Una parrocchia svizzera impegnata ad essere comunità in dialogo

 

Siete una sfida di vangelo vissuto

Di Beda Baumgartner

 

Arbon, sulle rive svizzere del lago di Costanza, è una cittadina con 13 mila abitanti, metà riformati, metà cattolici. Qui nell’estate del 1991 il vescovo ha inviato come coparroci Leo Rüedi e Beda Baumgartner, affidando ad essi due parrocchie. Dalla loro vita di comunione volta a dare visibilità al Risorto sono fioriti in questi anni, quasi a cerchi concentrici, realtà ecclesiali interessanti, come ci racconta uno dei protagonisti.

Tutto è possibile quando cerchiamo
di amare come Gesù

Avendo conosciuto la spiritualità dell’unità, avevamo espresso al nostro vescovo già prima dell’ordinazione sacerdotale il desiderio di vivere in comune. Esperienze antecedenti ci avevano fatto capire quale effetto positivo poteva avere per noi e per gli altri la vita comune quando è basata su una solida esperienza di Vangelo vissuto.

Inoltre, i pensieri di Chiara Lubich ci portavano sulla strada dell’amore concreto. Personalmente mi ero trovato davanti a una sfida particolare nel vivere seriamente il Vangelo. Quando avevo 21 anni espressi a mio padre la decisione di lasciare gli studi di agricoltura per diventare sacerdote: incontrai il suo totale disaccordo. Per ben 15 anni non mi ha più rivolto la parola! Durante quei lunghi anni ho tentato ogni via per ristabilire questo rapporto. E alla fine è nata una nuova relazione. Due fatti lo esprimono: una lettera molto personale e significativa che mio padre mi ha scritto, cosa che non ha fatto con nessuno dei miei fratelli, e i profondi colloqui che ho avuto con lui nel 2003, prima della sua morte. Ho anche celebrato la Messa a casa sua, quando era moribondo, e gli ho conferito l’unzione degli infermi. Questa esperienza mi ha fatto capire che tutto è possibile, se cerchiamo di amare come Gesù che ha dato la sua vita per noi.

Ad Arbon, prima delle nostre attività pastorali, vogliamo vivere la comunione nella casa parrocchiale. Questo ci dà forza e motivazione. Per aprire continuamente l’orizzonte per il nostro lavoro è di grande aiuto la presenza di un terzo sacerdote, Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE), che condivide la stessa spiritualità e vive ormai da quasi dieci anni con noi. Cerchiamo di essere aperti a tutti e di dialogare con ognuno, come indica il Concilio Vaticano II.

Con i vari Movimenti cattolici

L’apertura verso le differenti realtà suscitate dallo Spirito Santo all’interno della Chiesa cattolica, ci ha fatto approfondire in particolare il rapporto con gruppi biblici ispirati dal Movimento carismatico. Leo Rüedi ha accompagnato il loro progetto “Cammino di fede adulta”, che più tardi è sfociato nel regolare “incontro delle comunità” per approfondire la conoscenza e la comunione tra le diverse associazioni e i movimenti attivi in parrocchia.

A Steinebrunn, l’altro paese che seguiamo come parroci, ho incoraggiato due giovani che, ispirandosi al Movimento di Schönstatt, hanno creato un gruppo di ragazzi e sono stato loro vicino. Di questo gruppo abbiamo ormai festeggiato i dieci anni di vita.

Con le altre Chiese cristiane

L’ecumenismo costituisce un capitolo importante della nostra pastorale, vista la convivenza nella nostra regione di cattolici e riformati con tanti matrimoni interconfessionali. Con gli anni sono nate non solo amicizie con i pastori riformati, ma attraverso uno di loro siamo venuti in contatto con i predicatori delle Chiese libere e ora ci incontriamo con la cosiddetta “alleanza riformata allargata”. Il nostro rapporto con la Parola e con Gesù ha aperto le porte in maniera sorprendente. Uno di loro ha detto un giorno: «Prima di venire ad Arbon e di conoscervi non avrei mai pensato di chiamare un sacerdote cattolico “fratello in Cristo”». Soprattutto la nostra convivenza ha fatto loro impressione e ha portato un altro ad esprimersi così: «Voi non potete immaginare cosa significhi la vostra vita comunitaria per la nostra città. Siete una sfida di Vangelo vissuto».

Insieme con loro portiamo avanti la “domenica gospel” con un momento di preghiera, canti e testimonianze e un concerto “gospel news” nel parco della città.

Due anni fa ci si è posta la domanda se fosse il caso di progettare un corso di formazione per adulti animato dal Movimento “Alpha”. In un bel clima di fiducia e di dialogo si è arrivati alla decisione di fare due corsi: uno portato avanti dai responsabili delle Chiese libere, l’altro all’interno della Chiesa cattolica, ma ambedue aperti a tutti con grande rispetto gli uni per gli altri. Uno dei predicatori ha detto: «Forse così raggiungiamo più gente, per portare a loro la buona novella».

Con fedeli di altre religioni

Nella nostra cittadina siamo venuti in contatto con credenti di altre religioni. Un albanese del Kosovo, musulmano, ci ha espresso le sue condoglianze per la morte di madre Teresa di Calcutta. Da quella telefonata è nata una commemorazione cristiana/musulmana per ricordare insieme questa grande donna albanese. Un anno dopo si è organizzato ad Arbon un simposio: “Duemila anni di cristianesimo in Albania”, con 800 partecipanti delle due grandi religioni. Inoltre va avanti il contatto con diversi imam.

Ibrahim, un musulmano della Somalia, viveva con sua moglie e i loro sette bambini in un centro per rifugiati nelle vicinanze della nostra casa parrocchiale. Quando ricevevamo dai parrocchiani dei doni sotto forma di viveri, spesso abbiamo portato loro qualcosa. La fiducia nei nostri confronti è cresciuta e, ogniqualvolta nei nostri colloqui abbiamo scoperto dei paralleli tra il Corano e la Bibbia, era una sorpresa e una gioia per tutti. Abbiamo anche fatto conoscere loro il Movimento dei focolari. Negli incontri si sono trovati “a casa”, pienamente liberi e pienamente aperti.

Con una certa regolarità organizziamo un cosiddetto “caffé internazionale”. Si tratta di un incontro a cui invitiamo persone di altre culture e religioni, insieme ai nostri parrocchiani, per conoscerci più da vicino. Quando abbiamo fatto un incontro con persone della Tailandia, soprattutto donne buddiste sposate con mariti svizzeri, è intervenuto anche l’abate di un loro monastero buddista nel nostro Paese. Ci hanno comunicato in seguito che era la prima volta che aveva accettato un invito di questo genere.

Recentemente c’è stato un ulteriore sviluppo. Nei primi giorni di quest’anno alcuni chierichetti, prima della Messa, mi hanno chiesto: «Non potremmo organizzare qualcosa per esprimere la nostra solidarietà alle vittime del maremoto nel sudest asiatico?». «È un’ottima idea», ho risposto, e ci siamo indirizzati verso il lettore della Messa che è membro di un’associazione cattolica, il Kolping: «Non ti pare che sarebbe una cosa da fare in comune: Kolping e chierichetti?». Qualche giorno dopo, in un’assemblea, tante persone si sono dichiarate pronte a collaborare.

Mi sono ricordato allora delle donne tailandesi che durante il “caffè internazionale” avevano preparato alcune specialità del loro Paese. Le ho avvertite per telefono del progetto e ho chiesto: «Potete immaginarvi un contributo vostro?». L’adesione è stata immediata. Tre settimane dopo l’idea si è concretizzata nel nostro centro parrocchiale. Oltre ai pasti asiatici abbiamo offerto spaghetti. Con nostra grande sorpresa sono venuti circa 300 persone. Si è creato un clima di famiglia tra tutti, aldilà delle barriere di culture, lingue e religioni. E si sono raccolti 8.000 franchi svizzeri che abbiamo potuto inviare per un progetto nella regione della catastrofe.

Ecco alcuni flash di come cerchiamo di gettare ponti. «Perché non costruiamo ponti sopra i fiumi, così ci incontriamo», è il testo di una canzone. Abbiamo constatato che l’impegno a muoverci in questo modo è per tutti un arricchimento ed elimina le paure davanti alla dimensione multiculturale e multietnica che sempre più caratterizza anche il nostro Paese.

Beda Baumgartner