Un aspetto della spiritualità dell’unità: i media a servizio della famiglia umana

 

L’amore che unisce

di Chiara Lubich

 

Con questo argomento Chiara Lubich conclude la trattazione degli aspetti concreti della vita cristiana vissuta a corpo mistico1. Lo fa parlando ad un folto gruppo di vescovi amici del Movimento dei focolari, riuniti a convegno nel febbraio scorso a Castelgandolfo. L’autrice ripercorre la storia di una scoperta affascinante che affonda le sue radici nella vita stessa di Dio. Anche la comunicazione, volendo essere un’espressione dell’amore, viene paragonata ad uno dei sette colori dell’arcobaleno: il violetto.

Introduzione

Signori cardinali, signori vescovi, come loro sanno, in questi ultimi due decenni, il Santo Padre ha lanciato la “nuova evangelizzazione” dando per essa, di tempo in tempo, precise norme.

Nei suoi vari interventi al riguardo, egli ha affermato che i Movimenti ecclesiali sono strumenti suscitati dallo Spirito Santo proprio per questa evangelizzazione nuova.

Uno dei Movimenti presenti nella Chiesa è il nostro: il Movimento dei focolari, chiamato anche Opera di Maria, che svolge tale compito, vivendo ed offrendo una spiritualità evangelica: la spiritualità dell’unità, che poggia su una dozzina di cardini fondamentali2 e si concretizza in sette aspetti, come sta scritto negli Statuti e nei nostri Regolamenti. Questi aspetti, fra noi, prendono nome dai sette colori dell’arcobaleno. Essi sono manifestazioni dell’amore che si vive nel Movimento, come la comunione: l’amore porta alla comunione anche dei beni; l’apostolato: l’amore irradia; l’amore di Dio: l’amore eleva; la sapienza: l’amore illumina; la comunicazione: l’amore unisce, ecc.

In questi ultimi anni abbiamo sentito la necessità di approfondire sia i cardini che gli aspetti.

Unità e mezzi di comunicazione

Quest’anno, in tutto il Movimento, si va in profondità con l’aspetto della comunicazione, intitolato: “Dell’unità e dei mezzi di comunicazione”, chiamato: “violetto”.

Il modello di quest’aspetto è da cogliersi, come per tutti gli altri, nella vita della Santissima Trinità dove la comunicazione è perfetta. Lo possiamo capire da Gesù che, riferendosi al Padre, ha detto: «Tutto ciò che è mio è tuo» (cf Gv 17, 10).

Affrontando questo tema, però, mi sono resa conto di quanto siano già ricchi ed esaurienti al riguardo del “violetto” gli Statuti e il voluminoso libro Come un arcobaleno3 e, per andare a fondo in questo aspetto, non mi è rimasto che analizzare documenti (scritti, discorsi, diari, ecc.) della nostra Opera, usciti durante il corso della sua vita, per cogliere ancora qualche particolare di qualche particolare, quasi una serie di campanelli d’allarme per tenere vivi e presenti in noi piccoli o grandi doveri.

Riporterò qualcosa del “violetto” soffermandomi decennio per decennio.

Negli anni ’50

Iniziamo dagli anni ’50.

Come forse alcuni sanno, il 22 gennaio del 2000, in occasione della cittadinanza romana che mi veniva conferita, il Santo Padre Giovanni Paolo II, in una lunga lettera, mi scriveva fra il resto: «Invoco su di lei la forza e la luce dello Spirito Santo, perché possa continuare ad essere testimone (…) di fede e di carità non soltanto tra i membri dei Focolari, ma anche tra tutti coloro che incontra sul suo cammino».

Era una parola nuova, un’indicazione inedita: dovevo, dunque, comunicare la luce del carisma a chiunque incontrassi.

Non vivere per sé

Questo pensiero mi ha subito riportato alla memoria uno scritto del ’51, una pagina rimasta per noi fondamentale. S’intitolava: «Come l’Opera di Maria sta in relazione con le persone che non vi appartengono»4.

Ed esordiva così:

«L’Opera di Maria non vive per sé.

A somiglianza di Maria Santissima, che visse soltanto per Gesù, l’Opera di Maria vive per la Chiesa. Vive, quindi, per quelli che direttamente non vi fanno parte ed, amandoli, trova la sua realizzazione, la sua santità.

Non pensando a sé, dovunque è disunità, freddo, mondo, croce, solitudine, malattia, guerra, liti, ecc. i focolarini portano unità, calore, cielo, compagnia, salute, pace, concordia.

Per cui tutti i campi sono aperti alla sua azione».

«Fra i focolarini e le altre persone, poi [siamo ancora soltanto nel mondo cattolico], si stabilisce – in forza dell’Ideale stesso [della nostra spiritualità] – un rapporto di fraternità; e Gesù, che vive spiritualmente fra i focolarini uniti nel suo nome, potrà vivere anche fra noi e gli altri, consumando tutti in uno.

I focolarini non vogliono portare nessuna innovazione se non quella dell’amore che sanno capace di cambiare la faccia della terra. Né vogliono portare alcuna nuova organizzazione, fuorché quella dell’Opera di Maria, perché nella Chiesa è già tutto organizzato. Ma vogliono contribuire alla vita di tutte le organizzazioni, affinché tutto ciò che si fa nella Chiesa sia fatto nella carità, più profondamente e in modo più continuato, acquistando così nuovo vigore».

Questo scritto esprime un po’ l’anima, il perché del “violetto”, e cioè la tensione a vivere fuori di noi stessi, per gli altri; al dovere di comunicare più al largo possibile il tesoro che possediamo.

Una finalità di questo aspetto

Stando sempre negli anni ’50, un discorso ai responsabili di zona parla del modo di vivere quest’aspetto di comunione all’interno dell’Opera:

«Quello che è dell’uno si comunichi agli altri (…). Si cerchi di fomentare sempre, con collegamenti orali, epistolari, ecc., l’unità fra i membri del Movimento. Per norma non si può conoscere nulla che non venga comunicato, nei debiti modi, naturalmente, perché con questo il Movimento rimane vivo come un corpo, in cui il sangue circola sempre».

La rivista “Città Nuova”

E, sin dagli anni ’50, si parla di “Città Nuova”, come uno strumento di comunicazione. La si vede come portatrice dello spirito nostro e strumento per tenerci tutti uniti. In una mia lettera del marzo ’58 si legge:

«Abbiamo saputo che “Città Nuova” piace a molti, perché parecchi articoli portano l’Ideale [lo spirito dell’unità]. Pensate cosa sarebbe se il giornale si potesse far arrivare a 50, 70, 100 mila persone! Gesù, anche attraverso minuscole esperienze scritte, fiorite dal vivere il Vangelo, potrebbe (pian piano) infiammare del suo amore molti ed aver in esso uno strumento che tiene legati insieme tutti noi».

Leggendo questa lettera viene, ora, da ringraziare Dio per le 29 edizioni di “Città Nuova” nel mondo e per le 70.000 copie solo di quella italiana!

Gli anni ’60

E passiamo agli anni ’60.

L’unità e l’universalità

Piaceva il fatto che l’unità – come osservavamo nella preghiera di Gesù – non si poteva vedere disgiunta dall’universalità: «Che tutti siano uno!».

«Se questo Ideale – si scriveva – fosse venuto in terra al tempo di san Francesco, non si sarebbe potuto realizzare, perché non era stata ancora scoperta l’America.

L’unità, invece sarebbe più possibile ora. Essendo al tempo dell’aereo, della radio, della televisione, cooperando con la Chiesa, si potrebbe perseguirla meglio».

E, sempre a proposito dell’universalità del nostro Ideale, ecco un altro pensiero di quegli anni:

«Il Testamento di Gesù non dice soltanto “che siano uno come io e te”, ma dice “che tutti siano uno”.

I nostri focolari, il nostro Movimento sarebbero un cerchio chiuso se noi non avessimo, con l’unità, l’universalità. Se il timbro dell’universalità non cammina di pari passo con quello dell’unità, la nostra unità è falsa.

Il nostro convento è il mondo. Noi dobbiamo convenire, certo, radunarci (Chiesa viene da assemblea, da adunanza), ma … per adunare tutti».

L’aspetto della comunicazione
e Maria Desolata

Negli anni ’60 è dominante nella nostra mente e nel nostro cuore la realtà di Maria Desolata ai piedi della croce, quando Gesù le affida una nuova maternità, quella di Giovanni in cui tutti gli uomini sono rappresentati: Maria Desolata, che lo Spirito Santo si preoccupava di svelarci e farci amare sotto tanti lati e profondamente: non solo come monumento di tutte le virtù, ma, proprio come madre universale, che tiene insieme, col suo amore, tutti gli uomini suoi figli. Per questo legavamo la figura di Maria Desolata al “violetto”.

In quegli stessi anni si cominciava a parlare anche delle relazioni da stendere periodicamente sull’andamento del Movimento, spedite dalle zone al Centro e viceversa, sempre come uno strumento di quest’aspetto.

Trovo scritto:

«Questo è l’anno delle relazioni.

Maria proprio nella sua desolazione è diventata vincolo d’unità con tutti i suoi figlioli, perché è proprio così (come Desolata) che ha pagato la sua maternità spirituale universale.

Maria e le relazioni. Anche se queste sembrano strumenti burocratici, in realtà sono un modo perché Ella, nella sua Opera [sempre infatti si è pensato il Movimento come Opera sua], possa tenersi in contatto con noi sparsi nel mondo».

Le relazioni e gli Atti degli apostoli

E a proposito ancora di relazioni vi è scritto:

«Le relazioni assomigliano un po’ agli Atti degli apostoli. Passeranno magari cent’anni e si andrà a vedere, nell’archivio, gli atti di noi, primi “apostoli” dell’ideale dell’unità. Per esempio, si vorrà sapere come è nato e si è sviluppato il nostro Movimento in Francia, che cosa ha portato in Algeria, ecc.

Sono documenti di un’Opera di Dio. Diranno come Maria [noi consideriamo Maria come nostro capo, vera presidente] si muoveva, come governava, come regnava in quest’Opera.

Alle volte certe Opere vengono studiate soltanto a base di documenti. I documenti sono un po’ la fotografia di un’Opera e rappresentano la presenza viva di un passato che ha condizionato il presente».

Ed è bello anche l’accenno a san Paolo.

«L’aggiornamento5 – ho trovato scritto – è essenziale come l’apostolato e come tutto il resto.

Sto leggendo gli Atti degli apostoli.

Dovunque Paolo va, semina al largo e sempre lascia un gruppetto di discepoli, che poi si coltiva con altre visite, con lettere, con esortazioni, con lunghe permanenze, col creare fra loro la gerarchia ecclesiastica che continua la sua opera.

Quando ritorna in comunità già costituite, aggiorna i discepoli di tutto quanto il Signore ha operato per mezzo suo e tutti danno gloria a Dio».

Noi camminiamo su questa linea.

La premessa di ogni comunicazione

Significativa per il “violetto” è una pagina del mio Diario sempre degli anni ’60, tempo in cui appare la “norma delle norme”, “premessa di ogni altra regola”, e cioè la necessaria presenza di Gesù fra noi prima di ogni altra cosa.

Vi è scritto: «Gesù fra noi è l’anima anche del “violetto”. Senza di Lui i mezzi sono morti e inutili. (...)

Dovunque c’è Lui, vive la Chiesa nel volto nuovo che il Concilio le ha dato. (…)

Dobbiamo tenerlo presente, averlo in mente e soprattutto nella pratica, come un chiodo fisso, come il primo dovere del focolarino.

Tutto il resto (anche il “violetto”) viene dopo».

Corrispondenza
ed uso dei mezzi anche più moderni

Si parla anche della corrispondenza sottolineandone l’importanza:

«Una delle attività del “violetto” è la corrispondenza.

Siccome la nostra vocazione non è direttamente quella di curare gli ammalati, o gli orfani, o i carcerati, ecc., ma di coltivare e, a volte, convertire le persone, la corrispondenza è un nostro “bisturi” per raggiungere tale scopo».

In un altro Diario si legge:

«Lo Statuto sottolinea che occorrono i mezzi più “efficaci” e “moderni” e dice che ciò si deve alla necessità di portare le nostre idee al “maggior numero di persone bisognose di Dio”.

Dobbiamo, quindi, non rassegnarci, ma puntare, oltre che sulla stampa, anche sulla radio (che ora già usiamo), sulla TV (che cominciamo ad usare), sul cinema, sul teatro. Tutti mezzi, questi ultimi, da affidare per ora a Gesù perché, a suo tempo, li faccia fiorire dandoci le idee e la possibilità tecnica ed economica».

Ed è quello che sentiamo in quest’ultimo tempo: grazie a Dio, sembra che ci si spalanchi la possibilità di fare del cinema.

Si sente anche la necessità di non lasciare infruttuoso tutto quanto si comunica, e si consiglia di rimeditare, un po’ alla volta, tutto quel materiale ricco di sapienza.

Gli anni ’70

E passiamo ora a qualche pensiero degli anni ’70.

L’archivio

Nel maggio del 1970 si ritorna sull’importanza dell’archivio:

«Stiamo sistemando – è scritto nel Diario – l’archivio. Ci sono – a tesoro dell’Opera – documenti importantissimi usciti di anno in anno, e dicono, ad esempio, la graduale e sempre più decisa approvazione della Chiesa.

È una ricchezza inestimabile per noi, per tutti i secoli che verranno.

Leggendo certi dossier hai l’impressione d’un magnifico romanzo: è la storia di un’Opera di Dio».

Di grande importanza è poi quanto ho scritto e detto sulla nostra Regola (= gli Statuti). Ho sperimentato, infatti, che, nello stendere, nei diversi anni, i nostri 12 Statuti, sempre più completi a mano a mano che l’Opera cresceva, si è avuta una grazia speciale sia per come si presentava l’Opera in quel tempo, sia per come si presenterà in futuro, quasi che il carisma contenesse una qualche spinta profetica.

Un esempio di “violetto” vissuto

Un Diario del ’71 descrive come ci si sforza di vivere l’unità nel mio focolare. Lo riporto qui a mo’ d’esempio, perché si veda anche quale può essere il frutto del “violetto” vissuto, dell’esserci ogni giorno comunicato tutto, sì da essere e da divenire sempre più una cosa sola.

«La filadelfia6 nel mio focolare è più che una realtà. È qui che io prendo forza per affrontare le croci di ogni giornata, dopo l’unione personale con Gesù.

Qui l’una si preoccupa dell’altra a seconda del bisogno. Qui si va dalla sapienza, comunicata con spontaneità, ai consigli pratici sulla salute, sul vestito, sulla casa, sul mangiare; ad aiuti continui, quotidiani, con sacrifici che spesso non si contano.

Qui, insomma, sei convinto che non sarai mai giudicato, ma amato, scusato, aiutato. Qui scorre sangue di casa, ma celeste».

Gli anni ’80

E veniamo agli anni ’80.

“Non aprire la diga”

Per quanto riguarda il modo di comunicare la luce del nostro Ideale, è scritto:

«Dobbiamo essere come dei serbatoi, delle dighe, che però non vanno aperte subito. L’acqua deve essere sempre alta. Noi la raccogliamo dalla vita “ideale” che conduciamo, dallo Spirito Santo dentro di noi, dalla liturgia, dalla teologia, dalla Storia Sacra, dal Vangelo… Ma, ripeto, non dobbiamo aprire subito la diga. Abbiamo i nostri momenti che sono, ad esempio, gli incontri, i convegni dell’Opera. Così, se ho una bella idea, o un’intuizione, mi faccio un appunto… e l’acqua sale… E, quando c’è un incontro, verso lì un po’ d’acqua; poi in un altro ancora un po’ d’acqua, e faccio altrettanto nei contatti personali…».

Le letterine

Bello e importante l’accenno alle lettere che circolavano i primi tempi: «Le letterine (così le chiamavamo) sono i più numerosi documenti rimasti dei primi tempi. Si scriveva alle compagne per trascinarle nello stesso ideale, ai genitori, agli altri parenti e si voleva arrivare, attraverso questi, ad altri ed altri. Si scriveva a sposati, a sacerdoti (ed eravamo ragazze), si scriveva a religiosi... E, come il fuoco avvolge tutto quanto incontra, come nulla e nessuno gli è estraneo e tutto addenta con le sue fiamme, così brucia il fuoco spirituale in quelle lettere».

Il Vangelo è sempre alla stessa altezza

Si pensa pure al futuro dell’Opera. Nell’84 scrivevo:

«Gli anni passano e tutti dobbiamo capire che l’ora, arrivata per Pina [una focolarina partita per il Cielo in quel tempo], verrà anche per noi e che dobbiamo prepararci. Anch’io, naturalmente, penso a ciò. Però quando leggo il materiale che abbiamo, o risento le cassette, o rivedo le carte..., penso che mi basterebbe un pezzettino di quanto colgo lì per far sì che Gesù viva in me.

L’archivio, ben usato, fa in modo che dovunque, nel Movimento, tutti sanno come vivere. E quando non ci sarò più, si potrà tornare a risentire tutto quanto è stato detto, e si vedrà che sono idee, sono pensieri tutti dello stesso valore, perché il nostro iter spirituale non è stato una salita, ma siamo penetrati sempre più nel Vangelo, e il Vangelo è sempre alla stessa altezza, è sempre alto, è sempre “Gesù”».

Negli anni ’90

Uso prudente della TV

Nel ’90, vista la presenza in TV di programmi deleteri e assolutamente negativi, si danno direttive sul come comportarsi:

«Occorre avere tutta la prudenza con i mezzi di comunicazione. Anzi, soprattutto noi, focolarini, dobbiamo fare una scelta coraggiosa, radicale che, forse, non tutti comprendono: rinunciare, in certo senso, alla televisione. Si guardi solo il telegiornale, le trasmissioni religiose e sportive o documentari o film apportatori di valori, assicurandosi che non vi sia nulla di negativo».

In seguito a questa mia direttiva, le esperienze dei focolarini sono state molto positive anzi, si può dire, entusiastiche. La “rinuncia” alla televisione ha accresciuto il clima soprannaturale in focolare e l’unità.

Lo Spirito Santo
protettore dei mezzi di comunicazione

In quegli anni vediamo nello Spirito Santo il protettore dei mezzi di comunicazione:

«Lo Spirito Santo il cui compito è quello di unire, deve essere il protettore di ogni mezzo di comunicazione».

Si cerca poi di documentare ciò che è frutto della nostra vita ideale, conservando scritti, giornali, audiovisivi, ecc., per poter consegnare alle future generazioni un patrimonio che le aiuti a proseguire nella nostra rivoluzione d’amore.

Predicare dai tetti

E si capisce che è arrivata l’ora di predicare il nostro Ideale “dai tetti”. «Finora siamo stati un po’ calmi, ma adesso non più; bisogna uscire a vita pubblica, parlare, predicare dai tetti. Perciò usare la parola, ma – si ricorda nuovamente – anche la corrispondenza, la stampa in genere, una maggior diffusione della “Parola di vita”, i libri, la radio, la TV..., ogni mezzo».

«E chiediamoci ogni sera: oggi ho parlato più di ieri? che significa pure scrivere, o parlarne fra noi per tenere alta la temperatura spirituale nei nostri ambienti e nelle nostre manifestazioni ecc. Parlare, parlare agli altri, cercando tutte le occasioni».

Vivere e parlare

Si precisa pure [negli anni ’90 il Santo Padre aveva già dato qualche direttiva sulla “nuova evangelizzazione”] che la nostra evangelizzazione è questa: vivere e parlare.

Dice, infatti, il Santo Padre: «La vocazione della Chiesa all’evangelizzazione significa soprattutto vivere il Vangelo più profondamente. Una tale testimonianza vissuta ogni giorno è un iniziale atto di evangelizzazione. Ma – continua – la testimonianza cristiana attraverso l’esempio personale ha anche bisogno di essere accompagnata dalla proclamazione di Gesù Cristo»8.

Far sì che Dio “torni di moda”

Si comprende il bene che possono fare i mezzi di comunicazione.

Sta scritto: «Dio deve tornare di moda – è un nostro motto –, e lo può fare nelle case e in tutti gli ambienti attraverso la televisione, il teatro, i giornali, i libri, le interviste».

Abbiamo compreso poi la necessità dei mezzi di comunicazione specie per l’esterno (poiché all’interno dell’Opera già si usano), nell’ultimo tempo, da quando autorevolmente ci è stato detto che il nostro Movimento ha bisogno di maggior “visibilità”.

Abbiamo accolto questo suggerimento sulla maggior visibilità pensando alle parole di Gesù: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» (Mt 5, 16).

Il più alto comunicatore:
Gesù crocifisso ed abbandonato

Per concludere, colgo un pensiero da un discorso nuovo, ricco di contenuti, che ho fatto ad un nostro Congresso dei media del giugno 2000: «Gesù abbandonato, fattosi vuoto, nulla infinito, è la Pupilla dell’occhio di Dio sul mondo e quella del mondo su Dio. Egli perciò è stato il più alto, il divino comunicatore: ha legato il Cielo alla terra e la terra al Cielo»9.

È anche Lui, come la S.S. Trinità, il modello per noi che vogliamo vivere pienamente, il “violetto”.

Chiara Lubich

 

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1)    Cf la pubblicazione delle precedenti conversazioni in “Gen’s” 1998/2; 1999/1; 2000/2; 2001/1; 2002/1.

2)    Cf C. LUBICH, La spiritualità collettiva: suoi punti cardine, in “Gen’s” 1996/1 e 1997/2.

3)    Pubblicazione ad uso interno del Movimento dei focolari, Roma 2000.

4)    In tutte queste pagine riporterò brani vari, autentici, spesso orali, ma rimaneggiati per renderli più comprensibili e metterli in un italiano scritto.

5)    Il termine sta ad indicare la comunicazione delle notizie riguardanti la vita del Movimento [n.d.r.].

6)    Cioè l’amore fraterno evangelico [n.d.r.].

7)    Il commento scritto ad una frase del Vangelo che si vive mensilmente nel Movimento [n.d.r.].

8)    GIOVANNI PAOLO II, Ai vescovi del Ghana (in visita “ad limina”), 6.11.1987, in “La Traccia” 8 (1987) pp. 1224-1225.

9)    Cf C. LUBICH, Il Movimento dei focolari e i mezzi di comunicazione sociale, in “Gen’s” 30 (2000) p. 114.