L’amore fa breccia in un mondo scristianizzato

di Karoly Nagy

Come porsi in dialogo con un mondo estraneo e indifferente in un quartiere della periferia di Budapest, dove al comunismo sono subentrati secolarizzazione e consumismo? Cogliamo una risposta dall’esperienza che ci raccontano don Károly Nagy e alcuni parrocchiani.

Le sfide di ieri e di oggi

Don Károly: Ho conosciuto la spiritualità dell’unità negli anni ’70, quando un gruppo del Movimento dei focolari che la viveva è arrivato in Ungheria. Allora il regime comunista ostacolava con ogni mezzo l’esistenza di qualsiasi comunità ecclesiale, non solo sciogliendo gli ordini religiosi e tutte le associazioni laicali o sacerdotali, ma proibendo ogni forma di convegno pubblico, pena l’incarcerazione. 

In questo periodo particolarmente difficile la vita di comunione del Focolare ci faceva sperimentare la presenza di Gesù fra noi (sacerdoti, laici, uomini e donne di tutte le età), e ci dava un forte sostegno. Eravamo affascinati dalla proposta di Chiara Lubich di vivere nel quotidiano il Vangelo e con le nostre esperienze nutrivamo quanti erano attorno a noi. Così la persecuzione in qualche modo consolidava l’unità dei cristiani convinti e anche le parrocchie, sebbene più povere di membri, erano più unite.

Ora quei tempi tragici sono passati, ma ne sono sopraggiunti altri con altre difficoltà: al comunismo infatti sono subentrate la secolarizzazione, l’individualismo, l’attrattiva allettante del consumismo che stanno sgretolando le comunità ecclesiali ancora esistenti. Ci si trova spesso di fronte ad una popolazione giovane educata all’ateismo, ma assetata di valori autentici.

Porsi in dialogo

Vivere oggi la spiritualità di comunione dei Focolari in tale contesto parrocchiale significa perciò porsi in dialogo con un mondo estraneo, dove solo l’amore scambievole apre brecce in cuori induriti o indifferenti.

È questa la sfida che affrontiamo ogni giorno nella nostra parrocchia di Havanna, alla periferia di Budapest. Sono circa 25.000 le persone che vi sono venute ad abitare da ogni parte dell’Ungheria, come primo approdo alla capitale per poi trasferirsi altrove.

Appena arrivato in questa parrocchia, ben dodici anni fa, un po’ mi sono spaventato al vedere questo ambiente. Arrivavo infatti da una comunità parrocchiale di campagna, dove la vita era molto diversa. Qui invece famiglie povere, anziani soli, disoccupati e senzatetto sono i volti di Gesù sofferente e abbandonato che incontriamo costantemente, ma è proprio l’amore a questo “volto dolente” che ci dà la forza per amare sempre l’altro.

Alcuni anni prima di me è passato un altro sacerdote focolarino e così alcuni in parrocchia già conoscevano qualcosa della spiritualità dell’unità. Con loro abbiamo cominciato a intensificare la vita della Parola di Dio e ben presto si è formato il piccolo gruppo che ha visto fiorire in breve tempo i primi frutti della presenza di Gesù in mezzo.

Il nostro modo di agire

Éva Szöcs Dávidné: Quando, conosciuta la spiritualità del Movimento, abbiamo capito che vivendo l’amore secondo le parole di Gesù potevamo mantenere la presenza di Gesù tra noi, questo è diventato il nostro modo di agire. E abbiamo visto che Lui in mezzo a noi fa miracoli, come 2000 anni fa.

Una volta, dopo la ristrutturazione della casa parrocchiale, era rimasto un mucchio di sabbia nel cortile. Una mamma ha chiesto se poteva portare i suoi bambini a giocare lì. Dopo qualche giorno erano già alcune mamme con i loro bambini e noi potevamo accoglierli, ascoltarli e ben presto è cominciata tra tutti una gara d’amore con piccole attenzioni e aiuto reciproco. Così questo luogo d’incontro è diventato non solo un punto d’arrivo ma spesso e per tanti un punto di partenza verso Gesù. 

Da questo “seme” – da cui è nato dopo due anni un asilo nido – numerose famiglie sono ritornate ai sacramenti, con diverse conversioni e impegno concreto nella vita della comunità.

Amare a fatti

György Simongati: C’è una frase evangelica che cerchiamo di vivere con grande serietà: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15, 5). Vogliamo che Lui sia sempre presente tra noi in ciò che facciamo, nelle decisioni da prendere, nel mantenere la carità reciproca, ma anche sentiamo di doverci rivolgere a Lui insieme perché Lui è la Fonte della vita. Per questo ogni venerdì sera facciamo l’adorazione in Chiesa, portando davanti a Gesù ogni cosa, i progetti e i lavori svolti nella settimana. E da questa offerta comune vengono poi le idee concrete dell’amore ai fratelli: accogliere i poveri nella nostra boutique non solo con gli indumenti ma con the caldo o l’azione “zuppa di patata” nel periodo della quaresima per i poveri. La spiritualità del Focolare ormai da 10 anni nutre il lavoro caritativo della Parrocchia tra gli zingari, tra gli ammalati, tra i senzatetto e nelle varie raccolte organizzate per aiutare sempre quel Gesù che incontriamo nel bisognoso. 

Queste occasioni o le varie feste per gli anziani o per bambini poveri, spesso si trasformano in colloqui profondi, le persone trovano non solo cibo e vestiti, ma un rapporto, e tornano volentieri attratti da quel clima di famiglia che sperimentano.

La cerchia si allarga

Don Károly: Questa solidarietà e tutti i nostri rapporti servono ad annunciare speranza a tanta gente spesso disperata. Constatiamo che le nostre azioni fanno appena muovere le acque e si può iniziare un rapporto, poi vediamo che è Qualcun altro che abita tra noi a portare avanti tutte queste persone. E Lui ci guida a vedere più lontano quel tipo di povertà che ha segnato la nostra storia recente: la mancanza di Dio, e possiamo dire che l’amore concreto e disinteressato apre i cuori al dialogo e alla condivisione. 

Professionisti e artisti non credenti hanno cominciato ad offrire il loro aiuto per le nostre attività ed ora un gruppo amatoriale teatrale periodicamente viene in parrocchia a fare degli spettacoli. Un direttore, anche lui non credente, di una scuola vicina, regolarmente celebra le feste ufficiali in parrocchia e così ragazzi e genitori che altrimenti non entrerebbero in contatto con le realtà di Dio, si avvicinano a noi.

Spinti poi dal desiderio di unità e di dialogo abbiamo cominciato a costruire rapporti con altre comunità presenti nel quartiere. Dai rapporti di preghiera comune per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è nata l’idea di lavorare insieme per i giovani. 

Ora c’è un’azione coordinata da un gruppo di cinque parrocchie interessate che s’incontra ogni mese. Per gli adulti invece abbiamo organizzato un coro composto da membri di varie denominazioni cristiane che canta nelle manifestazioni comuni.

Anche nella nostra comunità ogni giorno è una piccola Pasqua di morte e risurrezione. Tanta fatica, tanto impegno, ma la vita nasce nelle persone che ne fanno parte e attorno a noi e la vediamo con i nostri occhi. 

Un nostro amico che poco tempo fa ha cominciato a vivere questa nuova vita ci scrive: «Ritengo straordinaria questa comunità. Le persone hanno una mentalità tutta nuova non solo nel pensare e nel parlare, ma anche nell’agire. Fanno sempre il primo passo quando da qualche parte c’è bisogno. Spero che come loro sono riusciti a vedere il volto di Cristo sofferente in me, anch’io riuscirò a vederLo in altri e trasmettere la stessa vita a tanti».