Uno sguardo alla storia della spiritualità cristiana

La Parola nel camino della Chiesa

 

L’autore, con un sintetico, ma interessante percorso storico, ci mostra l’attualità e la preziosità della riscoperta della funzione della Parola di Dio nella vita cristiana, che è al cuore degli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Nei primi secoli cristiani e nell’esperienza dei santi si era sempre consci del valore della Parola di Dio per l’esistenza cristiana. Nel secondo millennio, a livello della teologia e della vita del popolo cristiano, si era verificato però un «esilio» della Parola di Dio. Oggi si riscopre la centralità della Parola.

Uno dei frutti più belli del Concilio Vaticano II è quello di aver riaffermato la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa.

Certamente esso è stato preceduto e preparato dal grande “movimento biblico”, che si è sviluppato lungo tutto il XX secolo. Basti pensare ad esempio alle riviste bibliche e al ruolo svolto dall’Ècole Biblique de Jérusalem, fondata nel 1892 dai domenicani francesi; al Pontificio Istituto Biblico di Roma fondato nel 1909 e affidato ai Padri Gesuiti; allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, fondato dai padri francescani della Custodia di Terrasanta nel 1927.

Grazie al cammino compiuto dalla Chiesa la Costituzione dogmatica Dei Verbum ha nuovamente messo in luce la centralità della Parola nella liturgia, nella predicazione, che deve essere «nutrita e regolata dalla sacra Scrittura» (n. 21), nella teologia, che «si basa, come su un fondamento perenne, sulla Parola di Dio scritta» (n. 24), nella vita quotidiana dei fedeli, che deve essere segnata dalla «frequente lettura delle divine scritture» (n. 25).

Nata dalla Parola la Chiesa trova nella Parola il sostentamento e la luce. In essa «è insita tanta efficacia e potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa la forza della loro fede, il nutrimento dell’anima, la sorgente pura e perenne della vita spirituale. Perciò si deve riferire per eccellenza alla sacra Scrittura ciò che è stato detto: “viva ed efficace è la Parola di Dio” (Eb 4, 12), “che ha il potere di edificare e dare l’eredità tra tutti i santificati” (At 20, 32; cf. 1Ts 2, 13)» (n.21).

Il fondamento evangelico
della vita cristiana

Consapevole della centralità della Parola nella vita cristiana, la Dei Verbum continua ricordando che «la Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso del Signore, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di proporlo ai fedeli» (n. 21).

Il Concilio ha messo di nuovo la Bibbia in mano ai fedeli ed essa è tornata ad essere quello che era all’inizio della Chiesa. La vita cristiana delle origini era infatti “vita evangelica”, una vita interamente informata e guidata dalla Parola di Dio. Annuncio del kerigma, catechesi, catecumenato, liturgia... tutto ruotava attorno alla Parola che andava annunciata, spiegata, pregata, vissuta...

Atanasio racconta che al Concilio di Nicea i Padri “respiravano la Scrittura”. In almeno cinque degli otto Concili ecumenici d’Oriente il Vangelo veniva posto in mezzo all’assise, su un trono, a mostrare la viva presenza di Cristo: Evangelium Christus est!

I Padri della Chiesa erano grandi teologi perché erano grandi commentatori della sacra Scrittura. Spesso erano grandi vescovi e quasi tutti grandi santi, uomini spirituali. La Parola di Dio nutriva il loro pensiero e la loro vita. Esegesi, teologia, spiritualità e pastorale, costituivano un tutto organico.

I monaci sono presto diventati il simbolo del contatto stabile con la Scrittura: l’avevano sempre sulle labbra e nel cuore, se ne nutrivano ogni istante, quasi masticandola, “ruminandola”, come si usava dire con un termine divenuto tecnico.

Di sant’Antonio del deserto Girolamo diceva che «con la lettura assidua e lunga meditazione aveva fatto del suo cuore la biblioteca di Cristo». Non aveva bisogno di libri, perché custodiva la Parola di Dio. Non aveva una regola perché aveva il Vangelo.

Ma ogni cristiano è un discepolo del Vangelo, un appassionato della Parola di Dio. Giovani Crisostomo parla di donne e ragazzi del popolo fedele che portavano, legato al collo, il libro dei Vangeli in modo da averlo sempre con sé1.

Nel Medioevo, leggiamo nei Lineamenta per il prossimo Sinodo dei vescovi, «la Sacra Pagina costituisce la base della riflessione teologica; per bene incontrarla si elabora la dottrina dei quattro sensi (lettera, allegoria, tropologia, anagogia); secondo l’eredità antica la Lectio Divina costituisce la forma monastica della preghiera; fa da fonte dell’ispirazione artistica; si trasmette al popolo nelle tante forme della predicazione e della pietà popolare».

La Parola di Dio in esilio?

Questo anelito a rimanere in contatto vitale con la Parola, fino a farla diventare il naturale nutrimento della vita spirituale, è rimasto una costante lungo la storia della Chiesa. Tuttavia dalla fine del Medioevo si è avvertito un progressivo distanziamento della vita spirituale dalla Parola di Dio, al punto che qualcuno ha parlato di “divorzio”.

I motivi sono molteplici e complessi. Già nell’Alto Medioevo si avverte un disagio nei confronti delle sacre Scritture. Il clero spesso ha una preparazione dottrinale molto povera ed è incapace di comprendere e spiegare la Parola di Dio. La grande maggioranza dei laici è analfabeta e non può accedere direttamente ai testi. I nuovi popoli che si convertono al cristianesimo non ricevono una adeguata catechesi.

Successivamente la teologia avverte la necessità di un confronto con la filosofia aristotelica portata nel mondo latino dagli arabi. Nasce la teologia sistematica, cui segue l’emanciparsi di una esegesi critica come scienza autonoma.

«L’unità di queste discipline si rompe, fino a radicalizzarsi con l’avvento dell’epoca moderna. Con il Rinascimento e l’Umanesimo infatti, l’esegesi si stacca dalla teologia, la teologia si stacca dall’esegesi, la spiritualità è staccata dalla dogmatica e dall’esegesi, la predicazione ignora spesso l’esegesi e la dogmatica, diventando moralizzante; si arriva cioè ad una progressiva separazione e rottura delle discipline teologiche (...)»2.

Specialmente per gli ultimi secoli, dopo il Concilio di Trento, si è potuto parlare, almeno riguardo alla Chiesa cattolica, di “esilio” della Parola di Dio, per la mancanza di conoscenza e di contatto diretto con le Scritture.

«È vero che la Chiesa cattolica ha sempre vissuto della Parola di Dio, ma essendone stati riservati l’uso e la frequentazione ai chierici e agli specialisti, si era verificata di fatto una situazione in cui la centralità della Parola era offuscata, sfuocata dalle tradizioni ecclesiastiche (...). La sacra Scrittura solo formalmente costituiva l’elemento fondante e dirimente la vita ecclesiale»3.

Si pensi ad esempio che nel 1713 la costituzione dogmatica Unigenitus condannava le affermazioni del teologo giansenista francese P. Quesnel secondo cui «è utile e necessario in ogni tempo, in ogni luogo e per ogni genere di persone studiare e conoscere lo spirito, la pietà e i misteri della sacra Scrittura», «la lettura della sacra Scrittura è per tutti» e «i cristiani debbono santificare la domenica con la lettura spirituale, soprattutto della Scrittura, ed è dannoso voler ritrarre il cristiano da questa lettura».

Questo atteggiamento della Chiesa era  dovuto alla ricerca di salvaguardare la lettura della Parola di Dio “nella Chiesa”, ossia come Parola rivelata a tutto il popolo di Dio e vivente nella Tradizione della Chiesa, contro una “privatizzazione” della lettura, nella consapevolezza che, quando si stacca la sacra Scrittura dalla Tradizione e dall’interpretazione del Magistero, la comprensione del messaggio di Dio rischia di essere mal capito.

L’esperienza dei santi

Nonostante queste difficoltà i santi e le sante hanno continuato a cercare nella Parola di Dio la sorgente e l’alimento costante della loro ispirazione e della loro opera. Nutrendosi della Parola di Dio, non si sono divorziati da essa, non l’hanno lasciata andare in esilio.

Alcuni teologi come Melchior Cano asserivano che le donne non avrebbero dovuto mai prendere in mano la Bibbia perché per esse la Scrittura è un cibo pericoloso, mentre Teresa d’Avila attingeva abbondantemente alla fonte della Parola di Dio, convinta che «tutto il danno che si trova nel mondo dipende dal non conoscere la verità della Scrittura con chiara verità»4. I suoi scritti sono interamente illuminati dalla Parola di Dio.

Paolo II – siamo sempre nel 1500 –, approvando gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio, riconosceva che essi erano «ex Sacris Scripturis elicita»5.

Francesco di Sales, nel 1600, scrive a Filotea: «Sii devota della Parola di Dio: sia che l’oda nelle conversazioni familiari con i tuoi amici spirituali, sia che la senta nelle prediche, ascoltala sempre con attenzione e riverenza; cerca di ricavarne il maggior profitto e non permettere che cada in terra, anzi ricevila nel tuo cuore come un balsamo prezioso, imitando la Vergine santissima, che conservava con cura nel suo cuore tutte le parole che si dicevano in lode del suo figlio»6.

Il 1700 si apre con il libro di Luigi Grignon de Montfort, L’Amore dell’eterna Sapienza, lettura cristiana della corrente sapienziale che percorre l’intera Bibbia. Nel medesimo periodo Alfonso de Liguori fonda la sua morale sulla Parola di Dio, convinto che «non v’è cosa che possa più muovere un cristiano all’amore divino quanto la stessa Parola di Dio che abbiamo nelle sacre Carte»7.

Nell’Ottocento Giovanni Bosco considera la Parola di Dio come «luce, perché illumina l’uomo e lo dirige nel credere, nell’operare e nell’amare»8. Ad essa lui stesso attinge abbondantemente per la sua attività catechetico-educativa, consapevole che «il cristiano è colui che ha la Divina Parola per guida»9.

Alla fine dell’Ottocento e agli inizi del Novecento Charles de Foucauld prende la Parola di Dio come sua unica guida: «Bisogna cercare di impregnarci dello spirito di Gesù leggendo e rileggendo, meditando e rimeditando senza sosta le sue parole ed i suoi esempi: che questi operino sulle nostre anime come la goccia d’acqua che cade e ricade su una lastra di pietra sempre allo stesso posto»10.

 

L’impulso dato dal Vaticano II

Nonostante l’esperienza dei santi, rimane purtroppo vero che la maggior parte dei cattolici, soprattutto laici, è stata trattenuta o si è tenuta lontano dalla Scrittura.

È stato il Concilio Vaticano II, come detto all’inizio, a ridare alla Parola di Dio il posto che deve effettivamente avere nella vita della Chiesa.

La Chiesa vuole ancora «nutrire di continuo i suoi figli con le divine parole» e sollecita il contributo di esegeti e teologi perché «il più gran numero possibile di ministri della divina Parola siano in grado di offrire con frutto al popolo di Dio l’alimento delle Scritture, che illumina la mente, corrobora le volontà e accende i cuori all’amore di Dio» (Dei Verbum, n. 23).

Il Concilio ribadisce la necessità che «tutti i chierici, principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della Parola, conservino un contatto continuo con le Scritture mediante una lettura spirituale assidua e uno studio accurato (…). Parimenti il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere “la sublime scienza di Gesù Cristo” (Fil 3, 8) con la frequente lettura delle divine Scritture. “L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo”». (n. 25).

Ministri della Parola

Il Concilio ha ribadito il compito di magistero, proprio dei vescovi, come successori degli apostoli.

Gesù aveva chiamato i Dodici perché stessero con lui, in modo da immedesimarli con la sua Parola, e per mandarli come altri lui, come suoi apostoli, fatti Vangelo vivo, messaggeri della sua Parola (cf Mc 3, 14-15).

Nella nascente comunità di Gerusalemme la loro prima occupazione era l’insegnamento assiduo (cf At 2, 42). Gli Atti ce li mostrano intenti a insegnare al popolo e annunciare, in Gesù, la risurrezione dei morti (cf 4, 2). Al sinedrio, che li diffida dal parlare e dall’insegnare nel nome di Gesù, Pietro e Giovanni replicano: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (4, 20).

Quando per il crescere della nuova comunità dei credenti il primato dell’annuncio della Parola rischiava di essere compromesso, «i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: Non è giusto che noi trascuriamo la Parola di Dio per il servizio delle mense». Affidarono il servizio ai Sette per dedicarsi «alla preghiera e al ministero della Parola» (At 6, 2-4).

In continuità con l’esperienza dei Dodici il Concilio fa precedere il compito di insegnamento agli altri due munera propri del vescovo e del presbitero, la santificazione e il governo. Riprende così idealmente la successione presente nelle parole che il Risorto rivolse ai suoi discepoli: «Mi è stata data ogni potestà in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole..., insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28, 18-20).

Ma ovviamente prima di essere maestri occorre essere discepoli e non smettere di rimanere tali neppure quando si insegna come maestri della fede. Non si è mai padroni della Parola di Dio, ma suoi servitori. «Sono queste le due attività del Pontefice – scrive Origene –: o imparare da Dio, leggendo le Scritture divine e meditandole più volte, o ammaestrare il popolo. Però, insegni le cose che egli stesso ha imparato da Dio!»11.

Vivere la Parola

Il prossimo Sinodo dei vescovi vuole ripetere l’interrogativo di Giovanni Paolo II alla vigilia del Grande Giubileo del 2000: «In che misura la Parola di Dio è divenuta più pienamente anima della teologia e ispiratrice di tutta l’esistenza cristiana, come chiedeva la Dei Verbum?».

«Oggi – leggiamo nei Lineamenta per il Sinodo di ottobre – nel popolo di Dio si avverte sempre più, come già notava Amos, fame e sete della Parola di Dio (cf Am 8, 11-12). E d’altra parte si nota con tristezza che non dovunque tale bisogno è sentito, perché la Parola di Dio corre poco e non è ancora adeguatamente favorito l’incontro con il Libro Sacro. Aiutare i fedeli a capire cosa è la Bibbia, perché c’è, cosa dona alla fede, come si usa, è esigenza importante».

Fabio Ciardi

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01) Hom. 19, 4 ad populum Antiochenum; PG 49, 196.

02) I. de la Potterie e G. Zevini, Ascolta...!, “Parola, spirito e vita” 1, EDB, Bologna 1979, p. 10.

03) E. Bianchi, La centralità della Parola di Dio, in Il Vaticano II e la Chiesa, a cura di G.. Alberigo e J. P. Jossua, Brescia 1985, p. 159.

04) Vita 40, 1.

05) Bolla Pastoralis Officii (31 luglio 1538), Exercitia spiritualia, Roma 1969, p. 76.

06) Introduzione alla vita devota, II, XVII, UTET, Torino 1969, p. 147.

07) L’amore delle anime, Opere ascetiche, vol. 5, CSSR, Roma 1934, p. 130.

08) Il cattolico nel secolo, Opere Edite, vol. 34, pp. 369–370.

09) Ibid.

10) Opere spirituali, Paoline, Roma 1983, p. 133.

11)  In Leviticum Hom., VI; PG 12, 474 C.