Il contributo del Movimento dei focolari in ambito parrocchiale e diocesano

Chiesa locale e vita della Parola

di Adolfo Raggio

 

L’autore di questo articolo, dopo aver presentato brevemente l’apporto del Movimento dei focolari per l’evangelizzazione in ambito parrocchiale e diocesano, intervista alcuni membri particolarmente impegnati in questo campo.

 

Gli inizi

Il legame tra Chiesa locale e Parola di Dio è stato messo in rilievo varie volte dagli ultimi Papi. Basti ricordare le parole di Giovanni Paolo II: «La comunità si forma innanzi tutto attorno alla Parola»1. E recentemente Benedetto XVI: «La Chiesa è una comunità che ascolta ed annuncia la Parola di Dio. … (Essa) non vive di se stessa ma del Vangelo e dal Vangelo sempre e nuovamente trae orientamento per il suo cammino»2.

È in questa prospettiva che si è mosso sin dal suo nascere il Movimento dei focolari. Nel 1966, anche su incoraggiamento di Paolo VI, è nata all’interno di esso un’apposita diramazione – il Movimento parrocchiale – a servizio della parrocchia, con l’intento di contribuire a ravvivarla attraverso la spiritualità dell’unità. Dal 1974 questa irradiazione si è estesa in alcune regioni italiane anche a livello diocesano, con l’accordo dei rispettivi vescovi, ed è nata un’altra diramazione dell’Opera di Maria: il Movimento diocesano.

Ma quale l’apporto di queste due realtà alla grande impresa di una nuova evangelizzazione? Nell’intervento che Chiara Lubich ha preparato per l’Assemblea generale del Pontificio Consiglio per i Laici del 20073, lei ha delineato i vari contributi che il Movimento dei focolari può offrire per il rinnovamento della parrocchia, e come primo apporto nomina quello di aiutare ad incrementare la vita della Parola4. Fin dall’inizio del Movimento – aveva affermato già nel 1986 – «è stato l’incontro con la Parola di Dio che ha suscitato una rivoluzione evangelica, in particolare l’incontro con le parole che riguardano l’amore, la carità… È per esse che un popolo sbandato può diventare comunità».

Chiara parla poi del metodo della “Parola di vita: «Lo Spirito Santo ha suggerito anche un modo semplice per tradurre la Parola di Dio nel quotidiano, ora diffuso in tutto il mondo: la Parola di vita. Si tratta di una frase, presa in genere dalla liturgia, con un breve commento, che aiuta ad incarnarla nella vita di tutti i giorni. Poi, a sostegno e incoraggiamento reciproco, si mettono in comunione le esperienze fatte»5.

A distanza di 40 anni dagli inizi del Movimento parrocchiale, si può constatare che questo modo di agire è stato ed è di grande luce per le comunità parrocchiali e diocesane. Il metodo dei focolarini di puntare su una Parola precisa rende più facile ricordarla e applicarla alle circostanze. Mettendola in pratica prendono nuovo significato i vari momenti della giornata in tutti i diversi ambiti della vita.

«È una dinamica molto impegnativa per noi sacerdoti – scrive un parroco – perché per predicare il Vangelo dobbiamo prima farlo divenire vita della nostra vita. È anche una dinamica molto fruttuosa che tutti capiscono e molti si sentono spinti a fare altrettanto».

E il frutto? Ecco l’esperienza di una parrocchia: «Iniziammo a ritrovarci alcuni di noi ogni settimana per approfondire la Parola di vita e raccontarci le esperienze. Ci accorgemmo quanto quello che ciascuno aveva vissuto era di stimolo per tutti gli altri, un aiuto a scoprire ciò che era più intimo in ciascuno, facendo crescere la comprensione reciproca. Le testimonianze dei giovani e persino dei bambini erano uno sprone per tutti. Ne scaturì una vita meno individualista e più comunitaria».

Cosa caratterizza
un incontro della Parola di vita?

In genere questi incontri della Parola si fanno nei locali parrocchiali, ma in vari luoghi anche nelle case. Preparati insieme al parroco, sono animati da parrocchiani membri del Movimento.

Coloro che promuovono l’incontro lo preparano insieme, curando anche l’armonia dell’ambiente e infine accolgono i partecipanti vedendo in loro Gesù.

Si punta a creare un clima di comunione fraterna fra i presenti, facendo in modo che si conoscano e si sentano parte della famiglia dei figli di Dio così da ottenere la presenza di Gesù secondo la sua promessa. Sarà Lui, “Parola viva”, a illuminare le sue Parole. Spesso è proprio questo clima d’unità che colpisce chi frequenta l’incontro.

Poi si legge la Parola di vita col commento e si raccontano le esperienze fatte vivendola.

Una caratteristica è la radicalità con cui si cerca di vivere la Parola, al punto da arrivare a “rivestirsi della Parola”. Far sì che «essa spezzi il nostro io, annienti il nostro egoismo, ci inchiodi con Cristo in croce in maniera tale che non più noi viviamo in noi, ma la Parola, che è Lui, viva in noi»6.

È quello che si proponevano le prime focolarine. «Se, per ipotesi impossibile, tutti i Vangeli fossero distrutti, noi vorremmo vivere in tal modo che guardando alla nostra vita si potesse riscrivere il Vangelo».

Questo metodo si è rivelato assai fecondo. Spesso infatti i cristiani non sono consapevoli che la Parola ha il potere di modificare concretamente il nostro modo di agire. Soprattutto essa crea rapporti profondi fra le persone che si comunicano quanto la Parola ha operato nella loro vita, suscitando una comunità cristiana dove tutti, sacerdoti e laici, si mettono alla scuola di Gesù e della sua Parola.

Vallo Torinese: Vivendo la Parola
si costruisce il tessuto comunitario

D. Raggio: Don Vincenzo Chiarle, già vicario episcopale dell’archidiocesi di Torino per la zona di Lanzo, da 40 anni è parroco di Vallo Torinese, una parrocchia di 750 abitanti a 600 metri d’altezza nelle Prealpi.

D. Vincenzo: Nel presentare qualche flash dell’esperienza di questa comunità devo rifarmi ad alcune indicazioni del Concilio Vaticano II, perché fu proprio in quegli anni che, a contatto con la spiritualità dell’unità del Movimento dei focolari, iniziò per noi il cammino nella Parola.

Fin da allora ritenni una grazia avere incontrato questa spiritualità, perché ci ha aiutato a concretizzare le riforme conciliari e gli indirizzi pastorali del vescovo.

Era il tempo del ’68. Tutto era in fermento anche all’interno della Chiesa e tante esigenze evangeliche emergevano più stagliate ed affascinanti, ma col rischio di rispuntare atee. È proprio allora che abbiamo avuto la grazia di essere coinvolti in questa singolare esperienza. Fu così più facile intraprendere il percorso proposto dal Concilio e in questo cammino certamente siamo stati molto confortati, aiutati e stimolati dall’allora nostro arcivescovo, il card. Michele Pellegrino.

In questi 40 anni di esperienza, ho visto realizzarsi quanto afferma la Lumen gentium al n.4:

«Lo Spirito unifica la Chiesa nella comunione e nel servizio; la provvede di diversi doni gerarchici e carismatici con i quali la dirige, la abbellisce dei suoi frutti. Con la forza del Vangelo, fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo».

Fu a questa affermazione del Concilio che mi appellai per invitare i parrocchiani a partecipare al primo incontro per parrocchie che don Silvano Cola, allora responsabile dei sacerdoti diocesani che seguono la spiritualità dell’unità, tenne per incarico di Chiara Lubich a Rocca di Papa dal 2 al 4 giugno 1967. A gloria di Dio posso dire che questi frutti di comunione nello Spirito, di servizio, di perseveranza, di vitalità, di rinnovamento e anche di un certo cammino di santità – e qui mi viene da pensare a Maria Orsola, una gen morta in concetto di santità nel 1970 a soli 16 anni –, tutti questi frutti sono stati prodotti dall’incontro provvidenziale tra i doni della Chiesa istituzione (per noi la parrocchia) ed i doni carismatici (il carisma dell’unità del Movimento dei focolari).

Ritornati a Vallo abbiamo cercato di concretizzare nella vita quotidiana l’esperienza maturata in quei giorni. Iniziava così una nuova realtà: vicini di casa si rappacificavano, cadevano vecchi odi e rancori ed anche il semplice saluto diventava un piccolo atto d’amore.

L’impegno a vivere insieme il Vangelo ci fece scoprire e sperimentare l’incanto delle prime comunità cristiane: «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli, nell’unione fraterna, nello spezzare il pane e nelle preghiere... tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune» (At 2, 42. 44).

Alla luce di questa Parola c’è chi ha rivisto la propria economia e la comunione dei beni, anche materiale, è diventata logica, spontanea e costante. Questa piccola rivoluzione sociale ha portato singoli e famiglie a mettere mensilmente in comune il superfluo per le necessità della comunità. Più volte cifre cospicue, frutto di eredità, di risparmi e di sacrifici, sono stati versati nella cassa comune. Una certa sobrietà e povertà di vita rende possibile l’aiuto a tanti fratelli e sorelle vicini e lontani. Ultimamente stiamo sostenendo alcune missioni dell’Africa e del Pakistan. Anche il tempo, le energie, i talenti di ciascuno sono messi a disposizione.

Le parole di Gesù: «Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me» hanno sviluppato una sensibilità nuova verso gli altri, specialmente verso i più poveri e gli ammalati: le famiglie si dispongono ad ospitare in casa persone bisognose, come l’anziano dedito all’alcool, bambini in affidamento, ad accogliere famiglie di stranieri, studenti e seminaristi di “Propaganda Fide” ospitati nei mesi estivi...

L’accostarci a Gesù, vivo e attuale nel Vangelo, l’impegno a vivere la Parola «dove due o più sono radunati nel mio nome io sono in mezzo a loro» ci ha fatto riscoprire il valore dell’amore scambievole e molte volte si colgono i frutti particolarmente nelle celebrazioni eucaristiche. Le messe, anche le più semplici dei giorni feriali, sorprendono chi le frequenta occasionalmente, perché le liturgie sempre più partecipate e gioiose acquistano il senso della “festa” attorno al Risorto.

Lentamente si è costruito il tessuto comunitario. Ancora oggi continuiamo a incontrarci per comunicarci la vita del Vangelo: diciotto sono i gruppi che si ritrovano mensilmente nelle case, per l’incontro della Parola di vita. Per molti ormai è normale chiedere e poi scrivere sulle tombe dei loro cari quella Parola di Vita che ha costituito il programma orientatore della loro esistenza. Anche l’incontro di catechismo dei bambini viene sempre concluso con l’impegno a trasformare in vita quanto appreso in quell’ora.

Chiara ricorda che «dalla Parola fioriscono opere». Lo abbiamo constatato anche noi guardando alla realizzazione del Centro parrocchiale d’incontri e ad altre opere umanamente impensabili per un paese piccolo come il nostro.

Certamente è ancora un miracolo della Parola se in questi 40 anni abbiamo potuto accogliere oltre 150.000 persone in questo Centro parrocchiale, specie ora dopo la traslazione della salma di Maria Orsola nella chiesa parrocchiale.

D. Raggio: Grazia, una impegnata della parrocchia di Vallo, racconta una sua esperienza sulla vita della Parola.

Grazia: Accogliere le persone o i gruppi che molte volte vengono a trovarci non è facile, perché esige sempre per ciascun membro della comunità di perdere qualcosa.

Così ad esempio è stato per me nel periodo natalizio. Dopo anni di lavoro, per la prima volta potevo godermi due settimane di vacanze. Stavo già “pregustando” quei giorni di riposo, quando arriva la notizia che subito dopo Capodanno, due gruppi di giovani  sarebbero venuti a Vallo per fare insieme un’esperienza di comunità e per conoscere Maria Orsola.

Ho visto svanire il mio sogno di riposo! Mi veniva in risalto tutto l’impegno che questa visita comportava. Ricevere ospiti infatti mette in moto l’intera comunità. Chi per accogliere in casa per dormire, chi per preparare i pranzi e le cene, chi per animare i momenti di incontro, fare e disfare letti, pulire, riordinare, lavare piatti, preparare panini… Ma poi la frase della Scrittura: «Date e vi sarà dato» e l’altra: «C’è più gioia nel dare che nel ricevere», mi hanno fatto superare le mie riluttanze!

Abbiamo preparato insieme un programma, ma senza esservi attaccati, pronti eventualmente a cambiarlo all’arrivo dei due gruppi. L’importante era impegnarci a vivere l’amore scambievole fra noi perché solo Gesù fosse il protagonista di quei giorni.

Così è stato: tutto si è svolto con grande semplicità e in un vero clima di famiglia. Gesù presente nella comunità per il reciproco amore ha portato frutti bellissimi sia per noi che per i giovani che sono venuti.

Una tra le tante impressioni ricevute: «L’accoglienza è stata meravigliosa. Il clima fantastico e permeato d’amore. Poi in questi giorni abbiamo conosciuto meglio Maria Orsola, capendo che la santità è alla portata di tutti, anche di noi giovani, perché grazie all’ideale evangelico, al ricominciare sempre, abbiamo la possibilità di vivere l’unità e l’amore che ci portano a Dio». E ancora: «Questa esperienza mi ha aiutato a crescere. Ho capito l’obiettivo finale della mia vita: la felicità, che non si ottiene ubriacandosi, drogandosi e andando in discoteca, ma amando il prossimo. Fino a due anni fa non credevo in Dio, ma qui ho capito che vivere per Lui  e amare sono la vera felicità».

Anche i nostri ragazzi e giovani erano contenti e meravigliati per l’unità, che in poco tempo, si era costruita. È proprio vero che «la Parola ci fa uno».

D. Raggio: Le persone che vengono dal di fuori si rendono conto della vita che anima questa comunità?

D. Vincenzo: Chi osserva dal di fuori si meraviglia di trovare oggi una comunità cristiana viva. Domenica scorsa, ad esempio, alcuni di una parrocchia del Cuneese, che  avevano partecipato ad un nostro incontro, hanno chiesto al loro parroco: «Perché le persone delle nostre parrocchie non sono gioiose e contente come le persone che abbiamo incontrato oggi?». E il loro parroco ha risposto: «Perché ci manca il fuoco e siamo venuti qui per accenderlo».

Anche il nostro arcivescovo, il cardinale Severino Poletto, ha colto questi effetti della Parola tanto che a conclusione della visita pastorale ha lasciato scritto: «Anche se Vallo, per la spiritualità “focolarina” che l’anima e per la venerazione di Maria Orsola, è meta di incontri, ritiri, convegni e pellegrinaggi di persone che provengono da varie parti d’Italia e del mondo, non per questo ha perso la sua identità parrocchiale, ma piuttosto, questa ne è uscita arricchita. È la prova che, quando si mette la Parola di Dio al centro e come ideale di vita, la parrocchia ne esce trasformata e il clima di comunione che vi regna esercita una grande forza di attrazione. Segno che Gesù e il suo Vangelo possono ancora affascinare l’uomo di oggi alla ricerca di una Parola che illumini e di una Presenza che sostenga il cammino della vita» (17/12/2006).

Macerata: impegno diocesano
e «festa della Parola di vita»

D. Raggio: Mons. Pio Pesaresi, già vicario generale della diocesi di Macerata (Marche, Italia) ed ora vicario episcopale per il clero e le religiose, è stato anche incaricato per il Movimento diocesano7 della stessa diocesi. Ci racconta come è nata questa realtà nella sua diocesi.

D. Pio: Nei miei primi anni di sacerdozio come viceparroco della Cattedrale di Osimo,  e poi come parroco di Appignano, pur prodigandomi con tutte le forze, avevo un certo senso di frustrazione, perché mi pareva di non riuscire a costruire il Regno di Dio.

In quel periodo venni invitato ad un incontro del Movimento dei focolari per sacerdoti diocesani. La sensazione che ebbi fu che lì si viveva il Vangelo e si costruiva il Regno di Dio. Ne rimasi colpito. Così quando ci fu nella vicina città di Macerata un incontro di parrocchie animate dalla spiritualità del Movimento, vi partecipai con un bel gruppo di parrocchiani, con il desiderio di trasmettere anche a loro questa vita.

La cosa partì. Con un gruppetto ci proponemmo di vivere insieme la Parola di Dio e settimanalmente ci incontravamo in spirito di fraternità per raccontarci le esperienze su di essa. E il gruppo crebbe, coinvolgendo anche giovani e ragazzi, dando origine ad un nucleo di comunità viva, quella che sempre avevo sognato.

L’allora vescovo di Macerata, mons. Carboni, venendo a conoscere l’esperienza del Movimento diocesano di altre diocesi delle Marche, chiese a Chiara se era possibile iniziarlo anche nella sua diocesi. Lei accettò, mi presentò come sacerdote animatore e il vescovo me ne diede ufficialmente il mandato, e così iniziò l’irradizione della spiritualità anche a livello diocesano.

Come Movimento diocesano svolgiamo attività formative nello spirito dell’unità rivolte ad adulti, giovani e ragazzi, con incontri regolari e corsi di formazione estivi tipo campiscuola. La continuità, la vita di gruppo ed il rapporto con gli animatori finiscono per diventare elementi preziosi per la crescita personale e avviano ad una partecipazione motivata alla vita della comunità cristiana.

Collaboriamo e animiamo i vari tipi di pastorale promossi dalle parrocchie, dalla diocesi e dagli organismi in cui siamo chiamati ad operare. Da questo contesto sono nate vocazioni anche al sacerdozio ministeriale, come quella di don Claide Tarabelli, un giovane parroco, partito recentemente per il Cielo, per un incidente stradale a soli 43 anni, lasciando una profonda traccia in mezzo a tutti noi.

D. Raggio: Da alcuni anni avete pensato di far conoscere più al largo la Parola di vita, organizzando anche una Festa...

D. Pio: Una manifestazione particolare, che si svolge ogni anno nel nostro Movimento diocesano, è la Festa della Parola di vita, giunta quest’anno alla sua XXVI edizione. La facciamo nel salone parrocchiale di Appignano, d’accordo con il parroco, e vi partecipano persone di tutte le età, anche membri del gruppo neocatecumenale e persone di altre parrocchie della diocesi.

Si tratta di uno dei momenti corali più forti dell’anno, una serata spettacolo aperta a tutti, in cui i membri del Movimento dei focolari, con l’animazione del nostro complesso “il Diamante”, attraverso esperienze, coreografie e scenette create per l’occasione, danno testimonianza dei frutti che la Parola vissuta produce a livello personale e dei rapporti ecclesiali e sociali.

Essa coinvolge nella preparazione e nella realizzazione decine e decine di ragazzi, giovani e adulti e richiama diverse centinaia di partecipanti, coinvolgendo anche gente che abitualmente non frequenta  la parrocchia.

La festa ogni anno ha un tema. Quest’anno, in sintonia col prossimo Sinodo dei vescovi, il titolo sarà la «Parola che si fa vita». Per dare la giusta intonazione piena di sapienza e di vita, non manca mai un breve video di Chiara, rapportato col tema della serata.

La serata comprende anche un momento ricreativo e una pesca realizzata con premi arrivati dalla provvidenza.

A questa festa partecipano pure i parroci che hanno in parrocchia una presenza del Movimento diocesano. Quest’anno il nuovo vescovo, mons. Claudio Giuliodori, attento alla realtà dei Movimenti ecclesiali e al loro inserimento nella vita della comunità diocesana, ha promesso la sua partecipazione.

D. Raggio: Daniela Zepponi di Appignano, un piccolo borgo della provincia di Macerata, racconta come lei ha vissuto e vive questa Festa della Parola.

Daniela: Da quando avevo 12 anni ho iniziato a frequentare il Movimento diocesano e a partecipare alla Festa della Parola. Ho fatto un po’ tutte le parti: ho cantato, recitato, ballato e presentato… e da quattro anni ne curo la regia e l’organizzazione.

La  Festa della Parola è un vero e proprio evento, atteso tutto l’anno. È il nostro modo per rappresentare, attraverso il canto, le danze e l’amore fraterno, la nostra gioia di vivere la Parola e raccontare le nostre esperienze concrete.

In quell’occasione l’oratorio è sempre pieno di gente. Vengono anche membri di altri Movimenti. Prima di iniziare ci ritroviamo tutti gli attori, dai più piccoli agli adulti, in una stanza e ci dichiariamo la nostra unità, coscienti che, se lo spettacolo è importante e ci è costato fatica, sarà però Gesù in mezzo a noi che potrà trasmettere con efficacia il messaggio dell’amore reciproco, innamorando tutti a vivere la sua Parola.

A volte ci sembra di non farcela, ma l’amore a Gesù che sulla croce grida il suo abbandono, ci dà forza per andare avanti. Quest’anno, per esempio, non ci sarà d. Claide, ma ci sarà una rappresentanza di Villa Strada, dove lui era parroco, che testimonierà la bellezza di quanto lui ha fatto per loro.

Anche la scenografia sarà particolarmente curata. Ispirandosi alle parole di un Angelus del Papa, dove faceva riferimento al messaggio negativo che proviene da certi mezzi di comunicazione, il nostro scenografo Michele ha deciso di utilizzare proprio i fogli di giornale come base sulla quale campeggia la scritta in pieno bianco «Parola che si fa vita», a significare che la Parola di Dio vince su tutto quando diventa vita.

È impressionante vedere quanto lavoro, impegno e amore, i giovani, i ragazzi, i bambini e gli adulti del Movimento diocesano mettono sempre nel realizzare questo evento. Anch’io, che vi ho partecipato tante volte, solo ora mi rendo conto che gioco a incastro sia questa Festa della Parola.

Ed ho scoperto che quello che fino al sabato pomeriggio poteva sembrare un disastro, aggiungendo una parte di fiducia nella Provvidenza, una di amore al fratello e una di amore a Gesù abbandonato, si trasformava nel volgere di poche ore nel meraviglioso mosaico dell’amore reciproco!

D. Raggio: Mi rivolgo ora a Stefano. Cosa è successo quando d. Pio è partito da Appignano e al suo posto è arrivato d. Gianni che proviene da un’esperienza neocatecumenale?

Stefano: Abbiamo cercato di accogliere bene il nuovo parroco e di fargli sentire il nostro amore con gesti concreti, continuando il nostro servizio secondo le sue proposte e le sue richieste.

All’inizio abbiamo fatto un po’ di fatica per capire il modo nuovo di condurre la vita parrocchiale, un po’ diverso da quello che avevamo vissuto fino a quel momento. Poi man mano, con l’impegno di comprensione reciproca, si è creato un rapporto di vera collaborazione e armonia.

Un recente episodio. In occasione dello scorso Natale don Gianni ci ha chiesto di organizzare una veglia di preghiera per i giovani. Pur aderendo a questa richiesta e lavorando alla sua preparazione fino a tarda notte, abbiamo esposto delle perplessità sull’orario e il giorno da lui prescelti, che coincidevano con altre iniziative nelle quali da tempo ci eravamo impegnati.

All’indomani il parroco, forse per venirci incontro, ha annullato l’iniziativa. Abbiamo avuto però l’impressione che qualcosa non andasse bene nei nostri rapporti con lui. Dopo un primo momento di sconcerto, tutti uniti abbiamo deciso di ricomporre subito quel rapporto che sentivamo spezzato, perché era impensabile per noi presentarci all’Eucarestia domenicale senza averlo sanato: «Se stai per fare un’offerta all’altare e ti accorgi che tuo fratello ha qualcosa contro di te…». Così abbiamo messo in atto l’insistenza evangelica della vedova importuna, ottenendo un incontro con d. Gianni a tarda sera, a casa sua al suo ritorno dalle catechesi.

È stata l’occasione per un confronto aperto e sincero, al di fuori degli schemi, dove ciascuno manifestava serenamente ciò che aveva in cuore. Sono stati spazzati via vecchi pregiudizi e ci siamo guardati con occhi nuovi. Alla fine don Gianni, con un sorriso ha voluto farci una sorpresa: «Siete impegnati domenica se-ra?». Noi pronti a tutto: «Siamo liberi, dicci pure!». E lui: «Vi andrebbe di andare a cena tutti insieme?».

Quanto alla veglia abbiamo mantenuto la data e l’orario scelti da don Gianni, ma l’Eterno Padre ha cambiato tutti i nostri piani mandando un’abbondante nevicata.

Bibbia per il popolo

D. Raggio: Nel Medio Evo, quando i libri si scrivevano a mano e pochi sapevano leggere, si contemplava la Bibbia nelle vetrate e nei dipinti sui muri delle Chiese. Era chiamata la Bibbia dei poveri. Oggi tutti sanno leggere e la Bibbia è a portata di ciascuno, ma pochi la leggono e soprattutto pochi hanno l’abitudine di viverla nelle occasioni concrete della vita.

Quale la Bibbia che la società d’oggi – oppressa dal consumismo e stufa di troppe parole – riesce  ancora a leggere e ad accettare come norma di vita? Il teologo e vescovo Klaus Hemmerle rispondeva  che l’unica Bibbia oggi capita è una comunità che grida il Vangelo con la vita, una comunità che sia Vangelo vivo, dove si incontra – come diceva Bonhoeffer  – «Cristo diventato comunità»8. Allora la vita quotidiana dei singoli e della comunità diventa «alfabeto per comunicare il Vangelo», un Vangelo per tutti attraente.

a cura di Adolfo Raggio

 

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1)   Alla parrocchia di S. Giuseppe Cafasso, Roma, 1 febbraio 1982, In Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV, 1, Poliglotta Vaticana 1982, p. 216.

2)   Discorso durante l’udienza concessa il 6.2.2008 ai partecipanti al congresso sulla sacra Scrittura nella vita della Chiesa, in occasione dei quarant’anni dalla promulgazione della Dei Verbum. Benedetto XVI spiega il perché: «La Chiesa sa bene che Cristo vive nelle Sacre Scritture».

3)   C. Lubich, L’esperienza del Movimento dei Focolari, in: Pontificium Consilium pro Laicis, La parrocchia ritrovata. Percorsi di rinnovamento, Libreria Vaticana 2007, pp. 201-206.

4)   Ibid. Gli altri contributi che lei delinea sono: l’apporto che la spiritualità dell’unità, tipica del Movimento, può dare per rendere la Chiesa locale sempre più comunione, l’esperienza del Movimento che può aiutare nel portare avanti i diversi dialoghi, e il rilievo dato dal Movimento al profilo mariano della Chiesa.

5)   Id., Per una parrocchia comunità, discorso al Congresso del Movimento parrocchiale, Aula Paolo VI, 3 maggio 1986, in “Gen’s” 4-6 (1986), p. 7.

6)   C. Lubich,  Creare e ricreare la comunità, in: Santi insieme, Città Nuova, Roma 1994, p. 56.

7)   «È una diramazione dell’Opera di Maria che si propone di animare, mediante la spiritualità dell’unità, le strutture della Chiesa particolare: parrocchie, organismi e ambiti diocesani» (Regolamento del Movimento diocesano, art. 2).

8)   D. Bonhoeffer, Sanctorum Communio. Eine dogmatische Untersuchung der Kirche, hrsg. v. Joachim von Soosten, Dietrich Bonhoeffer Werke, Band 1, Chr. Kaiser Verlag, München 1986, p. 87.