nostra stessa vita e che rimanevano in Brasile avevano messo tutto in comune con noi, ma ora loro non avevano il denaro sufficiente per partecipare ad un incontro di formazione alla spiritualità dell’unità che si sarebbe tenuto nella città di San Paolo. Immediatamente il rettore si è messo a disposizione per  trovare quello che mancava.

Edilson: È vero che «niente è piccolo di ciò che si fa per amore» e che bisogna essere concreti nelle piccole cose per riuscire a viverlo anche in quelle di più grandi dimensioni. Come ripetono i documenti del nostro episcopato latinoamericano nelle loro Conferenze generali: «non sarà possibile un mondo nuovo senza uomini nuovi». Perciò sperimentiamo che il reciproco amore evangelico non solo cambia noi, ma contribuisce, con l’aiuto di tutti, a costruire già in seminario quella “casa e scuola di comunione”, che è il punto più alto e distintivo a cui è chiamata tutta la Chiesa (NMI, 43).

Tiago Pereira
Edilson Santos da Costa