Il Movimento dei focolari e le parrocchie

 

Per una parrocchia       
«casa e scuola di comunione»

di Adolfo raggio

 

In un momento in cui la secolare realtà delle parrocchie si trova davanti a nuove sfide e non è facile che abbia quell’incidenza missionaria che dovrebbe avere, i moderni Movimenti ecclesiali si rivelano come una provvidenziale risorsa della pastorale, da valorizzare sempre più nel quadro di una visione di Chiesa che sappia coniugare armoniosamente l’elemento carismatico e quello istituzionale. È su questo sfondo che l’autore, da anni responsabile del “Movimento parrocchiale” del Movimento dei focolari, ha illustrato al Convegno di Castel Gandolfo aspetti salienti del contributo che le persone del Movimento possono dare alla vita delle comunità parrocchiali.

Parrocchia e Movimenti

Una delle questioni più discusse da qualche tempo, almeno a livello pastorale, è il rapporto fra parrocchia e Movimenti. Prima di delineare come il Movimento dei focolari opera nelle parrocchie, penso perciò sia utile premettere alcune riflessioni.

In vari documenti ecclesiali, anche recenti1, si sta insistendo su un rilancio della parrocchia, rilevandone l’attuale crisi, ma ribadendone anche l’assoluta necessità come luogo essenziale della presenza ecclesiale sul territorio e quindi come cellula fondamentale della Chiesa stessa.

Sull’altro versante i Movimenti, queste «nuove irruzioni dello Spirito Santo»2 nella Chiesa, si stanno sviluppando con un vigore e una vivacità evidenti, arrivano a coinvolgere un vasto strato della popolazione che sovente la parrocchia non arriva a raggiungere, ma sembrano togliere spazio e “forze” alla parrocchia.

Il rapporto fra queste due realtà della Chiesa, una espressione dell’aspetto istituzionale e l’altra dell’aspetto carismatico, non può essere dialettico ma complementare, e va vissuto in sintonia e sinergia.

Esso però suppone una nuova prospettiva ecclesiologica, come ha messo bene in evidenza l’allora card. J. Ratzinger nel suo discorso al Congresso mondiale dei Movimenti ecclesiali, svolto a Roma il 27-29 maggio 19983.

Nel messaggio allo stesso congresso Giovanni Paolo II precisava: «Più volte ho avuto modo di sottolineare come nella Chiesa non ci sia contrasto o contrapposizione tra la dimensione istituzionale e la dimensione carismatica della Chiesa, di cui i Movimenti sono una espressione significativa. Ambedue sono co-essenziali alla costituzione divina della Chiesa, fondata da Gesù, perché concorrono insieme a rendere presente il mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo»4.

«Pastorale integrata»:
per un reciproco arricchimento

Il card. Camillo Ruini, nella prolusione al Consiglio permanente della CEI del 22.11.2003, ha proposto una «pastorale integrata», invitando le parrocchie ad abbandonare «le tentazioni di autosufficienza» e a perseguire la collaborazione e integrazione con le parrocchie vicine e con le varie realtà religiose ivi presenti: comunità religiose, associazioni e Movimenti laicali5.

Dal canto suo, papa Benedetto XVI, nel primo incontro col clero della diocesi di Roma, ha ricordato il «fecondo insieme – già creato durante il Pontificato di Papa Giovanni Paolo II – tra l’elemento costante della struttura parrocchiale e l’elemento, diciamo, “carismatico”, che offre nuove iniziative, nuove ispirazioni, nuove animazioni». Ha invitato quindi i parroci ad essere «responsabili della crescita della parrocchia, assumendo tutti gli elementi che possono venire dai Movimenti e dalla realtà vissuta della Chiesa in diverse dimensioni»6.

Si tratta di un cammino richiesto ad ambo le parti. La parrocchia è chiamata ad aprirsi alle nuove realtà ecclesiali che lo Spirito ha suscitato, superando formule rigide e puntando ad un modo più elastico di gestire la pastorale. I Movimenti, dal canto loro, pur nel rispetto dei loro carismi che riguardano non di rado campi e forme di apostolato non riducibili alle strutture parrocchiali, debbono trovare il modo di rapportarsi e collaborare alla vita delle parrocchie, in quella vicendevole apertura e donazione che l’“unità nella pastorale” esige.

Un cammino che porta ad un arricchimento scambievole ma che – come già osservava Karl Rahner7 – non avviene senza sofferenza per entrambe le parti. E il card J. Ratzinger: confermava: «Quasi mai questo rinnovamento è del tutto immune da sofferenze e frizioni»8.

Esso comporta un reciproco scambio di doni, sapendo “dare” ma anche “perdere”, con quella generosità e larghezza d’anima, che scaturisce guardando a Colui che ha “perso” o meglio “donato” tutto per amore: Gesù in croce.

Strumenti di evangelizzazione:
la “Parola di vita”

Cerchiamo di delineare, su questo sfondo, alcuni aspetti dell’apporto che la spiritualità e la vita del Movimento dei focolari recano ormai da decenni a centinaia di comunità parrocchiali.

Nel quadro della nuova evangelizzazione promossa da Giovanni Paolo II, e tenendo in conto che «la comunità si forma innanzitutto attorno alla Parola»9, un primo contributo che i membri del Movimento offrono alle comunità parrocchiali che lo desiderano, è la propria esperienza di Vangelo vissuto. Tipico del Movimento, infatti, è un modo semplice per tradurre la Parola di Dio nel quotidiano, ormai diffuso in tante parti del mondo: la Parola di vita. Si tratta di una frase della Scrittura, presa dalla liturgia di una domenica del mese, con un breve commento che aiuta a incarnarla nel quotidiano. È distribuita in un foglietto a chi lo gradisce e spesso le persone si riuniscono per approfondirla. La leggono insieme, in un clima d’amore reciproco perché Gesù, Parola viva, sia presente fra loro, aiutati in questo da persone esperte del Movimento, e mettono in comune le esperienze fatte. La comunione delle esperienze poi si estende a tanti altri e contribuisce così, con l’apporto anche degli altri Movimenti, associazioni, gruppi, all’evangelizzazione del territorio. Sono numerose le parrocchie dove si fanno questi incontri della Parola di vita aperti a tutti, provocando un rinnovamento della vita cristiana dei singoli e della comunità.

Una spiritualità di comunione

Al di là di questo contributo basilare all’azione evangelizzatrice, il Movimento dei focolari ha un suo modo caratteristico di rapportarsi alla parrocchia, che si inserisce nella prospettiva della Chiesa-comunione.

Scriveva Giovanni Paolo II: «Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia»10. E indicava un indispensabile presupposto a questo scopo: «Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità di comunione». Dicono similmente le linee pastorali per la Chiesa in Italia: «la Chiesa è totalmente orientata alla comunione. Essa (...) va costruita mediante l’educazione ad una spiritualità di comunione»11.

Il carisma del Movimento dei focolari è caratterizzato, appunto, da una tale spiritualità di comunione; una spiritualità che guarda al fratello come via per arrivare a Dio (cf 1Gv 4, 20), mette alla base l’amore reciproco vissuto fino a meritare l’unità e la presenza di Gesù in mezzo alla comunità. Vede in Gesù sulla croce abbandonato il modello supremo di chi vuol costruire la comunione, Lui che in una solitudine e sofferenza tremenda ha continuato ad amare creando così l’unità degli uomini con Dio e fra loro.

Un contributo di testimonianza
e di irradiazione

Un contributo specifico che le persone del Movimento dei focolari possono offrire è pertanto irradiare questa spiritualità nelle comunità parrocchiali.

Per realizzarlo già nel 1966, su incoraggiamento di Paolo VI, è nata in seno al Movimento dei focolari una diramazione rivolta proprio al servizio delle parrocchie: il Movimento parrocchiale12. Esso intende animare la vita di queste comunità testimoniando la spiritualità dell’unità. I membri che ne fanno parte si alimentano al carisma del Movimento13, partecipano alla sua vita e agli incontri formativi che esso propone, onde fare per primi un’esperienza concreta di comunione. Trattandosi di una spiritualità, essi non portano un’organizzazione ma irradiano lo spirito che li anima. Trovano nella parrocchia le strutture, gli organismi e le attività in cui operare e le linee pastorali da seguire e si muovono in accordo con i parroci. Vogliono essere “lievito di comunione” come aveva augurato loro Giovanni Paolo II14.

 Allo stesso tempo si mettono, secondo le loro possibilità, a servizio della parrocchia, inseriti nei vari ambiti loro affidati come catechisti, ministri dell’Eucaristia, membri del Consiglio degli affari economici, di quello pastorale, fanno parte delle varie commissioni, o sono impegnati nelle varie iniziative e attività parrocchiali.

Loro intento è contribuire, con la testimonianza della vita e la parola, a far sì che nella comunità regni sempre più l’amore reciproco fra tutti, cercando di sciogliere con l’amore disinteressato le barriere e i contrasti che eventualmente potessero sorgere e valorizzando il positivo che c’è in ognuno. Sono solleciti a presentare ai pastori e al Consiglio pastorale, proposte di nuove iniziative e azioni che possono aiutare a far crescere la comunione fra tutti e, se accolte, danno la loro piena collaborazione.

Rendere visibile la presenza
del Risorto nella comunità

La comunità parrocchiale è aiutata così a diventare sempre più quella Chiesa-comunione che tutti auspicano e in cui si fa sentire la presenza di Gesù Risorto in mezzo al suo popolo. E manifesta allora il suo vero essere: Corpo mistico di Gesù o, come diceva D. Bonhoeffer, «Cristo esistente come comunità»15.

È in questo spirito che si è svolto il recente convegno di membri del Movimento dei focolari che lavorano per la parrocchia: “Dare visibilità al Risorto”. Esso intendeva incoraggiare l’impegno di contribuire alla vita delle comunità parrocchiali con l’esperienza della presenza di Gesù in mezzo ai suoi, secondo la sua promessa: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20) e di farne emergere tutte le potenzialità pastorali.

Una presenza, quella del Risorto in mezzo al suo popolo, che era molto sentita nei primi secoli del cristianesimo16, ma che col tempo è andata sfumando ed è passata quasi in sordina a parte rare voci. Bisogna, infatti, arrivare al Concilio Vaticano II – se si eccettuano alcuni movimenti precursori17 – perché venga di nuovo messa in rilievo.

 Ed è proprio questa la caratteristica del Movimento dei focolari: vivere e aiutare a vivere in modo che Gesù si renda presente nella collettività. Caratteristica che Benedetto XVI ha sottolineato quando nel suo saluto ai partecipanti del convegno ha detto: «Siate segno di Cristo Risorto nelle vostre comunità e negli ambienti di vita»18.

Per essere questo segno i membri del Movimento che sono al servizio della parrocchia si ritrovano fra di loro onde mantenere viva la concordia e muoversi uniti, e si tengono in contatto stretto con l’insieme del Movimento dove trovano ispirazione e sostegno per il loro impegno.

Per dare un contributo a formare “uomini di comunione”, il Movimento dei focolari offre infatti raduni – Giornate, Mariapoli, Congressi per giovani, per famiglie e per comunità parrocchiali – cui possono partecipare anche quei parrocchiani che desiderano conoscere e approfondire questo spirito.

Ora che la spiritualità di comunione viene sempre più in rilievo come una necessità per l’intera Chiesa, varie parrocchie hanno invitato membri del Movimento dei focolari a portare la loro testimonianza e presentare la loro spiritualità alla comunità. L’esperienza di vita che raccontano è accolta con molto interesse e suscita spesso nei partecipanti un impegno più deciso a costruire la fraternità.

Apertura al dialogo

Ma c’è un’ulteriore e caratteristico contributo che lo spirito dei Focolari offre alla parrocchia: la sensibilità ai quattro grandi dialoghi (all’interno della Chiesa, ecumenico, interreligioso, con tutte le persone di buona volontà) che Paolo VI e il Vaticano II hanno indicato come via della Chiesa nel nostro tempo.

In una società pluralista con una varietà di culture e di fedi religiose come quella in cui viviamo, urge infatti la necessità del dialogo. Con la sua consolidata esperienza in questo campo il Movimento dei focolari può dare un suo contributo anche alle parrocchie.

Molte esperienze testimoniano come la presenza di membri del Movimento possa stimolare e sostenere iniziative atte a far crescere la comunione e il dialogo fra gruppi, associazioni e Movimenti presenti in parrocchia, seguendo la linea di “amare l’altrui Movimento come il proprio”. Allo stesso tempo, fiorisce spontanea l’apertura al dialogo con singoli cristiani e comunità di altre Chiese.

Cresce pure l’attenzione al dialogo con fedeli di altre religioni e con persone di convinzioni non religiose presenti nel territorio. Un dialogo che si basa sul “farsi uno”, come già suggeriva S. Paolo (cf 1Cor 9, 22, ecc.), accogliendo l’altro fino in fondo, cercando di comprenderlo e amarlo, mettendo in luce i valori che egli possiede. Un dialogo orientato anche a scoprire i semi del Verbo disseminati nelle varie culture e che mette in luce la presenza della regola d’oro19 in tutte le religioni, elemento fondamentale per la fraternità universale. Naturalmente un dialogo che non esclude l’annuncio della “Bella Notizia”, offerto come un dono; in altre parole il “rispettoso annuncio”20.

Aspetti della vita di comunione
nelle parrocchie

Sin dai primi tempi del Movimento dei focolari, si è constatato che l’amore nel vissuto di ogni giorno assume diversi aspetti, un po’ come la luce, quando passa attraverso un prisma, si rifrange in vari colori.

Analoga cosa avviene quando l’amore circola con maggiore intensità nelle comunità parrocchiali: ogni aspetto della loro vita, dalla liturgia alla catechesi, dall’amministrazione all’apostolato, è sempre più animato dall’amore e vissuto nell’amore reciproco, e così si rinnova. È questa l’esperienza di centinaia di comunità parrochiali nel mondo.

Ad esempio, per quanto riguarda l’aspetto economico, si diffonde nella comunità il senso della condivisione dei beni e la “cultura del dare”21. Nascono iniziative rivolte a far circolare i beni, sul modello della prima comunità cristiana dove «nessuno era indigente» (At 4, 34). Anche i membri del Consiglio per gli affari economici prendono coscienza che, oltre ad una accurata amministrazione delle risorse, occorre stimolare nella comunità forme per una condivisione e comunione di beni.

Nell’attività pastorale, si pone alla base dell’evangelizzazione l’unità e la concordia fra gli operatori pastorali: «Da questo conosceranno…» (Gv 13, 35) e «Che siano anch’essi in noi una cosa sola affinché il mondo creda...» (Gv 17, 21). Di riflesso, il Consiglio pastorale non è visto in primo luogo quale organo di programmazione della vita della parrocchia, ma è innanzi tutto palestra della comunione fra tutti i suoi componenti e le varie realtà ecclesiali che essi rappresentano.

L’assemblea domenicale è vissuta più coscientemente come il momento privilegiato di incontro della comunità che si raduna perché Gesù sia presente in mezzo ad essa, attirato dall’amore reciproco, e per nutrirsi della  Parola e di Lui Eucaristia che la trasforma in un sol Corpo. È frequente ascoltare da persone, che partecipano casualmente ad una di tali celebrazioni domenicali, frasi come queste: «Qui ho trovato Dio». «Mi sono sentito a casa, in famiglia». «Ho sentito la spinta a confessarmi dopo anni…».

I malati, “veri ostensori viventi” perché in essi si palesa il volto di Gesù crocifisso e abbandonato, non sono solo assistiti e seguiti, ma diventano centro di attenzione e cura da parte della comunità, come in una famiglia.

La catechesi, dove si mette alla base il rapporto reciproco di carità, si trasforma in scuola di vita basata sulla Parola. Spesso si dà ai ragazzi una Parola del Vangelo da vivere in sintonia con il tema trattato e poi loro raccontano come l’hanno vissuta. Tante volte i bambini nella loro semplicità ne parlano ai loro genitori, che restano conquistati.

E si potrebbe continuare.

Il rapporto col parroco

Va precisato che evidentemente non tutti i membri del Movimento dei focolari sono impegnati direttamente nelle parrocchie. Una considerevole parte di essi sostiene altre forme di testimonianza del Movimento, che è un dono dello Spirito non solo a livello locale ma anche per la Chiesa universale ed ha una missione che travalica i confini della parrocchia e della stessa Chiesa locale, rivolgendosi a persone e ambiti che queste articolazioni fondamentali della Chiesa in altro modo non potrebbero raggiungere.

Tuttavia, anche coloro che non operano direttamente per la parrocchia, se abitano nel suo territorio, hanno una incidenza sulla comunità per la loro testimonianza di vita evangelica e per i contatti costruttivi che hanno con le persone che incontrano.

I parroci in genere sono molto contenti della presenza e della collaborazione in parrocchia dei membri del Movimento.

Possono nascere a volte difficoltà quando, ad un parroco che aderiva al Movimento dei focolari e viveva egli stesso quella spiritualità, succede un parroco che non ha una simile apertura ai Movimenti.

In questo caso i membri del Movimento parrocchiale sono coscienti che ogni cambio è un cammino di Chiesa, anche se può presentare un volto di Gesù abbandonato da abbracciare e magari comporta, soprattutto in un primo momento, qualche problema. Da parte del Movimento dei focolari essi vengono comunque incoraggiati ad accogliere la linea pastorale e le indicazioni del nuovo parroco, continuando il loro servizio in parrocchia. Allo stesso tempo il Movimento cerca di continuare a nutrirli, nei modi opportuni, con la sua spiritualità di comunione.

Far risplendere
il volto mariano della Chiesa

Concludo con un ultimo tocco che potrà mettere a fuoco ancora una volta lo specifico dell’impegno dei Focolari a favore delle parrocchie. Il Movimento – come si sa – è stato approvato dalla Chiesa con il nome “Opera di Maria” e nei suoi Statuti si afferma che esso desidera essere, per quanto è possibile, una presenza e quasi una continuazione di Maria sulla terra (cf art. 2).

Nasce anche da qui la caratteristica linea direttrice dell’impegno dei membri del Movimento che operano attualmente in oltre 4.000 comunità parrocchiali. Con la loro vita e testimonianza, essi vogliono contribuire a far sì che nelle parrocchie possa risplendere sempre più «il volto materno, mariano della Chiesa, perché, come Maria, la comunità unita “genera”22 Gesù in mezzo al suo popolo»23.

Adolfo Raggio

 

 

 

1)     Cf ad esempio: CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, Nota pastorale del 30.5.2004.

02)   Card. J. Ratzinger, I Movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica, in: Pontificium Consilium pro Laicis, I Movimenti nella Chiesa, Città del Vaticano 1999, p. 25.

03)   Ibid., pp. 23-51. Il medesimo discorso è stato pubblicato anche in “Nuova umanità” 21 (1999/5) n.125, pp. 511-539.

04)   Messaggio al Congresso mondiale dei Movimenti ecclesiali, 27.5.1998, in: Pontificium Consilium pro Laicis, I Movimenti nella Chiesa, pp. 15-19.

05)   Cf Prolusione al Consiglio permanente della CEI, 22-25.11.2003. Vedi anche Nota pastorale CEI, Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia, n. 11.

06)   Cf “L’Osservatore Romano”, 14/05/2005, p. 6.

07)   Cf L’elemento dinamico della Chiesa, Morcelliana, Brescia 1970, pp. 65-78.

08)   Movimenti ecclesiali e loro collocazione teologica, in “Nuova Umanità” 21 (1999/5) n.125, pp. 511-512.

09)   Giovanni Paolo II, Alla parrocchia di San Giuseppe Cafasso, Roma, 1 febbraio 1981, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV, 1, Città del Vaticano 1981, p. 216.

10)   Novo Millennio Ineunte, n. 43.

11)   CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti dell’episcopato italiano per il primo decennio del 2000, n. 65.

12)   Cf A. Raggio, Comunità parrocchiale, un cammino di comunione, Città Nuova, Roma 1997.

13)   Per la diramazione del Movimento parrocchiale, esiste una segreteria centrale formata da un sacerdote e da laici membri del Focolare, corresponsabili. Similmente nelle varie regioni si costituisce una segreteria zonale, e nelle parrocchie si forma un gruppo di persone del Movimento impegnate al servizio diretto della comunità. Esiste anche in alcune diocesi italiane il Movimento diocesano che, d’accordo con il vescovo locale, intende animare con lo spirito dell’unità le strutture della Chiesa particolare: parrocchie, organismi e ambiti diocesani.

14)   Saluto agli animatori del Movimento parrocchiale durante l’Udienza generale in Piazza S. Pietro, Roma, il 15 maggio 1996.

15)   D. Bonhoeffer, Sanctorum Communio, Eine dogmatische Untersuchung zur Soziologie der Kirche, ed. da Joachim von Soosten, Dietrich Bonhoeffer Werke, vol. 1, Kaiser Verlag, München 1986, p. 87. Citato da P. Coda, Per una teologia della comunità, in “Gen’s” 25 (1995) p. 86.

16)   Cf le affermazioni forti e indicative dei Padri della Chiesa citate da Chiara Lubich in: Scritti Spirituali, III, Città Nuova, Roma 1979, pp. 159-200.

17)   Vedi, ad esempio, il Movimento liturgico, il Movimento per un Mondo migliore e lo stesso Movimento dei focolari.

18)   Saluto ai membri del Movimento dei focolari presenti in piazza S. Pietro all’Angelus, 5 giugno 2005.

19)   È la norma che possiamo esprimere così: «Fa agli altri quello che vorresti fosse fatto a te, non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te».

20)   Cf Novo Millennio Ineunte, 56. Rinviamo al volumetto: “Comunità in dialogo”, Atti del Congresso del Movimento parrocchiale e del Movimento diocesano nel 2002, a cura della segreteria centrale del Movimento parrocchiale, Via S. Giovanni Bosco, 14/4, I-00046 Grottaferrata (Roma), tel. 06-9410610, e-mail: movparrdioc@focolare.org.

21)   Frequentemente si parla di “cultura dell’avere, del possedere”. Il Vangelo ci invita a dare: «Date e vi sarà dato» (Mt 6, 38); «Gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date» (Mt 10,8).

22)   Cf Messaggio di C. Lubich, in questo numero, pp. 108-109.