Perché tutti siano uno

 

Sorgente di Comunione

La Parola vissuta

Riprende, in molte parti del mondo, dopo la pausa estiva, la vita dei seminari. Con la chance del nuovo. Quasi ovunque, si aggiungono altri studenti. E per quelli che già c’erano, dopo varie settimane in cui non ci si è visti, è più facile guardarsi con occhi “nuovi”. Prospettive, dunque, e propositi nuovi. Un momento propizio per ricordare quella stupenda definizione del seminario che una decina di anni fa ci ha offerto la Pastores dabo vobis: «una continuazione, nella Chiesa, della comunità apostolica stretta intorno a Gesù, in ascolto della sua Parola…» (n. 60).

Viene in mente, a questo proposito, un’esperienza che durante il mese di luglio hanno vissuto in Svizzera 54 seminaristi di 16 nazioni. Si erano ritrovati per approfondire insieme gli aspetti concreti di una “spiritualità della comunione”, così come la auspica Giovanni Paolo II perché la Chiesa possa reagire bene alle sfide del terzo millennio.

In programma c’erano momenti di preghiera e di meditazione, conversazioni, scambi di esperienze, incontri in piccoli gruppi, ma pure varie attività, dallo sport fino al lavoro in cucina. Alla base di tutto, ogni giorno, la vita di una parola della Scrittura, non come un generico motto per la giornata, ma come punto di riferimento cui conformarsi costantemente nel proprio modo di pensare e di agire.

Cosa scontata? Tutt’altro! Perché da seminaristi di certo si studia e si medita la Parola, ma applicarla sine glossa ai vari momenti del proprio vissuto e lasciare che essa capovolga le proprie abitudini e preferenze è, in realtà, una continua conversione.

«Gareggiate nello stimarvi a vicenda», e sei aiutato a lasciar da parte ogni giudizio o riserva nei confronti di chicchessia. «Cercate innanzi tutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù», e ti entra dentro un metro di misura che non è certo quello della propria voglia o stanchezza. «Fuoco sono venuto a portare sulla terra…», e mentre dichiari guerra alle tue piccole o meno piccole mediocrità, gli altri cominciano ad avvertire in te la presenza di Gesù. E ancora: «Dove due o più sono uniti nel mio nome…». «Guardate i gigli del campo…». «A chi mi ama… mi manifesterò». Tutte parole che, messe in pratica nel quotidiano, sono fonte di cambiamento, donano libertà interiore, sprigionano energie non immaginate, portano a donarsi agli altri sul serio…

Dopo tre settimane di questa cura di Vangelo nessuno era più lo stesso. Da persone di culture e mentalità diverse, estranee l’una all’altra, si era diventati veri fratelli. E ciascuno aveva tanti fatti vissuti da raccontare. Come a dire: Gesù è vivo!

l 3 agosto scorso, Mário Spaki, che per molti anni ha collaborato alla nostra Segreteria, è stato ordinato sacerdote insieme ad un suo compagno nella diocesi di Ponta Grossa (Brasile). Attraverso e-mail ci ha trasmesso le seguenti notizie.

Occorreva decidere dove si sarebbe celebrata la nostra ordinazione. Pensando alle tante persone che sarebbero convenute per l’occasione, mi sembrava bene che si svolgesse nel palazzetto dello sport. Il mio compagno desiderava invece che avvenisse nella chiesa della nostra parrocchia. Ma come fare – mi dicevo – se questo ambiente già nelle domeniche ordinarie è troppo stretto? Ho quindi insistito per un bel po’. Finché un giorno, tornando a casa, mi sono detto: ma che ti importa? Quel che conta è amare il fratello!

Per la verità, durante un attimo ho pensato che, per sicurezza, avrei almeno potuto prenotare il palazzetto per la  data prevista. Ma poi ho capito che occorreva lasciare questo problema completamente nelle mani di Dio.

Dopo due mesi, il mio amico mi ha detto che ormai anche a lui sembrava che era meglio che l’ordinazione si svolgesse nel palazzetto. Siamo allora andati a fare la prenotazione. Quale sorpresa quando abbiamo constatato che tutte le date erano occupate; solo il giorno della nostra ordinazione era ancora libero!

In seguito, bisognava trovare un grande tappeto con cui ricoprire la parte centrale dell’arena. E dove trovarlo? Ho pensato di rivolgermi alla scuola più attrezzata della nostra città. Sapevo però che non era facile ottenerlo. Ho detto a Gesù: «Io adesso vado a domandare. Ma tu aiutami, non per me, ma per te…». Ho chiesto di poter parlare con uno dei responsabili e mi hanno portato dal direttore. Questi, appena mi vede, mi fa: «Ci siamo visti qualche giorno fa in un luogo non molto gradevole». Cerco di far mente locale, ma senza successo. «Tu hai celebrato il funerale di mio papà», mi dice. Ed aggiunge: «Dimmi pure: in che cosa ti posso essere utile?». Ho provato allora un senso di immensa gratitudine: in tutti quei mesi avevo celebrato appena tre funerali, e tra essi proprio questo...

Nei 10 giorni precedenti l’ordinazione, con l’aiuto di 36 seminaristi, religiosi e religiose, abbiamo dato vita a incontri vocazionali nelle 19 comunità rurali della parrocchia. Prima di andare in mezzo alla gente, davanti a Gesù nell’Eucaristia abbiamo fatto una preghiera: «Che nessuna persona ci sfiori invano!». Alla fine, ben 47 ragazze e ragazzi avevano manifestato il desiderio di seguire Gesù nella vita religiosa o sacerdotale.

Il 3 agosto, sono poi venuti ca. 5.000 persone alla nostra ordinazione, molti più del previsto, e – altra sorpresa – erano presenti quasi al completo i sacerdoti della diocesi. Nei giorni seguenti, sono arrivati a centinaia gli echi. Tutti sottolineavano l’accoglienza, l’armonia dell’ambiente, il clima di raccoglimento e di preghiera. Fra essi, una signora che stava attraversando un momento di difficili rapporti con la Chiesa e si era trovata nel palazzetto un po’ per sbaglio. Mi ha detto dopo: «Ho pianto durante le tre ore della celebrazione e ho sentito una presenza di Dio come mai prima». Non le occorreva nient’altro.

 

Inversioni di marcia

«… poi torna ad offrire il tuo dono»

Corea. «Qualche settimana fa, in occasione del 10° anniversario di fondazione, nel nostro seminario si è tenuto un importante simposio sulla formazione sacerdotale. Attraverso quell’incontro, ho potuto vedere come lo Spirito Santo voglia condurci ad un rinnovamento della nostra vita in molti aspetti. Vedevo infatti che tanti seminaristi erano interessati ad una spiritualità di comunione. Qualche giorno dopo, però, un compagno mi ha parlato piuttosto male di quel simposio. Non ero d’accordo con lui ed è nata una forte discussione. In seguito, egli mi ha evitato. In un primo momento ho visto in ciò un affronto, ma a poco a poco ho cominciato a comprendere quanto egli provava nei miei riguardi. Non riuscivo più a pregare, tanto mi faceva soffrire questa disunità. Ricordavo le parole di Gesù: “Se presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono”. Proprio in quel giorno, stavamo preparando una celebrazione per la Madonna. Ho deciso allora di dire a questo compagno: “Ti vorrò bene anche se tu non accetti le mie scuse”. Ho preparato un dono che sapevo gli sarebbe stato gradito e sono andato da lui. Egli dapprima mi guardava male. Ma io capivo che dovevo farmi nulla davanti a lui. D’improvviso ha cambiato atteggiamento e mi ha fatto un grande sorriso. Quel giorno, assieme alla mia candela, ho potuto offrire a Maria la nostra riconciliazione. E mi sono reso conto che senza morire a me stesso, Gesù non sarebbe risorto fra noi». (V.B.)

 

«Guardate i gigli del campo...»

Polonia. «Un giorno di agosto mi sono recato a messa con la mia bella bicicletta. Come di consueto, l’ho lasciata dietro la casa parrocchiale. Finita la messa, mi sono fermato ancora per alcuni momenti per prendere un caffè con il parroco. Quando sono uscito dalla casa, ho visto che qualcuno aveva “cambiato” la mia bicicletta con la sua, vecchissima. Pensando a quel completo distacco dalle cose materiali che ci chiede Gesù, ho preso questa situazione dalle mani di Dio e mi sono detto: non fa niente! Sono tornato a casa in pace e con un sorriso ho informato i miei genitori di quanto ero accaduto. Non era facile per loro capire, ma io in realtà ero felice. C’era in me il desiderio di essere libero da tutto, come i gigli del campo, e sperimentavo una grande gioia. Ma ecco la sorpresa: qualche giorno dopo, presso un amico seminarista ho incontrato un diacono. Appena questi ha saputo di quanto mi era accaduto, mi ha detto: “Sai, io ho una bicicletta nuovissima che non userò. La vuoi?”. Sono rimasto senza parole. Era la risposta del Padre per il quale avevo lasciato tutto». (J.O.)

 

«Studiavo soprattutto per ottenere buoni voti…»

Belgio. «Spesso sono tentato di impegnarmi nello studio principalmente per ottenere buoni voti. Da qualche tempo però vedo che lo studio è molto più bello quando è svolto per amore. Così recentemente ho preparato assieme ad altri tre seminaristi l’esame complessivo di morale, una materia che in genere non mi entusiasma. E’ stato molto fruttuoso approfondirla insieme. All’esame tutto è andato poi molto bene; ma quello che conta soprattutto è che l’abbiamo preparato insieme e che tutti hanno ottenuto un buon risultato. Ma c’è stato ancora un altro fatto. Qualche giorno prima dell’esame, mi era stato chiesto di animare un ritiro per giovani studenti. Non mi pareva il caso. Ma poi ho detto di sì: si trattava di abbandonarsi al programma di Dio. Ed è andato benissimo. Ho capito allora quello che mi avevano detto i miei professori: di portare avanti il mio studio non in vista di un esame all’università, ma come un servizio alla Chiesa». (C.R.)

 

«L’amore trascina»

Filippine. «In seminario, avevamo un professore molto brillante. I seminaristi, però, trovavano le sue lezioni noiose e monotone, tanto da occuparsi di altre cose quando egli insegnava. Ero tentato anch’io di fare così. Un giorno avevo già in mente di sedermi in uno degli ultimi posti e di leggere un altro libro durante la lezione. Ma poi mi sono ricordato della meditazione di quella mattina: “amare Gesù negli altri”. Ho preso posto allora nelle prima file ed ho ascoltato il professore con molto amore e attenzione, mostrando il mio interesse anche attraverso domande e commenti. Dopo la seconda ora, durante l’intervallo, un compagno di classe mi ha chiesto: “Che cosa ti fa essere così interessato a quanto dice questo nostro professore?”. Con un sorriso gli ho risposto: “Se cerchi di ascoltarlo con tanto amore imparerai molte cose belle”. Terminata la pausa, con mia sorpresa, mi sono trovato questo compagno affianco impegnato a seguire il professore con grande concentrazione. Davvero, l’amore trascina! Tutti e due abbiamo apprezzato la lezione di quel giorno. In seguito, altri hanno scoperto il nostro segreto e si sono uniti a noi nell’ascoltare il nostro brillante professore». (M.B.)

 

La Parola ci fa uno

 

Quello che opera la parola di Dio è un completo mutamento di mentalità. Trasfonde nei cuori di tutti: europei, asiatici, australiani, americani, africani, i sentimenti di Cristo di fronte alle circostanze, al singolo e alla società. Fa di ogni cittadino del mondo un cittadino del cielo, un uomo nuovo.

“Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo”, raccomanda Paolo (Ef 4, 23)».

«Chi non vive la parola di Dio, porta dovunque va un’atmosfera umana, terrena; non lievita la massa, ma la deprime fino al punto di divenire causa di qualche screzio o divisione.

È ciò che temeva Cipriano, che, nel trattato De unitate si occupa soprattutto dell’unità della Chiesa, ma non manca di continui richiami a vivere il Vangelo, dato che, proprio perché questo non è vissuto, ci sono scismi nella Chiesa».

«Scrivevo nel ’48: “Stiamo uniti nel nome del Signore, vivendo la Parola di vita che ci fa uno…

Ho pensato all’innesto delle piante dove i due rami scorzati, col contatto delle due parti vive, diventano una cosa sola.

Quando due anime potranno consumarsi in uno? Quando saranno vive: cioè quando saranno scorzate dell’umano, e mediante la Parola di vita vissuta, incarnata, saranno parole vive. Due parole vive possono consumarsi in uno. Se una non è viva, l’altra non può unirsi”».

Chiara Lubich

Da: Scritti spirituali/3, Roma 31996, pp. 142-143

 

 

Neosacerdote

iprende, in molte parti del mondo, dopo la pausa estiva, la vita dei seminari. Con la chance del nuovo. Quasi ovunque, si aggiungono altri studenti. E per quelli che già c’erano, dopo varie settimane in cui non ci si è visti, è più facile guardarsi con occhi “nuovi”. Prospettive, dunque, e propositi nuovi. Un momento propizio per ricordare quella stupenda definizione del seminario che una decina di anni fa ci ha offerto la Pastores dabo vobis: «una continuazione, nella Chiesa, della comunità apostolica stretta intorno a Gesù, in ascolto della sua Parola…» (n. 60).

Viene in mente, a questo proposito, un’esperienza che durante il mese di luglio hanno vissuto in Svizzera 54 seminaristi di 16 nazioni. Si erano ritrovati per approfondire insieme gli aspetti concreti di una “spiritualità della comunione”, così come la auspica Giovanni Paolo II perché la Chiesa possa reagire bene alle sfide del terzo millennio.

In programma c’erano momenti di preghiera e di meditazione, conversazioni, scambi di esperienze, incontri in piccoli gruppi, ma pure varie attività, dallo sport fino al lavoro in cucina. Alla base di tutto, ogni giorno, la vita di una parola della Scrittura, non come un generico motto per la giornata, ma come punto di riferimento cui conformarsi costantemente nel proprio modo di pensare e di agire.

Cosa scontata? Tutt’altro! Perché da seminaristi di certo si studia e si medita la Parola, ma applicarla sine glossa ai vari momenti del proprio vissuto e lasciare che essa capovolga le proprie abitudini e preferenze è, in realtà, una continua conversione.

«Gareggiate nello stimarvi a vicenda», e sei aiutato a lasciar da parte ogni giudizio o riserva nei confronti di chicchessia. «Cercate innanzi tutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù», e ti entra dentro un metro di misura che non è certo quello della propria voglia o stanchezza. «Fuoco sono venuto a portare sulla terra…», e mentre dichiari guerra alle tue piccole o meno piccole mediocrità, gli altri cominciano ad avvertire in te la presenza di Gesù. E ancora: «Dove due o più sono uniti nel mio nome…». «Guardate i gigli del campo…». «A chi mi ama… mi manifesterò». Tutte parole che, messe in pratica nel quotidiano, sono fonte di cambiamento, donano libertà interiore, sprigionano energie non immaginate, portano a donarsi agli altri sul serio…

Dopo tre settimane di questa cura di Vangelo nessuno era più lo stesso. Da persone di culture e mentalità diverse, estranee l’una all’altra, si era diventati veri fratelli. E ciascuno aveva tanti fatti vissuti da raccontare. Come a dire: Gesù è vivo!

l 3 agosto scorso, Mário Spaki, che per molti anni ha collaborato alla nostra Segreteria, è stato ordinato sacerdote insieme ad un suo compagno nella diocesi di Ponta Grossa (Brasile). Attraverso e-mail ci ha trasmesso le seguenti notizie.

Occorreva decidere dove si sarebbe celebrata la nostra ordinazione. Pensando alle tante persone che sarebbero convenute per l’occasione, mi sembrava bene che si svolgesse nel palazzetto dello sport. Il mio compagno desiderava invece che avvenisse nella chiesa della nostra parrocchia. Ma come fare – mi dicevo – se questo ambiente già nelle domeniche ordinarie è troppo stretto? Ho quindi insistito per un bel po’. Finché un giorno, tornando a casa, mi sono detto: ma che ti importa? Quel che conta è amare il fratello!

Per la verità, durante un attimo ho pensato che, per sicurezza, avrei almeno potuto prenotare il palazzetto per la  data prevista. Ma poi ho capito che occorreva lasciare questo problema completamente nelle mani di Dio.

Dopo due mesi, il mio amico mi ha detto che ormai anche a lui sembrava che era meglio che l’ordinazione si svolgesse nel palazzetto. Siamo allora andati a fare la prenotazione. Quale sorpresa quando abbiamo constatato che tutte le date erano occupate; solo il giorno della nostra ordinazione era ancora libero!

In seguito, bisognava trovare un grande tappeto con cui ricoprire la parte centrale dell’arena. E dove trovarlo? Ho pensato di rivolgermi alla scuola più attrezzata della nostra città. Sapevo però che non era facile ottenerlo. Ho detto a Gesù: «Io adesso vado a domandare. Ma tu aiutami, non per me, ma per te…». Ho chiesto di poter parlare con uno dei responsabili e mi hanno portato dal direttore. Questi, appena mi vede, mi fa: «Ci siamo visti qualche giorno fa in un luogo non molto gradevole». Cerco di far mente locale, ma senza successo. «Tu hai celebrato il funerale di mio papà», mi dice. Ed aggiunge: «Dimmi pure: in che cosa ti posso essere utile?». Ho provato allora un senso di immensa gratitudine: in tutti quei mesi avevo celebrato appena tre funerali, e tra essi proprio questo...

Nei 10 giorni precedenti l’ordinazione, con l’aiuto di 36 seminaristi, religiosi e religiose, abbiamo dato vita a incontri vocazionali nelle 19 comunità rurali della parrocchia. Prima di andare in mezzo alla gente, davanti a Gesù nell’Eucaristia abbiamo fatto una preghiera: «Che nessuna persona ci sfiori invano!». Alla fine, ben 47 ragazze e ragazzi avevano manifestato il desiderio di seguire Gesù nella vita religiosa o sacerdotale.

Il 3 agosto, sono poi venuti ca. 5.000 persone alla nostra ordinazione, molti più del previsto, e – altra sorpresa – erano presenti quasi al completo i sacerdoti della diocesi. Nei giorni seguenti, sono arrivati a centinaia gli echi. Tutti sottolineavano l’accoglienza, l’armonia dell’ambiente, il clima di raccoglimento e di preghiera. Fra essi, una signora che stava attraversando un momento di difficili rapporti con la Chiesa e si era trovata nel palazzetto un po’ per sbaglio. Mi ha detto dopo: «Ho pianto durante le tre ore della celebrazione e ho sentito una presenza di Dio come mai prima». Non le occorreva nient’altro.