Un commento teologico-spirituale al quinto mistero della luce

 

Come Maria avrà vissuto l’Eucaristia?

 

di Hubertuis Blaumeiser

 

Alcuni membri della “Scuola Abbà”, il centro studi del Movimento dei focolari, nel corso del Congresso mariano hanno offerto brevi commenti teologico-spirituali ai cinque nuovi misteri della luce. Riportiamo qui quello sull’istituzione dell’Eucaristia per il particolare legame che essa ha con il carisma sacerdotale.

“Tornare al Cenacolo” è il sogno che emerge potente dal cuore della Chiesa del nostro tempo: tornare là dove, con l’istituzione dell’Eucaristia, la Chiesa è nata come “famiglia di Dio”, come «un cuor solo e un’anima sola»; e spalancare questa realtà all’umanità intera, perché si avvii decisamente sulla via della fraternità universale.

Penso sia un sogno suscitato da Maria. E l’Eucaristia ha incredibilmente tanto a che fare con la realizzazione di questo sogno.

Essa lo porta avanti da 2000 anni, con tenacia, apparentemente nel silenzio, ma senza sosta. Giovanni Paolo II, con la sua Enciclica Ecclesia de Eucharistia, ci ha appena offerto una grande meditazione su tutto ciò.

Contempliamo con Maria questa realtà, in tre momenti.

La vita che nasce dal farsi nulla

Innanzi tutto, nell’Eucaristia Gesù anticipa la sua offerta in croce: «Questo è il mio corpo, che è per voi». «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue». Ed estende questa realtà a tutti i tempi: «Fate questo in memoria di me» (cf 1Cor 11, 24-25).

Nell’Eucaristia Gesù si dà tutto, senza riserve. «Eis télos», dice l’evangelista Giovanni: «fino alla fine», fino all’estremo (13, l). Fattosi uomo, il Figlio di Dio nell’ultima cena si fa pane; ma il suo cammino va oltre: fino a farsi nulla (Fil 2), apparente fallimento sotto il peso del male, dono fino all’abbandono, quando non sente più la vicinanza, l’amore del Padre. È di tutto ciò che è sostanziata l’Eucaristia.

Ma da questa notte Gesù risorge. La nostra memoria di lui non è ricordo, ma sua viva, efficace presenza: sull’altare delle cattedrali e delle più sperdute cappelle; nella miriade di tabernacoli che costellano come un firmamento la terra.

Che cosa avrà provato Maria ogni volta che ha partecipato all’Eucaristia? Immagino la sua meraviglia al contemplare la parabola della vita di suo Figlio: questa discesa fino a toccare il fondo, fino ad essere ingoiato dal male, dalla morte, dal nulla; discesa che lei, da Madre, aveva vissuto tutta con lui. E poi, questo esito: questa sua presenza che sempre si rinnova!

Con Maria, nell’Eucaristia contempliamo il mistero dell’amore: la vita che nasce dal farsi nulla, la vittoria sul male e sulla morte che viene dal dono di sé: eis télos, fino alla fine.

Concorporei, consanguinei

Ma c’è di più: l’Eucaristia è cibo. «Prendete e mangiate», aveva detto Gesù. «Bevetene tutti» (Mt 26, 26-27).

Gesù si fa mangiare, entra in noi, nelle nostre carni, «penetra in noi fino al midollo», dice Alberto Magno1. Ci rende «concorporei», «consanguinei» con lui, affermano i Padri della Chiesa2.

E così l’Eucaristia ci rende veramente “cristiani”: altri Cristo, figli nel Figlio. Racconta il Card. Van Thuan del tempo nelle carceri del Vietnam: «Sentivo battere nel mio cuore il cuore stesso di Cristo. Sentivo che la mia vita era la sua vita, e la sua era la mia»3.

«Ricevere l’Eucaristia – scrive Giovanni Paolo II nella sua Enciclica – doveva significare per Maria quasi un riaccogliere in grembo quel cuore che aveva battuto all’unisono col suo e un rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la Croce» (n. 56).

Quanto potrà essere stato grande lo stupore di Maria al trovare nell’Eucaristia il divino chicco di grano: suo unico Figlio che, morto in croce, «porta molto frutto» (cf Gv 12, 24)! L’unico Figlio che, grazie all’Eucaristia, vive nei tanti figli: in lei, negli apostoli, nella folla di coloro che hanno ascoltato l’annuncio della Pentecoste ed ora si ritrovano nelle case per «spezzare il pane» (cf At 2, 42). Come Maria avrà guardato tutti loro? E come guarderà noi?

Sulla croce – ha scritto don Foresi – «Cristo ha seminato un corpo particolare e risuscita Corpo mistico, risuscita Chiesa»4.

Con Maria, nell’Eucaristia contempliamo il mistero della Chiesa: Gesù centuplicato, l’unico Figlio che, attraverso i cristiani nutriti dall’Eucaristia, si rende presente nel mondo intero.

Germe di fraternità universale

Un terzo approfondimento. «Il pane che io darò – afferma Gesù nel quarto Vangelo – è la mia carne per la vita del mondo» (6, 51).

L’Eucaristia porta la vita. La sua non è funzione unicamente religiosa, ma anche umana, sociale. L’Eucaristia – scrive Igino Giordani – «ci fa tutti uno (...) e realizza così, di colpo, il piano di Dio (...). Tale unità si realizza, qua, in terra, tra uomini divisi in caste, in classi, in partiti, in razze, in favelle: e si realizza superando, annullandole, tutte le divisioni»5.

Che cosa avrà sentito Maria, all’indomani della Pentecoste, al vedere i molti che mangiavano l’unico Pane, comporsi in uno, ebrei e stranieri, ricchi e poveri, persone di tutte le età e di tutte le estrazioni; e al veder circolare i beni, al punto che non vi era più nessun bisognoso tra loro (cf At 4, 34)?

Con l’Eucaristia inizia l’umanità nuova. Grazie ad essa la comunità cristiana, in seno ad una civiltà piena di contrasti, diventa germe potente di fraternità.

Ma quale, soprattutto, lo stupore di Maria, al sentirsi, al momento della morte, rapire in Cielo, anima e corpo! Privilegio unico, eppure destino che tutti ci attende alla fine dei tempi. Perché l’Eucaristia è vita, vita eterna. «Medicina d’immortalità» lchiamata, ancora nel secondo secolo, Ignazio d’Antiochia6.

Come vedrà Maria la nostra morte? «Se l’Eucaristia è causa della risurrezione dell’uomo – si chiede Chiara Lubich –, non può essere che il corpo dell’uomo, divinizzato dall’Eucaristia, sia destinato a corrompersi sottoterra per concorrere al rinnovamento del cosmo? Non possiamo dire di essere noi dopo morti, con Gesù, l’Eucarstia della terra? La terra ci mangia come noi mangiamo l’Eucaristia: non quindi per trasformare noi in terra, ma la terra in “cieli nuovi e terre nuove”»7.

 

Contemplata con gli occhi di Maria, l’Eucaristia ci riempie di grandissima speranza. Ci proietta verso il Cielo, ma allo stesso tempo ci radica qui sulla terra. Ci fa scoprire che cos’è l’amore, la vita, chi siamo noi e chi siano gli altri, quanto siamo preziosi – vita divina pulsa nelle nostre vene! – e come ci possiamo realizzare solo nel dono.

Giorno per giorno, Gesù eucaristia si rende presente nel nostro intimo e pervade il nostro corpo; ci fa uno con lui e fra noi e ci porta là, dove nello Spirito, assieme a lui, possiamo gridare: «Abbà, Padre!» (cf Rm 8, 15; Gal 4, 6).

«Colui che si nutre di Cristo nell’Eucaristia – ha scritto Giovanni Paolo II nella già citata Enciclica – non deve attendere l’aldilà per ricevere la vita eterna: la possiede già sulla terra» (n. 18).

Hubertus Blaumeiser

 

 

1)    De Euch., d. 1, c. 2, n. 7 (B 38, 200).

2)    Cirillo di Gerusalemme, Cat. Myst. 4,3 (PG 33, 1100).

3)    Testimoni della speranza. Esercizi spirituali tenuti alla presenza di S.S. Giovanni Paolo II, Roma 2000, p. 169.

4)    Cf Teologia della socialità, Roma 21965, p. 89.

5)    Valore sociale dell’Eucaristia, in: AA.VV., L’Eucaristia, a cura di A. Piolanti, Roma 1957, p. 1211.

6)    Ad Eph. 20, 2 (Patres Apostolici, I, Ed. F. X. Funk, pp. 230-231).

7)    L’Eucaristia, in: Scritti Spirituali/4, Roma 21995, pp. 40-41.