Perché tutti siano uno

a cura a cura della segreteria

internazionale del movimento gens

 

La trinità sul volto dei fratelli

 

In dicembre, 10 seminaristi delle diocesi di Ponta Grossa e di Toledo, nel Sud del Brasile, assieme a un sacerdote, per invito del vescovo si sono recati a Dourados nel Mato Grosso, per animarvi un ritiro-convivenza con i 32 seminaristi del posto. Ecco, in sintesi, quanto ci hanno scritto della loro avventura.

 

«Prima di iniziare il viaggio di 1.700 km, ci siamo riuniti per tre giorni, per tuffarci insieme nella vita della Parola di Dio e per rafforzare l’unità fra di noi. Durante quei giorni abbiamo meditato e pregato, ma soprattutto abbiamo lavorato per preparare un regalo di Natale per tutti i sacerdoti della nostra diocesi. (…)

«Un giorno, davanti a Gesù eucaristia, abbiamo deciso di vivere i giorni che ci attendevano, sempre “fuori di noi”, senza mai rientrare in noi stessi, in modo da essere continuamente in donazione.

«A quel punto avevamo già sperimentato la provvidenza di Dio. Per trovare un mezzo che potesse trasportare 11 persone ad una tale distanza, ci eravamo rivolti pieni di fiducia al Padre celeste. Qualcuno di noi aveva infatti detto: “Non è possibile che circolino centinaia di pulmini per le vie della città e che non ci sia nessuno che debba servirci per portare avanti il Regno di Dio”. È avvenuto proprio così. Una famiglia che aveva da poco acquistato un nuovo mezzo, ce l’ha messo a disposizione. Era un pulmino così bello che chi ci vedeva con esso diceva: “Questi seminaristi devono essere molto ricchi”. E noi rispondevamo: “No! Noi siamo poveri, ma abbiamo un Padre ricco”.

«Arrivando a Dourados, non sapevamo che cosa sarebbe avvenuto, ma una cosa era chiara: ciascuno di noi non sarebbe vissuto per sé, ma per i fratelli. E così è stato sin dal primo momento: l’amore che pulsava nei nostri cuori, non lasciava che qualcuno ci sfiorasse invano.

«I seminaristi, al momento di accoglierci, si chiedevano chi sarebbe stato il predicatore di questo ritiro-convivenza. Era troppo presto perché si potessero rendere conto che sarebbe stato soprattutto Gesù in mezzo a noi.

«Abbiamo preso le mosse dalla Novo millennio ineunte. E perché tutto ci portasse alla Trinità, abbiamo proposto di dedicare ciascuna delle tre giornate ad una delle tre divine Persone.

«Il primo giorno era incentrato sul Padre, la Fonte dell’Amore. Siccome egli ci ha amati per primi, anche noi, in quel giorno, abbiamo cercato di imitarlo. Qualcuno di noi ha avuto l’occasione di raccontare la sua “storia”: il disegno meraviglioso che il Padre aveva realizzato nella sua vita. Veniva allora in rilievo che Dio ha un sogno per ciascuno dei suoi figli e che, quando noi ci lasciamo guidare da lui, la vita si trasforma in un’avventura divina.

«Il secondo giorno era dedicato al Figlio. Abbiamo parlato di come si attua in concreto il nostro rapporto con lui: per mezzo della vita della Parola, nella comunità nella quale egli si fa presente, nell’Eucaristia e persino là dove sembra che egli sia assente: nel dolore e nell’abbandono. Abbiamo raccontato ai seminaristi tante esperienze su tutto ciò e la presenza di Gesù in mezzo ha toccato molti cuori. Nessuno avrebbe voluto che quel giorno terminasse.

«Nella terza giornata, dedicata allo Spirito Santo, abbiamo messo in luce che Egli è il vincolo d’unità fra il Padre e il Figlio. Egli è la Comunione! Ed è il donatore dei nuovi carismi che abbelliscono la Chiesa. Se nei giorni precedenti la condivisione era avvenuta nei gruppi, questa volta si è protratta per più di un’ora la comunione fra tutti. Lo stile di vita trinitario che cercavamo di vivere coinvolgeva ormai tutti.

«Siamo rimasti molto stupiti nel constatare come Gesù in mezzo a noi ha parlato ad ognuno e proprio di quello che a ciascuno più occorreva. “Il vostro cammino – ha detto un seminarista – ha rimesso in moto il mio che si stava arrestando fra le pietre delle difficoltà”. Ed un altro: “Qui ho incontrato persone ricche di Dio e questo è stato meraviglioso. Persone gioiose e che condividono la vita. Sono riuscito anch’io ad amare per primo e questa è una grande esperienza della mia vita”.

«Per il ritorno, ci attendevano altre due giornate di viaggio. Ma con il cuore pieno di gioia, nulla ci poteva scoraggiare. Veniva spontaneo vivere tutto quel tragitto come un atto di gratitudine verso Dio per quanto Egli aveva operato».

 


 

 

 

Piccoli grandi passi

Vedere ognuno con occhi nuovi

Francia. «Nel mio gruppo in seminario, ormai ci conosciamo bene, con tutti i
vantaggi che ciò comporta ma anche le
difficoltà. Cerco allora di vedere ognuno sempre con occhi nuovi. Stasera, ad
esempio, parlavamo di una proposta
avanzata da uno di noi. Eravamo tutti
concordi, con una sola eccezione. Mi pesava che è sempre lo stesso compagno a
dissentire, ed ero un po’ arrabbiato. Ma poi sono andato da lui, per parlare con calma di questa situazione. Solo che quel compagno non aveva affatto la voglia di farlo. Ne sono rimasto infastidito. Ma ho sentito che
dovevo fare ancora un passo in più, e mi sono interessato delle sue vacanze. Ne è nato un bel dialogo. Dopo quel momento abbiamo fatto le preghiere della notte con tutto il nostro gruppo. C’era una grande pace fra noi. E mi sono ricordato della prima lettura di quel giorno che parlava della morte e risurrezione di Gesù. È
proprio vero – mi dicevo –; solo quando sono pronto a morire a me stesso,
perdonando gli altri, cambiando le mie idee, ecc., trovo la luce, la pace e la vita». (J.G.)

Perché giudicare?

Slovacchia. «Nel nostro seminario, di tanto in tanto si svolgono incontri di persone
handicappate ed io sono uno degli studenti incaricati a seguire la preparazione e lo
svolgimento di quelle giornate. Al mattino, prima delle ore 9.00 quando tutti arrivano, si devono fra l’altro aprire le porte dei bagni che normalmente sono chiuse a chiave. Oggi questo compito è affidato ad un mio
compagno. Verso le 8.30, passando davanti ad una di queste porte, verifico se è aperta. Trovandola ancora chiusa, mi viene da dire: “Se non faccio tutto io, alla fine le cose non vengono fatte”. Ma subito una voce dentro di me mi dice: “Perché giudicare? Tu non sai perché non l’ha fatto e se lo farà
ancora”. Sono andato avanti senza giudicare. Poco dopo, passando davanti alla stessa porta, ho visto che nel frattempo era stata aperta». (J.M.)

Più concretamente

Spagna. «A tavola mi sono trovato a fianco ad un compagno che mi ha sempre trattato con arroganza. Quando ha iniziato a
prendermi in giro per le mie convinzioni, stavo per scattare e sfogare tutta la rabbia che avevo dentro. Dopo un attimo di
riflessione, amando Gesù in lui, con amore, ma anche con grande chiarezza gli ho detto che era solo pieno di pregiudizi e che in fondo non mi conosceva per nulla. Lui è rimasto bloccato e mi ha chiesto subito scusa. Il giorno dopo è venuto in camera mia e mi ha fatto capire che il motivo che lo spingeva ad essere così nei miei confronti, era dovuto al fatto che io non ero mai
passato in camera sua e che egli pensava che ce l’avessi con lui per chissà che cosa.
Qualche giorno dopo è stato nuovamente da me e abbiamo avuto un dialogo molto profondo. Ho scoperto così l’importanza di amare tutti più concretamente». (S.M.)

Prova di coraggio

Brasile. «Quest’anno ci troviamo in una nuova sede. Alcuni giorni fa, dopo che
avevamo fatto pulizia nell’orto, un
seminarista ha voluto bruciare i rifiuti.
Nonostante gli altri si fossero opposti a
questa idea, egli ha appiccato il fuoco
a questo falò che per di più era un po’ umido. Si è alzata una nube di fumo che si è estesa sul nostro quartiere. Ha coperto la casa di uno dei nostri vicini ed ha raggiunto la biancheria appena lavata di un’altra
vicina. Quest’ultima, piena di sdegno, ci ha rimproverato con parole pesanti.

Vedendo quanto era successo, ho sentito fortemente che dovevo annullarmi,
svuotarmi, e fare un atto d’amore andando incontro a quelle persone e chiedere scusa a nome della nostra comunità. L’ho fatto ancor prima che scendesse la notte. Sono venuto così a sapere che quel giorno era
l’unico in cui quella signora aveva potuto lavare le cose, perché lavorava durante tutta la settimana. Mi ha detto pure che aveva dovuto lavare nuovamente tutto. Ho
ricevuto il suo perdono e si è instaurato un dialogo bellissimo. Lo stesso è avvenuto con le altre famiglie dalle quali mi sono recato. Questo è stato il primo contatto con i nostri vicini. Tornando al seminario, ho
trovato i miei compagni riuniti. Mi hanno chiesto dove ero andato. Ho raccontato loro ogni cosa e sono rimasti ammirati del mio
coraggio. Più tardi il rettore è venuto verso di me e mi ha detto: “Sono orgoglioso di te! Questo gesto che hai fatto è un segno di maturità”». (J. N.)

Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani

Costa d’Avorio. «Sin dall’inizio dell’anno avevamo fatto nostra l’iniziativa di questa Settimana. Ne abbiamo quindi parlato col padre spirituale e anche col rappresentante di tutti i seminaristi. Per nostra sorpresa, ne è nato un programma che ha coinvolto
l’intera comunità. Così il Rosario del sabato è stato animato dai diversi gruppi di
spiritualità presenti in seminario, ed è durato un’ora e un quarto, al posto della consueta mezzora. È stato un momento formidabile. Pareva rinnovata questa preghiera mariana. Era come a Cana, quasi la Vergine ci
dicesse: “Fatte quello che Egli vi dirà e si ritroverà l’unità”. E come se lei, col suo silenzio sotto la croce, ci facesse capire che la sofferenza del suo Figlio continua ancor oggi nelle divisioni dei suoi discepoli. Altri momenti forti erano il giovedì con la
proiezione di un videodocumentario, e la chiusura della Settimana con il lancio dei punti della “arte d’amare” e la preghiera finale alla quale sono intervenuti tutti i
gruppi e Movimenti».

Nell’amore, nonostante tutto

Filippine. «Non riuscivamo più a sopportare il programma e le maniere soffocanti del nostro direttore spirituale, tanto che ormai tutti cominciavano a ribellarsi contro di lui. Ricordandoci che anche questo era un volto di Gesù abbandonato, ci siamo accordati di rimanere nell’amore nonostante tutto e di stare uniti a lui anche se questo significava morire a noi stessi molte volte. Dopo alcuni mesi le cose sono iniziate a cambiare. Il direttore spirituale incominciava ad essere più aperto con noi, al punto che ora è un vero amico e il formatore a noi più vicino».

 

 

 

 

Disarmarsi

 

Bisogna riuscire a disarmarsi.

Io questa guerra l’ho fatta. Per anni ed anni.

È stata terribile. Ma ora, sono disarmato.

Non ho più paura di niente, perché “l’amore scaccia la paura”.

Sono disarmato dalla volontà di spuntarla,

di giustificarmi a spese degli altri.

Non sono più all’erta,

gelosamente aggrappato alle mie ricchezze.

Accolgo e condivido.

Non tengo particolarmente alle mie idee, ai miei progetti.

Se me ne vengono proposti altri migliori, li accetto volentieri.

O piuttosto, non migliori, ma buoni.

Lo sapete, ho rinunciato al comparativo...

Ciò che è buono, vero, reale, dovunque sia, è il migliore per me.

Perciò non ho più paura.

Quando non si possiede più niente, non si ha più paura.

«Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» (…)

Ma se ci disarmiamo, se ci spogliamo,

se ci apriamo al Dio-uomo che fa nuove tutte le cose,

allora è lui a cancellare il passato cattivo

e a restituirci un tempo nuovo

dove tutto è possibile.

 

Athenagoras I

Patriarca ecumenico di Costantinopoli dal 1948 al 1972