«Mostraci il Padre»

di Chiara Lubich



Il 12 giugno 1999 si verificò un fenomeno insolito in Germania: il duomo di Paderborn era letteralmente assiepato da giovani accorsi da ogni dove per ascoltare la catechesi richiesta a Chiara Lubich, che avrebbe parlato del ruolo di Dio nella loro vita. Erano convenuti così numerosi perché sicuri di ascoltare non tanto una conferenza, ma una testimonianza di vita evangelica. Se ne è offerta la videoregistrazione al Convegno per esemplificare come si può trasmettere oggi ai giovani una fede attraente e convincente.

Il titolo di questo mio intervento, diretto a voi, carissimi giovani, è un po’ enigmatico. Dice: «Mostraci il Padre» (Gv 14, 8). Che significa?

«Mostraci il Padre» è la domanda posta dall’apostolo Filippo a Gesù. Il Maestro aveva sempre parlato del Padre, indirizzando tutti a Lui. Ora Filippo lo voleva conoscere.

Siamo al terzo anno di preparazione al Grande Giubileo, il 1999, al quale Giovanni Paolo II ha dato come tema appunto: il Padre, Dio Padre. Il 1997 lo ha voluto dedicato a Gesù, il Figlio; mentre il 1998 allo Spirito Santo.

Dovrei parlarvi, quindi, del Padre così come lo vediamo noi cristiani.

Oggi, però, si ascoltano volentieri le esperienze di vita e le voci di persone che si credono possibili testimoni. Ed è stato chiesto a me di presentarlo così come l’ho in cuore.

Per far ciò non posso prescindere dal narrarvi qualcosa di personale.

La mia storia

Ho sempre avuto, sin da piccola, fede in Dio e anche amore.

Tuttavia una più profonda conoscenza di Lui, foriera di un nuovo amore, mi è arrivata più tardi, all’età vostra, di molti di voi.

Come forse sapete, io appartengo ad uno di quei Movimenti moderni, il Movimento dei Focolari, ai quali, la vigilia dell’ultima Pentecoste ’98, in Piazza San Pietro, gremita forse da 400.000 persone, per lo più giovani, il Santo Padre assegnò il posto nella Chiesa. Essi – disse – sono espressioni del suo aspetto carismatico.

Ma che significa ciò? Significa che dire Chiesa non vuol dire – come qualcuno ancora pensa – solo gerarchia e cioè il Papa, i vescovi, i sacerdoti, ma affermare anche che, accanto alla dimensione istituzionale, essenziale, ve n’è un’altra, coessenziale. Ed è tutta quella vasta realtà ecclesiale, formata dai nuovi Movimenti, anche se non solo.

Questa realtà è effetto dei vari carismi che lo Spirito Santo ha donato alla sua Chiesa.

Ciò riguarda anche il Movimento dei Focolari originato pur esso da un carisma.

Qualcuno può chiedersi: come si manifesta un carisma?

Un carisma porta nell’anima di chi è chiamato a fondare un’opera, un fondatore o una fondatrice, una nuova luce su quanto crede, sul patrimonio della fede che già possiede, e, in genere, su un particolare di essa pensato utile dallo Spirito Santo in una data epoca per la Chiesa e la società.

Una luce così è arrivata un giorno anche a me, perché la comunicassi a molti. Il Signore voleva servirsi di me, come succede di altri, per far nascere uno di questi Movimenti.

Ricordo che in quel periodo a Trento, negli anni ’40, ero felice della fede che possedevo. Contemporaneamente però, avvertivo alcune contraddizioni.

Erano incongruenze che pure voi potreste notare osservando certi nostri ambienti cristiani o anche voi stessi.

Come mai la vita di noi, che ci diciamo cristiani – pensavo – è ridotta spesso alla sola Messa domenicale, quando si va, o a qualche distratta preghiera, quando si fa, e comunque per lo più interessata? Non è Dio il Dio di tutti i giorni? E, se nella preghiera ci si rivolge a Dio, non è essa una cosa seria?

E, nelle persone della Chiesa, che io tanto amavo, andavano forse bene – mi domandavo – quelle cantilene di preghiere senza anima, quei pacchetti ai poveri senza amore, quella disarmonia negli abbigliamenti e nelle case? Non era Dio, oltre che Bontà e Verità, anche Bellezza? E il suo Figlio non era il più bello fra i figli degli uomini?

Non è troppo poca cosa – mi chiedevo ancora – quell’apostolato a cui noi cattolici dedicavamo un’ora sola in settimana, come un lavoro accanto agli altri lavori? Le cose di Dio non sono più importanti?

E perché la parola “predica” era diventata sinonimo di discorso noioso e scostante?

Non è strano poi che, visitando una città cristiana e un’altra senza la nostra fede, non vi si trovi grande differenza?

Mentre queste incoerenze m’addoloravano, lo Spirito Santo un giorno si è manifestato.

Non so esattamente quando. La sua luce sottile entrava e illuminava l’anima su tante verità del nostro cristianesimo.

«Dio la ama immensamente»

Ma ecco un fatto. Facevo scuola. Un sacerdote di passaggio, conosciuta forse la mia vita cristiana impegnata, bussa alla porta della classe e mi chiede di uscire per dirmi una parola. Mi domanda di offrire un’ora della mia giornata per le sue intenzioni.

Poiché non ho mai dubitato che nel sacerdote vi sia l’uomo di Dio, rispondo: «Perché non tutta la giornata?»

Colpito da questa generosità giovanile, mi fa inginocchiare, mi benedice e mi dice: «Si ricordi che Dio la ama immensamente».

Ho preso quelle parole come venissero da Dio stesso.

E sono state per me come una folgore.

Come? Mi chiesi: Dio mi ama immensamente? Sì, Dio mi ama immensamente.

Lo ripeto a me stessa e alle mie compagne: Dio mi ama immensamente. Dio ti ama immensamente.

E, dal momento che ciò è stato chiaro per noi, abbiamo scorto Dio presente col suo amore dappertutto: nelle nostre giornate, nelle nostre notti, negli avvenimenti gioiosi e confortanti, nelle situazioni tristi, scabrose, difficili, in quelle indifferenti.

Lui c’era sempre, c’era in ogni luogo e ci spiegava. Che cosa? Che nulla sfugge al suo amore; che tutto è amore: ciò che siamo e ciò che ci succede. Spiegava che il suo amore avvolgeva i cristiani come noi, la Chiesa, il mondo, l’universo.

E ci apriva gli occhi su tutto e su tutti come altrettanti effetti del suo amore.

La novità, portata da Gesù, era balenata luminosissima dinanzi alla nostra mente come per la prima volta: sapevamo chi era Dio. Dio era Amore!

La conversione in me e in noi era avvenuta.

Dio è Amore

Oggi, carissimi giovani, può essere che anche a voi Dio voglia manifestarsi per quello che è. Se così fosse, siatene coscienti, convinti, persuasi fin nel più profondo, e riconoscenti. In tal modo tutto, anche nella vostra vita, cambierà come è stato per noi.

Non solo nei fatti positivi ma anche nei disagi della guerra, pensavamo che dietro ad ogni avvenimento c’era sempre un preciso disegno d’amore di Dio. Egli, infatti, sapeva far confluire al bene sia quanto voleva, sia quanto permetteva. E il sorriso affiorava di continuo sulle nostre labbra.

Questa grande, grandissima scoperta la gente, che ci circondava, non la sapeva.

Noi credevamo al Suo amore. E questa è stata la nostra nuova vita.

In questo stato d’animo si possono finalmente capire in profondità le parole presenti già nel Primo Testamento che esprimono l’amore di Dio per il suo popolo Israele. È chiaro, ad esempio, quando la Scrittura, con similitudini tipiche dello stile biblico, così lo esprime: «(…). Sion ha detto: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato”. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani» (Is 49, 1315).

Perché Dio è Amore.

L’amore del Padre

Noi lo possiamo capire ancor meglio da molte parole di Gesù, riportate nel Nuovo Testamento: «Guardate – dice – gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?».

Oppure: «(…) Perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro». (Mt 6, 2629).

Ma dove possiamo scoprire, forse ancor meglio chi è il Padre, è nella parabola del figlio prodigo, che tutti conosciamo.

Facciamo perciò solo due piccoli accenni.

Il padre del figliol prodigo avrà avuto molto da fare: seguire la sua fattoria, i dipendenti, la famiglia, ma il suo principale atteggiamento era quello dell’attesa, dell’attesa del figlio partito. Saliva sulla torretta della sua casa e guardava lontano...

Così è il Padre Celeste: immaginate, giovani, se potete, la sua divina, altissima e dinamica vita trinitaria, il suo impegno nel sorreggere la creazione, nel dare il posto a chi sale in Paradiso... Eppure Egli fa soprattutto una cosa: attende. Chi? Noi, me, voi, specie se ci trovassimo lontani da Lui.

Un bel giorno quel figlio, che il padre terreno tanto amava, scialacquata ogni cosa, torna.

Il padre lo abbraccia, lo ricopre di una veste preziosa, gli infila l’anello nel dito, fa preparare il vitello grasso per la festa...

Cosa dobbiamo pensare? Che Egli desidera vedere il suo figlio tutto nuovo, non vuole più ricordarlo come era prima; e, non solo lo vuole perdonare, ma arriva persino a dimenticare il suo passato. Questo è il suo amore per lui, nella parabola. Così è l’amore del Padre per noi nella vita: ci perdona e dimentica.

Ho visto recentemente un documentario. Forse l’avete visto anche voi. Presentava ed esaminava nei particolari un famoso quadro di Rembrandt. Raffigura il padre della narrazione evangelica, che accoglie il figliolo tornato. È bellissimo in tutti i suoi dettagli. Ma ciò che colpisce di più sono le mani che il padre pone sulle spalle del figlio, inginocchiato di fronte a lui: una è mano di uomo, robusta, severa e l’altra di donna, più sottile, più gentile. Con esse il pittore ha voluto dire che l’amore del Padre è paterno e materno insieme. E così lo dobbiamo pensare anche noi.

Il culmine dell’amore del Padre

Ma in quale maniera il Padre ha mostrato a noi tutti il suo vero volto? Quando ha manifestato il culmine del suo amore? Quando è stato più che evidente che Egli è l’Amore? E che è tutto amore per noi?

Lo ha fatto al momento in cui, in accordo con tutta la SS. Trinità, ha mandato il suo Figlio, il Verbo, sulla terra. Ed ecco Gesù.

Gesù, il quale non è altro che l’immagine del Padre, la sua espressione, il suo splendore, la sua bellezza, la bellezza del suo amore.

Egli, infatti, quando Filippo gli chiede: «Mostraci il Padre», risponde: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14, 89).

E fin dove è arrivato l’amore di Gesù lo sappiamo: ha sofferto il patibile ed è morto per noi: per me, per voi, per te.

Questo è il suo amore. E questa anche la misura dell’amore del Padre.

Non solo. Gesù, dopo essere risuscitato ed essere salito in Cielo, ha voluto mostrare chi era il Padre anche disseminando il suo amore sulla terra.

Gesù è rimasto con noi

La sua venuta, infatti, tra noi ha cambiato il mondo perché Egli è rimasto. È rimasto in molti modi per ripeterci il suo amore e dare a noi la possibilità di amarLo.

Nell’Eucaristia

Continuando la mia esperienza, ricordo che, con le mie compagne, tutte prese dalla verità che Dio è Amore, camminando per le vie del mondo, non eravamo attratte da quello che vedevamo attorno, pur bello. Roma stessa, ad esempio, non valeva tanto per i meravigliosi monumenti, per le preziose opere d’arte che possiede. Chi ci attraeva era Gesù nei tabernacoli di ogni chiesa, scorta magari dal finestrino d’un treno, al quale potevamo esprimere il nostro amore.

E ci sembrava che il mondo non fosse poi così brutto: Gesù Eucaristia, seminato dovunque, faceva di esso quasi uno sterminato convento e si offriva alla fame di divino che può sorgere in ognuno.

In ogni fratello

Non solo. Ma ogni fratello, la compagna di scuola, il mendicante, la donna del mercato, il deputato, il bambino, l’ammalato mutavano volto per noi, perché riconoscevamo ed amavamo Cristo in loro. Egli si nascondeva, infatti, dietro tutti. «L’hai fatto a me». dirà nel giudizio universale riguardo al bene o al male che facciamo ad ogni prossimo.

E sperimentavamo che più si amava Cristo in tutti, più il cuore si riempiva di divino.

Nei suoi rappresentanti

C’erano poi delle persone nelle quali potevamo non soltanto amare Dio, ma anche imparare da loro perché, in modo tutto speciale, rappresentavano Cristo. Egli aveva detto di loro: «Chi ascolta voi ascolta me» (Lc 10, 16). Erano i nostri vescovi. E col tempo, comportandoci così con loro, sperimentavamo che il nostro cuore palpitava per la Chiesa, ed eravamo felici di partecipare alle sue lotte e vittorie.

Nelle Sacre Scritture

E Dio lo scoprivamo nelle Scritture, soprattutto nel Vangelo, miniera sterminata, in cui attinsero e attingeranno fino alla fine del mondo coloro che Lo vogliono amare, Scritture che pure Maria di Nazareth, la Madre nostra, meditava...

In mezzo a noi uniti nel suo nome

Dove poi trovavamo Cristo, in modo speciale, era quando mettevamo in pratica queste sue parole: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20). Ci amavamo e Gesù era fra noi. Ci sembrava che il Cielo ci avvolgesse, che il paradiso fosse fra le nostre persone.

Gesù fra i cristiani ci appariva come un tempio, che poteva innalzare le sue colonne – i cuori dei suoi figli uniti – dappertutto, ed offrire il balsamo di un tabernacolo spirituale a molti, sia che ci trovassimo in una via rumorosa, così come nelle terre non cristiane o anche in un carcere di persecuzione.

Dio, dunque, lo possiamo trovare nell’Eucaristia, amarlo nel fratello, ascoltarlo nei vescovi, goderlo spiritualmente presente fra noi, comprenderlo nelle Scritture.

Dio, Dio, Dio. Dio presente nel mondo dovunque perché è Amore.

La conferma della Chiesa

A quei tempi eravamo solo noi a sottolineare Dio come Amore. La Chiesa confermava più tardi questa nostra riscoperta.

Difatti Paolo VI, nel ’68, commentando il Credo, aveva definito Dio così: «Egli è Colui che è, ... ed Egli è Amore». E fra le caratteristiche di Cristo aveva ricordato che: «Egli ci ha dato il suo comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri come Egli ci ha amato».

Ora questa più esplicita definizione di chi è Dio e la conseguente fede in essa, poteva essere il la per l’avvio ad un completo rinnovamento dei nostri cuori e della Chiesa intera.

Una cosa, infatti, è sapere che possiamo ricorrere ad un Essere che esiste, e un’altra è vivere e sentirsi al centro delle sue predilezioni.

Quando una giovane sa d’esser amata, la vita cambia per lei: tutto attorno le sembra più bello ed ogni particolare acquista valore. Ella stessa è portata ad essere più buona e condiscendente verso gli altri.

Infinitamente più forte è l’esperienza del cristiano quando acquista una più profonda comprensione della verità che Dio è Amore.

L’esperienza dell’amore di Dio, di Dio Amore, la auguro oggi a tutti voi. Sì, carissimi giovani, ricordatelo: tutto è amore attorno e dentro di voi, anche se non sembra, anche se sembra il contrario. C’è un perché d’amore dietro a tutto ciò che avviene.

Quando santa Teresa di Lisieux ebbe il primo sbocco di sangue, non disse: «Ecco un grave male», ma: «È arrivato lo Sposo». Aveva fatto esperienza e credeva che tutto è amore.

Effetti in chi crede nell’Amore

Ora – sempre continuando la mia testimonianza – vorrei dirvi qualcosa di ciò che ha portato in me questa relazione da figlia a Padre, che ho cercato di coltivare per tanti anni.

La preghiera

Uno degli effetti è questo: la mattina, ad esempio, quando recito il Padre nostro... non posso spiegare cosa sia per me soprattutto nella sua prima parte. Dato il mio compito, ho, infatti, estrema necessità dell’aiuto del Padre per poter irradiare la sua luce nel mondo. Ho bisogno che Lui intervenga con le sue grazie... E allora: «Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. (Col tuo aiuto, anche attraverso di me). Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà» ... Devo dirglielo perché Lui mi sorregga, per essere in due a lavorare: l’Onnipotente ed io povera creatura.

Nella seconda parte del Padre nostro, poi, quando si chiede: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», sapendolo Padre di tutti, glielo domando non solo per me, per noi, ma per tutti gli affamati della terra. E poi Lo imploro che ci perdoni, che ci liberi dalle tentazioni... È magnifico il Padre nostro: è uno scrigno prezioso.

Il «consenserint»

E ancora, poiché nel Vangelo Gesù dice: «Se due di voi sopra la terra si accorderanno – consenserint –, per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà» (Mt 18, 19), di fronte a qualsiasi necessità spirituale o materiale, prego frequentissimamente, insieme ai miei compagni, così: «Padre, uniti nel nome di Gesù, ti chiediamo...». E senza numero sono state e sono le grazie ottenute in questo modo tutti i giorni, di tutti i generi... Potrei raccontarvi milioni di esempi, anche di una certa consistenza. Vi basti questo.

Nel 1991 sono stata in Brasile e avevo visto con i miei occhi la miseria delle infinite favelas, le catapecchie, che circondano San Paolo, una metropoli che pullulava di grattaceli. Mi si era stretto il cuore e, di fronte all’immensità di quel dramma, avevo confidato ai miei amici: «Cosa possiamo fare noi per riuscire a risolvere tutti questi problemi sociali? Bisognerebbe almeno aumentare la preghiera; le piccole cose le possiamo fare noi, ma le grandi le fa solo Lui». Abbiamo cominciato allora a rivolgerci a Dio con brevi parole e abbiamo trovato, mi sembra, qualcosa di utile.

Ci è venuta l’idea di lanciare la cosiddetta Economia di Comunione, un progetto ispirato alla cultura del dare, quale antidoto alla cultura consumistica dell’avere.

Questo progetto prevedeva la nascita di nuove aziende, portate avanti da persone capaci. In esse buona parte degli utili doveva essere destinata ai poveri, in attesa d’un loro possibile lavoro. Ebbene ora esistono circa 650 aziende, e non solo in Brasile. L’Economia di Comunione sta persino interessando atenei, economisti e sociologi, e si stanno delineando spunti per una nuova teoria economica che qualcuno spera addirittura alternativa a quella attuale. Una cosa grossa, no? Vedete cosa può fare la preghiera?

Gettare in Lui ogni preoccupazione

Importante poi e consolante è un’altra parola riguardante il Padre. L’apostolo Pietro invita a gettare in Lui ogni nostra preoccupazione perché il Padre ha cura di noi (cf 1Pt 5, 7). Durante la giornata – penso anche alla vostra – passano a volte nell’anima preoccupazioni che ci allarmano o ci turbano. Ebbene: è l’ora di gettare nel Padre ogni ansietà, sicuri che Lui ci pensa. E posso testimoniare che non ricordo alcuna preoccupazione messa nel suo cuore della quale Egli non si sia preso cura. È incredibile come il Padre interviene nelle piccole e nelle grandi cose.

Donare Gesù al Padre nella Messa

Un’esigenza profonda in me è poi, per grazia di Dio, quella di donare al Padre ciò che di più prezioso ho nella vita: Gesù che muore e risorge nella santa Messa, insieme alla mia vita. Lo faccio come atto di adorazione, di lode, per amarlo, per chiedergli perdono, per chiedergli grazie.

Realizzare il testamento di Gesù

E infine per me e per noi il Padre è speciale anche perché abbiamo come scopo realizzare il testamento di Gesù, il quale dice: «Che tutti siano uno». I teologi affermano che qui Gesù parla dei cristiani i quali devono essere tutti uniti nell’amore e nella verità.

Però Gesù è morto per l’umanità intera e il Padre ama tutti. E allora, per poter lavorare alla fraternità universale, avvicinando anche coloro che seguono altre regioni come i buddisti, i musulmani e altri, o persone senza un preciso riferimento religioso, è necessario che puntiamo lo sguardo sempre nel Padre di questa famiglia. E perché abbiamo un Padre, l’umanità è una sola famiglia.

Conclusione

Grazie a Lui, Egli è, dunque, profondamente nel mio cuore e nel nostro. Abbiamo imparato a cogliere il suo amore e, con la sua grazia, a corrispondervi.

Che sia così anche di voi secondo quanto vi suggerisce lo Spirito Santo in cuore.

Carissimi giovani, è credendo al suo amore, è amando a nostra volta che possiamo veder rinverdire la Chiesa in noi e attorno a noi e, con essa, il mondo.

Allora le nostre preghiere non saranno più una cantilena vuota, ma piene, sentite.

Irradieremo Cristo attorno a noi tutto il giorno, sempre e non una volta alla settimana.

Il mondo non ci giudicherà più come persone antiquate o beghine scostanti perché il nostro sorriso, che dice felicità, illuminerà i nostri volti e pian piano quelli degli altri. Sentiremo dai nostri sacerdoti parole interessanti e vivificanti, che tramanderanno il messaggio di Cristo illuminato dalle loro esperienze.

Nelle nostre città – se così vivremo s’accenderanno qua e là fuochi luminosi e ardenti, preludi della pacifica, ma irresistibile rivoluzione cristiana. Essa invaderà il mondo, facendo fiorire, con tutte le altre forze della Chiesa, la civiltà dell’amore tanto attesa.

Diremo a tutti con i fatti che Dio è Amore, che Gesù è Amore ed Egli con noi li conquisterà.