E nacque il
primo focolare maschile
di Marco Tecilla
Nell’immediato
dopoguerra, l’incontro dell’autore con Chiara Lubich condusse alla nascita del
primo focolare maschile: vivere 24 ore al giorno «da
Gesù» e con lui fra i suoi, non solo quando si prega, ma anche quando si lavora
e si riposa: è questa la realizzazione del «castello esteriore».
Sono nato in una famiglia cristiana ed ho ricevuto, sia in famiglia che
in parrocchia, una buona formazione. Mi sentivo un buon cristiano!
Vedendo mia sorella molto impegnata nel seguire “certe” persone anche
durante gli allarmi o bombardamenti, giudicavo la cosa un’esagerazione e
divenni ostile al suo modo di agire. Non conoscevo le sue attività, ma sapevo
che frequentava certe amiche da me giudicate “esaltate” e “bigotte”. Non
bastava la messa do-menicale e qualche preghiera?
Finita la guerra ebbi modo di conoscere
personalmente Chiara in un incontro a cui partecipai invitato da un sacerdote.
Erano presenti anche le amiche di mia sorella. Chiara non l’avevo mai vista né
sapevo nulla di lei, ma quando ascoltai il suo intervento caddero i miei
pregiudizi. Rimasi profondamente toccato dai contenuti che lei offriva. Per la
prima volta mi veniva presentato Dio che è Amore.
Essendo operaio elettromeccanico, mi venne
chiesto dal sacerdote se potevo aiutare quelle “signorine” che abitavano in
Piazza Cappuccini, proprio nella zona ove io abitavo, nel fare piccole
riparazioni elettriche nel loro appartamento molto
vecchio e povero.
In quella “casetta”, così allora si chiamava il primo
focolare femminile, cominciai a respirare un clima mai prima
sperimentato. Il loro linguaggio era sempre basato sul Vangelo. Questo mi
affascinava. E poiché i guasti, grazie a Dio, si ripetevano avevo
la possibilità di mantenere con loro un contatto sempre più stretto.
«Qualunque cosa avete fat-to ad uno di questi
miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Mai mi ero reso conto di questa
parola di Gesù, mai avevo appreso certe frasi fondamentali del Vangelo; per cui mi accorsi che il mio cristianesimo era assai
scadente e povero.
Una sera, Chiara mi volle parlare raccontandomi della loro vita, delle loro scelte. Mi parlò di Gesù, dell’impegno che noi
cristiani, se vogliamo essere tali, abbiamo: di essere
un altro Gesù. Vivere 24 ore al giorno da Gesù,
proprio come Lui nella Palestina era sempre se stesso: sia che pregasse, che
dormisse, che compisse miracoli. Quale rivoluzione! Compresi che Gesù passava accanto a me e mi invitava a seguirlo lungo il suo
stesso sentiero: «Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua».
Eravamo nell’immediato dopoguerra e l’ambiente era pervaso dalle idee
del marxismo. Lotta di classe, ma soprattutto lotta contro la Chiesa. Avevo
sempre cercato di contrastare tale situazione, a volte con dure discussioni.
Con questo nuovo atteggiamento come affrontare un simile ambiente? Provai una
certa paura. Ma mi affidai a Gesù chiedendogli la grazia di saper mettere a
frutto quanto avevo appreso. Per
fortuna quasi ogni sera dovevo passare per la “casetta” per i soliti lavoretti,
che mai mancavano. Lì trovavo la forza di affrontare tutte le battaglie
della giornata.
Avevo imparato a vivere le parole di Gesù che promettono la sua
presenza dove due o più sono riuniti nel suo nome. Mantenendo un profondo
rapporto di unità con Chiara e le sue prime compagne
mi sentivo sicuro e forte proprio grazie a questa presenza di Gesù in mezzo a
noi.
Anche nel mio ambiente di lavoro, a poco a poco il clima si andò
trasformando. Lo sforzo di amare i miei compagni, senza ribattere le loro
critiche, ma cercando di rendermi disponibile nel servizio verso tutti, aveva
ammorbidito l’ambiente. Vedevo con ciò che il Vangelo veramente funziona e, se vissuto in modo radicale, sa trasformare ogni
ambiente, ogni situazione.
Intanto dentro di me stava maturando quella che divenne poi la mia
vocazione: lasciare la famiglia per donarmi completamente a Dio seguendo la
strada che Chiara aveva aperto. Avevo esternato certi miei dubbi, momenti di
buio e di incertezze sul mio futuro e Chiara, in
risposta a tutte le mie incertezze, mi ripeteva le stesse parole che Gesù
rivolse al giovane ricco: «Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi». Dissi il mio sì senza
alcuna esitazione.
Per poter realizzare questo mio sogno dovetti
attendere l’arrivo di altri giovani che sentissero la stessa vocazione. Nacque,
dopo un paio di anni, il primo focolare ma-schile, con
la stessa vita che le focolarine avevano iniziato verso la fine della guerra.
Un’esperienza favolosa. Eravamo in tre, diversi come
carattere, ma decisi a morire a noi stessi pur di avere Gesù in mezzo a
noi. Non si trattava tanto di puntare ad una santità individuale, come avevo
sempre sentito dire, quanto di santificarci assieme, far trionfare, per l’amore
reciproco, Gesù in mezzo a noi. Si iniziava a vivere
quella spiritualità di comunione che Giovanni Paolo II ha poi lanciato a tutta
la Chiesa con la Lettera Apostolica Novo
millennio ineunte. Il
nostro arcivescovo, Mons. Carlo De Ferrari, benedisse
questo nostro inizio dichiarandosi pure lui “focolarino”.
Intanto attorno a noi si formava una piccola comunità che, animata da
questo nuovo stile di vita, si andava a poco a poco evangelizzando. Miravamo ad
essere noi per primi vangeli viventi per essere quella testimonianza che unica può affascinare le persone. Gesù, infatti, lo ha affermato:
«Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli
altri».
Dopo Trento e vari paesi del Trentino siamo
passati a Torino, Milano, Roma, Firenze, ecc. Questa spiritualità – nonostante
le difficoltà che, per la sua novità, suscitava nello stesso ambiente
cattolico, difficoltà che erano utili per mantenerci nell’umiltà e per
rinforzarci nell’amore a Gesù abbandonato, unico nostro sostegno – si è diffusa
in tutta l’Italia per poi arrivare in vari Paesi d’Europa e oltre Oceano. Tutto
questo, devo proprio dirlo, è stato merito di Gesù che, nonostante la nostra
pochezza, abbiamo cercato di far vivere in mezzo a
noi. È Lui, infatti, e solo Lui che attua la “nuova evangelizzazione”.
Marco
Tecilla