La spiritualità dell’Opera di Maria aiuta i sacerdoti a riscoprire il valore del sacerdozio regale

 

Sacerdoti alla scuola di Maria

di C. Seno – O.  Rizzi – M. Appesbächer

 

Se all’inizio della Chiesa, nel giorno di Pentecoste, gli apostoli erano riuniti nel Cenacolo attorno a Maria, anche oggi l’azione materna di lei ha un influsso importante nella vita dei cristiani e quindi dei sacerdoti. Ne parlano queste testimonianze di sacerdoti, pervenute in occasione del Congresso  mariano.

Maria mi ha preso per mano

Sono un giovane pianista di 25 anni. Vivo da tre anni a Parigi, ma ormai il mio soggiorno in Francia si sta concludendo. È un momento molto delicato della mia vita.

Cerco luce per capire cosa il Signore voglia da me. Il mio futuro appare logico agli occhi di tutti: il pianoforte, i concerti, l’insegnamento in conservatorio. Ma io non ne sono ancora persuaso.

Entro in chiesa, prego con il rosario. Maria fa risuonare in me le parole del Figlio: «Va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli. Poi vieni e seguimi».

Parole che m’inquietano; del resto non mi avevano mai lasciato tranquillo. Adesso esplodono dentro, mi invitano, sconvolgono le mie prospettive, cancellano i miei sogni, mi spalancano orizzonti sconosciuti, dove non ho più i soliti riferimenti che mi rassicurano.

La paura è tanta, mi viene una gran voglia di scappare, vorrei smettere di pregare, non pensarci più per trovare pace. Ma al rosario rimango fedele.

Con Maria comprendo a poco a poco che la pace va cercata in Dio, non altrove. Cerco di divincolarmi promettendo con generosità che farò qualcosa di bello per gli altri: mi impegnerò in oratorio, aiuterò nella Caritas, finora mi sono preoccupato solo di me e del mio pianoforte.

Capisco però che non si tratta di fare qualcosa per Dio. Si tratta di scegliere: o i miei sogni, i miei desideri; oppure Dio e il sogno che Lui ha su di me. Sarà una lotta dura, ma una sera nel silenzio della mia camera, dico di sì. Scelgo Dio. È il giorno più importante della mia vita.

Di lì a poco riscpro Maria in una luce affascinante e attraente, in quella sua Opera che è il Movimento dei focolari.

Incontro un modo di essere sacerdote così diverso da quell’immagine che fino ad allora conoscevo, che ammiravo ma che mi intristiva e non sentivo fatta per me. Un sacerdozio che sia tutto amore, in ogni cosa, il mio modo di essere cristiano.

Sette anni dopo celebro la mia prima messa: la gioia è immensa. Tocco con mano che i sogni di Dio sono infinitamente più grandi dei miei. Rimane anche la musica, senza che lo volessi, senza che lo immaginassi.

Da tanti anni sono invitato in varie parrocchie e in altri luoghi, perché la musica è diventata adesso un linguaggio nuovo, che spalanca i cuori all’incontro con l’Assoluto.

Vedo che anche in questo il mio sacerdozio ministeriale si è innestato su quello battesimale, in certo modo valorizzando e potenziando entrambi.

Una di quelle sorprese di Dio alle quali Maria mi ha condotto a poco a poco per mano, quando neppure pensavo cosa potesse succedere di me.

Quest’anno sto proponendo un recital sui cinque nuovi misteri del rosario, quelli della luce. Per commentare il 5° mistero, quello dell’istituzione dell’Eucaristia, interpreto un brano di un autore spagnolo, Isaac Albeniz, dal titolo Il Corpus Domini a Siviglia.

La musica evoca l’avvicinarsi della tradizionale processione con stile tipicamente andaluso. Allo squillo delle campane fanno seguito le prime note del canto del Tantum ergo nella versione ispanica. È un’esplosione di musica in tutti i registri della tastiera.

La parte centrale è meditativa. Riprende poi il tema iniziale e raggiunge vertici sonori straordinari. Scende quindi la sera e tutto ritrova la pace in una lunga conclusione lenta, quasi presenza di Maria che tutto avvolge e contiene.

Carlo Seno

(Milano, Italia)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Imparare da Maria

La richiesta di questa testimonianza mi ha colto di sorpresa. Mettendo giù il telefono mi son detto: «Se le parole di Gesù nell’ultima cena “prendete e mangiate…” sanciscono un patto, che rapporto hanno con la presenza e l’opera di Maria nella mia vita?».

Alla luce di queste parole ho guardato la mia esistenza e mi sono accorto che da tanti anni, in silenzio e con pazienza, Maria sta lavorando nel cantiere della mia vita per portarmi a una nuova scelta di Dio.

Quando, 19 anni fa, diventai prete, pensavo di aver dato tutto a Dio, ma l’entusiasmo si scontrò ben presto con la fatica del lavoro e l’incapacità di rapporti fraterni con altri sacerdoti. Era il fallimento dei miei sogni di prete.

Ma proprio in questo fallimento Maria mi attendeva e come Madre paziente mi ha condotto ai piedi della croce e mi ha mostrato che Gesù non dà qualcosa o qualche opera buona, ma il suo “io”.

Dovevo dunque abbandonare il mio “io”, la mia vera ricchezza, per lasciar fare solo a Dio. È questo che oggi Maria sta facendo nella mia vita.

Ma ancora Maria non si accontenta. Mi vuole aperto, vivo, attivo, responsabile, fecondo nel dono di me. Mi sta dicendo: «Tu sei mio figlio e desidero per te quanto di più prezioso possa desiderare: che tu sia un altro Gesù. Desidero che tu dica ai fratelli che incontri ogni giorno: “Sono disposto a dare la mia vita per te… Questo è il mio corpo… Questo è il mio sangue…”. Non avere paura, io ti sono accanto».

E cammino con fiducia perché so che Maria mi accompagna, educandomi con pazienza al dono di me.

Lo fa sicuramente con la Parola di Vita. Lei, che è tutta vestita di Parola, sta formando Gesù in me.

È come una nuova creazione in atto. A Dio era bastata una parola per creare l’universo e per dare la vita al primo degli uomini di carne. A Dio basta una parola del suo Figlio per dare ad un pezzo di pane non solo un nuovo significato, ma addirittura una nuova consistenza. A Dio basta un cuore disponibile alla Parola per dargli una nuova consistenza, quella di Gesù.

Lo fa con l’arte di amare. Lei che è Madre dell’amore è come se mi facesse diventare più madre.

Ripenso alle tracce di disordine che rimangono in parrocchia dopo incontri ed iniziative e alla reazione istintiva del giudizio e della lamentela perché… nessuno ha rimesso a posto le cose o si è preoccupato della pulizia. Ma una madre, non fa questo tutti i giorni in casa per amore dei figli?

E non può essere anche quello un gesto, nascosto e silenzioso, che io posso consegnare a Dio come gratitudine per il dono di questi figli che sono le persone della comunità?

Lo fa con l’amore a Gesù Abbandonato. Lei che è stata sotto la croce e una spada le ha trapassato l’anima, mi mostra che proprio Lui è il segreto della fecondità e dell’unità.

Provo allora a riconoscerlo in ogni divisione e difficoltà tra gruppi in parrocchia, in ogni volto sofferente che suona alla porta o che incontro nella visita alle famiglie, in ogni limite che emerge dalla mia umanità.

Lo fa con l’amore all’ut omnes. Mi insegna a consumarmi in uno col vescovo, con gli altri sacerdoti, con chi mi sta accanto. Lei che è stata resa da Gesù Madre di tutti, mi spinge ad allargare continuamente il cuore affinché sia come quello di Gesù: dentro ci stanno davvero tutti!

Non importa la loro fede, la loro nazionalità, la loro cultura: importa amarli riconoscendo il tesoro che portano dentro, quell’immagine di Gesù stampata nella loro carne.

E mi pare di vedere – con gli occhi dell’anima – che in questa unità Maria si specchia e si riconosce, sorride e canta di nuovo il Magnificat.

Ottorino Rizzi

(Imola, Italia)

«Vivere» Maria

Negli anni successivi alla contestazione del ’68, seguivo come sacerdote la “Gioventù Studentesca” della mia città. Proprio in quel periodo, i giovani, interessati agli ideali sociali, nella loro critica generalizzata alle istituzioni, stavano perdendo la sensibilità e la pratica religiosa.

Anche la liturgia ormai aveva poco senso per loro. Per me ogni celebrazione eucaristica era una via crucis, un morire, tanto da sentirmi spesso come Gesù sulla croce. Avevo l’impressione che i giovani non riuscissero più a comprendere quello che facevo e dicevo nell’omelia.

Spesso avvertivo la nostalgia dei miei primi anni di sacerdozio. Ricordavo l’entusiasmo e la gioia che mi prendevano ogni qualvolta celebravo la santa messa. Ora invece provavo aridità interiore e buio intenso.

Quando ho cambiato il mio servizio e sono stato designato come direttore dell’Ufficio Catechistico diocesano e padre spirituale dei seminaristi, questa crisi, dentro di me, è rimasta. Non sapevo più chi fossi, quale il mio ruolo, quale la mia identità e non avvertivo più alcun rapporto di amore con Gesù eucaristia. Senza di Lui mi mancava tutto. Mi sembrava che nessuno mi potesse capire, e speravo che gli altri non si accorgessero di quello che avevo dentro.

Dopo circa due anni, in un incontro del Movimento dei focolari, una giovane ha raccontato la sua esperienza di come “viveva” Maria. «Per me essere Maria – così lei si è espressa – vuol dire che, in qualunque cosa faccio, devo e posso con il mio amore dare Gesù ad ogni prossimo, come Maria ha dato Gesù al mondo». Queste parole sono cadute nel mio cuore come una pioggia primaverile che rende tutto fecondo. Ho pianto.

Durante la messa, celebrata subito dopo, distribuendo l’Eucaristia ai fedeli mi è ritornata quella luce che ha spazzato via il buio e mi ha fatto nuovamente “vedere”. Quando le persone si avvicinavano all’altare per ricevere Gesù eucaristia, ho avvertito dentro una voce, penso la Sua, che mi diceva: «Grazie che mi dai a questo giovane, a questo medico, a questa mamma, a questo povero, a questo…, così come mia Madre ha dato me al mondo».

Ho provato una grandissima gioia. Sono convinto che è stata Maria a farmi capire con l’anima il grandissimo dono dell’Eucaristia. Ma ad una condizione, di essere come Lei, altro Lei, “sacerdote-madre”, imitandola nel generare Gesù in ogni prossimo con un amore semplice. Inoltre questa esperienza mi spinge ad amare ogni persona, buona o disperata, con cuore di madre e ad essere io stesso “eucaristia” per tutti, amando ciascuno fino a dare la vita, come Gesù che si è spezzato e si è lasciato mangiare.

Matthäus Appesbacher
(Salzburg, Austria)