Intervento nella cattedrale riformata di St. Pierre a Ginevra

 

La «riforma delle riforme»

di Chiara Lubich

 

Riportiamo, in apertura di questo numero, l’intervento pronunciato da Chiara Lubich il 27 ottobre scorso durante il solenne culto domenicale che si è svolto nell’antica cattedrale di St. Pierre a Ginevra, centro di irradiazione della Riforma protestante, sin dal 16° secolo. Un discorso che, sullo sfondo dell’attuale momento della storia dell’umanità, ricorda tutta l’urgenza dell’ecumenismo ed invita, con parole ardenti, alla “riforma delle riforme” cui sono chiamati tutti i cristiani.

Carissimi fratelli e sorelle, che Gesù sia in mezzo a noi!

E può esserlo, avendolo promesso Lui stesso: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome – che per alcuni Padri della Chiesa vuol dire uniti nel mio amore –, io sono in mezzo a loro» (cf Mt 18, 20).

E noi siamo più di due o tre...

«Riforma» parola attraente

Il 3 novembre prossimo si celebrerà qui a Ginevra l’anniversario della Riforma, una festa religiosa che auguro ricca dei migliori doni spirituali a tutti i cristiani delle Chiese riformate, miei amatissimi fratelli e sorelle.

In quel giorno risuonerà quindi forte una parola: “riforma”, appunto.

Riforma, espressione che dice desiderio di rinnovamento, cambiamento, rinascita quasi.

Parola speciale, attraente, che significa vita, più vita.

Parola che può suscitare anche una domanda: il sostantivo “riforma”, l’aggettivo “riformata”, valgono unicamente per la Chiesa che ha a Ginevra il suo centro?

O non sono parole applicabili in qualche modo a tutte le Chiese? Anzi non erano forse tipiche della Chiesa da sempre?

Dice il decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano II: «La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno»1.

Continua riforma:
l’apporto dei carismi

E, se osserviamo bene la storia della Chiesa, e in particolare gli anni in cui noi cristiani eravamo ancora uniti, vediamo che Gesù, con lo Spirito Santo, ha sempre pensato, voluto, orientato la sua Sposa verso una continua riforma, sollecitandone un costante rinnovamento.

Per questo ha mandato sulla terra, di tempo in tempo, doni, carismi dello Spirito Santo che hanno suscitato correnti spirituali nuove o nuove Famiglie religiose. E con esse ha riofferto lo spettacolo, in uomini e donne, d’una vita evangelica totalitaria e radicale.

Così è anche nei nostri tempi, cari fratelli e sorelle, per decine e decine di carismi diffusi nelle Chiese, atti a rinnovarle. Di essi, a mo’ d’esempio, vi dirò qualcosa parlandovi di quello chiamato “carisma dell’unità” che ha suscitato il Movimento dei focolari.

Questa realtà ecclesiale, infatti, pur nata in una Chiesa, quella cattolica romana, è formata ora da persone appartenenti a oltre 350 Chiese e Comunità ecclesiali.

I suoi frutti abbondanti, la sua espansione nel mondo in 182 nazioni e la sua consistenza, fatta di 7 milioni di persone circa, di 91 lingue, dicono che fino ad oggi, ringraziando Dio, è andato veramente bene.

Il suo fine è quello di collaborare proprio all’unità fra tutti i cristiani ed alla fraternità universale fra tutti gli uomini e le donne della terra.

Dare il via ad un’era nuova

Non solo. Questo Movimento è di una straordinaria attualità.

E lo possiamo capire analizzando un po’ insieme la presente situazione del nostro pianeta.

Tutti sappiamo che recentemente a Johannesburg c’è stato il summit delle Nazioni Unite (ONU) sullo sviluppo sostenibile definito come “una presa di coscienza”2.

Per esso le terribili cifre sulla povertà, in cui versa una grande parte dell’umanità, sono state davanti agli occhi del mondo. E si è capito che non è più possibile rimanere inerti.

Occorre che impariamo e il mondo impari a vivere tenendo conto del disegno di Dio sull’umanità: siamo tutti sorelle e fratelli, siamo una sola famiglia.

Inoltre oggi è vivo più che mai un pericolo di enorme reale gravità: il terrorismo diffuso.

Non, quindi, soltanto 34 guerre, frutto dell’odio alimentato da motivi i più vari, che tuttora colpiscono e insanguinano decine di nazioni, ma qualcosa di assai più grave, se eminenti personalità vi vedono implicate addirittura “forze del Male” con la M maiuscola. Per cui pensano che non basti rispondere umanamente per ristabilire l’equilibrio e la giustizia, ma occorra mobilitare forze del Bene con la B maiuscola, forze d’un mondo superiore, forze religiose.

Occorre, come prima cosa, dare il via ad un’era nuova sostenuta da una preghiera comune per la pace e l’unità.

Condivisione e fraternità universale

Ma non basta. Sappiamo infatti qual è il perché più profondo di tanto male. È il risentimento, l’odio compresso, la ruggine, la voglia di vendetta covati da popoli oppressi da tempo, per questa divisione del nostro pianeta in due parti: quella ricca e quella povera e miserabile a volte.

Ciò che manca, quindi, sulla nostra terra è trattarsi da fratelli, è la comunione, la solidarietà, manca la condivisione. I beni vanno suddivisi, ma si sa: essi non si muovono da soli. Occorre muovere i cuori. Occorre quindi vedere sorgere nel mondo una larga fraternità e – dato che il problema è universale – una fraternità universale.

È questa una visione non assolutamente nuova. Testimoni della storia recente, come il Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama e Giovanni Paolo II, l’hanno pensata e fortemente agognata.

Ma è soprattutto Gesù che vuole la fraternità universale se ha pregato così: «Padre, che tutti siano uno» (cf Gv 17, 21).

Egli parlando di unità, parla di fraternità; fraternità che, per noi cristiani, può e deve essere addirittura sul modello della Trinità, alla cui vita noi possiamo partecipare, per il comune battesimo.

L’unità. L’unità, dunque. La fraternità.

La più potente forza del mondo

Unità e fraternità che, per il carisma dell’unità, il Movimento dei focolari è particolarmente impegnato a realizzare.

Esso testimonia e insegna che, per vivere l’unità, occorre partire dall’amore annunciato nel Vangelo, quell’amore radicale tipicamente cristiano. Quell’amore che, se si accoglie con attenzione e diligenza e lo si pratica, può far sperare molto per il momento presente della storia. Anzi: può diventare un’ulteriore espressione, assieme alla preghiera, di quel bene con la B maiuscola invocato.

Non è esso un amore limitato come quello umano, rivolto spesso solo ai parenti ed amici. Si indirizza a tutti: al simpatico e all’antipatico, al bello e al brutto, a quello della mia patria e allo straniero, della mia e di un’altra religione, della mia e di un’altra cultura, amico o nemico che sia.

Un amore, quindi, ad imitazione di quello del Padre celeste, che manda sole e pioggia sui buoni e sui cattivi.

È un amore ancora che spinge ad amare per primi, ad aver sempre l’iniziativa, senza attendere – come sarebbe umano – d’essere amati. Un amore come quello di Gesù il quale, quando eravamo ancora peccatori, e quindi non amanti, ci ha amato, dando la vita per noi.

È un amore che considera l’altro come se stesso, che vede nell’altro un altro se stesso.

Un amore non fatto solo di parole o di sentimento, ma concreto come quello mostratoci da Gesù con la lavanda dei piedi ed i molti miracoli.

E, anche se diretto all’uomo, alla donna, quest’amore ti porta ad amare Gesù stesso nella persona amata. Quel Gesù che ritiene fatto a Sé quanto di bene e di male si fa ai prossimi. Lo ha detto parlando del giudizio universale: «L’hai fatto a me» (cf Mt 25, 40) o «Non l’hai fatto a me» (cf Mt 25, 45).

È un amore finalmente che, vissuto da più persone, diventa reciproco, quel vicendevole amore che è la perla del Vangelo ed ha per misura la vita: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 12-13).

Chi lo pratica nel Movimento dei focolari, ad esempio, ha sperimentato che l’amore è la più potente forza del mondo: scatena, attorno a chi lo vive, la pacifica rivoluzione cristiana, sì da far ripetere ai cristiani d’oggi quello che, secoli fa, dicevano i primi cristiani: «Siamo di ieri e già siamo diffusi in tutto il mondo»3.

Questa rivoluzione cristiana tocca non solo l’ambito spirituale, ma anche quello umano, rinnovandone ogni espressione: culturale, filosofica, politica, economica, educativa, scientifica, ecc.

L’amore! Quanto bisogno d’amore nel mondo! Ed in noi, cristiani!

Se siamo divisi
l’umanità non vede Gesù

Tutti noi insieme delle varie Chiese siamo molto più d’un miliardo. Tanti, dunque, e dovremmo essere ben visibili. Ma siamo così divisi che molti non ci vedono, né vedono Gesù attraverso di noi.

Egli ha detto che il mondo ci avrebbe riconosciuti come suoi e, attraverso noi, avrebbe riconosciuto Lui, dall’amore reciproco, dall’unità: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35).

L’amore reciproco, l’unità doveva essere, dunque, la nostra divisa, il nostro distintivo. E il distintivo della sua Chiesa. Ma la piena comunione visibile non l’abbiamo mantenuta e non c’è ancora. Per cui è nostra convinzione che anche le Chiese in quanto tali debbano amarsi con questo amore. E ci sforziamo di lavorare in questo senso.

Quante volte le Chiese sembrano aver obliato il testamento di Gesù, hanno scandalizzato, con le loro divisioni, il mondo, che dovevano conquistarGli!

Infatti, se diamo uno sguardo alla nostra storia di 2000 anni, ed in particolare a quella del secondo millennio, non possiamo non costatare come essa sia stata spesso un susseguirsi di incomprensioni, di liti, di lotte che hanno spezzato in molti punti la tunica inconsùtile di Cristo, che è la sua Chiesa.

Colpa certamente anche di circostanze storiche, culturali, politiche, geografiche, sociali... Ma pure del venir meno fra noi di quest’elemento unificatore, nostro tipico: l’amore.

Le Chiese: dono l’una per l’altra

È per questo che ora, per poter tentare di rimediare a così tanto male, per attingere nuova forza per ricominciare, dobbiamo porre tutta la nostra fiducia in quest’amore evangelico. Se diffonderemo amore e amore reciproco fra le Chiese, quest’amore le porterà, pur diverse, a divenire ognuna dono alle altre, come auspica Giovanni Paolo II nel suo libro Varcare la soglia della speranza: «Bisogna – scrive – che il genere umano raggiunga l’unità mediante la pluralità, che impari a raccogliersi nell’unica Chiesa, pur nel pluralismo delle forme del pensare e dell’agire, delle culture e delle civiltà»4.

Carissimi fratelli e sorelle, l’abbiamo capito: il tempo presente domanda a ciascuno di noi amore, domanda unità, comunione, solidarietà.

E chiama anche le Chiese a ricomporre l’unità lacerata da secoli.

È questa la riforma delle riforme che il Cielo ci chiede. È il primo e necessario passo verso la fraternità universale con tutti gli uomini e donne del mondo. Il mondo infatti crederà se noi saremo uniti. Lo ha detto Gesù: «Che tutti siano uno (...) affinché il mondo creda» (Gv 17, 21).

Dio questo vuole! Credetemi! E lo ripete e lo grida con le presenti circostanze che permette.

Che Egli ci dia la grazia, se non di veder realizzato tutto ciò, almeno di prepararlo.

Chiara Lubich

1)   Unitatis Redintegratio, 6.

2)   Cf Intervento della Santa Sede all’Assemblea Plenaria del Vertice delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile a Johannesburg il 24.8.-4.9.02 in “L’Osservatore Romano” del 4.9.2002, p. 2.

3)   TERTULLIANO, Apologetico 37, 7.

4)   GIOVANNI PAOLO II, Varcare la soglia della speranza, Mondadori, Milano 1994, p. 167.