Il motivo più importante per riproporre
con forza la pratica del rosario è il fatto che esso costituisce un mezzo
validissimo per favorire tra i fedeli quell’impegno di contemplazione del
mistero cristiano che ho proposto nella Lettera apostolica Novo millennio
ineunte come vera e propria “pedagogia della santità”: «C’è bisogno di un
cristianesimo che si distingua innanzitutto nell’arte della preghiera» (NMI
32). Mentre nella cultura contemporanea, pur tra tante contraddizioni, affiora
una nuova esigenza di spiritualità, sollecitata anche da influssi di altre
religioni, è più che mai urgente che le nostre comunità cristiane diventino
«autentiche “scuole” di preghiera» (ibid. 33).
Il rosario si pone nella migliore e più
collaudata tradizione della contemplazione cristiana. Sviluppatosi in
Occidente, esso è preghiera tipicamente meditativa e corrisponde, in qualche
modo, alla “preghiera del cuore” o “preghiera di Gesù” germogliata sull’humus
dell’Oriente cristiano. (...)
Il rosario, proprio a partire
dall’esperienza di Maria, è una preghiera spiccatamente contemplativa. Privato
di questa dimensione, ne uscirebbe snaturato, come sottolineava Paolo VI:
«Senza contemplazione, il rosario è corpo senza anima, e la sua recita rischia
di divenire meccanica ripetizione di formule e di contraddire all’ammonimento
di Gesù: “Quando pregate, non siate ciarlieri come i pagani, che credono di
essere esauditi in ragione della loro loquacità” (Mt 6, 7). Per sua
natura la recita del rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio
pensoso, che favoriscano nell’orante la meditazione dei misteri della vita del
Signore, visti attraverso il Cuore di Colei che al Signore fu più vicina, e ne
dischiudano le insondabili ricchezze» (Marialis cultus, 47). (...)
Il contemplare di Maria è innanzitutto
un ricordare. Occorre tuttavia intendere questa parola nel senso biblico della
memoria (zakar), che attualizza le opere compiute da Dio nella storia
della salvezza. La Bibbia è narrazione di eventi salvifici, che hanno il loro
culmine in Cristo stesso. Questi eventi non sono soltanto un ieri; sono
anche l’oggi della salvezza. Questa attualizzazione si realizza in
particolare nella Liturgia: ciò che Dio ha compiuto secoli or sono non riguarda
soltanto i testimoni diretti degli eventi, ma raggiunge con il suo dono di
grazia l’uomo di ogni tempo. Ciò vale, in certo modo, anche di ogni altro
devoto approccio a quegli eventi: “farne memoria”, in atteggiamento di fede e
di amore, significa aprirsi alla grazia che Cristo ci ha ottenuto con i suoi
misteri di vita, morte e risurrezione.
Se la liturgia, azione di Cristo e
della Chiesa, è azione salvifica per eccellenza, il rosario, quale meditazione
su Cristo con Maria, è contemplazione salutare. L’immergersi infatti, di
mistero in mistero, nella vita del Redentore, fa sì che quanto egli ha operato
e la liturgia attualizza venga profondamente assimilato e plasmi l’esistenza.
Giovanni Paolo II
Dalla Lettera apostolica
Rosarium Virginis Mariae, nn. 5, 12, 13.