Convivenza con i musulmani in Sicilia (Italia)

 

Dialogo della vita con i fratelli musulmani

di Carmela Muni

 

La convivenza con i musulmani, sempre più numerosi nelle nostre città, pone nuovi problemi alla pastorale. L’esperienza di dialogo in questo campo, portata avanti da alcuni anni nel Movimento dei focolari, ha ispirato un gruppo di parrocchiani di Rosolini in Sicilia, Italia, a creare un rapporto costruttivo con i seguaci dell’Islam immigrati nella loro terra.

 

Siamo alcuni membri del Movimento dei focolari impegnati nella parrocchia di Santa Caterina di Rosolini in Sicilia. Da parecchi anni nella nostra comunità si dà un posto privilegiato ai poveri e ai disagiati in genere. Una volta al mese distribuiamo alle persone in difficoltà, compresi tanti extracomunitari, dei viveri e degli indumenti che raccogliamo in città.

Sete di rapporti veri

Un’esperienza significativa la stiamo facendo con un gruppo di circa 20 signore del Marocco. Come Caritas parrocchiale avevamo un rapporto con alcune di loro e con tanti extracomunitari ma, per mancanza  di locali e forse perché i tempi non erano maturi, ci incontravamo a livello personale per aiutarli a risolvere alcuni loro piccoli problemi.

Un giorno, quasi per caso, facciamo loro una domanda: «Oltre all’aspetto economico, cosa possiamo fare per voi, cosa vi serve per una maggiore integrazione?». È scattata la molla per dare inizio a una magnifica iniziativa. Ci hanno aperto i loro cuori, manifestandoci le loro difficoltà e i loro bisogni: scuola, cucina, cucito, ma soprattutto amicizia e rapporti sinceri.

Insieme ad alcune maestre in pensione, il lunedì e il mercoledì insegniamo loro la lingua italiana, intrecciando contemporaneamente rapporti d’amicizia. Il giovedì è dedicato alla ginnastica artistica: una nostra insegnante di educazione fisica ha messo a tal fine la sua palestra a disposizione e dedica un’ora la settimana alle nostre amiche marocchine. È un momento davvero speciale perché, al di là del benessere fisico che traggono da questa attività, respirano un clima di famiglia e sentono di essere amate personalmente. Abbiamo iniziato anche a dedicarci, insieme a loro, alla cucina. Ci divertiamo a cucinare, un venerdì noi con i nostri piatti siciliani, un venerdì loro con i cibi tipici del Marocco: alla fine facciamo festa consumandoli insieme. È bellissimo ciò che è nato attorno a questa iniziativa.

Siamo andate a trovarle nelle loro case per conoscere le loro famiglie e capire meglio la loro realtà. È uno spettacolo vederli arrivare – uomini, donne e bambini – da ogni parte del paese. Con i loro abiti caratteristici colorano le nostre vie, ma soprattutto è speciale la gioia che manifestano nei loro volti incontrandoci.

Prima di Pasqua abbiamo realizzato un’esperienza molto significativa con loro: un incontro di preghiera durante il quale noi abbiamo letto un brano del Vangelo e fatto delle preghiere spontanee, mentre loro hanno letto un passo del Corano e recitato alcune loro preghiere. È stato un momento di intensa comunione con Dio e tra noi. Il ritrovarci con loro è sempre una festa! Abbiamo capito che la diversità è una vera ricchezza e che l’amore può abbattere ogni barriera culturale e religiosa senza creare confusione.

La Parola vissuta insieme

Abbiamo fatto conoscere loro la Parola di Vita: sono contente non solo di leggerla insieme, ma anche di viverla. Abbiamo pure visto una video-cassetta in cui Chiara parla ai musulmani. Erano strafelici e una di loro commentava: «Speriamo che con questo Ideale dell’unità il mondo presto diventi un grande focolare».

Una sera  alcuni di noi sono stati invitati nella casa di una di queste famiglie per un momento di convivialità. Ci hanno accolti in maniera speciale, offrendoci i loro dolci tipici ed il loro the caratteristico, ma soprattutto è stato il clima di famiglia che ha reso tutti felici.

Durante il Ramadan abbiamo cercato di capire – leggendo assieme a loro alcuni passi del Corano – il significato religioso di questo mese. Ci siamo resi conto che si tratta di un periodo durante il quale essi cercano un rapporto più profondo con Dio attraverso una preghiera più intensa, ravvivano l’amore verso i fratelli e prestano una maggiore attenzione ai poveri.

La fine del Ramadan coincideva con il mio compleanno ed abbiamo voluto far festa insieme. Nel nostro piccolo la fratellanza universale sembra si stia realizzando.

Un giorno una famiglia marocchina ci ha pregato di aiutarla a trovare casa, dato che era stata sfrattata. Ci siamo messi subito a cercare aiuto tra gli amici e contemporaneamente a girare per i quartieri alla ricerca di un appartamento libero. La risposta era sempre la stessa: nessuno era disposto ad affittare ad extracomunitari. Quando ormai avevamo perso la speranza, veniamo a sapere di una casa di un nostro amico. Lo andiamo a trovare e, quando gli esponiamo la situazione, con nostra grande meraviglia, si mostra disponibile, ci dà carta bianca per rendere agibile la casa, anzi aggiunge che si sarebbe potuto usufruire di alcuni mobili e della lavatrice. Una vera provvidenza! Ci sembra un miracolo! La gioia di tutti, a cose ultimate, è stata grande. Vedere la famiglia riunita e felice in un’abitazione dignitosa ci ha riempito il cuore di gioia.

 Con i figli dei nostri amici musulmani si instaura un bel rapporto di amicizia. Ovunque ci incontrano, ci vengono a salutare festosamente.

Un giorno Aisha ci confida un suo dolore: una delle sue figlie a scuola ha delle difficoltà e non sa come risolverle. Ne parlo in parrocchia  e viene fuori l’idea di aprire un dopo-scuola per i figli dei nostri amici musulmani. Ci siamo messi a disposizione ed abbiamo iniziato. Ma il numero dei bambini cresceva ogni giorno sempre di più, perché ai  marocchini si aggiungevano anche altri. Così abbiamo cercato nuove forze nelle persone di buona volontà. Hanno risposto all’invito diversi della parrocchia  e da altre parti della città.

Aisha, accompagnando la figlia al dopo-scuola, ci dice: «Mi ero rivolta a Dio dicendogli: “Tu che mi hai dato questa figlia, aiutami a trovarle una strada”. Ora posso dire che Dio ha risposto alle mie preghiere».

Bouchra è una ragazza marocchina di diciotto anni che, insieme alla famiglia, ha conosciuto il Movimento dei Focolari in parrocchia. Dovendo festeggiare il suo diciottesimo compleanno, non trovava un posto spazioso dove riunirsi con la sua famiglia e con gli amici. Decidiamo insieme al parroco, don Stefano, di mettere a disposizione il salone parrocchiale. Così, mentre Bouchra con alcuni amici addobbavano il salone, cercando di creare l’ambiente tipico marocchino, la sua mamma aiutata da alcune signore del Marocco, preparava cibi e dolci tipici. Gli invitati erano i compagni di scuola, alcuni giovani della parrocchia ed alcuni amici di famiglia.  È stata una festa molto armoniosa: eravamo tutti una sola famiglia. La ragazza è rimasta molto contenta e mi ha confidato: «Mi è rimasta dentro l’esperienza di una profonda amicizia».

Alcune loro esperienze

Zahira: «Nel mese di luglio con tutta la mia famiglia ho partecipato alla Mariapoli vacanze a Gambarie insieme a mio marito. Siamo rimasti molto contenti del clima di famiglia e dell’idea della fratellanza universale. Dopo la Mariapoli ho cercato di mettere in pratica ciò che avevo capito, e cioè che la cosa più importante è amare. In quei giorni mia cugina con tutta la sua famiglia ritornava dopo due mesi dal Marocco. Sono andata a casa sua, ho messo tutto in ordine e ho preparato la cena per tutti. Quando è arrivata, mia cugina è rimasta sorpresa e felice, però la più felice ero io».

Mohamed: «Sono molto contento di aver conosciuto il Movimento dei focolari fondato da Chiara Lubich, perché è un movimento non solo per i cristiani ma per tutte le religioni del mondo. Esso è capace di realizzare la fratellanza universale».

Fatima: «Da quando conosco gli amici focolarini, sono crollati dentro di me tanti pregiudizi, ho sperimentato insieme a loro l’amicizia e la fratellanza. Ho capito inoltre che Dio è padre di tutti e, anche se apparteniamo a religioni diverse, siamo tutti fratelli. Chiara, anche se non ti conosco personalmente, voglio ringraziarti e dirti che ti voglio bene».

Katijia: «Appena arrivata dal Marocco, mio fratello mi invita a casa di un mio cugino. Dopo i saluti e la presentazione, una persona legge qualcosa che chiama “Parola di Vita”. Si crea un clima così bello che mi fa sentire bene dentro. Ero arrivata con un grande senso di solitudine, alla fine nel mio cuore è nata la gioia di aver trovato degli amici e non mi sentivo più sola».

Latijfa: «Ritornata dal Marocco, avevo dentro la nostalgia dei miei familiari, così mi ero chiusa nel mio dolore, non avevo voglia di fare nulla, nemmeno di mangiare. Alcune persone del Movimento sono venute a trovarmi e piano piano con la loro amicizia ho superato questo momento difficile. Dopo il Ramadan è usanza tra noi scambiarci le visite. Da tempo non avevo rapporti di amicizia con alcuni connazionali, ma dopo un incontro della Parola di Vita, al quale ho partecipato insieme a mio marito, siamo andati a trovare alcune famiglie. Nel mio cuore ho provato tanta gioia ed ero felice di quello che avevamo fatto».

Simili episodi si ripetono in continuazione e fioriscono rapporti fondati sull’amore vero.

Carmela Muni