Sfide e speranze
a
cura di Lino D’Armi
Dall’Irlanda
«Uno sguardo
sui sacerdoti
e seminaristi oggi»
In apertura del Congresso alcuni esperti di vari Continenti hanno
offerto una sintetica panoramica sulla situazione dei sacerdoti, diaconi e seminaristi
in varie aree geografiche.Essi mettono in rilievo le grandi difficoltà che
preoccupano oggi le Chiese, ma rilevano anche importanti segni di
speranza.Completa il quadro un’inchiesta fra seminaristi.
Insegno Teologia all’Università pontificia di Maynooth che condivide il
campus con un’università laica. Venti anni fa eravamo uno degli otto seminari
maggiori in Irlanda e avevamo 350 seminaristi: oggi siamo l’unico seminario e i
seminaristi sono 70. Di recente l’arcivescovo di Dublino ha parlato della
sorpresa di Papa Benedetto davanti alla rapida diminuzione dei cattolici
praticanti nella città di Dublino: in alcune parrocchie si è ridotta
addirittura al 2%.
Esiste inoltre il fenomeno degli scandali, come la pedofilia, che hanno
coinvolto alcuni sacerdoti, con riflessi senza fine nei mass media. Qualche
volta i media ipotizzano un legame fra lo stato celibatario e la pedofilia.
Inoltre gli scandali hanno causato in alcuni casi tensioni fra i sacerdoti e i
loro vescovi. Il risultato è una grande crisi di credibilità per la Chiesa. A
causa dell’immagine negativa dei preti nell’opinione pubblica una parte dei
sacerdoti sono molto scoraggiati o addirittura sfiduciati. Un numero piccolo ma
costante di giovani sacerdoti continua a lasciare il ministero con la
conseguenza che viene messo in dubbio il valore del celibato sacerdotale.
Tutto ciò ha avuto in tanti di noi l’effetto di farci puntare
all’essenziale: vivere il Vangelo. Un filosofo cristiano dell’università
statale di Dublino recentemente ha commentato che, fuori di questo, null’altro
può essere risolutivo.
Uno
sviluppo positivo è l’attenzione alla formazione umana dei seminaristi che ora
viene seguita in modo più coerente. Ogni seminarista è accompagnato
personalmente nel suo cammino vocazionale. Aumenta, però, la consapevolezza che
i sacerdoti oggi hanno bisogno di una “casa”: di un “clima di famiglia” che è
possibile solo con una spiritualità di comunione. Vivendo insieme una tale
spiritualità – sacerdoti, seminaristi e laici – abbiamo visto rifiorire la vita
in noi e attorno a noi.
Una
volta la Chiesa cattolica in Irlanda aveva grandi successi ed era ricca di
missionari e religiosi. Ora stiamo riscoprendo la via della croce, quella di
Gesù che sembrava un perdente; stiamo riscoprendo che il come viviamo è più
importante di ciò che facciamo. Forse è l’inizio di un tempo benedetto,
l’inizio di una vita nuova, di una risurrezione.
Thomas
Norris
membro della Commissione
teologica internazionale
Dalla
Germania
«Sviluppare,
con i contemporanei in ricerca, nuove forme
di vivere il Vangelo»
Un’inchiesta
sociologica, commissionata dalla nostra Conferenza episcopale, ha rilevato che
la Chiesa in Germania incide ormai soltanto in tre su dieci possibili ambienti
sociali.
Motivo di tale estraneità fra la Chiesa e tanti gruppi della società è
non soltanto la secolarizzazione degli ultimi anni, ma soprattutto il fatto che
i membri stessi della Chiesa, compresi coloro che lavorano a tempo pieno per
essa, non svolgono il loro compito missionario.
Vi è sete di Dio, ma essa non viene saziata. Agli occhi di molti
contemporanei le nostre celebrazioni sono piuttosto noiose e insignificanti.
Godono tuttora di un’immagine positiva la Caritas con le sue molteplici
iniziative di assistenza, nonché le grandi opere della Chiesa per lo sviluppo
come Misereor, Adveniat e Renovabis.
In una società scossa dal relativismo, dall’edonismo e dalla crescente
disoccupazione, si presenta con nuova forza la domanda di senso. Avviene così
che tanti cercano nelle nostre celebrazioni il Dio vicino, ma tornano a casa
delusi.
Alcuni sacerdoti con cui sono in contatto nella nostra regione, sono
impegnati a sviluppare, assieme a questi nostri contemporanei in ricerca, nuove
forme di vivere il Vangelo.
In una metropoli si è creato un inedito tipo di comunità formata da
piccoli gruppi che si riuniscono nelle case sparse in tutta la città.
In un altro posto, attraverso la vita della Parola di Dio si è creata
una rete fraterna di persone che si riuniscono alla sera alle 21.45 per la
santa messa.
Corsi di spiritualità per determinate categorie di persone (giovani,
adulti, insegnanti, medici e infermiere) schiudono un nuovo e vitale accesso al
Vangelo.
Catechesi e liturgie per giovani offrono domenica per domenica ai più
giovani l’occasione di conoscere Gesù Cristo e di sperimentare attraverso di
lui la gioia della comunione con gli altri.
Il sacerdote, inserito in una vita di comunione con altri sacerdoti e
unito con laici che vivono con la stessa intensità il Vangelo, concentra la sua
attività e la sua attenzione sull’esperienza viva della presenza di Cristo in
mezzo a noi. Egli vive come Maria che si è data tutta perché venga al mondo
Cristo.
Un tale sacerdozio mariano si esprime nella piena apertura a Dio e alle
persone nel loro rispettivo ambiente. Esso porta l’impronta del dialogo con
tutti ed è allo stesso tempo radicato nel cuore della Chiesa.
Wilfried
Hagemann
già rettore del seminario di Münster
Dall’America
Latina
«La vitalità evangelica dei nuovi carismi: profezia per il futuro»
È
molto vasta e ricca la realtà ecclesiale e sociale dell’America Latina. Tenterò
di dire qualcosa sulle difficoltà e sulle attese, soprattutto dei sacerdoti.
Nel
nostro Continente ci sono fenomeni di grande rilievo come ad esempio:
1.
La povertà, spesso estrema, della maggioranza accanto alla grande ricchezza di
pochi in contraddizione con la fede cristiana dei nostri popoli.
2.
La pietà popolare molto diffusa, ma in gran parte ancora da evangelizzare.
3.
In America Latina vive la metà dei cattolici del mondo, ma in questi ultimi
anni si moltiplicano a tal punto le comunità evangelicali di tipo pentecostale
da far prevedere ad alcuni che in pochi decenni il 50% della popolazione
potrebbe passare a queste comunità.
4.
La secolarizzazione e l’ateismo crescono, soprattutto nelle grandi città e
negli ambienti intellettuali.
Queste
ed altre sono per i sacerdoti enormi sfide, che spesso rimangono senza
risposte. Allo stesso tempo ci sono tanti segni di speranza.
Da
noi la Chiesa è profondamente radicata nel popolo ed è sensibile e attenta alle
problematiche sociali, numerosi sono i laici impegnati, c’è una fioritura di
vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, crescono circoli biblici e
comunità di base ben unite alla Chiesa.
C’è
poi la vitalità evangelica dei nuovi carismi. Mons. Rylko, presidente del
Pontificio Consiglio per i Laici, nel recente incontro dei Movimenti in America
Latina promosso dal Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM), li ha
chiamati una “profezia per il futuro”.
Essi possono offrire energie inedite e molti stimoli di cui si sente
forte necessità nella nostra Chiesa, tra cui: ldi portare avanti un dialogo a
tutto campo, superando timori e diffidenze; e una spiritualità di comunione,
che permetta di trovare strade e creare strutture che rispondano alle esigenze
del nostro tempo.
Enrique
Cambón
esperto di spiritualità
sacerdotale
Dal
Burundi
«Di fronte alle lotte fratricide
l’unica via è lasciarsi
interrogare dalla Parola di Dio
e crescere nella fraternità»
L’Africa
nera è una e molteplice. Il valore di base è la solidarietà nella famiglia
allargata. Il senso di appartenenza al clan spesso arriva all’esclusione
dell’altro gruppo sociale. È questa una delle cause delle guerre.
In
mezzo a conflitti, paure ed estrema povertà, si diffondono anche da noi le
comunità pentecostali protestanti; se da un lato in questo modo avanza il
Vangelo, dall’altro si produce anche smarrimento e alienazione.
Il
sacerdote, pur dovendo essere testimone dell’amore di Dio senza frontiere, è
facilmente condizionato dalla sua appartenenza etnica e spesso vive disarmato
di fronte a queste problematiche.
Solo
quando si cerca di vedere Gesù nell’altro, ascoltandolo, cogliendo le sue
sofferenze e motivazioni, la diversità diventa una ricchezza a servizio
dell’unità.
L’immagine
di Chiesa più sentita da noi è quella di “Famiglia di Dio”, per cui da alcuni
decenni si punta alle piccole comunità ecclesiali, dove le persone s’incontrano
senza tener conto della loro appartenenza etnica. Meditano il Vangelo e vedono
come metterlo in pratica.
La
sfida per il sacerdote è di lasciarsi anch’egli interrogare dalla Parola di Dio
e crescere assieme a tutti nella fraternità e in quell’unità trinitaria chiesta
da Gesù al Padre (Gv 17, 21).
Léon
Sirabahenda
ecclesiologo
Dal mondo
dei seminari
Inchiesta su domande
e speranze dei seminaristi oggi
Vogliamo dirvi in breve di un’inchiesta fatta fra seminaristi di
diverse parti del mondo. Abbiamo chiesto quali sono le loro preoccupazioni e
quali le loro speranze.
Essi sono preoccupati innanzitutto per l’individualismo dilagante che
non va d’accordo col Vangelo e per il quale – dice un africano – «sorgono
tentazioni di tutti i tipi».
Preoccupa anche la mancanza di fraternità tra i sacerdoti: «Quando vedo
sacerdoti soli – scrive un brasiliano –, senza comunione col presbiterio, mi
pongo tante domande sulla vocazione». E un altro: «Quando sarò anziano cosa
sarà di me?».
Spaventa il superlavoro dei sacerdoti. «L’attivismo è un rischio –
scrivono –: fare le cose senza sapere perché né per chi». E qualcuno si chiede:
«Sarò soltanto un amministratore?».
Preoccupa l’immagine negativa del prete. «Per molti il sacerdote non è
più un rappresentante di Dio – osserva un latinoamericano – e perciò non si ha
più rispetto per la sua persona». Nasce allora la domanda: «Ce la farò?».
Infine: il venir meno delle vocazioni, soprattutto nei Paesi più
ricchi. Addormentati dal benessere, i giovani non sentono la spinta di donare
la vita per Dio.
Su questo sfondo, è significativo il racconto di un seminarista
svizzero in controtendenza: «Quando sono tornato in seminario, ho visto che,
invece di sei, saremmo stati solo tre a prepararci al sacerdozio. Non so per
quale grazia, questo non mi ha frenato; anzi mi sento spinto a testimoniare con
la mia vita la bellezza della nostra vocazione».
E quali le speranze?
Prima di tutto la fede nella forza del Vangelo. «La mia più grande
speranza è l’amore di Dio che sperimento ogni giorno», scrive un italiano.
Un altro dato: «Mi dà speranza il dilagare di piccoli gesti di vera
fraternità fra sacerdoti». Incoraggiante pure «la testimonianza di laici che
vivono la loro vocazione in un modo ammirabile».
Molti pongono la loro fiducia in una spiritualità di comunione e si augurano
che «l’ecclesiologia del Concilio esca dalla teoria, a cominciare da me, e
trasformi tutta la Chiesa».
Infine, i sintomi di una nuova primavera della Chiesa: come si è potuto
vedere nelle Giornate mondiali dei giovani, durante il funerale di Giovanni
Paolo II, nella fioritura di nuovi carismi che suscitano «una rete planetaria
di cellule vive».
Concludiamo con una voce dall’Estremo Oriente: «È meglio accendere una
fiamma anziché maledire il buio».
Ramiro
Marinelli
e Daniel Maksymowicz
seminaristi