Lavoro scientifico ed ecumenismo della vita

 

Traduzione ecumenica della Bibbia

di Anthony Abela

 

Tornato a Malta dopo aver terminato gli studi, l’autore si è trovato immerso in un mondo fino a quel momento a lui sconosciuto, quello delle Società bibliche. Ormai da anni sta dando il suo contributo ecumenico in un campo delicato e prezioso: la traduzione interconfessionale della Parola di Dio.

Era l’anno 1984 quando l’assemblea della Società biblica maltese mi elesse suo segretario generale. Confesso che all’inizio non sapevo nemmeno cosa comportasse tale ruolo; poi ho avvertito che era qualcosa che mi impegnava molto e, allo stesso tempo, mi attraeva. Infatti, oltre al molto lavoro, offriva anche molte e preziose opportunità, come suggerire un programma di pastorale biblica da portare avanti da soli o con altri, elaborare un programma di pubblicazioni al largo che fossero nello stesso tempo scientificamente e dottrinalmente precise, portare avanti la Società stessa, e soprattutto lavorare con persone di altre Chiese. Quest’ultimo aspetto era completamente nuovo per me.

Nel frattempo insegnavo all’Università come responsabile del Dipartimento biblico e lavoravo in parrocchia.

Dieci anni dopo fui eletto membro del comitato direttivo regionale per l’Europa e il Medio Oriente dell’Alleanza biblica universale (ABU). In questo contesto fui richiesto di entrare a far parte dell’équipe dei consulenti per le traduzioni. Ho chiesto al mio arcivescovo il suo parere, spiegandogli che accettare tale invito significava per me viaggiare parecchio, lavorare non solo per la mia Chiesa ma anche per le altre, perché l’ABU serve tutte le Chiese; naturalmente – pur continuando a lavorare per l’arcidiocesi – avrei avuto meno tempo per la Facoltà teologica, dovendo andare fuori per studiare linguistica, essendo questa una delle condizioni richieste dall’ABU per i consulenti di traduzione.

L’arcivescovo ha riflettuto lungamente e poi ha scritto una bella lettera dicendomi che la Chiesa di Malta era onorata di pormi a servizio delle altre Chiese. Pur conscio della responsabilità che mi affidava, ho sentito una gioia indescrivibile.

Tra i colleghi studenti

Nell’ottobre del 1996 sono partito per l’Inghilterra per seguire un corso di linguistica. Avevo già 49 anni e tornare allo studio di una materia nuova non era facile. Inoltre abitavo in una casa per studenti e questo era veramente un po’ duro per me, perché queste abitazioni sono fatte per ospitare giovani e non uomini di mezza età. Ma sono riuscito ad adattarmi, anzi ho fatto amicizia con molti studenti. Avvicinavo in modo particolare quelli che erano messi un po’ da parte.

L’ambiente che ci ospitava, in genere era ateo o agnostico. La mia vita quotidiana era semplice: studiavo e nello stesso tempo cercavo di aiutare gli studenti di tutte le Chiese e di tutte le religioni, anche quelli senza religione. In poco tempo scoprivano che ero un prete cattolico.

In questo periodo, vivendo lontano dalla mia terra e dai miei colleghi maltesi con i quali avevo intrapreso un cammino di vera comunione fraterna nella spiritualità dell’unità, ho avuto la fortuna di non interrompere questa esperienza, perché mi trovavo ogni quindici giorni con un sacerdote irlandese che lavorava vicino a Londra e condivideva lo stesso ideale di vita. Aiutandoci a vicenda nel vivere la spiritualità di comunione, mi era più facile tornare nel mio ambiente di studio e servire Gesù in ogni prossimo.

Non giudicavo nessuno, ma semplicemente cercavo di amare. Questo facilitava i rapporti fino a farmi dei veri amici che di tanto in tanto ancora oggi mi scrivono.

Al momento opportuno suggerivo ai cristiani di frequentare la propria chiesa la domenica. Ricordo in particolare uno studente etiope ortodosso che si confidava spesso con me, ed ho avuto la possibilità di aiutarlo in tanti modi. Anche una ortodossa greca mi raccontava i suoi problemi e poi mi ringraziava di cuore perché le avevo dato ascolto.

Anche con i membri delle grandi religioni si sono aperte tante occasioni di dialogo. Una buddista della Tailandia una sera mi chiedeva dove andavo e quando le ho detto che andavo in chiesa per pregare, ha voluto sapere cosa significa “pregare”. «Pregare è parlare con Dio», le ho risposto. E lei: «Ma noi non abbiamo un Dio». Sono rimasto un tantino scioccato, perché una dichiarazione come questa non l’avevo mai sentita! Ed è stata l’occasione per parlare dell’esperienza cristiana di Dio come Amore.

Con una indù il discorso è caduto sulla bellezza e la necessità della preghiera quotidiana. E lei ha voluto confidarmi le difficoltà con i suoi zii, che non la lasciavano libera di viaggiare per l’Inghilterra con un gruppo di studenti. Quando le ho detto che in questi viaggi spesso si fanno esperienze negative soprattutto riguardo alla sessualità, lei ha compreso che i suoi le volevano bene e cercavano di salvaguardarla da eventualità sgradevoli.

Tradurre insieme la Parola

Finiti felicemente gli studi linguistici nel 1997, ho iniziato il lavoro di consulente nelle traduzioni. Dovevo preparare i traduttori, seguirli nel loro lavoro e valutarlo soprattutto sotto l’aspetto esegetico. E la valutazione non è sempre facile!

Oggi la traduzione della Bibbia in una determinata lingua non viene fatta, nella misura del possibile, da traduttori isolati, ma da una équipe di persone di diverse Chiese. E ai traduttori viene chiesto di saper lavorare insieme ad altri di diverse Chiese. Ma si impegnano a farla in modo che ogni Chiesa possa approvarla riconoscendola come propria. Naturalmente questo non è tanto facile. È vero che questo metodo lo si usa principalmente nelle traduzioni interconfessionali dove è importante che sia la traduzione che le note possano essere lette da tutti senza paura. Così lo Spirito Santo prepara la strada, affinché le Chiese si amino di più e lavorino insieme in quello che oggi è già possibile.

La spiritualità dell’unità

Sono convinto che questa spiritualità, nata in seno al Movimento dei focolari, è una spiritualità ecumenica, perché è stata per me di grande aiuto non solo nella vita personale e nei contatti con le sorelle ed i fratelli cattolici, ma anche nei contatti con i traduttori protestanti e ortodossi.

Iniziavo sempre  il lavoro chiedendo delle loro famiglie, delle loro Chiese e dei loro pastori, perché cercavo di amare la loro Chiesa e la loro famiglia come fosse la mia. In questo modo è cresciuto il rispetto reciproco e spesso loro si aprivano con me anche su altri problemi.

Una volta con due miei colleghi, una ortodossa e un protestante, siamo andati a visitare il vescovo cattolico di una città dove i cattolici sono una piccola minoranza. Il vescovo ci ha detto che era una gioia per lui veder lavorare insieme come fratelli e sorelle a servizio della Chiesa tre persone di tradizioni diverse.

L’agenzia per cui attualmente lavoro ha per scopo di servire tutte le Chiese, dando loro la possibilità di avere a disposizione la Parola di Dio scritta. E questo sta aprendo le porte a sviluppi prima impensati, anche se c’è ancora molto da fare.

Sono lieto di poter dare in questo modo il mio piccolo contributo nel cammino che le Chiese stanno percorrendo verso l’unità.

 

Anthony Abela