La via Mariae e i sacerdoti

Nel Movimento dei focolari, per vivere la spiritualità dell’unità o di comunione, si guarda a Maria, cercando di percorrere le tappe del suo cammino come vengono descritte nel Vangelo. Tale cammino è chiamato “Via Mariae”. L’autore di questo breve scritto, – parroco nella diocesi di Matera e membro di un focolare di sacerdoti diocesani – esamina la sua vita cristiana e la sua attività pastorale alla luce di Colei che anche nella comunione è stata la più perfetta discepola del Cristo.Nei mesi passati, costretto a una parziale inattività per motivi di salute, nell’intimità della preghiera mi sono interrogato sulla mia vita in genere e, in particolare, sulla Via Mariae. Mi sono accorto che la concepivo prevalentemente in chiave individuale, come percorso del “castello interiore”, non collegato abbastanza col “castello esteriore” che si concretizza nei rapporti d’unità, in primo luogo nel mio focolare sacerdotale.

Ecco schematicamente qualche riflessione a titolo di comunione d’anima.

1.       «Eccomi … avvenga di me secondo la tua parola». A me è stata rivolta la parola “unità”: a quella parola ho detto “eccomi”. Essa comprende la mia vocazione di focolarino in tutte le sue espressioni: i punti e gli strumenti della spiritualità collettiva, gli aspetti concreti della vita, l’unità con la fonte, il co-interesse, ecc. Il mio sì a Dio è un sì all’unità.

2.       Maria va da Elisabetta. Ma per me chi è Elisabetta? Forse i miei parrocchiani? In primo luogo sono i fratelli di focolare, soprattutto i più bisognosi per salute o anzianità; e poi sono i sacerdoti, i seminaristi: dare a loro l’ideale dell’unità, far sperimentare la bellezza della comunione è il mio apostolato specifico. Che tempo dedico a loro? Come mai incido così poco? È più facile dare questo ideale ai laici che ai preti. Eppure il più bel regalo che posso fare alla Chiesa è darlo ai sacerdoti di oggi e di domani!

3.       Nasce Gesù. Gesù è in mezzo a Maria e Giuseppe. Ma Gesù in mezzo a noi è la mia forma mentis? È, cioè, il prima, il durante e il dopo del mio pensare e agire? Il mio naturale punto di riferimento è davvero il focolare? Ricordo le parole severe di Chiara: «Come si può pensare ad un focolare che sta, anche un minuto solo, senza la presenza di Gesù? Tutto quello che i focolarini fanno fuori della sua presenza è sprecato, non vale, non ha accesso al cielo, non ci fa progredire, anzi!».

4.       Fuga in Egitto per sfuggire all’attentato di Erode. Il mio Egitto è il focolare, dove posso difendere e custodire Gesù presente tra noi dagli attentati dell’individualismo e dell’attivismo. Due punti fermi: a) non giocarmi la giornata di convivenza in focolare per impegni extra (salvo diverse e precise volontà di Dio), e b) vedere tutto in unità col responsabile del mio focolare.

5.       «Da tre giorni addolorati ti cercavamo». E io sono proprio addolorato quando non c’è Gesù vivo tra noi? Mi accorgo che la routine della vita, la necessità di dover autogestire tanti momenti nell’immediatezza dell’attimo presente, e poi l’eterna tentazione del “fai da te così fai prima”, possono indurmi a ordinarmi la vita senza collegarmi coi fratelli. Non posso rassegnarmi alla “perdita” di Gesù, al calo di tensione nel cercarlo e ricercarlo; magari, nell’immediato mi risolvo abbracciando la croce, Gesù nel suo abbandono, ma non darmi pace finchè non l’abbia ritrovato. Se no, sono fuori vocazione.

6.       Nazaret, gli anni tranquilli con Gesù in mezzo a Maria e Giuseppe. Anche nel focolare l’unità dovrebbe essere “stabile”. L’unità è un dono di Dio, certo, ma devo alimentarla con l’arte di amare: essere sempre in donazione, pronto ad amare più che ad essere amato, sentire e coltivare il senso di famiglia.

7.       Vita pubblica di Gesù: «Fate quello che Egli (cioè Gesù in mezzo a noi) vi dirà». Dunque anche le attività di ministero devono essere espressione di questa realtà. Anche se delle attività pastorali devo rendere conto al vescovo, però l’anima della pastorale deve essere tutta ispirata al Vangelo e va verificata nel mio focolare anche attraverso il co-interesse pastorale. Al vescovo porterò i frutti maturi e sarà una gioia per lui.

8.       «Stabat»: la Desolata. “Saper perdere” (compiti ministeriali, stima altrui, difficoltà nell’unità, salute): non rammaricarmi di tanti sogni rimasti nel cassetto (come i libri in soffitta) se li ho “sacrificati” alla volontà di Dio espressa dall’unità! E vivere senza scoramento questa nuova stagione dei nostri focolari provati dall’usura del tempo, dalla fissità dei membri, da vicissitudini personali e diocesane, dall’incalzare dell’età e delle malattie che impongono nuovi ritmi alla vita di comunione. Continuare a crederci! Gesù abbandonato e Maria desolata sono il prezzo dell’unità!

9.       Pentecoste: Maria con gli apostoli. Il Risorto è lì e manda lo Spirito Santo. È vero, quando c’è Gesù tra noi ci sono i frutti dello Spirito: fervore di vita, sapienza, santità, voglia di amare, frutti, frutti...

10.    «Donna eucaristica». Questa pennellata del Papa è un tocco geniale: mi dice come essere Maria a partire dall’Eucarestia (fonte dell’unità) che celebro tutti i giorni per me e per gli altri.

Gino Galante