Benedetto XVI e i Movimenti
ecclesiali
La sinfonia della vita ecclesiale
di Silvano Cola
In Benedetto XVI – ha scritto Chiara Lubich
all’indomani dell’elezione del Papa – «è viva la sensibilità per la dimensione
carismatica della Chiesa, per i nuovi Movimenti e Comunità». Ed ha aggiunto:
«Per noi è la chiamata ad una nuova responsabilità». In questo contributo – che
è stato offerto in forma più sintetica al Congresso del Movimento Parrocchiale
a Castelgandolfo del maggio scorso – si delinea il pensiero di Papa Ratzinger
sui Movimenti ecclesiali, pensiero che si pone in piena continuità con le
iniziative di Papa Woityla, il quale aveva messo in luce con chiarezza e
lungimiranza l’importanza storica che i carismi hanno avuto e hanno nella
Chiesa.
Una
stagione di Pentecoste nella Chiesa
Quand’era ancora arcivescovo
di Monaco di Baviera, Joseph Ratzinger scriveva a un sacerdote suo compagno di
studio queste parole: «Ho sentito, attraverso qualcuno, della tua attività nel
Movimento dei focolari, e ne sono rimasto contento. Credo che il Movimento è
una delle espressioni più positive nella Chiesa degli ultimi tempi, e che da
esso nasce veramente una speranza per il rinnovamento».
Da Prefetto della
Congregazione per
Nel volume-intervista Rapporto sulla fede, nel
«Trovo meraviglioso – ha
osservato poco oltre – che lo Spirito sia ancora una volta più forte dei nostri
programmi e valorizzi ben altro da ciò che noi ci eravamo immaginati. (…) Il
nostro compito – in quanto incaricati di un ministero nella Chiesa e in quanto
teologi – è quello di tenergli aperte le porte, di preparargli lo spazio».
Anni dopo, in un altro
libro-intervista, si mostrava conscio delle perplessità che sorgono non di rado
nei riguardi dei Movimenti, ma invitava a non bloccarsi in esse: «Si possono
trovare sempre delle obiezioni contro i singoli Movimenti ecclesiali (…), ma in
essi si deve comunque osservare che qualcosa di nuovo sta cominciando. Qui il
cristianesimo è presente come avvenimento di novità e viene percepito, da
persone che spesso vi arrivano da molto lontano, come la possibilità di vivere,
e di poter vivere in questo secolo».
Far
riconoscere
L’intervento più
significativo fu però quello del 27 maggio 1998, quando il card. Ratzinger,
alla vigilia dell’Incontro mondiale dei
Movimenti ecclesiali con il Papa in Piazza san Pietro, ha parlato delle
ricorrenze storiche, ricordando come in certi periodi del passato in cui per
vari motivi la struttura parrocchiale era in difficoltà, lo Spirito santo
ispirò parecchi carismi per continuare l’evangelizzazione dell’Europa, facendo
nascere tanti ordini religiosi (si pensi a san Benedetto, san Francesco, san
Domenico, ecc.). Cosa analoga – disse – avviene oggi e offrì la sua personale
testimonianza:
«Per me personalmente fu un
evento meraviglioso la prima volta che venni più strettamente a contatto – agli
inizi degli anni settanta – con i Movimenti (…). A quei tempi, Karl Rahner ed
altri usavano parlare di ‘inverno’ nella Chiesa; in realtà parve che, dopo la
grande fioritura del Concilio, fossero subentrati gelo in luogo di primavera, affaticamento
in luogo di nuovo dinamismo. (…) Dio dov’era? (…) Ma ecco, all’improvviso,
qualcosa che nessuno aveva progettato. Ecco che lo Spirito Santo, per così
dire, aveva chiesto di nuovo la parola. E in giovani uomini e in giovani donne
risbocciava la fede, senza ‘se’ né ‘ma’, senza sotterfugi né scappatoie,
vissuta nella sua integralità come dono, come un regalo prezioso che fa
vivere».
Nell’odierno contesto
secolarizzato – spiegò un anno dopo a un centinaio di vescovi venuti a Roma per
un seminario organizzato dal Pontificio Consiglio per i laici – i Movimenti
«hanno questa specificità di aiutare a riconoscere in una grande Chiesa, che
potrebbe apparire soltanto come una grande organizzazione internazionale, la
casa dove si trova l’atmosfera propria della famiglia di Dio e nello stesso
tempo si rimane nella grande famiglia universale dei santi di tutti i tempi».
Collocazione
teologica dei Movimenti ecclesiali
Davanti a un fenomeno così
inaspettato come l’odierna fioritura dei Movimenti, il card. Ratzinger nella
conversazione del 1998 registrò, come abbiamo già accennato, pure le
difficoltà: «Non mancarono certo di quelli che si sentirono infastiditi nei
loro dibattiti intellettualistici, nei loro modelli di Chiesa del tutto diversa
costruita a tavolino secondo la propria immagine. E come poteva essere
altrimenti? Dove irrompe, lo Spirito Santo scombina sempre i progetti degli
uomini. Ma vi erano e vi sono anche più serie difficoltà. Quei Movimenti,
infatti, palesavano – per così dire – malattie della prima età. Vi era dato
cogliere la forza dello Spirito, il quale però opera per mezzo di uomini e non
li libera d’incanto dalle loro debolezze».
«Ma d’altro canto – osservò
– è in gioco un fenomeno che si ripresenta periodicamente, in forme disparate,
nella storia della Chiesa. Esiste la permanente forma basilare della vita
ecclesiale in cui si esprime la continuità degli ordinamenti storici della
Chiesa. E si hanno sempre nuove irruzioni dello Spirito Santo, che rendono
sempre viva e nuova la struttura della Chiesa. Ma quasi mai questo rinnovamento
è del tutto immune da sofferenze e frizioni».
Nasce da qui l’esigenza di
una seria riflessione teologica che sappia indicare ai Movimenti il loro
specifico posto nella Chiesa. In base ad una vasta rivisitazione dell’insieme
della storia, il card. Ratzinger è giunto a costatare: «Vi appare evidente che
per un verso il modello ecclesiale locale, decisamente improntato dal ministero
episcopale, è la struttura portante e permanente attraverso i secoli. Ma esso è
altresì percorso incessantemente dalle ondate di Movimenti, che rivalorizzano
di continuo l’aspetto universalistico della missione apostolica e la radicalità
del Vangelo, e proprio per questo servono ad assicurare vitalità e verità
spirituali alle Chiese locali».
Giacché il radicalismo
evangelico e la spinta alla missione universale appaiono nel NT come dimensioni
caratteristiche della chiamata dei Dodici e bisogna costatare che le Chiese
locali da sole non corrispondono sempre sufficientemente a queste due qualità,
il card. Ratzinger concluse non senza audacia che «occorre ampliare e
approfondire il concetto di successione apostolica, se si vuol rendere
giustizia a tutto quello che esso significa ed esige».
E spiegò: «Che intendiamo
dire? Anzitutto, che va saldamente ritenuta, quale nucleo di tale concetto, la
struttura sacramentale della Chiesa, nella quale essa riceve sempre di nuovo
l’eredità degli apostoli, l’eredità di Cristo. (…) Ma questo nucleo è
impoverito, anzi atrofizzato, se si pensa solo alla struttura della Chiesa
locale. (…) Nella Chiesa devono sempre aversi anche servizi e missioni che non
siano di natura puramente locale, ma siano funzionali al mandato che investe la
realtà ecclesiale complessiva e alla propagazione del Vangelo».
Ministero
petrino e Movimenti
Nello stesso intervento del
1998, il card. Ratzinger ha rilevato lo speciale legame che nel corso della
storia ha unito i Movimenti apostolici con il ministero petrino il quale ha,
appunto, una missione universalistica: «nemmeno lo stesso ministero petrino
sarebbe rettamente inteso e sarebbe travisato in una mostruosa figura anomala,
qualora si addossasse soltanto al suo detentore il compito di realizzare la
dimensione universale della successione apostolica (…). Il papa [profilo
petrino] ha bisogno di questi servizi [profilo mariano], e questi hanno bisogno
di lui; e nella reciprocità delle due diverse missioni si compie la sinfonia
della vita ecclesiale. L’era apostolica, che ha valore normativo, dà un risalto
così vistoso a queste due componenti da indurre chiunque a riconoscerle
irrinunciabili per la vita della Chiesa».
C’è dunque un legame
trinitario, pericoretico, di unità e
distinzione fra il successore di Pietro e i Movimenti apostolici, del quale il
Card. Ratzinger ha un’idea molto chiara: «Il papato non ha creato i Movimenti,
ma è stato il loro essenziale sostegno nella struttura della Chiesa, il loro
pilastro ecclesiale. In questo si fa forse visibile come non mai il senso più
profondo e la vera essenza del ministero petrino». Già in precedenza aveva
costatato: «Movimenti, che travalicano l’ambito e la struttura della Chiesa
locale, e papato vanno sempre, e non per caso, fianco a fianco». Non a caso
Giovanni Paolo II, il giorno seguente, dichiara co-essenziali l’aspetto
strutturale e l’aspetto carismatico della Chiesa.
Una
priorità all’inizio del nuovo pontificato
Non sorprende, su questo
sfondo, che Papa Ratzinger già nelle prime settimane del suo Pontificato abbia
deciso di convocare i Movimenti ecclesiali in piazza s. Pietro per la veglia
della Pentecoste 2006, come aveva già fatto nel 1998 Papa Wojtyla.
Tale decisione, in certo
senso, si annunciava già nel dialogo aperto che egli ha avuto col clero di Roma
il 13 maggio 2005: «Avete parlato della parrocchia come struttura fondamentale,
aiutata e arricchita dai Movimenti. E mi sembra che proprio durante il
Pontificato di Papa Giovanni Paolo II si sia creato un fecondo insieme tra
l’elemento costante della struttura parrocchiale e l’elemento, diciamo,
“carismatico”, che offre nuove iniziative, nuove ispirazioni, nuove animazioni…
Tutti i parroci possono insieme essere realmente responsabili della crescita
della parrocchia, assumendo tutti gli elementi che possono venire dai Movimenti
e dalla realtà vissuta della Chiesa in diverse dimensioni».
Identico orientamento emerge
dal discorso alla Conferenza episcopale italiana il 30 maggio scorso: «Avete
messo in luce la necessità che le parrocchie assumano un atteggiamento
maggiormente missionario nella pastorale quotidiana e pertanto si aprano ad una
più intensa collaborazione con tutte le forze vive di cui
Con decisione Papa Ratzinger
ha attirato l’attenzione sulla realtà dei Movimenti nella Messa con cui si è
conclusa
È tornata in quell’occasione
l’idea della complementarità di profilo mariano e profilo petrino: «La
spontaneità delle nuove comunità è importante, ma è pure importante conservare
la comunione col Papa e con i Vescovi. Sono essi a garantire che (…) si sta
vivendo in quella grande famiglia di Dio che il Signore ha fondato con i dodici
Apostoli».
Nel pomeriggio di quello
stesso giorno ha riproposto gli stessi concetti alla Conferenza episcopale
tedesca: «Un ruolo importante nel mondo dei giovani svolgono le Associazioni e
i Movimenti, che senza dubbio costituiscono una ricchezza.
Il
contributo che può venire dal carisma dell’unità
Non può sfuggire la
consonanza di simili orientamenti con le linee tenute da Chiara Lubich fin
dall’inizio del Movimento dei focolari: già negli anni ‘40 il carisma
dell’unità la spingeva a far sì che i vari Movimenti e Aggregazioni ecclesiali
di allora si amassero l’un l’altro (accenno, per la storia, alla Crociata della carità del padre L.
Veuthey, alla Crociata del Rosario in
famiglia del padre P. Peyton, al Movimiento
familiar cristiano di padre P. Richards, al Movimento per un Mondo Migliore di padre R. Lombardi, e ad altre
ancora).
Chiara Lubich vedeva infatti
in queste realtà manifestazioni del
“profilo mariano” della Chiesa, ovvero espressioni di quel profilo
carismatico che Giovanni Paolo II – come abbiamo riferito sopra – ha
caratterizzato come “co-essenziale” al profilo petrino. Anche il nuovo Papa è
in questa direzione.
«Per noi è la chiamata ad
una nuova responsabilità», ha affermato Chiara Lubich; una chiamata dello
Spirito Santo, e perciò dovere morale di essere testimoni d’unità nelle
famiglie, negli ambienti che frequentiamo, nella scuola, sul lavoro… e
soprattutto con i Movimenti ecclesiali presenti nella comunità parrocchiale e
diocesana.
Silvano
Cola