Dialogo con persone di convinzioni diverse

Intervista di Leandro Fanlo ad Arnaldo Diana

Arnaldo Diana è stato per molto tempo uno dei responsabili del Movimento dei focolari in Germania e da vari anni è incaricato al Centro del Movimento per il dialogo con persone di convinzioni diverse.

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Oggi tante parrocchie anche nei paesi di tradizione cristiana sono considerate “terra di missione”. Cresce il numero di coloro che non hanno rapporti con la parrocchia e che non credono più alla Chiesa. Da vari anni nel Movimento dei focolari si fanno incontri con persone di cultura non religiosa. Puoi parlarcene?

Infatti noi credenti, in Occidente, siamo diventati una minoranza. Questo fenomeno è la conseguenza di una situazione più generale, in genere chiamata secolarizzazione, dovuta a profondi mutamenti prodottisi  nel mondo occidentale in campo culturale, politico, economico, sociale, e quindi in campo religioso.

La maggioranza delle persone vive – o sembra vivere – come se Dio non ci fosse. D’altra parte, però, le radici della nostra civiltà sono indubbiamente cristiane, ed i valori umani più importanti e necessari nella vita di tutti sono, anche inconsapevolmente, ispirati al cristianesimo. Si tratta quindi di far emergere nelle persone e nella società queste radici e questi valori, sapendo che quanto di buono c’è in esse può essere cristiano.

Fin dall’inizio del Movimento abbiamo avuto rapporti di sincera amicizia con diverse persone di convinzioni non religiose.

Nel 1983, Chiara ha incoraggiato i membri del Movimento ad allacciare rapporti di questo tipo con parenti, amici e colleghi. Nel 1992 abbiamo invitato queste persone ad un convegno tutto per loro; ne sono venute più di mille. Una ventina di questi amici non credenti si offrì per continuare con noi il dialogo iniziato al convegno.

Da quel momento siamo diventati sempre più amici, puntando inizialmente su ciò che ci unisce, creando fra noi una fratellanza tale da poter organizzare con loro, ogni due anni, un convegno più ampio, in cui testimoniamo insieme, con esperienze e relazioni, la crescita del dialogo fra noi. “Dialogo” è per noi tutti l’arte di amare, che voi conoscete. Quest’arte è alla base dei nostri reciproci rapporti, essa sostiene e fa progredire il nostro Centro per il dialogo tra persone di convinzioni diverse.

Voi capite quanto questo sia importante: amare gli altri ed amarsi reciprocamente ci unisce fra noi ed è profondamente cristiano e profondamente umano, perché Dio è amore e perché ogni essere umano ha nel suo DNA l’amore.

Il gruppo iniziale dei più vicini è ora molto più numeroso, e sull’esempio di esso si sono costituiti gruppi analoghi in Europa e Sudamerica. Gli statuti del Movimento, che sono approvati dalla Chiesa cattolica, prevedono per i non credenti la figura di “collaboratori”, oltre a quella di aderenti e simpatizzanti, a seconda del tipo di rapporti più o meno stretti, che questi nostri amici intrattengono con noi.

Rifacendoti all’esperienza fatta in tanti anni nel dialogo con queste persone, quali aspetti sono emersi e quali gli atteggiamenti giusti da avere? Esiste anche una collaborazione sul piano concreto?

Riguardo agli aspetti emersi dalla nostra esperienza, debbo dire anzitutto che essa è stata illuminata e orientata dai messaggi che Chiara ha inviato ai nostri convegni e dalle risposte che lei ha dato alle domande dei nostri amici non credenti. In base a tutto questo, sono emersi i seguenti punti, condivisi e praticati da tutti.

La propria fede o cultura non viene imposta, ma offerta. L’ascolto reciproco arricchisce gli uni e gli altri. Noi rispettiamo nei non credenti la loro libertà, e viceversa.

Li affidiamo alla loro coscienza, che sappiamo orientata ai grandi valori umani e cristiani dell’amore, della solidarietà, della giustizia sociale, dei diritti civili e umani, del rispetto dell’identità dell’altro, della pace e della fratellanza universale.

Affidandoli alla voce della loro coscienza così orientata, noi li rimandiamo all’ascolto di quella che secondo la fede cristiana è la voce di Dio in loro. È quindi Dio che ci lega tutti insieme e ci lascia tutti liberi. La loro appartenenza al Movimento è assolutamente libera. Nei nostri incontri abbiamo bandito il proselitismo perché lo consideriamo una forma di sottile egoismo (“vi amiamo perché diventiate dei nostri”), e non di amore vero, che è disinteressato.

Quanto alla seconda domanda, sì esiste una collaborazione sul piano concreto, sia di singoli che di gruppi. Insieme aiutiamo le varie iniziative della Cittadella Faro1 in Croazia, campi profughi in Slovenia, Croazia, Serbia e Albania, case per anziani, un progetto a favore di 180 bambini di strada in Equador, l’operazione Africa per il Camerun, sosteniamo delle aziende con fini sociali nell’ambito dell’Economia di comunione2 e attività per una politica di servizio ai cittadini.

Già Paolo VI nell’enciclica “Ecclesiam suam” (n.10) apriva al dialogo con le persone di cultura non religiosa. Diceva: «Tutto ciò che è umano ci riguarda». Su quale base si fonda il dialogo con queste persone? C’è un elemento fondante che rende tutti gli esseri umani degni di rispetto, col diritto ad essere amati?

Soprattutto gli ultimi Papi danno grande importanza alla persona umana, senza sacrificare l’aspetto spirituale del cristianesimo.

Chiara, nel suo messaggio al nostro convegno del giugno scorso, ha posto in luce la centralità, per la nostra fede, della figura di Gesù, Uomo-Dio. Se nel dialogo cogli altri credenti noi guardiamo a Gesù come Dio, con i non credenti guardiamo l’uomo Gesù: «È uno di voi – dice loro Chiara – prendetevelo».

Noi notiamo che i nostri amici non credenti hanno una particolare attenzione e sensibilità per le vicende dell’umanità, per la pace, per l’aspetto sociale. E certamente loro stimano in noi la nostra coerente fede in Dio. Chiara, dichiarando agli amici non credenti che senza di loro la nostra Opera non sarebbe completa, perché mancante di chi ci rappresenta così larga parte dell’umanità, ha loro offerto “pieno diritto di cittadinanza nel Movimento”.

Questo fatto è di forte rilevanza ecclesiologica: è la Chiesa che riconosce come parte di se stessa, col vincolo dell’amore, anche le persone non credenti, sull’esempio di Gesù, suo fondatore, che ha agito proprio così.

Qual è il fondamento di questo dialogo? È triplice: la Creazione, l’Incarnazione e la Redenzione. Tutti siamo creati da Dio a sua immagine, quindi siamo suoi figli e fratelli fra noi. Gesù ha assunto l’intera natura umana. Nella crocifissione e nell’abbandono dal Padre Gesù ha incluso ogni essere umano.

Si usa dire che nel dialogo con chi non ha una fede religiosa dobbiamo“fare il vuoto”in noi e  in certo senso “perdere Dio” come Gesù abbandonato.  Cosa si intende con queste espressioni?

 “Fare il vuoto” in noi, “perdere Dio”? Semplifico un po’ la cosa. A noi è richiesto di amare con tutto noi stessi. Di amare cioè a tal punto l’altro, da dimenticare noi stessi. Ma più noi amiamo gli altri e dimentichiamo di pensare a noi, più maturiamo come persone  e come cristiani.

Certamente non possiamo escludere situazioni in cui tale amore incontri difficoltà. Qui il nostro amore cristiano deve orientarsi a quello di Gesù abbandonato, che per amore nostro, per riunirci con Dio e fra noi, si è sentito lontano da Dio, ma non era lontano da Lui, anzi! L’abbandono è per noi la misura dell’amore: Dio ci può chiedere di arrivare sino a quel punto. Ma Gesù abbandonato è tutt’uno con Gesù risorto. Ogni dolore, se trasformato in amore, ci porta ad una ancor maggiore unità con Dio e coi fratelli, come lo è stato per Gesù.

 

Dobbiamo solo amare, ascoltare, o anche parlare? Che cosa loro chiedono al riguardo?

Amare, ascoltare o anche parlare? Certo i parroci debbono anche parlare: hanno ricevuto da Dio una grazia per annunciare la Parola nel modo più efficace possibile.

Noi laici abbiamo una grazia speciale per vivere quella stessa Parola in famiglia, al lavoro, nel vicinato, nella parrocchia. La nostra parola è amare coi fatti.

Un nostro pescatore della riviera romagnola preparava il caffè, cucinava e lavava i piatti per i suoi aiutanti. La barca da pesca appartiene a lui, e lui anziché comandare serviva. Gli altri, anche i non credenti, ne sono stati conquistati, e quella barca è diventata il “gruppo del dialogo galleggiante”. Quel pescatore parla coi fatti.

Anche ascoltare è un parlare coi fatti. A volte costerà un po’ di fatica. Ma come facciamo a capire l’altro, specie se di cultura non religiosa, ad amarlo come lui vuol essere amato, ad aiutarlo nelle difficoltà, a scoprire i suoi valori e i suoi ideali, se prima non lo ascoltiamo profondamente? La parola ci verrà prima o poi richiesta, ma essa cadrà allora su un terreno già preparato dal nostro comportamento.

Non dimentichiamo infine che la parola più efficace, oltre alla nostra testimonianza personale, è quella di Gesù fra noi, di Gesù presente nella comunità.

 Uno dei nostri amici più vicini, che vive in una città del Piemonte, invitato dalla moglie, ha partecipato ad uno dei nostri incontri. È rimasto  colpito  dal fatto che pur dichiarando il suo ateismo, i nostri gli hanno fatto festa, hanno solidarizzato con lui, e da allora lui non ha perso un incontro. Sono passati diversi anni, e lui si comporta sempre meglio in famiglia, nel lavoro, nel sindacato. Dove non era arrivato il singolo, è arrivata la comunità.

Che cosa si aspettano da noi i non credenti? Se li ascoltiamo, lo capiremo. Nella nostra società ognuno è diverso dall’altro, quindi ognuno richiede un amore personale e personalizzato. Molti sono attratti dai valori, altri da attività pratiche con forti idealità sociali, tutti dalla nostra amicizia, dal nostro ascolto.

Teniamo presente che non mancano gli indifferenti a qualunque valore o idealità. Qui occorre, con l’arte di amare, risvegliare in loro questi valori e queste idealità, incoraggiarli a compiere anche loro qualche atto di amicizia, a uscire da se stessi, assecondandoli nei loro interessi, magari per lo sport o per la natura.

Mi permetto quindi di suggerire che, quanto prima cominciamo con questo meraviglioso dialogo, quanto prima cominciamo ad allargare il nostro cuore ai nostri fratelli non credenti, tanto più rafforziamo la Chiesa di Cristo e rendiamo più umana e vivibile la nostra società.

Vorrei concludere con un pensiero che mi sta particolarmente a cuore: amiamo col cuore di Gesù, che ha dato tutto se stesso per noi e per loro, i nostri fratelli non credenti o non praticanti! Come dice la prima lettera a Timoteo3, Dio vuol salvare tutti. Saranno magari persone qualche volta difficili da capire, perché sono di una cultura diversa, ma Dio benedirà abbondantemente ogni nostro passo verso di loro, perché loro sono i prediletti del Figlio suo!

 

1)     È una delle oltre venti cittadelle del Movimento dei Focolari sparse nei vari continenti dove si cerca di sperimentare una società animata dal Vangelo in tutte le sue espressioni.

2)     L’Economia di comunione è il progetto economico del Movimento dei focolari, nato nel 1991. Ispira la gestione di oltre 750 imprese in tutti i Continenti, che s’impegnano a suddividere gli eventuali utili per reinvestimenti, sostegno a persone in stato di necessità e ad iniziative che sviluppino la “cultura del dare”.

3)     1Tm 2, 4.