Perché tutti siano uno

Notizie dal mondo dei seminari – 51

a cura della segreteria internazionale del movimento gens

 

Una sola famiglia

Fra i tanti timori che frenano i giovani a donarsi a Dio nella vita sacerdotale, certamente vi è la prospettiva di una vita solitaria, lontano dagli affetti della famiglia, nucleo fondamentale per ogni persona. Difficoltà che talvolta è capace di tarpare le ali e di ingabbiare quel desiderio di “Infinito” di chi è chiamato ad aprire i propri orizzonti e donare la sua vita a tutti.

Un giovane sacerdote svizzero che lavora in un ambiente molto secolarizzato racconta di un’esperienza vissuta insieme ad un altro sacerdote e un gruppo di giovani. «Avevo in programma una settimana di vacanze con un mio amico sacerdote, per riposarci e conoscere un nuovo ambiente, ma soprattutto per stare insieme da veri fratelli, amandoci come Gesù ci ama. È nata l’idea di offrire ai giovani la possibilità di stare con noi. Sono venuti in 10, ragazzi e ragazze, delle nostre due parrocchie, quasi tutti non praticanti, ma nostri veri amici. Quasi automaticamente hanno cominciato a vivere come noi: l’uno per l’altro e nessuno per se stesso. Superando con facilità, quasi senza accorgersene, i propri limiti e i propri gusti, ognuno era spontaneamente disponibile per l’altro. Ed è avvenuto ciò che avevamo desiderato: hanno potuto vedere, toccare Gesù. Un giovane che poche settimane prima affermava di non riuscire ad immaginarsi che Dio potesse esistere, diceva: “Mi sembrava che qualcuno, penso Gesù, si aggiungesse al nostro gruppo dicendo: ci sto anch’io nel dare la vita per voi”. In seguito, l’amore come ce lo propone Gesù nel Vangelo è diventato sempre più l’ideale e la vita di questi giovani che, con sorpresa, si sono ritrovati cristiani vivi, parte della Chiesa. Col tempo si sono aggiunti altri, compagni di scuola e amici, portando sempre una nuova ricchezza di idee e dando vita ad iniziative varie non solo per i giovani ma anche per i bambini. A questo punto scoprivano la spiritualità dell’unità come una sorgente di luce per andare in profondità e tradurre il Vangelo in vita e nasceva tra noi una vera comunione. Vedevo fiorire un pezzo di Chiesa viva per la presenza del Risorto tra noi». 

Anche fra i seminaristi si sente forte questo bisogno, che trasformato in vita, fa nascere il desiderio di costruire in seminario insieme agli altri un ambiente di famiglia. Nel recente Congresso internazionale a Castel Gandolfo  “C’è una via… La sfida dei rapporti”, sperimentando gli effetti della presenza di Gesù in mezzo, ci siamo impegnati a vivere nei nostri seminari l’Arte di amare: amando tutti, amando per primi, amando negli altri Gesù, amando i nemici. L’arte, potremmo dire, di creare quella famiglia che, pur immersa nel mondo, vive con Dio presente in mezzo ai fratelli.

 

L’arte di amare

 

Amando tutti

Italia. «Dopo pranzo, nel mio corso è consutudine fermarci un po’ in una sala comune. Un giorno ero lì con alcuni compagni, quelli con cui mi trovo più a mio agio. Dopo un po’ si iniziò a parlar male di un ragazzo della nostra comunità che non era presente. Subito mi venne in mente l’arte d’amare che ci esorta ad amare tutti, anche le persone non presenti, e cercai di cambiare argomento. Nonostante diversi tentativi non riuscii, e decisi allora, di andarmene in camera. Qualche minuto dopo uno di loro mi venne a trovare chiedendo il motivo della mia “fuga” ed io, cercando il coraggio in Dio, gli dissi con fermezza che non condividevo quel modo di fare. Sembrò stupito per questo mio modo di agire, ma da quel giorno, ogni volta che siamo in gruppo e si inizia a parlare male di qualcuno, questo mio compagno mi aiuta a cambiare discorso». (C.M.)

La giusta opportunità

Brasile. «Ogni mattina, dopo la preghiera, ci proponiamo di vivere durante la giornata un punto dell’arte d’amare. Un giorno mentre andavo all’università ho incontrato una signora che mi chiedeva aiuto. Voleva alcune informazioni e si notava in lei una certa inquietudine. Era l’occasione per vivere concretamente il proposito di quel giorno, che era “Amare tutti”. Ho subito preso la sua valigia per accompagnarla alla stazione della metro. Lei era molto contenta di questo gesto e mi diceva: “Ancora si trovano persone che desiderano fare del bene agli altri”. Nella metropolitana cominciava a parlarmi di sé con grande apertura d’anima. Poi mi ha chiesto da dove vengo e tante altre cose. Quando le ho detto che volevo diventare sacerdote è rimasta sorpresa. E mi rispondeva: “È vero, si vede che tu hai una grazia speciale, che sei diverso dagli altri, nel modo come mi guardi, mi ascolti, mi parli; veramente si vede Gesù sul tuo viso”. Alla fine di questo dialogo lei aveva cambiato aspetto, era nella pace e non più nell’agitazione e nella preoccupazione». (E.S.)

Amato per primo

Italia. «L’altra mattina nella meditazione ci eravamo lasciati con la Parola da vivere: “Amare per primo”, ricordando la frase di Paolo nella Lettera ai Romani San Paolo dice: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. Avevamo preso coscienza del fatto che l’amore soprannaturale ama non per interesse o per pura amicizia o altro. Spinge ad avere sempre l’iniziativa, senza attendere di essere amati. E così che nel pomeriggio, prima di riprendere il lavoro, affacciandomi alla finestra ho notato che cominciava a piovere e che gli indumenti dei miei compagni, ormai quasi asciugati, si bagnavano di nuovo. Mi sono ricordato della meditazione del mattino e sono corso per andare a toglierli. Scendendo in lavanderia per stenderli, ho visto che c’erano sulle corde dei vestiti già asciutti. Ho iniziato raccoglierli e poi a piegarli per bene e a riporli nell’armadio. Facendo quel lavoro con amore, sentivo che ogni camicia o maglia che piegavo era per far dono ai miei fratelli di casa, e mi si riempiva l’anima di gioia! Ma questa spinta nasceva dall’essermi sentito tante volte amato per primo. Molte volte, infatti, quel gesto compiuto quel pomeriggio qualcuno lo aveva fatto a me. Questo faceva scaturire in me il desiderio di far sentire amati anche gli altri». (G.D.)

L’unità conquista

Brasile. «Nel nostro seminario, pur tra le incomprensioni di tanti seminaristi che non condividono il nostro modo di vivere la Parola di vita,  siamo in due a vivere la spiritualità dell’unità. Ogni sera ci ritroviamo nella stanza di uno di noi per meditare e condividere le esperienze sulla Parola vissuta. Ma ora una bella novità. Diversi seminaristi, specialmente quelli del corso di filosofia, cominciano interessarsi e a partecipare ai nostri incontri. Ora, anche alcuni che prima non condividevano questa vita di unità, hanno chiesto di parteciparvi. E allora cerchiamo di vivere insieme, pur con qualche difficoltà, l’amore reciproco, aiutandoci nelle piccole cose». (J.P.)

Una settimana di piccole opere d’Arte

Austria. «Nel mese di febbraio insieme a due sacerdoti e tre giovani del seminario minore, abbiamo trascorso una settimana di vacanza in montagna. Vivendo insieme abbiamo sperimentato fortemente la presenza di Gesù fra noi. I seminaristi vedevano la bellezza del nostro modo di vivere, sempre nell’attenzione a mantenerci nell’unità e nell’amore reciproco.Tutte le mattine dopo le lodi meditavamo su un punto dell’Arte d’amare cercando durante il giorno le occasioni per metterla in pratica: sciando, incontrando la gente, aiutando qualcuno che cadeva, creando tanti bei rapporti con le persone che incontravamo. Cercavamo di amare il personale dell’alloggio e l’autista del pullman che incontravamo ogni giorno e col quale è nata subito un amicizia sincera. Anche con alcune ragazze, attratte dal nostro modo gioioso di stare insieme, si è creato un rapporto costruttivo. Sono rimaste molto sorprese e contente quando hanno scoperto che eravamo sacerdoti e seminaristi. Una volta uno di noi era un po’ triste e voleva stare da solo. Siamo partiti per sciare, ma dopo un po’ uno dei seminaristi, nonostante indossasse le scarpe da sci e il cammino fosse molto lungo, ha deciso di tornare indietro per restare con lui. Ognuno si impegnava ad amare concretamente: cucinando, apparecchiando, andando al supermercato, sopportando le difficoltà. Ogni giorno dopo la messa, in un clima di famiglia ci raccontavamo le esperienze fatte durante la giornata. Era bello stare insieme mentre alcuni di noi preparavano la cena. Anche lì sperimentavamo la gioia che scaturiva dal vivere l’arte di amare: la cena preparata con amore era molto più buona!». (A.M.)

 

Le esigenze dell’amore vero

La carità è virtù importantissima, è tutto. Sarà bene, quindi, impegnarsi fin da subito a viverla un po’ meglio. E per farlo, occorre conoscere quali sono le cose che la rendono speciale. Dice un pensatore: «Amare è bene; saper amare è tutto». Sì, saper amare, perché l’amore cristiano è un’arte e occorre conoscere quest’arte. Ha detto un grande psicologo del nostro tempo: «La nostra civiltà molto raramente cerca d’imparare l’arte di amare e, nonostante la disperata ricerca di amore, tutto il resto è considerato più importante: successo, prestigio, denaro, potere. Quasi ogni nostra energia è usata per raggiungere questi scopi e quasi nessuna per conoscere l’arte di amare». La vera arte di amare emerge tutta dal Vangelo di Cristo. E metterla in pratica è il primo imprescindibile passo da compiere per poter scatenare quella rivoluzione pacifica, ma così incisiva e radicale che cambia ogni cosa. Tocca non solo l’ambito spirituale, ma anche quello umano, rinnovandone ogni espressione: culturale, filosofica, politica, economica, educativa, scientifica, ecc. È il segreto di quella rivoluzione che ha permesso ai primi cristiani di invadere il mondo allora conosciuto.
Arte impegnativa, con forti esigenze...
È un’arte che vuole si superi il ristretto orizzonte dell’amore semplicemente naturale diretto spesso quasi unicamente alla famiglia, agli amici. Qui l’amore va indirizzato a tutti; al simpatico e all’antipatico, al bello e al brutto, a quello della mia patria e allo straniero, della mia o di un’altra religione, della mia o di un’altra cultura, amico o avversario o nemico che sia. Occorre amare tutti come fa il Padre del Cielo che manda sole e pioggia sui buoni e sui cattivi. (...)

Testo integrale: Chiara Lubich, L’arte di amare, Roma 2005, pp. 23-24

 

 

Incontro al Collegio Capranica

Nella scia dell’ultimo sinodo dei vescovi, la Commissione cultura ed ecumenismo dell’Almo Collegio Capranica, che storicamente rappresenta una delle più antiche istituzioni ecclesiastiche di Roma, sta portando avanti una serie di appuntamenti su “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Sono in programma quattro incontri, che vedranno la presenza di altrettanti esponenti dei movimenti e delle nuove comunità sorte nella Chiesa. Martedì 21 aprile si è svolto l’incontro con Maria Voce, la nuova presidente del Movimento dei focolari, che ha parlato sul tema: La Parola di Vita nell’Opera di Maria.

Alla conferenza erano presenti il vicerettore don Luca Mastrangelo e circa cinquanta tra sacerdoti e seminaristi provenienti da diversi paesi. Dopo una breve presentazione Maria Voce, che porta anche il nome di Emmaus, ha sviluppato il tema sulla Parola cominciando dagli inizi del movimento fino ad oggi. Poi ha invitato due seminaristi che vivono la spiritualità dell’unità a condividere con i presenti le loro esperienze sulla Parola. Ha risposto ad alcune domande sulla realtà dell’Opera oggi, dando alcuni suggerimenti su come vivere concretamente il Vangelo nel quotidiano. La serata è terminata con un caloroso e prolungato applauso.

Alcune impressioni:

«L’incontro con la presidente del Movimento dei focolari è stato, tra i momenti organizzati dalla Commissione cultura, uno che mi ha particolarmente impressionato. Raramente, in questi anni, si è creata un’atmosfera così calda e familiare come questa sera». «Quello che mi ha colpito di più delle parole di Maria Voce e dei due seminaristi – afferma Nicolas – è che parlavano della vita cristiana sulla base del Vangelo, con tutta la sua semplicità e con tutta la sua profondità, mettendo nel centro la carità». «Ciò che di più mi ha interessato – scrive Piero Gallo –  è stata la semplicità della modalità con cui la Parola di Dio viene proposta quale modello concreto di vita e di esistenza. Questa semplicità le permette di agire come strumento efficace e diretto, in grado di sottolineare come sia possibile incarnare il vivere cristiano nella quotidianità». «Mi pare di poter dire – ha concluso il moderatore, Salvatore Purcaro – che stasera con lei abbiamo fatto l’esperienza di Emmaus, nome a lei tanto caro, con Gesù in mezzo a noi che ci spiegava la Parola. Ora tocca a noi andare ad annunciarlo per le strade del mondo».