Rivivere la singolare avventura di Maria

 

Maria nel Movimento dei focolari e la preghiera del Rosario

 

di Chiara Lubich

Come ogni carisma, l’Opera di Maria (Mo-vimento dei focolari) è frutto dell’azione dello Spirito nella storia. Sua peculiarità è mettere in luce il “profilo mariano” della Chiesa, particolarmente necessario per realizzare la Chiesa-comunione e promuovere così la fratellanza universale nella famiglia umana. Nel suo intervento la fondatrice dei Focolari parla della grandezza di Maria come si è andata comprendendo nell’esperienza del Movimento, ma anche delle tappe della vita di Maria quale cammino spirituale.

 

Eminenze, Eccellenze,
carissime e carissimi tutti, qui presenti,
e quanti ci seguono attraverso i media.

L’argomento, che devo ora trattare, recita così: «Maria nel Movimento dei focolari o Opera di Maria e il rosario».

Ci è stato fatto appena conoscere il messaggio che il Santo Padre, il 16 ottobre scorso, mi ha consegnato, affidando idealmente a tutti noi il compito di cooperare a mettere in luce e divulgare il santo rosario, in quest’anno dedicato ad esso.

Abbiamo inoltre ascoltato un inno a Maria della quale, veramente, «mai abbastanza si dirà».

Ora qualcuno potrebbe chiederci: quali sono stati i sentimenti dei membri del Movimento, e particolarmente i tuoi, di fronte a questa consegna, a tale privilegio?

Anzitutto una gratitudine ancora rinnovata verso il Santo Padre, che ha voluto aggiungere un nuovo segno di fiducia nei confronti della nostra Opera.

E, naturalmente, una pronta adesione a questa sua specifica volontà. Nello stesso tempo, un ardente desiderio nel mio cuore: conoscere quale poteva essere il rapporto fra una realtà ecclesiale, qual è la nostra, incentrata sul vivere ed irradiare il Vangelo e concorrere, nella Chiesa, a realizzare il Testamento di Gesù: «Padre, che tutti siano uno» (cf Gv 17, 21) e cioè l’unità, e il divulgare questa gloriosa devozione a Maria.

Ricordavo vagamente che Maria, pur sempre amata da me, da noi, s’era fatta presente in un preciso momento, all’inizio del nostro Movimento, allorché lo Spirito Santo, con un suo nuovo carisma, cominciava ad irradiare su noi la sua luce. Ma non ne sapevo di più. Intuivo, però, che dovevo riporre la mia attenzione, per averne la risposta, proprio lì.

Ed ecco, contro ogni previsione, dall’enorme bagaglio di carte e documenti della nostra storia, venirmi in mano, proprio in quel giorno, un mio scritto degli anni ’50 che mi spiegava qualcosa.

Iniziava con le parole della melodia qui appena ascoltata, e continuava, a mo’ di diario, con queste che mi commossero:

«(Un giorno), sotto un atroce bombardamento, bocconi a terra, coperta di polvere densa come l’aria, alzandomi (…), quasi miracolata, in mezzo alle urla dei presenti, calma e piena di pace, avvertii d’aver provato un profondo dolore nell’anima mentre ero in pericolo (di vita): quello di non poter più recitare l’Ave Maria.

Allora, non afferrai il senso di quelle parole. Più tardi, quando i grani d’un rosario vivo (si trattava del primo gruppo di focolarine) si andarono snodando, e Dio, scegliendo quasi fior da fiore, andò componendo quell’Opera che ora è tutta di Maria, capii quel lamento.

Forse era nei piani di Dio che una lode a Maria fosse innalzata in quest’epoca in cui le migliori gemme sono state incastonate dai Papi nella sua Corona: Immacolata, Assunta, Regina! Ma quest’Ave Maria, desiderata, doveva essere fatta di parole vive, di persone che, quasi altre piccole Maria, dessero al mondo l’Amore».

Un rosario vivo

I grani di un rosario vivo! Parole vive! Altre piccole Maria!

Ecco la luce che attendevo. Questo era, ed è, il rapporto fondamentale fra la nostra Opera ed il rosario.

Solo così per noi, anche un rosario recitato avrebbe avuto il suo pieno valore, perché lode vera, autentica, piena, gradita, meglio la dà colui che cerca di imitare la persona lodata.

Poter dire l’Ave Maria per noi, per me, avrebbe significato edificare un santuario spirituale, vivo, a Maria, alla sua gloria, gloria che Lei, “trasparenza di Dio”, rivolge sempre a Lui.

E, se la nostra Opera doveva essere, anzitutto, un rosario vivo, ecco perché, con l’istinto soprannaturale, l’abbiamo intitolata: “Opera di Maria”.

Dopo questa prima manifestazione di Maria, per un po’ di tempo, non abbiamo saputo nient’altro di Lei. Pensavamo che volesse comportarsi con noi come ha fatto nella Chiesa primitiva: non apparire per lasciare tutto lo spazio a Gesù. E la si paragonava ad una porta, la porta che conduce a Cristo, «ed una porta – si diceva – non è tale se non si apre per lasciar passare».

Solo più tardi abbiamo capito che ciò che è accaduto per il nascente Movimento, non poteva essere stato senza il suo influsso, senza la sua presenza seppur nascosta.

Infatti, il nuovo stile di vita, la “spiritualità dell’unità”, i cui cardini lo Spirito Santo andava scolpendo nei nostri cuori a caratteri di fuoco, ci è apparsa quasi latte di Maria che nutriva le nostre anime.

Perché quelle verità, colte dal Vangelo e da noi vissute: Dio Amore, la volontà di Dio, la Parola, l’amore al prossimo, Gesù crocifisso e abbandonato, l’unità, inanellate l’una nell’altra, ci avrebbero dato la possibilità, attraverso l’amore reciproco, di “generare”1 – come si è espresso Paolo VI – Gesù fra noi: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome (nel mio amore, spiegano i Padri) io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20).

Gesù spiritualmente presente fra noi! Lo stesso Gesù che, fisicamente, ha avuto vita da Maria. Lo dice, del resto, il Concilio: «(…) solo Maria e lo Spirito Santo fanno nascere e crescere Cristo nel cuore dei fedeli»2.

Per questo, anche in quel periodo, abbiamo supposto presente, con lo Spirito Santo, Maria.

Così ci si svelava Maria

Ma, quando è giunto il momento del suo ingresso, per così dire, ufficiale nel nostro Movimento, ecco che Lei si è mostrata – o meglio Dio ce l’ha svelata – grande in proporzione di quanto aveva saputo scomparire. Grande, grande.

È stato l’anno 1949, in un periodo di grazie particolari, forse un periodo “illuminativo” della nostra storia, in cui Dio ha voluto dire al nostro cuore qualcosa di Maria.

Tutta rivestita della Parola

Si è capito, ad esempio, che, incastonata come rara ed unica creatura nella Santissima Trinità, era tutta Parola di Dio, tutta rivestita della Parola di Dio. Ed è stata così forte la nostra impressione a questa comprensione, che ci è sembrato che solo gli angeli avrebbero potuto balbettare qualcosa di Lei.

Se, infatti, il Verbo, la Parola, è lo splendore del Padre, Maria, sostanziata di Parola di Dio, ci appariva d’una bellezza incomparabile.

E che la Madonna sia tutta Parola di Dio lo dice il Magnificat, la cui originalità sta nel fatto di essere appunto una successione di frasi della Scrittura: la Vergine era così nutrita di essa da essere abituata, parlando, ad usare le sue stesse espressioni.

E ci è parso chiaro che ciò che caratterizzava Maria – pur nella sua perfezione unica – avrebbe dovuto essere ciò che qualifica ogni cristiano: ripetere Cristo, la Verità, la Parola, con la personalità che Dio gli ha dato.

Maria vista così, con l’anima, ci ha attratti fortemente, ed è nato in noi un nuovissimo amore per Lei.

Theotókos

Amore nuovo, il nostro, per Maria, amore al quale Ella evangelicamente ha risposto, manifestandoci ancora più chiaramente ciò che la faceva grande oltre ogni dire: l’essere Madre di Dio, Theotókos.

Non solo quindi, come la pensavamo prima, la pura giovinetta di Nazareth, la più bella creatura del mondo, il cuore che contiene e supera tutti gli amori delle mamme del nostro pianeta, ma: la Madre di Dio.

Ed è bastata una minima intuizione di questo mistero per ammutolirci, adoranti, in azione di grazie verso Dio, per aver operato tanto in una creatura.

Ci è parso, infatti, che – con questa nuova comprensione di Lei – Maria ci svelasse una sua dimensione che, fino allora, avevamo quasi completamente ignorato.

Prima – per fare un paragone – vedevamo Maria di fronte a Cristo e ai santi come nel cielo si vede la luna (Maria) di fronte al sole (Cristo) ed alle stelle (i santi). Ora no: la Madre di Dio abbracciava, come un enorme cielo azzurro, il sole stesso, Dio stesso.

Dio, nel suo amore sconfinato per questa creatura privilegiata, si era in certo modo “rimpicciolito” di fronte a Lei3. «Annientò se stesso» (Fil 2, 7), dice san Paolo di Gesù. E ciò è iniziato nel seno di Maria.

Ricordo che, avendo compreso almeno un po’ quant’era grande, avremmo voluto gridare a tutti: solo ora abbiamo conosciuto Maria!

Conseguenze nel campo ecumenico

E il vedere Maria Parola di Dio è sempre sembrato a noi ricco di conseguenze, ad esempio, nel campo ecumenico. Quale gioia, infatti, hanno i nostri fratelli evangelici, legati al Movimento, quando la scoprono così: la “personificazione” delle Scritture, di cui tanto sottolineano il valore.

E, nello stesso tempo, se Maria è Parola di Dio, tutti possono comprendere come dei cristiani la vedano, la venerino e la seguano come il proprio leader, dopo il Cristo, la cantino, la dipingano, le dedichino versi.

Certamente, però, se Maria è pure Madre di Dio, è anche ben diversa da ogni altro cristiano. Se Dio stesso l’ha abbellita tanto da compiacersene, da esaltarla, come dicono le parole dell’angelo: «... o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1, 28), a Lei spetta un posto speciale.

Ecco, allora, che si può comprendere come nelle chiese cattoliche e ortodosse compaiano le effigi di Maria, e prende senso ogni manifestazione d’onore e d’affetto che gli uomini le porgono.

La Desolata

C’è un aspetto, poi, di Maria, che ha interessato il Movimento fin dalla sua nascita. È la Vergine nel suo rapporto col dolore: l’Addolorata, come popolarmente è chiamata. La Desolata per noi. Desolata, nome che ricorda la solitudine che tanto spesso ha dovuto affrontare nella vita, specie ai piedi della croce, sapendo sempre tutto perdere per farsi uno con la volontà di Dio.

Quando Gesù, indicando Giovanni, le disse: «Donna, ecco il tuo figlio!» (Gv 19, 26), passò la terribile prova di perdere Gesù, non solo perché Egli stava morendo, ma anche perché un altro doveva prendere il suo posto: sofferenza terribile per il cuore d’una madre.

Ha pronunciato allora un fiat diverso dal primo. Col primo, all’Annunciazione, Maria, consacratasi – si pensa – sin da piccola, vergine a Dio per tutta la vita, sembrò dover cambiare i propri intenti. E sarà madre di Gesù, rimanendo vergine.

Col secondo, sul Calvario, ha rinunciato a Gesù e solo così divenne madre di tutti, acquistò la maternità di innumerevoli uomini.

«Ella (...) – dice Pio XII – offerse (Gesù) all’Eterno Padre sul Golgota, facendo olocausto di ogni diritto materno e del suo amore materno (...). Colei che, quanto al corpo, era la Madre del nostro Capo, poté divenire, quanto allo spirito, Madre di tutte le sue membra»4.

Ricordo che, dopo queste illuminazioni – se così possiamo chiamarle –, per l’amore che Ella ci aveva dimostrato e per l’amore accresciuto nel nostro cuore verso di Lei, successe a noi quello che aveva detto, ancor bambina, santa Teresa di Lisieux: «Ho capito (...) che ero sua figlia e perciò non potevo darle altro nome se non quello di “Mamma”»5.

Abbiamo avvertito – in maniera che non si potrà più dimenticare – come Maria fosse la madre nostra. Anzi, questa convinzione, lì lì fiorita, è stata così forte da farci sentire Maria «più madre delle nostre madri»6.

Fonte di ispirazioni

Maria è stata un pozzo di ispirazioni nella nostra vita, che qui non posso che elencare. Come quando, intuendo il significato del nome che le si attribuisce: Madre del bell’Amore, si è capito che era nei suoi desideri partecipare pure a noi qualcosa della sua maternità di amore. O come quando ci è venuto in rilievo il suo essere ancella di Dio, minima creatura di fronte a Lui, raccolta, adorante. O come quando ci è parso di comprendere meglio come Ella, istruita dal Figlio, amasse il Padre. Come fosse veramente la Figlia per eccellenza, “la figlia prediletta del Padre”, così la chiama il Concilio7: straordinariamente bella, la Donna d’amore, come ci veniva da definirla.

Nostro modello

È stata poi chiara per noi l’esemplarità di Maria, la sua tipicità: Ella rappresentava per noi il modello, il “dover essere”, mentre vedevamo ciascuno di noi come un “poter essere” Maria.

Ognuno di noi si vedeva perciò nella possibilità di divenire una piccola Maria, simile a Lei, come una figlia che ha unicamente i lineamenti di sua madre. Convinzione confermata in un episodio singolare.

Un giorno, anni dopo, sospinta, penso, dallo Spirito, sono entrata in una chiesa e, col cuore colmo di confidenza, ho chiesto a Gesù perché mai lui, che è rimasto sulla terra, su tutti i punti della terra nella dolcissima Eucaristia, non ha trovato un modo per lasciarvi anche sua madre, per noi bisognosi d’aiuto nel viaggio della vita.

E dal tabernacolo, nel silenzio, sembrava mi rispondesse: «Non l’ho lasciata perché la voglio rivedere in te (in voi). Anche se non siete immacolati, il mio amore vi purificherà, vi verginizzerà e voi aprirete braccia e cuori di madri all’umanità che, come allora, ha sete del suo Dio e della madre di lui. Ora tocca a voi lenire i dolori, chiudere le piaghe, asciugare le lacrime. Cantate le litanie e cercate di rispecchiarvi in esse».

Ricordo ancora d’aver chiesto a Maria, un giorno, di farsi una famiglia in terra di figli e figlie tutti Lei, con la sua stessa fisionomia spirituale. E chissà se, per quella preghiera, forse da Lei stessa suggeritaci, non abbia guardato a noi, nonostante la nostra assoluta indegnità.

Lo direbbe il nostro Statuto, approvato dalla Chiesa nel 1990. Esso afferma che l’Opera di Maria «desidera essere – per quanto è possibile – una sua presenza sulla terra e quasi una sua continuazione» (Art. 2).

La «Via Mariae»

Maria è il tipo e la forma della Chiesa, ed è perciò evidente che in tale sublime creatura possono trovare il proprio modello tutti i cristiani. Così è stato anche di noi. Abbiamo scoperto, infatti, in Maria, la nostra forma, il modello della nostra via di perfezione.

E i diversi momenti della sua vita, presentati dal Vangelo, pur essendo straordinari, ci sono apparsi come tappe successive a cui l’anima nostra poteva guardare nelle diverse età della vita dello spirito, per averne luce e sprone.

E l’illuminazione è stata così forte che abbiamo chiamato la nostra strada: Via Mariae, la Via di Maria.

Eccone alcune tappe, in estrema sintesi e quasi a titoli.

L’annunciazione

Un primo avvenimento della vita di Maria è l’Annunciazione (cf Lc 1, 25 ss), quando il Verbo si incarna nel suo grembo.

Se noi cerchiamo di capire la vita di alcuni santi, vediamo che qualcosa di analogo è avvenuto anche in loro.

Quando si va nella chiesa di san Damiano, in Assisi, dove Chiara visse, a volte la guida, illustrando quel luogo sacro, dice: «Qui Cristo si incarnò nel cuore di Chiara». Benché Chiara d’Assisi vivesse anche prima una fervente vita cristiana, l’incontro con san Francesco, che era la personificazione della parola “povertà” ridetta, attraverso un carisma dello Spirito, al mondo, provocò in lei qualcosa di nuovo: fece sviluppare e crescere Cristo nella sua anima, fino a farla una delle più grandi sante della Chiesa cattolica.

Così, quando qualcuno s’imbatte nel carisma dell’unità e acconsente a farlo suo, avviene pure in lui qualcosa di simile a quanto è successo in Maria e in certi santi: Cristo, nel suo cuore, può veramente nascere e crescere spiritualmente, come per una attualizzazione del battesimo.

La visita ad Elisabetta

Il secondo episodio della vita di Maria è la sua visita a Elisabetta per aiutarla. Ma, appena arrivata sul posto, avendo trovato nella parente un’anima aperta ai misteri di Dio, ha sentito di poterle comunicare il suo grande segreto, e lo ha fatto col Magnificat, narrando, in questo modo, ad Elisabetta la sua straordinaria esperienza (cf Lc 1, 46 ss).

Tutti coloro che conoscono il Movimento e scelgono Dio come l’ideale della propria vita, avvertono che, per tradurre in pratica questa scelta, debbono incominciare ad amare. Ed amano. Ma l’amore è luce. Ed essi, comprendendo qualcosa dell’azione di Dio presente in loro, colgono, per la prima volta, il filo d’oro del suo amore nella loro vita. E raccontano volentieri ai fratelli quanto hanno capito. È la loro esperienza.

La nascita di Gesù

Il terzo avvenimento della vita di Maria è la nascita di Gesù (cf Lc 2, 7; Mt 1, 25).

Nel Movimento si ama e si è amati perché tutti vogliono amare.

Ma questo vicendevole amore frutta la presenza di Gesù tra gli uomini, ed è – come ho già accennato – un “generare Cristo” a imitazione di Maria.

La presentazione al tempio

Maria presenta il Figlio al tempio e incontra il vecchio Simeone. È un momento di gioia per Lei, perché quell’uomo giusto e pio conferma che il bambino è Figlio di Dio. Ma è pure un dolore perché Simeone le dice: «E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2, 35).

Anche chi vuol vivere la spiritualità del Movimento passa un momento simile.

È quando viene a sapere che, per poter camminare per questa strada, è necessario un “sì” alla croce. È l’annuncio del mistero di Gesù crocifisso e abbandonato come essenziale alla vita d’unità.

Dopo le parole a Lei rivolte da Simeone, Maria sperimenta ben presto il patire, nella fuga in Egitto (cf Mt 2, 13 ss), subendo così quella persecuzione che si macchiò del sangue di tanti innocenti.

Proporzioni fatte, è ciò che succede a quanti seguono la Via Mariae. L’ideale che essi vivono e presentano al mondo è in antitesi con esso. Non c’è da meravigliarsi allora che, quando cominciano a diffonderlo, venga attaccato dalle prime critiche. Occorre in quei momenti reagire, amando in queste croci Gesù abbandonato, sicché il Risorto continui a splendere nel proprio cuore.

La perdita di Gesù

Gesù, a 12 anni, si ferma a Gerusalemme e parla ai dottori nel Tempio.

Maria, ritrovatolo, gli dice: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2, 48). E Gesù risponde: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49).

Siamo ad una nuova tappa della vita di Maria nel cui stato d’animo ci sembra di riscontrare un’analogia con un tipico periodo che attraversano quelli che sono incamminati su questa strada.

Essi, infatti, magari dopo anni, avvertono con acuta insistenza, un riaffiorare di tentazioni varie, di dolorose aridità che, per effetto del carisma abbracciato, erano da tempo sparite.

Ne soffrono e, rivolgendosi al Signore, dicono: «Perché ti sei allontanato da me?». Allora Egli sembra rispondere: «Non sapevi che tutto il bello ed il buono, che hai sperimentato prima, era mio e che, per sola e pura grazia, l’avevi ricevuto?».

Vengono messe così nelle persone basi di umiltà, necessarie perché Cristo possa vivere e crescere. È, forse, un periodo questo della cosiddetta “notte dei sensi”, di cui parlano i mistici.

Anche per Maria la perdita di Gesù nel tempio aveva costituito, in certo modo, una “notte dei sensi”: non lo vedeva più, non udiva più la sua voce: la sua presenza si era sottratta al suo amore di madre.

Intimità con Gesù

Dopo questa prova, per quanto sappiamo, Maria ha vissuto un lungo periodo di intimità familiare con Gesù.

Parallelamente, quanti accettano umilmente e superano le precedenti prove, trovano spesso una unione con Gesù nuova e più profonda.

E questo periodo, nel quale tuttavia non mancano le croci, può durare a lungo.

La sequela

Poi Gesù esce a vita pubblica. E Maria lo segue, col cuore e a volte da vicino, nella sua missione.

Tutto ciò ricorda alle persone del Movimento quel tempo della loro vita spirituale nel quale, per l’abitudine acquisita di ascoltare la voce di Gesù nel cuore, l’avvertono come propria e la seguono.

Gesù nella vita pubblica ha pronunciato parole di vita eterna, ha fatto miracoli, ha formato discepoli, ha fondato la Chiesa.

Le persone del Movimento, arrivate a questo punto, assistono anch’esse a fatti analoghi compiuti da Gesù che è in loro, o in mezzo a loro. Pure in esse egli pronuncia parole che hanno il sapore dell’Eterno. Anche attraverso di loro opera, ad esempio, miracoli di conversione; anche la sua presenza in loro sa plasmare discepoli di Cristo e dare origine a nuovi sviluppi del regno di Dio.

La Desolata

Poi per Maria arriva l’ora dell’immolazione: è la Desolata. Ne abbiamo parlato.

Nel Movimento, sofferenze analoghe a queste di Maria non mancano.

Si possono costatare infatti, in qualche suo membro, autentici sintomi della “notte dello spirito”, quando, ad esempio, Dio permette che si passi la terribile prova dell’abbandono da parte sua, o quando fede, speranza e carità sembrano spegnersi.

Maria nel Cenacolo

E dopo la desolazione? Maria rimane al centro del Cenacolo con tutto il suo carisma di maternità verso gli apostoli, accanto a Pietro, che Gesù aveva costituito loro capo.

Maria non “segue” più Gesù: ora, dopo la discesa dello Spirito Santo, è, possiamo dire, trasformata in Lui. E, come altro Cristo, concorre anche Lei, a suo modo, all’espansione della Chiesa.

A questo traguardo, proporzioni fatte, puntano anche coloro che vivono la spiritualità dell’unità e possono arrivarvi. Sarebbe quella tappa che i mistici chiamano l’“unione trasformante”, quando Marta si aggiunge a Maria: una particolarissima attività per il bene della Chiesa si unisce ad una particolarissima contemplazione8.

L’Assunta

E, finalmente, l’ora dell’Assunzione, quando Dio dal Cielo chiama Maria.

Di questa tappa sa qualcosa solo chi l’ha sperimentata.

Santa Chiara d’Assisi prima di morire ha pronunciato questa frase:

«Va’ sicura, anima mia, perché hai buona scorta, nel viaggio. Va’, perché Colui che ti ha creata, ti ha santificata (…), ti ha amata con tenero amore. E tu, Signore – soggiunge – sii benedetto, che mi hai creata»9. Voleva forse dire: perché, avendomi creata, veramente tu hai procurato la tua gloria. E la sua è stata una morte d’amore.

Voglia il Cielo che anche per noi sia almeno un po’ così!

Allora saliremo anche noi a trovare la Mamma nostra, la santa nostra, il modello nostro, Colei che qui sulla terra ci è stata Capo, Regina, Madre.

Questa la Via Mariae, un cammino che ognuno fa, anche in modo diverso dall’altro, secondo la sua corrispondenza e le grazie che Dio liberamente elargisce a chi vuole.

 

Ecco, in tutto quanto ho detto, qualche idea su Maria, in estrema sintesi, così come è vista nella sua Opera: l’Opera di Maria, il rosario vivo che siamo chiamati a comporre.

Rosario vivo, il nostro Movimento, il quale, da quando è comparso sulla terra nel 1943, non ha mai mancato di nutrirsi, di sostenersi, di scandire il proprio cammino con la recita del rosario, con i suoi misteri di gioia, di dolore, di gloria. Ora si sono aggiunti quelli di luce ed è più bella, più piena, più completa la contemplazione di Cristo attraverso gli occhi di Maria.

Grazie, Santo Padre, di quanto ha fatto per questa gloriosa preghiera a Maria.

Ed a te, madre mia, madre nostra, madre di tutti gli uomini e donne del nostro pianeta, lascia che ripeta: «Se qualche volta, intonando il rosario, una colata di Cielo ci circonda e tutto il mondo, per quanto bello sia, si appanna a quell’incanto, che sarà incontrarti, Maria?».

Chiara Lubich

 

1)    Cf PAOLO VI, Discorso alla parrocchia di Santa Maria Consolatrice, Roma, 1 marzo 1964, in:
Insegnamenti di Paolo VI, II/1964, Libreria Editrice Vaticana 1965, p. 1073.

2)    Lumen Gentium 65.

3)    SANT’EFREM IL SIRO nel suo Inno sulla Natività scrive: «Nel seno di Maria divenne bambino Colui che è uguale al Padre suo dall’eternità: dette a noi la sua grandezza e si prese la nostra piccolezza» (in Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium, 187, p. 180).

4)    PIO XII, Mystici Corporis, 29 giugno 1943, in “Acta Apostolicae Sedis” 35 (1943) pp. 247-248 (nostra traduzione); cf Lumen Gentium 58 e nota 11. Giovanni XXIII afferma che «proprio sul Golgota il redentore (...) sancì, quale testamento supremo, che la Madre sua sarebbe stata anche la Madre di tutti i redenti: “Ecce Mater tua”» (All’udienza generale, 9 settembre 1961, in “L’Osservatore Romano”, 10 settembre 1961).

5)    Cf TERESA DI LISIEUX, Storia di un’anima, Ms A, 56v°-57r°, in Opere Complete, Libreria Editrice Vaticana 1977, p. 166.

6)    GIOVANNI IL GEOMETRA, Discorso sull’Assunzione, n. 66, in A.WENGER, L’assomption de la T. S. Vierge dans la tradition byzantine du V° au X° siècle, Paris 1955, pp. 410-412 (nostra traduzione).

7)    Lumen Gentium 53.

8)    Cf SANTA TERESA D’AVILA, Il Castello interiore, Mansione settima, cap. IV, n.12, in Opere, Roma 1985, p. 961.

9)    Leggenda di santa Chiara Vergine, 46, in Fonti francescane, Padova 1980, p. 2432.