Chiamati ad edificare la Chiesa comunione

L’autore, responsabile del Centro internazionale dei seminaristi diocesani che seguono la spiritualità del Movimento dei focolari, durante l’omelia nella Messa del primo giorno del Congresso, presenta in modo testimoniale alcune delle linee basilari che saranno completate e approfondite durante il convegno.

 

Penso che tutti ci sentiamo un po’ come quel mercante in cerca di perle preziose di cui parla il Vangelo. Specialmente voi seminaristi. Se vi siete incamminati verso il sacerdozio ministeriale, certamente qualcosa di forte, anzi Qualcuno, vi ha affascinati: Gesù.

Quando si fa una scelta, soprattutto una scelta di vita, può darsi che a un certo punto vengano dei dubbi sul cammino intrapreso. Almeno a me è successo così.

Ero giovane ed ero entusiasta nel vedermi la vita davanti. Sentivo che Dio mi aveva guardato con immenso amore e volevo rispondere con generosità a questo dono, pronto a lasciare tutto per seguirlo.

Avevo anche un grande amore per la Chiesa. Credevo con tutto il mio cuore che seguire Gesù significava dare la mia vita per la Chiesa. Perciò, durante i primi anni di seminario, ero contentissimo. Mi pareva di aver trovato quello che da sempre cercavo.

Col passare del tempo, però, cominciavo a scoprire diverse realtà che non corrispondevano affatto a quello che, nel mio idealismo giovanile, mi ero immaginato della Chiesa. Assieme a tante cose belle e attraenti, c’erano anche altre che mi lasciavano perplesso, anzi mi facevano paura.

Più passava il tempo e più questo stato di cose mi pesava e mi veniva da dire: non vale la pena seguire questa strada. Non mi affascinava più.

A questo punto mi sono trovato in un incontro di quattro giorni molto simile a questo Congresso. Vi ho sperimentato un grande amore reciproco e ciò ha fatto rinascere in me la  gioia e la luce che avevo provato all’inizio. Ho sentito, fra quei sacerdoti e seminaristi, la presenza viva di Gesù e vi ho trovato un volto della Chiesa per la quale volevo dare tutto, con tutto il mio cuore. Cominciavo a capire che quella gioia, quel coraggio, quella luce venivano da Gesù che ha promesso di essere presente ogni qual volta due o più sono riuniti nel suo nome, nel suo amore.

Eravamo in cinque nel no-stro seminario a lanciarci in quest’esperienza, ma che condividevamo con numerosi altri seminaristi che vivevano allo stesso modo in altri Paesi del mondo. Eravamo così presi da questa vita nuova che niente ci faceva più paura. Quando avevamo bisogno di qualche cosa, la chiedevamo al Padre nel nome di Gesù ed egli puntualmente ci rispondeva. Tutto ci era dato. Tutto!

Dopo due anni siamo stati ordinati sacerdoti. Era molto bella la libertà interiore che sentivamo. Eravamo pronti a tutto quello che Dio ci avesse domandato.

Dopo tre anni di sacerdozio, mi viene chiesto se potevo trasferirmi nelle Filippine. Senza esitazione ho accettato e vi sono rimasto per 25 anni. Le difficoltà col clima, con la cultura, con il cibo, con la salute non erano piccole, però anche lì ho avuto la grazia di avere sempre qualcuno con cui stabilire questo rapporto d’amore reciproco, alle volte con sacerdoti, alle volte con seminaristi o laici. E così c’erano sempre la forza e la luce per andare avanti.

Pur trovandomi in un paese straniero, non solo non ho mai sofferto la solitudine, ma ho avuto la gioia di vedere come altri sacerdoti e tanti seminaristi erano attratti da questa vita di comunione. Molte volte siamo stati invitati nei seminari per tenere ritiri e mettere in comune quello che avevamo trovato.

Anche nella parrocchia, dove ho lavorato per cinque anni e dove eravamo appena in due a seguire una popolazione di oltre 60.000 persone, si è ripetuto qualcosa di simile. La frequenza alle Messe è cresciuta a tal punto che dopo pochi anni la parrocchia si è divisa in tre nuove parrocchie. Inoltre, vari giovani hanno sentito la chiamata a seguire Gesù nel sacerdozio o a donarsi a Dio in diverse realtà ecclesiali. 

Mi fa tanto felice vedere che quelle piccole esperienze che abbiamo cominciato a vivere 37 anni fa, non solo continuano oggi, ma stanno diventando sempre più uno stile di vita che contribuisce a creare la Chiesa-famiglia; una Chiesa dove persone di ogni cultura e religione trovano una Madre che le accoglie nella Casa dell’unico Padre dove tutti ci ritroviamo fratelli.

Victor Agius