Flash di vita nei seminari

Seminaristi di diverse parti del mondo hanno raccontato come, nel loro ambiente, cercano di vivere “l’arte di amare”. Istantanee piene di una forza capace di rendere più bella e armoniosa, più umana e più divina la nostra esistenza in tutti i suoi risvolti, a cominciare da quelli più semplici e quotidiani.

Uganda

Amare vuol dire: dare

Tempo fa, stavo cercando di vivere la Parola del Vangelo: «Date e vi sarà dato». Un giorno, tornando dal mio villaggio, ho preso il taxi collettivo. Con me c’era anche una donna che, arrivata alla fermata, non aveva abbastanza soldi per pagare il viaggio. Lei ha pregato l’autista di lasciarla andare senza pagare. Toccato da questa situazione ho preso gli ultimi soldi che avevo in tasca e ho pagato per lei il dovuto, lasciandole anche un extra per altre eventuali necessità. Appena esco dalla fermata dei taxi, trovo un mio zio che, senza che gli dicessi niente, mi regala dei soldi per un valore circa 10 volte superiore a quello che avevo dato alla signora.

Eric Bwanika

Germania

Amare tutti

Durante i miei studi a Roma, nell’anno libero che si usa fare in Germania, condividevo un appartamento con quattro studenti tedeschi. Ho cercato di vivere con loro secondo “l’arte d’amare”.

Eravamo ognuno con un suo carattere. Umanamente parlando, la convivenza si prospettava piuttosto faticosa. Ho cercato di amare tutti, nel fare le spese, nel cucinare, nell’essere attento ai loro bisogni.

Si avvicinava il compleanno di uno di loro. Gli ho chiesto che cosa desiderava. Mi diceva che, trovandosi a Ro-ma, non avrebbe fatto festa. Sentivo la spinta di fargli una sorpresa. Così con gli altri tre abbiamo preparato un momento bello di  festeggiamento. Ne è rimasto strafelice.

Un giorno i miei compagni avevano dimenticato di fare le spese. Ho deciso di andare io, anche se ero ancora un po’ irritato. Nel negozio mi sono ricordato che volevo amare tutti. Allora ho comprato il tipo di cacao e la cioccolata da loro preferiti.

Ho cercato di vivere in questo atteggiamento per tutti quei mesi, senza giudicarli, senza pretese. Il giorno della mia partenza uno di loro mi diceva: «Grazie, Winfried! Senza di te non ci saremmo trovati in famiglia».

Winfried Kuhnigk

Uganda

Amare per primi

Durante il tirocinio pastorale in parrocchia, che fa parte della nostra formazione, mi sono imbattuto in un uomo che aveva lasciato la Chiesa cattolica e si era unito ai “satanisti”. Non era in buoni rapporti con i cristiani e anche loro lo lasciavano da parte. Stavo per andare a trovare la sua famiglia, quando alcuni cristiani mi hanno avvertito che era meglio non visitarlo per paura che mi potesse maledire. Certo, mi sono impaurito all’inizio ma, pensando alla necessità di amare per primi, ho deciso di visitarlo lo stesso.  Arrivato sul posto il benvenuto non è stato tanto caloroso, anzi mi ha ricevuto fuori dalla sua casa. Ho concluso quell’incontro con una preghiera. Da quel momento ho continuato a pregare affinché il suo cuore cambiasse. 

Dopo un mese, mi ha invitato ufficialmente a visitarlo. È stato difficile, perché ero lontano da quel posto e mi stavo preparando per tornare al seminario. Ma per amore suo ho lasciato tutto e sono andato. Quando sono arrivato, ho visto che aveva riunito tante persone e tutti erano contenti perché aveva espresso il desiderio di ritornare alla Chiesa. Ha consegnato tutto ciò che riguardava il diavolo e lo abbiamo bruciato.

Alla fine, ha fatto un discorso, parlando dell’amore che gli avevo mostrato, un amore che non aveva trovato là dov’era andato. Ha cominciato a ricevere la catechesi e ora è un cattolico impegnato. Quant’è vero che con l’amore anche le cose più difficili diventano possibili!

Andrei Tumukurate

Corea del Sud

Vedere Gesù negli altri

Quattro mesi fa, mi sono trovato a Calcutta. Ho lavorato come volontario in una “casa per i moribondi” di Madre Teresa. Pulivo ogni giorno la sala dei malati.

Nella parte più remota, era ricoverato un paziente che urinava spesso fuori dal letto e così sporcava subito di nuovo la stanza. Non capendo il perché, non ho più pulito bene il suo posto e quando egli mi chiedeva qualcosa, non reagivo subito. Ma così non avevo più la gioia neanche quando servivo gli altri.

Un giorno mi è venuto un pensiero: lui, che puzzava e mi dava fastidio, era un volto di “Gesù abbandonato”. Da quel momento ho cominciato ad amarlo con tutto il cuore, rispondendo sempre alle sue richieste e lavandolo. Dopo qualche giorno, è successo un “miracolo”! Lui che non salutava nessuno e non voleva parlare neanche coi dottori, mi ha salutato con affetto. Ricordo ancora il suo sguardo e le sue parole.

Ho avvertito forte la presenza di Gesù quando ho abbracciato quel paziente.

Kim Min Kyu