Il mondo ecumenico è alla ricerca di una spiritualità che generi unità

Una spiritualità ecumenica


di Joan Patricia Back

Conversazione offerta al recente convegno ecumenico di vescovi in Libano, di cui si rende notizia in questo stesso numero. Un contributo nel contesto della ricerca nel mondo ecumenico di una spiritualità per l’unità. L’autrice è ecumenista e recentemente è stata nominata corresponsabile del «Centro Uno», la segreteria ecumenica del Movimento dei focolari.

 

Per svolgere il tema che mi è stato affidato, vorrei esaminare in un primo momento come il Movimento ecumenico consideri il termine “spiritualità”.

Quindi, vorrei delineare le caratteristiche della spiritualità di comunione, sorta nel Movimento dei Focolari, e valutare se essa risponda alle esigenze del Movimento ecumenico attuale.

 

Ricerca di una

spiritualità ecumenica

Prima di tutto consideriamo l’ecumenismo spirituale. Sin dagli inizi del Movimento ecumenico, quasi 100 anni fa, venne sottolineata l’importanza fondamentale della vita in Cristo che lega tutti i cristiani. «Che tutti siano uno» (cf Gv 17, 21), che tutti i discepoli di Cristo siano uno in Lui: questa fu ed è la me


ta del Movimento ecumenico. L’ecumenismo spirituale, e soprattutto la preghiera per l’unità, è sempre stato alla base di esso. Il Concilio Vaticano II, nel Decreto sull’Ecumenismo, aveva già parlato dell’ecumenismo spirituale come il cuore e l’anima di tutto il Movimento ecumenico (cf UR 8).

Gen’s 5-6/2008Negli ultimi vent’anni è cresciuto il consenso sulla necessità di una spiritualità ecumenica. Diversi ecumenisti suggeriscono che la via di una comune “spiritualità” debba essere la “nuova via ecumenica”1. Per dare un nuovo impulso e un’anima al movimento ecumenico, da tempo essi cercano questa spiritualità ecumenica, oppure, come dicono, «un modo di vivere la vita cristiana».

Nel contesto del processo di riconfigurazione del movimento ecumenico, tema che è stato oggetto di dibattito nel Consiglio Ecumenico delle Chiese, il Rev. Samuel Kobia, attuale segretario generale, ha affermato: «Abbiamo bisogno di riscoprire la spiritualità come via primaria per elaborare l’agenda ecumenica»2.

Diventa, insomma, imprescindibile la necessità di rimettere a fuoco una solida base spirituale in tutto quello che si fa nel campo ecumenico. Senza di essa, infatti, si rischierebbe di rallentare il cammino, di cadere in un attivismo, oppure, ancora peggio – vedendo l’impresa così ardua a causa di nuovi problemi che possono apparire insormontabili – si rischierebbe di far venir meno la speranza di giungere alla meta della piena comunione.


Alcune date e luoghi significativi

Alla IX Assemblea Generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, che si è svolta a Porto Alegre nel febbraio 2006, il Catholicos Aram I, allora moderatore del Comitato centrale e grande ecumenista di fama mondiale, ha sottolineato l’importanza della spiritualità: «Le istituzioni non possono prendere il posto della spiritualità, e l’azione non può fungere da visione... Ciò di cui il movimento ecumenico ha bisogno è una nuova formulazione della sua spiritualità e della sua visione. La dimensione orizzontale del movimento ecumenico deve essere sottesa da una dimensione verticale, cioè da una spiritualità che faccia del movimento stesso una fonte di rinnovamento e di trasformazione»3.

Nella stessa Assemblea, il Rev. Samuel Kobia ha parlato di un «movimento ecumenico radicato nella spiritualità» come «essenziale per la via verso l’unità»4.

Recentemente anche dall’Asia è sopraggiunta una richiesta simile. Nella consultazione Dare nuova vitalità al movimento ecumenico in Asia, tenutasi a Dacca (Bangladesh), si afferma che è necessario trovare «nuovi paradigmi e nuovi modelli per l’impegno ecumenico», in modo da contrastare «il malessere del movimento ecumenico in Asia»: la prima proposta è stata quella di rimettere la spiritualità al centro delle iniziative ecumeniche5.

L’anno scorso, la Federazione della Chiesa evangelica in Germania (EKD) ha pubblicato Vivere con impegno, un documento su Comunità e Movimenti spirituali. Nella prefazione il vescovo Wolfgang Huber nota che «la società di oggi cerca più che mai un orientamento spirituale. È augurabile che le Comunità e i Movimenti spirituali da un lato, e la Chiesa con le parrocchie dall’altro, condividano reciprocamente i doni e le grazie ricevute e li offrano al mondo».

Egli accenna al cambiamento all’interno del protestantesimo dei pregiudizi sulle Comunità spirituali e il loro particolare modo di vivere il Vangelo e nota: «È cresciuta la percezione che anche la spiritualità evangelica ha bisogno di Comunità che si impegnano per una vita spirituale. Le Comunità e Movimenti spirituali portano una fede sulla presenza di Dio che fa riscoprire le radici cristiane. Loro sono un tesoro nella Chiesa evangelica che è da custodire e da sviluppare»6.

Da notare il titolo di una tesi in una Facoltà teologica in Italia: La parola di Dio come fondamento della spiritualità ecumenica nell’epoca postmoderna. L’elaborato parla della «spiritualità ecumenica come vocazione della Parola nel postmoderno». L’autrice nella sua conclusione propone la spiritualità ecumenica come «partecipazione alla vita trinitaria ed escatologica»7.

Dopo aver considerato alcune voci nel dibattito ecumenico, dobbiamo tenere conto di un altro fattore. Insieme alla ricerca e al consenso generale sulla necessità di una spiritualità ecumenica, emerge però anche una costatazione: non è chiaro cosa si intenda per “spiritualità” e in particolare per “spiritualità ecumenica”. Da più parti si richiede un chiarimento.

Lo stesso Consiglio ecumenico delle Chiese afferma: «è necessario studiare cosa si intenda con la parola “spiritualità”»8. Bisogna anche ricordare che, fino a poco tempo fa, era una parola con la quale non tutte le Chiese si trovavano a proprio agio, in quanto non faceva parte del loro vocabolario ecclesiale, anche se la realtà a cui si riferiva questo termine era molto presente in esse.

In questo sforzo di chiarimento si è inserito il card. W. Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, che ha suggerito: «potremmo dire che spiritualità è uno stile di vita guidato dallo Spirito»9. Penso che in questa breve ma pregnante definizione tutti possano ritrovarsi.

 

Spiritualità di comunione

Dopo queste brevi considerazioni sulla ricerca di una definizione di “spiritualità ecumenica”, vorrei accennare al rapporto di essa con la spiritualità di comunione.

«La spiritualità di comunione – ha detto Giovanni Paolo II ai vescovi amici del Movimento dei focolari – imprime un rinnovato slancio all’ecumenismo»10.

Il card. Kasper, commentando la Novo millennio ineunte, disse: «È di particolare importanza per noi sviluppare una “spiritualità di comunione” (NMI, n. 42), nella nostra propria Chiesa e tra le Chiese»11.

A partire dalla definizione di spiritualità proposta dal card. Kasper e alla luce di ulteriori riflessioni teologiche, vorrei suggerire la seguente definizione di “spiritualità”: uno stile di vita guidato dallo Spirito Santo, ove si vive una vita in Cristo, singolarmente e comunitariamente12. Ovviamente non bastano le definizioni, per precise esse siano; è solo una spiritualità vissuta che crea la comunione.

In tale contesto s’inserisce l’esperienza di Vangelo vissuto nella spiritualità del Focolare, chiamata anche “spiritualità di comunione” o “spiritualità dell’unità”, perché – come mostra un’esperienza ormai pluridecennale – chi la vive diventa strumento di Dio per creare rapporti di unità in Cristo.

Infatti, cristiani di diverse Chiese – nel Movimento si contano più di 350 Chiese diverse –, vivendo insieme questa spiritualità, hanno fatto emergere quello che ormai si chiama “il dialogo della vita”, come Chiara Lubich l’ha definito e in cui è stata maestra impareggiabile (cf Discorso tento a Londra il 16 novembre 1996).

Questo dialogo si basa sul Vangelo vissuto, sulla comunicazione delle esperienze e su altri aspetti del patrimonio comune dei cristiani. Tale realtà coinvolge esponenti di tutto il popolo di Dio, dai vescovi ai laici, e dove è vissuta ridona nuova speranza al movimento ecumenico. È un dialogo che ha la sua radice nella vita di Chiara e delle sue prime compagne che vivevano frase dopo frase il Vangelo. Lei spesso diceva che era stata una grazia speciale dello Spirito Santo capire come le parole di Dio fossero parole da vivere.

In quel periodo speciale del 1949 che Chiara definisce “illuminativo” per la spiritualità dell’unità, spiegava: «Con l’Ideale, specialmente con l’unità, noi abbiamo “bucato” il Vangelo come un terreno... Abbiamo capito le parole che esso conteneva e come fare a viverle. Lo abbiamo “bucato” con la vita e la vita ci ha dato la luce»12. Una luce che le ha permesso di intuire come il Testamento di Gesù fosse la sintesi del Vangelo.

 

Unità e Gesù abbandonato

Ma che cosa costituisce una “spiritualità di comunione”? La spiritualità cristiana nata dall’esperienza del Movimento dei Focolari, è centrata sul Testamento di Gesù e si basa su due cardini principali: l’unità e Gesù abbandonato13.

L’unità è il punto focale: vivendo la parola di Gesù, «dove due o tre sono riuniti nel mio nome lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18, 20), Gesù si rende presente tra di noi ed è Lui che ci fa uno. Dice san Paolo: «tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 28). In questa spiritualità la realtà del «che tutti siano uno» implica una vita in Cristo vissuta singolarmente e con Cristo in mezzo a noi.

Essere così uniti, da sperimentare la presenza di Gesù fra noi, richiede una vita e un discepolato che segua i passi del Maestro. Comporta una vita di kenosis, domanda di amare la croce nella vita quotidiana, esige che ci svuotiamo di noi stessi, del nostro uomo vecchio come dice san Paolo, per avere l’uomo nuovo (cf Ef 4, 22-25), cioè per essere pieni di Dio.

Ed è lo Spirito Santo in noi che ci dà la forza e il coraggio per affrontare tutte le difficoltà, le sofferenze, le divisioni. In questa spiritualità, il grido di Gesù sulla croce, «mio Dio mio Dio perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46 e Mc 15, 34), diventa la chiave di comprensione di ogni situazione dolorosa, che è un volto di Lui.

Questa visione di Gesù crocifisso e abbandonato è stata oggetto di un sermone dell’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, in occasione dell’insediamento del nuovo direttore del Centro Anglicano di Roma nel 2008. Egli conosce la prospettiva di Chiara su Gesù abbandonato, avendo scritto la prefazione di Essential writings (London 2007), edizione inglese del suo libro La dottrina spirituale.

Mettendo in pratica una tale spiritualità, anche noi possiamo dire che «Cristo vive in noi» ed è causa della nostra continua risurrezione alla vita nuova, perché, come ha fatto Lui dopo aver vissuto la croce, anche noi ci riabbandoniamo al Padre. L’unione con Dio che ne scaturisce, ci fa sperimentare i doni dello Spirito Santo. In questo modo, dice Chiara sinteticamente, «il Risorto in noi prende il posto dell’abbandonato»14.

 

Spiritualità di risurrezione

In questo senso possiamo parlare anche di una «spiritualità di risurrezione»15. Ignazio Hazim, l’attuale Patriarca greco ortodosso di Antiochia, già osservatore al Vaticano II, si chiede: «L’avvenimento pasquale, avvenuto una volta per sempre, come diventa nostro oggi?». E risponde: «Precisamente mediante Colui che ne è l’artefice fin dall’origine e nella pienezza del tempo: lo Spirito Santo». Egli parla dello Spirito come «la Presenza di Dio-con-noi»; tramite lo Spirito, «Gesù Cristo Signore Risorto è presente» e «la Chiesa significa la koinonia (comunione) trinitaria»16. Hazim mette in guardia sul rischio che la potenza del Risorto rimanga rinchiusa nella Chiesa e afferma: «la novità della Resurrezione è introdurre nelle nostre strutture societarie un nuovo principio di comunità: la Comunione divina» che «è una Vita, la Vita trinitaria, che si diffonde per il contagio dello Spirito Santo»17.

È questa l’esperienza del Movimento dei focolari: mettendo in pratica il comandamento nuovo (cf Gv 15, 12) nasce una vita comunitaria nella quale si cerca di avere l’unità chiesta da Gesù. È la vita con Gesù in mezzo che consente di portare Dio nella società e di vedere l’azione dello Spirito Santo che con il suo amore illumina, lenisce le piaghe e unisce.

Già negli anni ’60 nel mondo ortodosso si parlava della spiritualità ortodossa come spiritualità dell’unità. Il Metropolita Emilianos del Patriarcato Ecumenico, un grande ecumenista recentemente scomparso, la definì “unità pneumatologica”18 e disse: «la vita dei fedeli è una vita carismatica, guidata e ispirata dallo Spirito Santo»19. In relazione al dialogo fra i cristiani di Chiese diverse, il Metropolita Emilianos scrive: «l’ecumenismo cammina e dipende in ampia misura da una spiritualità sana ed illuminata. Senza questa condizione, l’interesse all’ecumenismo diventerà una questione accademica senza ripercussioni fruttuose per il nostro avvenire»20. Egli (quindi) pone a continuazione l’accento sull’azione dello Spirito nel creare la comunione fra i cristiani.

Perciò, in questa prospettiva, la spiritualità dell’unità del Movimento dei focolari mostra di avere quei requisiti che il mondo ecumenico cerca per illuminare il cammino ecumenico. Vivere con Gesù in mezzo ha una forte valenza ecumenica, perché Lui stesso ci fa uno, pur non potendo ancora accostarci insieme al sacramento dell’unità, l’Eucaristia. Lui in mezzo a noi è il fondamento del “dialogo della vita”, perché crea la koinonia fra cristiani di Chiese diverse.

La vita con Gesù in mezzo è di grande aiuto anche per i dialoghi teologici fra le Chiese, tra l’altro perché offre un metodo teologico che parte dalla vita e fa sperimentare più intensamente la luce dello Spirito Santo: vivendo le parole di Gesù e con Gesù fra noi, ci si mette nelle condizioni migliori per la comprensione della verità.

Concludendo queste brevi riflessioni, possiamo dire che, attraverso Chiara Lubich, abbiamo ricevuto un dono adeguato ai tempi odierni, una spiritualità dell’unità che costruisce la koinonia fra cristiani di Chiese diverse e contribuisce al compimento del testamento di Gesù: «che tutti siano uno affinché il mondo creda» (Gv 17, 21).

Joan Patricia Back

1)   Cf. T. Vetrali, La spiritualità “Nuova via dell’ecumenismo”. Ma quale spiritualità?, in Quale spiritualità per il Terzo Millennio?, Quaderni di Studi Ecumenici 1, Istituto di Studi Ecumenici, Venezia 2000, pp. 87 103.

2)   Rev. S. Kobia, Claiming a common future, discorso alla XIX Assemblea del Consiglio Mondiale Metodista, Seoul (Korea), luglio 2006.

3)        Cf Report of moderator (DOC A01) in <www.oikoumene.org> (traduzione mia).

4)        Cf Report of moderator (DOC A02) in <www.oikoumene.org> (traduzione mia).

5)        NEV-Notizie Evangeliche 37 (10 settembre 2008) in <www.fcei.it>.

6)        Verbindlich Leben. Kommunitäten und Geistliche Gemeinschaften in der Evangelischen Kirche in Deutschland. Ein Votum des Rates der EKD zur Stärkung evangelischer Spiritualität [Vivere con impegno. Comunità e Movimenti spirituali nella Chiesa evangelica della Germania. Un documento del Consiglio dell’EKD per rinforzare la spiritualità evangelica], EKDTexte 88, Hannover gennaio 2007, pp. 5-6 (traduzione mia).

7)        E. Mantovani in Vita dell’Istituto di Studi Ecumenici S. Bernardino, Venezia, in “Studi Ecumenici” 1 (2008) 129-130.

8)        Assemblea Generale di Porto Alegre, 2006. Relazione del Comitato per le priorità, in <www.oikoumene.org> (traduzione mia).

9)        W. Kasper all’Incontro Ecumenico, Barcellona 19-20 febbraio 2007, in <www.vatican.va>.

10)     Discorso ai vescovi amici del Movimento dei focolari, 13 febbraio 2003. Cf. www.vatican.va

11)     W. Kasper, La situazione presente ed il futuro del movimento ecumenico, prolusione alla sessione plenaria 2001 del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani in <www.vatican.va>.

12)              Id., inedito cit. in J.P. Back, Mary in the Focolare Movement’s spirituality of unity – some emerging insights, New Humanity Review (USA), Excerpts n. 8, January 2004, p. 20. Cf. Id., Parola di Vita, Città Nuova, Roma 1975, p. 76. Una sintesi delle intuizioni di quel tempo è stata pubblicata recentemente: C. Lubich, Paradiso ’49, in “Nuova Umanità” XXX/3 (2008) 285-296.

13)              Cf C. Lubich, L’unità e Gesù abbandonato, Città Nuova, Roma 1984.

14)              C. Lubich, L’unità e Gesù crocifisso e abbandonato, fondamenti per una spiritualità di comunione, in Il Dialogo è vita, Città Nuova, Roma 2007, p. 64.

15)              Cf O. Clement: «La spiritualità del terzo millennio sarà meno di rifiuto che di trasfigurazione – una spiritualità pasquale, una spiritualità di risurrezione!» in Roma altrimenti, Jaca Book, Milano 1998, p. 99.

16)              I. Hazim, La Resurrezione e l’uomo d’oggi, Ave, Roma 1970, p. 25.

17)              Ibid., p. 84.

18)              E. Timiadis, La spiritualità ortodossa, Morcelliana, Brescia 1962, p. 90.

19)              Ibid., p. 93.

Ibid., 95.