Benedetto XVI e i Movimenti ecclesiali

 

La sinfonia della vita ecclesiale

di Silvano Cola

 

In  Benedetto XVI – ha scritto Chiara Lubich all’indomani dell’elezione del Papa – «è viva la sensibilità per la dimensione carismatica della Chiesa, per i nuovi Movimenti e Comunità». Ed ha aggiunto: «Per noi è la chiamata ad una nuova responsabilità». In questo contributo – che è stato offerto in forma più sintetica al Congresso del Movimento Parrocchiale a Castelgandolfo del maggio scorso – si delinea il pensiero di Papa Ratzinger sui Movimenti ecclesiali, pensiero che si pone in piena continuità con le iniziative di Papa Woityla, il quale aveva messo in luce con chiarezza e lungimiranza l’importanza storica che i carismi hanno avuto e hanno nella Chiesa.

Una stagione di Pentecoste nella Chiesa

Quand’era ancora arcivescovo di Monaco di Baviera, Joseph Ratzinger scriveva a un sacerdote suo compagno di studio queste parole: «Ho sentito, attraverso qualcuno, della tua attività nel Movimento dei focolari, e ne sono rimasto contento. Credo che il Movimento è una delle espressioni più positive nella Chiesa degli ultimi tempi, e che da esso nasce veramente una speranza per il rinnovamento».

Da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ben presto egli è tornato sull’argomento.

Nel volume-intervista Rapporto sulla fede, nel 1985, ha affermato: «Ogni concilio, per dare davvero frutto, deve essere seguito da un’ondata di santità. (…) Ciò che apre alla speranza (…) è il sorgere di nuovi Movimenti, che nessuno ha progettato, ma che sono scaturiti spontaneamente dalla vitalità interiore della fede stessa. Si manifesta in essi (…) qualcosa come una stagione di pentecoste nella Chiesa».

«Trovo meraviglioso – ha osservato poco oltre – che lo Spirito sia ancora una volta più forte dei nostri programmi e valorizzi ben altro da ciò che noi ci eravamo immaginati. (…) Il nostro compito – in quanto incaricati di un ministero nella Chiesa e in quanto teologi – è quello di tenergli aperte le porte, di preparargli lo spazio».

Anni dopo, in un altro libro-intervista, si mostrava conscio delle perplessità che sorgono non di rado nei riguardi dei Movimenti, ma invitava a non bloccarsi in esse: «Si possono trovare sempre delle obiezioni contro i singoli Movimenti ecclesiali (…), ma in essi si deve comunque osservare che qualcosa di nuovo sta cominciando. Qui il cristianesimo è presente come avvenimento di novità e viene percepito, da persone che spesso vi arrivano da molto lontano, come la possibilità di vivere, e di poter vivere in questo secolo».

Far riconoscere la Chiesa come casa con l’atmosfera di famiglia

L’intervento più significativo fu però quello del 27 maggio 1998, quando il card. Ratzinger, alla vigilia dell’Incontro mondiale dei Movimenti ecclesiali con il Papa in Piazza san Pietro, ha parlato delle ricorrenze storiche, ricordando come in certi periodi del passato in cui per vari motivi la struttura parrocchiale era in difficoltà, lo Spirito santo ispirò parecchi carismi per continuare l’evangelizzazione dell’Europa, facendo nascere tanti ordini religiosi (si pensi a san Benedetto, san Francesco, san Domenico, ecc.). Cosa analoga – disse – avviene oggi e offrì la sua personale testimonianza:

«Per me personalmente fu un evento meraviglioso la prima volta che venni più strettamente a contatto – agli inizi degli anni settanta – con i Movimenti (…). A quei tempi, Karl Rahner ed altri usavano parlare di ‘inverno’ nella Chiesa; in realtà parve che, dopo la grande fioritura del Concilio, fossero subentrati gelo in luogo di primavera, affaticamento in luogo di nuovo dinamismo. (…) Dio dov’era? (…) Ma ecco, all’improvviso, qualcosa che nessuno aveva progettato. Ecco che lo Spirito Santo, per così dire, aveva chiesto di nuovo la parola. E in giovani uomini e in giovani donne risbocciava la fede, senza ‘se’ né ‘ma’, senza sotterfugi né scappatoie, vissuta nella sua integralità come dono, come un regalo prezioso che fa vivere».

Nell’odierno contesto secolarizzato – spiegò un anno dopo a un centinaio di vescovi venuti a Roma per un seminario organizzato dal Pontificio Consiglio per i laici – i Movimenti «hanno questa specificità di aiutare a riconoscere in una grande Chiesa, che potrebbe apparire soltanto come una grande organizzazione internazionale, la casa dove si trova l’atmosfera propria della famiglia di Dio e nello stesso tempo si rimane nella grande famiglia universale dei santi di tutti i tempi».

Collocazione teologica dei Movimenti ecclesiali

Davanti a un fenomeno così inaspettato come l’odierna fioritura dei Movimenti, il card. Ratzinger nella conversazione del 1998 registrò, come abbiamo già accennato, pure le difficoltà: «Non mancarono certo di quelli che si sentirono infastiditi nei loro dibattiti intellettualistici, nei loro modelli di Chiesa del tutto diversa costruita a tavolino secondo la propria immagine. E come poteva essere altrimenti? Dove irrompe, lo Spirito Santo scombina sempre i progetti degli uomini. Ma vi erano e vi sono anche più serie difficoltà. Quei Movimenti, infatti, palesavano – per così dire – malattie della prima età. Vi era dato cogliere la forza dello Spirito, il quale però opera per mezzo di uomini e non li libera d’incanto dalle loro debolezze».

«Ma d’altro canto – osservò – è in gioco un fenomeno che si ripresenta periodicamente, in forme disparate, nella storia della Chiesa. Esiste la permanente forma basilare della vita ecclesiale in cui si esprime la continuità degli ordinamenti storici della Chiesa. E si hanno sempre nuove irruzioni dello Spirito Santo, che rendono sempre viva e nuova la struttura della Chiesa. Ma quasi mai questo rinnovamento è del tutto immune da sofferenze e frizioni».

Nasce da qui l’esigenza di una seria riflessione teologica che sappia indicare ai Movimenti il loro specifico posto nella Chiesa. In base ad una vasta rivisitazione dell’insieme della storia, il card. Ratzinger è giunto a costatare: «Vi appare evidente che per un verso il modello ecclesiale locale, decisamente improntato dal ministero episcopale, è la struttura portante e permanente attraverso i secoli. Ma esso è altresì percorso incessantemente dalle ondate di Movimenti, che rivalorizzano di continuo l’aspetto universalistico della missione apostolica e la radicalità del Vangelo, e proprio per questo servono ad assicurare vitalità e verità spirituali alle Chiese locali».

Giacché il radicalismo evangelico e la spinta alla missione universale appaiono nel NT come dimensioni caratteristiche della chiamata dei Dodici e bisogna costatare che le Chiese locali da sole non corrispondono sempre sufficientemente a queste due qualità, il card. Ratzinger concluse non senza audacia che «occorre ampliare e approfondire il concetto di successione apostolica, se si vuol rendere giustizia a tutto quello che esso significa ed esige».

E spiegò: «Che intendiamo dire? Anzitutto, che va saldamente ritenuta, quale nucleo di tale concetto, la struttura sacramentale della Chiesa, nella quale essa riceve sempre di nuovo l’eredità degli apostoli, l’eredità di Cristo. (…) Ma questo nucleo è impoverito, anzi atrofizzato, se si pensa solo alla struttura della Chiesa locale. (…) Nella Chiesa devono sempre aversi anche servizi e missioni che non siano di natura puramente locale, ma siano funzionali al mandato che investe la realtà ecclesiale complessiva e alla propagazione del Vangelo».

Ministero petrino e Movimenti

Nello stesso intervento del 1998, il card. Ratzinger ha rilevato lo speciale legame che nel corso della storia ha unito i Movimenti apostolici con il ministero petrino il quale ha, appunto, una missione universalistica: «nemmeno lo stesso ministero petrino sarebbe rettamente inteso e sarebbe travisato in una mostruosa figura anomala, qualora si addossasse soltanto al suo detentore il compito di realizzare la dimensione universale della successione apostolica (…). Il papa [profilo petrino] ha bisogno di questi servizi [profilo mariano], e questi hanno bisogno di lui; e nella reciprocità delle due diverse missioni si compie la sinfonia della vita ecclesiale. L’era apostolica, che ha valore normativo, dà un risalto così vistoso a queste due componenti da indurre chiunque a riconoscerle irrinunciabili per la vita della Chiesa».

C’è dunque un legame trinitario, pericoretico, di unità e distinzione fra il successore di Pietro e i Movimenti apostolici, del quale il Card. Ratzinger ha un’idea molto chiara: «Il papato non ha creato i Movimenti, ma è stato il loro essenziale sostegno nella struttura della Chiesa, il loro pilastro ecclesiale. In questo si fa forse visibile come non mai il senso più profondo e la vera essenza del ministero petrino». Già in precedenza aveva costatato: «Movimenti, che travalicano l’ambito e la struttura della Chiesa locale, e papato vanno sempre, e non per caso, fianco a fianco». Non a caso Giovanni Paolo II, il giorno seguente, dichiara co-essenziali l’aspetto strutturale e l’aspetto carismatico della Chiesa.

Una priorità all’inizio del nuovo pontificato

Non sorprende, su questo sfondo, che Papa Ratzinger già nelle prime settimane del suo Pontificato abbia deciso di convocare i Movimenti ecclesiali in piazza s. Pietro per la veglia della Pentecoste 2006, come aveva già fatto nel 1998 Papa Wojtyla.

Tale decisione, in certo senso, si annunciava già nel dialogo aperto che egli ha avuto col clero di Roma il 13 maggio 2005: «Avete parlato della parrocchia come struttura fondamentale, aiutata e arricchita dai Movimenti. E mi sembra che proprio durante il Pontificato di Papa Giovanni Paolo II si sia creato un fecondo insieme tra l’elemento costante della struttura parrocchiale e l’elemento, diciamo, “carismatico”, che offre nuove iniziative, nuove ispirazioni, nuove animazioni… Tutti i parroci possono insieme essere realmente responsabili della crescita della parrocchia, assumendo tutti gli elementi che possono venire dai Movimenti e dalla realtà vissuta della Chiesa in diverse dimensioni».

Identico orientamento emerge dal discorso alla Conferenza episcopale italiana il 30 maggio scorso: «Avete messo in luce la necessità che le parrocchie assumano un atteggiamento maggiormente missionario nella pastorale quotidiana e pertanto si aprano ad una più intensa collaborazione con tutte le forze vive di cui la Chiesa oggi dispone. È molto importante, al riguardo, che si rafforzi la comunione tra le strutture parrocchiali portanti e le varie realtà “carismatiche” sorte negli ultimi decenni (…) affinché la missione possa raggiungere tutti gli ambienti di vita».

Con decisione Papa Ratzinger ha attirato l’attenzione sulla realtà dei Movimenti nella Messa con cui si è conclusa la Giornata mondiale dei giovani a Colonia il 21 agosto. Dopo aver raccomandato a tutti di far tesoro del Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica da poco pubblicato, ha osservato: «Ovviamente, i libri da soli non bastano. Formate delle comunità sulla base della fede! Negli ultimi decenni sono nati Movimenti e Comunità in cui la forza del Vangelo si fa sentire con vivacità. Cercate la comunione nella fede come compagni di cammino».

È tornata in quell’occasione l’idea della complementarità di profilo mariano e profilo petrino: «La spontaneità delle nuove comunità è importante, ma è pure importante conservare la comunione col Papa e con i Vescovi. Sono essi a garantire che (…) si sta vivendo in quella grande famiglia di Dio che il Signore ha fondato con i dodici Apostoli».

Nel pomeriggio di quello stesso giorno ha riproposto gli stessi concetti alla Conferenza episcopale tedesca: «Un ruolo importante nel mondo dei giovani svolgono le Associazioni e i Movimenti, che senza dubbio costituiscono una ricchezza. La Chiesa deve valorizzare queste realtà e al contempo deve guidarle con saggezza pastorale, affinché contribuiscano nel modo migliore, con i loro diversi doni, all’edificazione della comunità, mai ponendosi in concorrenza le une con le altre, ma rispettandosi e collaborando insieme a favore dell’unica Chiesa per suscitare nei giovani la gioia della fede, l’amore per la Chiesa e la passione per il Regno di Dio».

 

Il contributo che può venire dal carisma dell’unità

Non può sfuggire la consonanza di simili orientamenti con le linee tenute da Chiara Lubich fin dall’inizio del Movimento dei focolari: già negli anni ‘40 il carisma dell’unità la spingeva a far sì che i vari Movimenti e Aggregazioni ecclesiali di allora si amassero l’un l’altro (accenno, per la storia, alla Crociata della carità del padre L. Veuthey, alla Crociata del Rosario in famiglia del padre P. Peyton, al Movimiento familiar cristiano di padre P. Richards, al Movimento per un Mondo Migliore di padre R. Lombardi, e ad altre ancora).

Chiara Lubich vedeva infatti in queste realtà manifestazioni del  “profilo mariano” della Chiesa, ovvero espressioni di quel profilo carismatico che Giovanni Paolo II – come abbiamo riferito sopra – ha caratterizzato come “co-essenziale” al profilo petrino. Anche il nuovo Papa è in questa direzione.

«Per noi è la chiamata ad una nuova responsabilità», ha affermato Chiara Lubich; una chiamata dello Spirito Santo, e perciò dovere morale di essere testimoni d’unità nelle famiglie, negli ambienti che frequentiamo, nella scuola, sul lavoro… e soprattutto con i Movimenti ecclesiali presenti nella comunità parrocchiale e diocesana.

Silvano Cola