Segno della diaconia nella Chiesa

Come mai il ripristino del diaconato permanente nella Chiesa cattolica romana dopo l’entusiasmo iniziale non ha avuto quello sviluppo che tanti si attendevano? Eppure il Concilio e i documenti successivi su questo argomento dicono che la presenza dei diaconi completa e arricchisce assai l’intera realtà del sacramento dell’Ordine nella sua triplice espressione: episcopato, presbiterato e diaconato.

Certamente le cause di questa mancata fioritura sono varie, a seconda della situazione storica delle diverse Chiese locali. Tuttavia credo che uno dei motivi sta nel fatto che dobbiamo riscoprire tutta la ricchezza della “diaconia” della Chiesa.

Non cosa facile, se si pensa che Gesù stesso ha trovato molta resistenza – e non solo nei capi e nel popolo d’Israele, ma anche negli stessi apostoli –  per far capire che il Figlio dell’uomo era venuto non per essere servito ma per servire.

Mentre era in viaggio verso Gerusalemme e si preparava a morire crocifisso per compiere l’opera affidatagli dal Padre, i dodici discutevano su chi tra loro fosse il più grande.

Solo dopo la risurrezione e la Pentecoste compresero appieno la missione di Gesù e quindi il loro posto in questa missione: il Regno di Dio si basa sull’amore, non sul dominio. Chissà quante volte avranno ricordato la lavanda dei piedi: il Figlio di Dio inginocchiato che lava i piedi a poveri esseri umani per farli diventare esseri “divini”. E nelle loro orecchie avranno sentito riecheggiare le parole del Maestro: «Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13, 15).

La “diaconia” per amore è la caratteristica di tutti i cristiani, qualunque sia la loro vocazione, perché è l’attuazione concreta del comandamento nuovo. E se ogni cristiano deve essere “diacono”, cioè servo degli altri, questo servizio deve risplendere in maniera esemplare in coloro che nella Chiesa esercitano quello che giustamente non è chiamato “potere” come si intende comunemente, ma “ministero”, cioè servizio.

Sin dall’inizio gli stessi apostoli seppero diversificare i vari compiti nella comunità, affidandoli a collaboratori, fra i quali col tempo si stagliarono i vescovi, i presbiteri e i diaconi. È importante però notare che questi non sono mai visti come individui isolati, ma sempre come un corpo animato dallo Spirito Santo che, secondo la nota espressione di Ignazio di Antiochia, è chiamato a muoversi in armonia come le corde di una cetra. E il ministro che canta fuori del coro seminando disunità non è considerato buon pastore, ma mercenario.

Con il Concilio Vaticano II è stato rimesso in luce questo tratto essenzialmente comunionale del ministero. I vescovi hanno riscoperto la collegialità attorno al Papa e i sacerdoti e diaconi a loro volta stanno riscoprendo il presbiterio come corpo attorno al vescovo. Non basta perciò credere che il ministero è servizio, un servizio per amore, ma è necessario cambiare stile di vita nel nostro operare. Dobbiamo agire in unità, in quella mutua e continua carità che assicura la presenza del Risorto in mezzo a noi.

Solo così il corpo di sacerdoti e diaconi attorno al vescovo diventa credibile nella società moderna e le difficoltà dei rapporti tra sacerdoti e tra sacerdoti e  diaconi si superano più facilmente, perché ognuno trova la gioia di poter mettere a servizio degli altri i doni che ha ricevuto da Dio.

Quanto ai diaconi ciò è spiegato ampiamente nel “Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti”. Tralasciamo per ora quanto dice sulla diaconia della Parola e della Liturgia e citiamo solo un tratto riguardante la diaconia della carità.

«Per il sacramento dell’Ordine il diacono, in comunione con il vescovo e il presbiterio della diocesi, partecipa anche delle stesse funzioni pastorali, ma le esercita in modo diverso, servendo e aiutando il vescovo e i presbiteri. Questa partecipazione, in quanto operata dal sacramento, fa sì che i diaconi servano il Popolo di Dio in nome di Cristo. Ma proprio per questo motivo devono esercitarla con umile carità e, secondo le parole di San Policarpo, devono mostrarsi sempre “misericordiosi, attivi, progredienti nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti”.  La loro autorità, quindi, esercitata in comunione gerarchica con il vescovo e con i presbiteri, come lo esige la stessa unità di consacrazione e di missione, è servizio di carità e ha lo scopo di aiutare e di promuovere tutti i membri della Chiesa particolare, affinché possano partecipare, in spirito di comunione e secondo i loro carismi, alla vita e alla missione della Chiesa»1.

In questo numero della nostra rivista, dopo aver sottolineato il pensiero del magistero sui diaconi, abbiamo dato ampio spazio a esperienze da loro vissute in stile comunionale.

E. P.

 

1) Congregazione per il clero, Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, n. 37. Cf www.clerus.org