Profilo mariano della Chiesa e sacerdozio mariano nell’esperienza del confondatore dei Focolari

 

Maria e il rosario nella mia vita

 

di Pasquale Foresi

 

L’autore è il primo sacerdote del Movimento dei focolari, ordinato da mons. Carlo De Ferrari, nel 1954 a Trento. Perché sacerdote, è stato incaricato di tenere i primi rapporti del Movimento con la Santa Sede. Altro suo compito particolare, nel tempo, è stato quello di seguire, come membro del Centro dell’Opera, lo sviluppo del Movimento nel mondo e collaborare, direttamente con Chiara Lubich, alla stesura dei vari Statuti. Ha potuto inoltre dar vita e seguire opere concrete al servizio del Movimento, quali il “Centro Mariapoli” per la formazione dei membri a Rocca di Papa, la cittadella di testimonianza a Loppiano, la casa editrice Città Nuova a Roma ed altre opere che si vennero poi moltiplicando nel mondo.

Dentro il profilo mariano
della Chiesa

Sono stato pregato di raccontare qualcosa della piccola storia del mio rapporto con Maria ed il suo rosario, storia che, mi sembra, non possa non avere, come le altre che qui si raccontano, un riferimento ad una vastissima realtà che occorre almeno menzionare in un congresso mariano come è il nostro: il profilo mariano della Chiesa. Di che si tratta?

Il teologo Hans Urs von Balthasar afferma che Gesù risorto, presente qui in terra nella Chiesa fino alla fine del mondo, non può non essere circondato, in qualche modo, da quelle persone che erano con Lui durante la sua vita terrena. Non solo quindi da Pietro, che continua nei Papi, ma anche da altri come Paolo, Giovanni, Giacomo, ad esempio, e da Maria, ognuno con un proprio preciso compito che, nella sua madre, è specialissimo1.

Lo dice Giovanni Paolo II nella Mulieris dignitatem quando afferma che il profilo mariano è «altrettanto – se non lo è di più – fondamentale e caratterizzante per la Chiesa quanto il profilo apostolico e petrino, al quale è profondamente unito»2. Anzi in una sua allocuzione rivolta nel 1987 ai cardinali e ai prelati della curia romana, si legge: «Maria precede ogni altro e, ovviamente, lo stesso Pietro e gli apostoli (…). La Chiesa – continua Giovanni Paolo II – vive di questo autentico “profilo mariano”, di questa “dimensione mariana” (…). Il legame [tra il profilo mariano e petrino] è stretto, profondo e complementare…»3.

Il profilo mariano è evidente nella santità dei beati, dei mistici e dei fondatori. Viene in rilievo anche quando un nuovo impulso profetico sboccia nella Chiesa, come, per esempio, negli Ordini religiosi o nei nuovi Movimenti ecclesiali. Lo si vede ancora nell’impegno dei laici a “cristificare” il mondo e non solo.

Il profilo mariano è presente, dunque, anche nei Movimenti.

Lo stesso Hans Urs von Balthasar ne fa cenno elencando persone già in Paradiso ed altre ancora in vita, portatrici di carismi.

Menzionando esplicitamente il Movimento dei focolari, ne sottolinea i dialoghi, specie quelli con fedeli di altre religioni, come con i buddisti (il più difficile, secondo lui), e con i non credenti.

E qui mi sorge una domanda: se anche le nostre realtà ecclesiali sono un’espressione del profilo mariano della Chiesa, perché non possiamo supporre che chi vi fa parte abbia un rapporto privilegiato con Maria, la madre carismatica per eccellenza?

Sarebbe quello che vorrei sperare anch’io.

Se così fosse, si potrebbe capire meglio anche l’origine delle nostre esperienze.

Maria
nella mia infanzia e adolescenza

Parlare di Maria e del rosario nella mia vita è ritornare con la memoria a quando, fanciullo di due o tre anni, avevo imparato dai miei genitori il Padre Nostro e l’Ave Maria. Ho ancora presente il loro entusiasmo e le loro carezze quando, meravigliati, osservavano come ricordassi esattamente tutte quelle parole.

In seguito, sono stati parecchi gli episodi che dicono il mio rapporto con Maria. Come quando, sempre a tre anni, perché invitato, ho detto – questa volta in pubblico – l’Ave Maria di fronte ad un presepio. O come più tardi, quando, orgoglioso di partecipare a queste preghiere dei grandi, recitavo con i miei l’intero rosario. O ancora allorché ho superato brillantemente un esame un po’ difficile per me, dopo essermi affidato a Maria.

Delle scuole medie non ho ricordi. Ho ben presente piuttosto un momento particolare della mia vita quando, a 15 anni – con grande strazio dei miei –, me ne sono andato da casa, attratto da un ideale, per poter combattere per l’Italia. E sono stato lontano dalla mia famiglia per quasi due anni.

Di giorno dormivo e di notte lavoravo e facevo la guardia.

Poiché il tempo non passava mai, pensai di recitare il rosario. Lo feci per diverse notti. E avvenne un fatto un po’ singolare: mi sono sentito come trasportato, come se il cielo mi avvolgesse e mi illuminasse. Io ho pensato, allora, che quelli che lavoravano di notte e recitavano il rosario, facessero la mia stessa esperienza.

Solo qualche tempo dopo mi sono reso conto che quella poteva essere stata una grazia particolare poiché, contemporaneamente al desiderio di pregare, era sorta in me la volontà di dedicarmi completamente a Dio.

Certamente mi sentivo indegno, ma Maria mi ha aiutato.

Avendo, infatti, letto la vita di sant’Ignazio di Loyola che, militare pure lui, ad un certo momento aveva sentito di donarsi a Dio, pensai di poterlo fare anch’io e, tornato a casa, ho frequentato dapprima il seminario di Pistoia, poi il Collegio Capranica di Roma.

Ero contento, soddisfatto della mia scelta. Ad un dato momento però, ho avuto non una crisi di fede, ma un semplice ripensamento. Ricordo che avevo letto con grandissimo interesse il Vangelo. Senonché, al confronto con esso – eravamo prima del Concilio, il quale ha portato poi un grande e meraviglioso rinnovamento –, mi era sembrato che la Chiesa non vi corrispondesse. M’è sorto così il dubbio di potermi avviare al sacerdozio con queste difficoltà in cuore ed ho sospeso momentaneamente lo studio.

Nell’incontro col carisma dell’unità
rifiorisce la vocazione

È stato a quel tempo che ho conosciuto il Movimento dei focolari, che avrebbe assunto il nome ufficiale di “Opera di Maria”, una nuova realtà carismatica che, come tante altre, lo Spirito Santo suscita nel tempo per far maturare la Chiesa nell’autenticità e nella radicalità della vita evangelica. Notavo, infatti, nelle persone che vi appartenevano, una fede assoluta nella nostra Chiesa cattolica e contemporaneamente una vita evangelica radicale. Ho capito così che quello era il mio posto, e ben presto l’idea del sacerdozio è ricomparsa.

Certamente anche in quest’occasione Maria non era stata assente.

Ricordo ancora quando, nel ’54, facendo gli esercizi spirituali prescritti per diventare sacerdote, mi trovai in un convento a pregare. Mi sentivo così solo – perché lontano dal Movimento e dal focolare dove, per il nostro amore vicendevole, Gesù è in mezzo a noi – che provai uno smarrimento e un gelo. Ma ecco anche qui un’impressione forte. Mi sembrò che Maria mi dicesse: «Io sono tua madre». Un’esperienza spirituale così bella che ha illuminato tutta la mia vita.

Il rosario: preghiera speciale

Molto poi mi ha aiutato la preghiera del rosario nello svolgere, in quanto sacerdote, il compito di trait-d’union fra il Movimento e la Chiesa al suo centro per arrivare alla nostra approvazione. Se incontravo qualche difficoltà, mi dicevo: «Occorre pregare di più». E pregare significava prendere il rosario in mano.

E tuttora il rosario è una preghiera speciale per me. Non di rado, e di ciò rendo grazie a Maria, la sua recita aumenta in tal modo, nel mio animo, l’unione con Dio, che dopo quattro rosari vorrei recitarne altri. Non lo faccio per non appesantire, con preghiere in più, la vita dei miei compagni.

Ultimamente mi domandavo perché il Santo Padre non avesse scritto un documento sul rosario dato che altri Papi lo avevano fatto.

Proprio in quei giorni Giovanni Paolo II ha annunziato che avrebbe dedicato un documento al rosario. Anzi vi avrebbe aggiunto i cinque misteri della luce.

«Prendere Maria a casa»

Dopo di me, parecchi altri focolarini sono diventati sacerdoti al servizio dell’Opera di Maria.

Se una qualifica potremmo e vorremmo darci è quella di “sacerdoti di Maria”.

Avvertiamo, infatti, nostro compito «prendere – come Giovanni – Maria a casa». E ciò vuol dire, come ha spiegato Giovanni PaoloII nella sua Lettera enciclica Redemptoris Mater, fare come l’apostolo prediletto, che accoglie «fra le sue cose proprie la Madre di Cristo e la introduce in tutto lo spazio della propria vita interiore, cioè nel suo “io” umano e cristiano»4.

E ancora “prendere Maria a casa” custodendo nel cuore, proteggendo ed arricchendo, con la grazia di Dio, il tesoro della sua presenza nell’Opera di Maria.

Ho concluso.

Che il Signore faccia sì che il nostro Movimento, con quante altre realtà ecclesiali sono espressioni del profilo mariano, sia sempre più degno di rappresentare Maria nella Chiesa e nel mondo.

 

Pasquale Foresi

 

 

1)    Cf la sintesi del pensiero del grande teologo svizzero offerta da: B. LEAHY, Il principio mariano nella Chiesa, Città Nuova, Roma 1999.

2)    n. 27, nota 55.

3)    Cf L’Osservatore Romano, 23 dicembre 1987.

4)    Cf GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Redemptoris Mater (25 marzo 1987), n. 45.