Un’esperienza che si è dimostrata valida in vari campi,

anche nei seminari e nella vita sacerdotale

 

Psicologia e fede: una sintesi possibile

di Tania Borges

 

Forse nella psicologia, come in nessun altro campo, è decisiva la visione della vita del terapeuta e la conseguente scala di valori con cui egli motiva i suoi clienti. La presente esperienza, evitando dualismo e fondamentalismo, è una chiara testimonianza in questo senso.

Un amore che risana

Sono psicologa clinica ed esercito la mia professione da quattordici anni.

Nello spazio che considero “sacro” del mio studio professionale accolgo ogni giorno persone che soffrono le conseguenze della mancanza d’amore. Credo, infatti, che il disamore è l’origine di tutte le ferite che si trovano nelle persone. Nella mia pratica clinica, infatti, ho la conferma che la cura e la cicatrizzazione di queste ferite così dolorose avviene soprattutto attraverso la comprensione e l’accettazione incondizionata dell’altro.

Sempre di più constato che la competenza tecnica e scientifica, coniugate con umanità ed amore, sono capaci di realizzare il più grande dei miracoli: il riscatto della vita con il suo valore, la sua bellezza, la sua dignità.

Essere terapeuta per me significa avere il grande privilegio di poter penetrare nell’animo umano e condividere il mistero della sua esistenza; è poter partecipare della scoperta del suo valore personale, del riscatto della sua integrità e individualità, e da parte mia di contribuire a questa crescita.

Accolgo questo privilegio con gioia e gratitudine, cercando di esercitarlo con profonda responsabilità e consapevolezza. Sono convinta che questa è una missione, che esige da me di tenermi immersa nell’amore il più possibile genuino e dinsinteressato.

Trovo il fondamento di questo mio agire nella visione cristiana della vita, sapendo dalla mia fede che  Dio è amore, e per amore ci ha creati a sua immagine e somiglianza. La nostra origine allora, è divina.

Credo che spesso le persone, come conseguenza di situazioni personali molto dolorose, non solo perdono l’equilibrio, ma viene meno anche la loro fede cristiana.

Ho avuto la possibilità di vivere esperienze interessanti, perché quando sono riuscita a far ritrovare loro l’umano, ho visto risplendere di nuovo anche il divino. A volte sento che il lavoro di psicologa è qualcosa di sublime, perché sperimento di essere un piccolo strumento dell’Autore della vita, per aiutare le persone nel riscatto della propria esistenza.

Terapia ed esperienza di vita

Quando condividevo l’esperienza dei giovani del Movimento dei focolari, sin d’allora ero incantata al sentire da Chiara Lubich che il nostro distintivo dovrebbe essere la gioia. Oggi, come psicologa, credo che il mio distintivo deve essere quello della gioia di vivere e della fiducia incondizionata nell’essere umano.

Anche noi psicologi potremmo avere ricevuto ferite nelle nostre vicende personali, ma ho capito che queste non ci devono impedire di aiutare i nostri pazienti. Anzi, possono aiutarci ad accogliere il dolore altrui con una compassione senza limiti. Ho constatato che quanto più comprendo il mio dolore e riesco a trasformare la sofferenza in crescita, più ricca diventa la mia attività professionale.

Essere terapeuta, allora, non diventa soltanto qualcosa di teorico ma un’esperienza di vita. Nei libri e nei corsi fatti, ho appreso tante teorie e tecniche importanti, ma sento che imparo ad essere una vera terapeuta sopratutto nel mio stesso processo terapeutico, nella scoperta del mio valore personale, nel cammino spirituale che mi ha portato ad una convivenza con Gesù presente nella comunità dove c’è l’amore, nei tagli necessari e dolorosi che ho fatto per amare Lui, sino alla misura del suo abbandono sulla croce. Ed imparando ad essere terapeuta con ognuno dei pazienti, con ognuno divento più persona.

Devo dire che credo nella crescita personale e credo nella trasformazione dell’umanità, per questa trasformazione personale. Secondo me, il determinismo non esiste. Ognuno si costruisce la propria storia perché ha in sé una forza interiore che lo fa capace di tanto. Spesse volte la stessa forza interiore che distrugge una persona, può anche essere usata per farla vivere felice.

Esperienza ecclesiale

Già da bambina ho avuto un grande amore per la Chiesa e per l’umanità. Oggi sento una gioia profonda nel percepire come Dio, a poco a poco, sta rivelando il suo disegno sulla mia vita professionale donandomi la possibilità di servire la Chiesa e l’umanità in un modo concreto ed efficace come psicologa. Infatti, da alcuni anni lavoro nella formazione di leaders delle diverse attività pastorali della Chiesa. Adesso, oltre il lavoro nello studio clinico, sono incaricata dalla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile come coordinatrice del gruppo della bioetica nel settore della famiglia. Scrivo  articoli di psicologia per una pubblicazione mensile a livello nazionale; insegno psicologia nel Seminario maggiore di Brasilia e, usando una metodologia teorico-pratica, promuovo dei corsi per religiose, seminaristi e sacerdoti a Brasilia e anche in altre diocesi del mio Paese. È un lavoro che sta dando tanti frutti.

Dopo uno di questi corsi, un partecipante ha così commentato: «Non avevo più la speranza, non sapevo più cosa fare, e in questi giorni ho ritrovato il senso della mia vita. È tornata la luce».

Un altro: «Questi giorni per me hanno segnato l’inizio di una nuova vita». Finito il corso, ha cominciato a fare la terapia e sta percorrendo un ottimo cammino di crescita interiore che gli sta permettendo di condurre un’esistenza serena.

Un seminarista mi ha scritto che la convivenza fra loro è diventata più gioiosa. Il suo rettore mi ha confermato che quest’anno in seminario c’è un clima molto sereno e fraterno: cosa che non succedeva da anni.

Durante l’anno santo, un vescovo mi ha invitato a parlare ai ministri dell’Eucaristia sulle tappe psichiche vissute dal malato terminale. Dopo il mio intervento, al quale sono seguite domande e risposte, molte persone sono venute a trovarmi, non più per farmi domande, ma per condividere le loro esperienze. Tra queste una mi ha detto: «È stato bello sentirti. Mi sono sentita capita. Sembrava che tu fossi con me e con mio marito all’ospedale. Tutto quello che tu hai detto è stato quello che noi abbiamo vissuto».

Una signora si è avvicinata con negli occhi una tristezza profonda e mi ha detto: «Sono venuta per chiederti un abbraccio». L’ho guardata con profondità e l’ho abbracciata, mettendo in quell’abbraccio tutto il mio amore.

Lei mi ha guardato nuovamente: era più serena e mi ha detto: «Tu non puoi immaginare il bene che mi hai fatto con le tue parole e con il tuo abbraccio. Sono venuta a chiederti un abbraccio, perché dall’amore con il quale tu hai parlato, ho capito che tu saresti in grado di capire il mio dolore: oggi si compiono quattro mesi dal giorno dell’assassinio di mio figlio che aveva appena 24 anni».

Dopo due anni sono tornata in quella diocesi per fare un corso sull’affettività. Tra le tante cose che ho detto, ho parlato sulle “polarità” presenti nel nostro essere. Ho concluso dicendo che, in ognuno di noi, c’è contemporaneamente una “strega” ed una persona “speciale”, capace di ogni bontà e bellezza.

Nel primo intervallo alcune persone sono venute a parlare. Tra queste ho riconosciuto la signora dell’abbraccio. Mi disse: «Sono venuta a dirti che tu sei quella persona “speciale”. Quando parli dell’amore, le tue parole penetrano in noi perché lo fai col cuore. Non ho mai dimenticato il tuo abbraccio e nei momenti di nostalgia, di disperazione, di rivolta, quel ricordo mi è stato di sostegno e di conforto».

In un corso sull’auto-conoscenza e sul rapporto interpersonale destinato ad un gruppo eterogeneo – tra loro c’erano pure dei sordomuti –  uno di loro si è così espresso: «Con la tua gioia e tenerezza hai soffiato “sulla mia cenere” e mi hai aiutato a vedere il fuoco sottostante che io credevo fosse spento, che non ci fosse più. Sono felice e pieno di coraggio».

Alla fine sono venuti ad invitarmi per un altro incontro, questa volta solo con loro, con i sordomuti. E anche lì, pur non parlando il loro linguaggio e dovendo comunicare mediante l’interprete, ho constatato che il linguaggio dell’amore è universale, è capito da tutti e crea legami profondi.

Psicologia
e formazione sacerdotale

Tante volte, in questi ultimi mesi, il Papa ha ribadito l’importanza della psicologia nella formazione integrale dei sacerdoti. Ha messo in luce però due aspetti ugualmente importanti nella formazione dello psicologo: la competenza professionale e la spiritualità.

Provo una grande gioia nel dare una risposta affermativa a questo desiderio del Santo Padre. Molti vescovi, quando mi chiamano nelle loro diocesi, motivano il loro invito, mettendo in rilievo giustamente queste due esigenze espresse dal Papa.

Dico con tutta franchezza che mi sento molto felice d’essere una psicologa per tutto quello che ha significato per la mia professione la spiritualità e la vita che ho ricevuto da Chiara, dal suo carisma che mi apre all’umanità e mi porta ad amarla nella sua diversità di culture e di situazioni sociali.

Chiara mi ha insegnato che è possibile la sintesi fra psicologia e fede, fra la psicologia e l’ideale evangelico dell’unità. Psicologia e fede: una sintesi che mi si conferma possibile e reale in questi giorni di congresso. Stiamo sperimentando l’incontro di una scienza a favore della vita e di un carisma di vita, dove ambedue hanno la loro bellezza e la loro ricchezza. Uno non annulla l’altro, non diminuisce il valore dell’altro e non lo sostituisce. I due si completano reciprocamente.

Con questa sintesi l’essere umano si arricchisce e, dalla sua trasformazione interiore, incomincia a sorgere una nuova umanità: quella che rompe con la mediocrità, che non si accontenta di giocare a vivere, ma cerca una vita nella sua pienezza più autentica.


Tania Borges