Celebrazione del Natale in un quartiere della periferia di Buenos Aires

 

La festa di tutti

ii Francescio Ballarini

 

Nella parrocchia di Santa Elisabetta d’Ungheria a Platanos, un quartiere di Berazategui, città satellite della capitale argentina, la festa di Natale è celebrata con un candore che incanta e sorprende, perché qui vive una comunità cristiana che, pur in mezzo a difficoltà di ogni genere, sa salvaguardare il valore del rapporto basato sull’amore fraterno.

La messa della Notte Santa

Qui è estate e la Messa della Notte Santa non si celebra a mezzanotte, ma di sera. La chiesa è strapiena di gente. Mi guardo intorno e vedo che sono tutte persone conosciute.

È la comunità presente questa sera al gran completo. Solo alcune famiglie sono assenti, perché sono andate a trascorrere la notte di Natale con parenti che non vivono a Platanos. Moltissimi sono i bambini. C’è anche un cane bianco che va avanti e indietro, che sale e scende i gradini dell’altare ma sinceramente non dà nessun fastidio a nessuno. D’altronde nel presepio ci sono sempre due animali, l’asino e il bue.

Oggi tutti sono convocati per far festa a Gesù. La nostra comunità è un insieme di gente di varie origini: italiana, spagnola, olandese, ungherese, iugoslava, tedesca, del Paraguay, dell’Uruguay... In piccolo è rappresentato il mondo. Ci sono persone di vari ceti sociali: poveri, meno poveri e ricchi.

In tutti questi anni realmente l’incontro festivo della messa ha rotto barriere ed ha creato vincoli di fraternità e di amicizia fra persone molto diverse per cultura, estrazione sociale e formazione.

Adesso è normale ed è commovente, nella messa e soprattutto nel momento del Padre nostro, vedere chi vive in un “barrio cerrado”1, stringere la mano ad un bambino o ad una mamma che vivono in una villa miseria2 e poi si salutano, terminata la messa, come grandi amici.

Questa sera non abbiamo preparato niente di speciale. Semplicemente con un gruppo di persone che maggiormente collaborano ci siamo impegnati, in tutto questo mese, a fare ogni piccola cosa sempre cercando di essere nell’amore reciproco, perché ci siamo detti che il più bel presepe è una comunità che vive nella verità, nella semplicità, nell’autenticità e nella carità.

Nella messa si respira una realtà profondamente umana e profondamente divina. All’omelia dico solo una piccola cosa: «Come Maria ha deposto Gesù nella mangiatoia, così lasciamo che Maria deponga questa notte Gesù nella parte più oscura, più povera, più malata e che meno ci piace di noi stessi. Gesù vuole proprio stare lì dove meno noi immaginiamo e dove sicuramente crediamo che meno possa stare.

Solo se lasceremo entrare Gesù in questo spazio, nel quale noi stessi ci vergogniamo di entrare, potremmo dire che è nato un Salvatore per noi.

Solo se lasceremo che Gesù si adagi in questo spazio, il più oscuro di noi stessi, incontreremo la luce, incontreremo il nostro proprio spazio e gli altri incontreranno spazio in noi».

C’è gioia questa notte nella comunità riunita, c’è tanta luce e bellezza nei volti che ho di fronte, c’è tanto calore e amicizia nelle preghiere e nei canti. Si sente che Gesù è presente, è vivo.

Terminiamo la Messa cantando in varie lingue Astro del Ciel, Stille Nacht, Noche de Paz. Il canto è dolcissimo. Penetra profondamente nel cuore e nell’anima. Molte persone sono commosse.

Di fronte al bambin Gesù tutti siamo disarmati e non possiamo non sentirci amati da Lui e fratelli fra di noi e nel cuore di ognuno risuona autentico e attuale, questa notte, l’annuncio degli angeli: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama».

La cena della Notte Santa

Terminata la Messa, dopo esserci scambiati gli auguri, tutte le famiglie si riuniscono nelle case per condividere la cena della Noche buena.

Anche noi questa notte nel salone della parrocchia faremo la cena, invitando persone che non hanno nessuno e che sono completamente sole. Siamo diciotto i partecipanti a questa cena di Natale.

I giovani hanno addobbato il salone con bellissime decorazioni. Elisa ha preparato un buonissimo antipasto a base di riso freddo con molte verdure. Jorge, che fa il panettiere, insieme con la moglie Maria Rosa e le sue giovani figlie, Celeste e Pamela, hanno deciso di stare con noi questa sera. Hanno tutti i parenti lontani e lo stipendio non basta per fare un lungo viaggio, per trascorrere la Noche buena insieme con i nonni.

Jorge ha preparato il pollo cotto alla brace e poi l’ha messo a raffreddare. Questa sera fa molto caldo, quasi trenta gradi, e quindi è bene mangiare tutto freddo. C’è con noi pure Patricia, una giovane consacrata che vive sola.

Verso le dieci arrivano i nostri invitati.

C’è Carmen di origine polacca con la figlia Celia di 26 anni. Carmen se la passa camminando sui treni chiedendo l’elemosina e Celia è, da più di dieci anni, dentro e fuori gli ospedali psichiatrici.

C’è Noemi, che avrà circa 35 anni e vive completamente sola con i suoi due cani. È magrissima ed ha una risata forte e contagiosa. E poi Maria Marta, sui 30 anni, sempre con il suo grosso maglione di lana, anche se fa trenta gradi di calore.

Maria Marta non ha assolutamente nessuno e vive della carità dei vicini. Tutti i sabato mattina viene in parrocchia e mi chiede sempre una benedizione speciale per lei.

C’è Severo, sui 60 anni, che vive solo in un tugurio. È tutto ordinato e con i vestiti, anche se poveri e fuori moda, pulitissimi e stirati.

È venuta pure Juana, con Matias di 10 anni e Gabriela di 6. Il papà non è mai esistito. Qui non hanno nessun parente perché vengono dalla provincia del Chaco. Vivono nella villa miseria.

E poi c’è Falluccio molto conosciuto nel quartiere. Ha 84 anni. È un signore di corporatura robusta e tutto incurvato. Poiché è il più anziano, l’abbiamo messo a capotavola.

Falluccio è venuto dall’Uruguay tanti anni fa. Aveva un piccolo negozio di generi alimentari. La moglie lo ha cacciato di casa. Ha due figli ma vive completamente solo e deve arrangiarsi in tutto. Cucina da solo, si lava e stira lui stesso i suoi vestiti. È felicissimo di stare con noi questa notte.

Ci racconta che l’anno scorso, un vicino, impietositosi di lui, lo aveva invitato a casa sua per la Notte di Natale. Questa sera è orgoglioso perché io mi sono seduto accanto a lui.

Ci accompagna pure, questa sera, Sabine, una giovane pastoressa della Chiesa luterana tedesca e che sta prestando il suo servizio pastorale, per un anno, in una Comunità luterana nella città di Quilmes. Anche lei è sola questa sera. Tutta la sua famiglia vive in Germania.

Ed infine con noi c’è pure Fernando Lopez, accompagnato dalla moglie Susana. Fernando è pastore della Chiesa riformata in Platanos. Da più di dieci anni ci unisce una profonda amicizia. Ci vogliamo bene come fratelli.

Fernando e Susana, sua moglie, hanno accettato molto volentieri di partecipare alla cena, perché la loro figlia maggiore, Clarisa, è sposata in Italia e la figlia minore, Carolina, vive con il marito e il bimbo Benjamín di tre anni a più di cento chilometri da Platanos.

Fernando prima della cena fa una prolungata e bellissima preghiera, dando grazie a Dio per l’incontro di questa sera con una profonda riflessione: «Questa sera è Gesù che ci ha convocati. Ci chiama ad essere amici suoi ed amici tra di noi, ad essere la famiglia di Gesù».

Termina con una preghiera per sua figlia Clarisa e per tutti i miei che vivono in Italia.

La cena si svolge in una clima di grande fraternità. Tutti parlano con tutti. Verso le 11.30 Noemi recita per noi una poesia ricordando sua mamma che non c’è più. Falluccio ci legge una lunga e bellissima pagina di riflessioni sul Natale che aveva scritto alle quattro del mattino.

Maria Marta non fa che ripetere che questa è la più bella notte della sua vita. A mezzanotte ci alziamo tutti in piedi e brindiamo a Gesù e ci scambiamo gli auguri di Natale.

E poi Jorge e Maria Rosa ci offrono un buonissimo tiramisù preparato da loro. Si servono quindi panettone, gelato e noci. Come regalo di Natale c’è una bellissima candela lavorata artigianalmente che Cintia, studentessa universitaria in biologia, ha preparato per tutti noi.

Mi è ancora difficile descrivere quello che ho provato. Verso le due del mattino ci siamo salutati e quando mi sono coricato ero molto stanco. Anche se faceva tanto caldo sentivo freddo. Avevo 38 gradi di febbre. Mi sono messo sopra due coperte di lana. Il mio corpo era tutto dolorante, ma l’anima scoppiava di gioia e come Maria gioivo interiormente: «Canta la mia anima la grandezza del Signore perché ha guardato l’umiltà della sua serva.... Egli ha deposto dai troni i potenti ed ha innalzato gli umili».

Francesco Ballarini

 

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1)  Il bairro cerrado  è un rione riservato alle famiglie ricche, che per motivi di sicurezza è tutto recintato e custodito alle porte d’ingresso da guardie.

2)  La villa miseria è un quartiere di periferia, spesso molto esteso, formato da casupole poverissime e prive delle più elementari infrastrutture e servizi urbani.