Anche internet può aiutare a costruire la comunione tra i sacerdoti

 

Preti on-line

di Mario Spaki

 

Forse mai, dopo il Concilio  Vaticano II, un documento pontificio ha toccato così profondamente il problema della comunione nella Chiesa come la “Novo millennio ineunte”. Questa Lettera apostolica interessa tutti e, in maniera speciale, i sacerdoti. Ma come possono essi vivere concretamente in comunione se, data la loro scarsità numerica, sono sovraccarichi di lavoro e in alcune regioni vivono enormemente lontani gli uni dagli altri? Un gruppo di preti brasiliani ha trovato un modo moderno ed originale per mantenere vivi i loro rapporti, superando gli ostacoli delle grandi distanze.

Quando la Novo millennio ineunte ha invitato tutti a mettere a base della vita ecclesiale una spiritrualità di comunione, per noi, che da anni eravamo impegnati a vivere la spiritualità dell’unità, era come gettare benzina sul fuoco.

Da tempo percorrevamo centinaia e centinaia di chilometri per incontrarci tre o quattro volte l’anno per rafforzare la comunione tra noi, alimentarci spiritualmente e condividere le nostre esperienze. Vedevamo che questo ci aiutava molto per camminare insieme nella via della santità e per attuare una pastorale il più possibile al passo coi tempi.

In seguito alla lettera del Papa ci siamo resi conto che trovarsi solo alcune volte l’anno era troppo poco, perché col passare dei mesi la vita di comunione tra noi si allentava ed eravamo facilmente risucchiati dall’attivismo quotidiano. Ma le distanze sono quel che sono e così pure il tempo a disposizione. Cosa fare?

Un’idea originale

Nel gennaio dell’anno scorso – in Brasile i primi due mesi dell’anno cadono in piena estate e quindi sono tempo di vacanze – due di noi siamo andati insieme al mare per una settimana di riposo.

Una sera, camminando lungo la spiaggia, condividevamo quanto avevamo in cuore.

 Ho raccontato l’esperienza fatta nei sei anni passati a Roma, mentre portavo avanti gli studi in una comunità di seminaristi di varie parti del mondo, tutti decisi a vivere una vera esperienza di comunione.

Ricordavo la gioia che sperimentavamo nel condividere i frutti che produceva nella nostra vita la Parola di Dio, mentre ora, immerso nelle attività di una grossa parrocchia cittadina, come avrei potuto mantenere vivo questo stile di vita? Possono bastare incontri solo sporadici durante l’anno?

Il mio collega mi ha ascoltato ed, all’improvviso, ambedue abbiamo avvertito in cuore una risposta: «Ma oggi c’è internet! È quanto ci serve per mantenerci uniti anche quotidianamente». Era stata Chiara Lubich a suggerire l’uso di internet per tenere salda la comunione tra noi sacerdoti, che spesso viviamo così distanti gli uni dagli altri.

Quest’idea ci ha affascinato ed abbiamo pensato di attuarla subito. «Chi comincerà e quando? Noi due e subito!», ci siamo detti.

Tornato a casa, ne ho parlato a due sacerdoti della mia città e la loro adesione è stata immediata.

Poi, assieme a loro due, siamo andati a trovare un giovane parroco che abita da solo in una città poverissima a 100 km da noi per presentare la nostra proposta. Già all’arrivo egli ci ha confidato: «Qui la più grande sfida è la solitudine».

L’abbiamo contagiato con il nostro entusiasmo ed egli si è dato da fare per trovare una connessione ad internet.

Da allora altri sacerdoti si sono aggiunti e, da pochi che eravamo, ormai siamo già in 23 collegati regolarmente attraverso la rete.

Come attuarla

Naturalmente per comunicare vita e non semplici parole, innanzi tutto ci impegnamo tutti a vivere la Parola, poi facciamo dono delle nostre esperienze agli altri. Queste sono inviate al mio indirizzo via e-mail ed io le metto in un certo ordine, aggiungo un testo di spiritualità e poi le mando a tutti. Ve ne racconto qualcuna.

«Ho avuto l’idea questa mattina presto – ci scrive un prete – di mettere 20 fagioli nella tasca sinistra dei pantaloni. Ed ogni volta che ponevo in pratica la Parola, prendevo un fagiolo e lo passavo nell’altra tasca. Dopo pranzo ho raccontato ad un sacerdote amico questa trovata ed anche lui ha voluto contare. Gli ho dato nove fagioli.

A sera ho messo la mano nella tasca sinistra e mi sono accorto che era vuota. Ben 20 volte, dunque, durante la giornata avevo messo in pratica una Parola del Vangelo. Ho provato tanta gioia nel mio cuore come poche volte in passato».

Questa piccola esperienza, che a qualcuno potrebbe sembrare banale, essendo stata vissuta e comunicata, ha provocato una reazione a catena.

«Anch’io ho messo dei fagioli in tasca», ci comunicava via internet un altro sacerdote. Ed un altro ancora: «Ho fatto tre chiamate telefoniche che mi sono valse tre fagioli!». E persino dei parrocchiani, notando la nostra serenità forse non usuale, ce ne hanno chiesto il motivo e si sono aggiunti a noi!

Un’altra esperienza condivisa: «“Misericordia io voglio e non sacrificio”: era la Parola di vita che avevamo scelto da vivere in quel mese. Nell’omelia ho parlato su questo argomento alla comunità ed alla fine abbiamo fatto un patto: durante la settimana ci saremmo sforzati a vedere i valori positivi in ogni prossimo, andando al di là degli eventuali difetti.

Mezz’ora dopo presso un passaggio a livello mi sono trovato davanti una macchina che andava così lenta che quasi si fermava. Dentro di me ho già lanciato un giudizio negativo verso l’autista. Poco dopo lo stesso autista davanti ad un semaforo rosso ha spento il motore e poi non riusciva a riavviarlo. Avevo fretta e mi sentivo ribollire il sangue, ma mi sono ricordato del patto che avevo proposto mezz’ora prima in chiesa ed ho ritrovato la pace, ringraziando Dio per la luce che mi era venuta dalla Parola».

Un’esperienza donata ne genera facilmente un’altra, perché il bene sa contagiare in maniera unica. Infatti un altro ha scritto: «Ieri ho sentito che, per vivere il Vangelo, devo essere più calmo quando guido, che è volontà di Dio rispettare i segnali senza innervosirmi per eventuali ritardi. Ritornando dall’ufficio una macchina davanti a me andava così lenta che il semaforo è diventato rosso. Ho fatto l’esperienza di vivere un minuto di attesa pieno di significato, perché ho avuto tempo per pregare dicendo: per te, Gesù, io sono fermo qui».

Sono fatti all’apparenza piccoli, ma quante volte il nervosismo provocato dal traffico ci toglie la serenità e deteriora, tra l’altro, i nostri rapporti con i parrocchiani! Tutte le situazioni che viviamo possono colorarsi di Vangelo.

I frutti

Le esperienze messe in circolazione tra noi, ravvivano la comunione. Forse nel frattempo non siamo riusciti a trovarci e nemmeno è stato possibile sentirci per telefono, ma l’amore dei fratelli è arrivato fino a me attraverso questo mezzo, dandomi la certezza che Gesù è presente in mezzo a noi anche se siamo distanti.

È successo poi che, da quando facciamo questa comunione fraterna on-line, abbiamo sentito più forte l’esigenza di non perdere gli incontri regolari che facevamo prima.

I sacerdoti giovani, che spesso vivono in posti lontani, non sono così esposti ai pericoli, perché si sentono membri di una famiglia; il loro cuore è sereno, perché la Parola vissuta e comunicata li fa dimorare in Dio; e le nostre comunità parrocchiali scoprono un modo di vivere il Vangelo alla portata di tutti, anche delle persone più semplici e dei bambini. E questo fa crescere la vita di comunione fra tutti in parrocchia.

Qualcuno di noi ha fatto questa riflessione: se pronunciando la Parola di Dio sul pane e sul vino, questi diventano il corpo ed il sangue di Gesù, cosa avviene in noi quando la Parola ci vive, illuminando anche le più piccole azioni? La vita della Parola non solo ci mantiene in piedi, ma pian piano ci fa diventare altri Gesù. Non c’è da meravigliarsi quindi se in una conferenza, all’improvviso, qualcuno in mezzo all’assemblea si alza e ti ringrazia dicendo: «Nessuno mai ci aveva parlato così!».

Qui in Brasile c’è la convinzione che sacerdoti anziani e giovani non riescono a stare insieme nella stessa casa. Per alcuni di noi che abitiamo insieme è avvenuto il contrario: non solo andiamo d’accordo, ma il cuore esulta di gioia per la presenza di Gesù fra noi. Per dire la verità, non ci siamo nemmeno accorti della differenza d’età, perché quando c’è un’armoniosa intesa, il più giovane gode della sapienza dell’anziano e questi con la nuova generazione si sente ringiovanire!

Questo stile di vita, basato sulla comunione fraterna, sta penetrando anche nei seminaristi.

Nel dicembre scorso siamo stati invitati dal vescovo di Dourados nello Stato del Mato Grosso do Sul, a predicare gli esercizi spirituali ai suoi 32 seminaristi1.

Poi, nel gennaio appena trascorso, ci siamo lanciati in un campeggio nella spiaggia. Avevamo chiesto a Gesù che venissero 50 seminaristi. Ne sono venuti 52 e tra questi sette di Dourados, che fra andata e ritorno hanno fatto ben 2.500 km. Inoltre abbiamo ricevuto la visita di più di 10 sacerdoti. L’incontro è andato così bene che all’ultimo giorno abbiamo chiesto se fosse il caso di ripeterlo l’anno prossimo. Tutti immediatamente hanno detto di sì, persino l’autista del pullman, che nei pochi contatti con noi aveva colto qualcosa.

Eravamo partiti da internet come strumento moderno di comunione tra sacerdoti e siamo finiti con un’esperienza di vacanze-comunione tra seminaristi. Questo non sarebbe stato possibile se la nostra testimonianza di persone unite e gioiose non li avesse attirati. Abbiamo scoperto che possiamo dare anche noi un piccolo contributo per fare della Chiesa una casa e una scuola di comunione.

Mario Spaki

 

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1)    Cf notizia riportata a p. 61 di questo numero.