Prevenire, mantenere, indurre salute

 

Per prevenire, ieri bastava evitare,
oggi occorre attivarsi;
per mantenere, ieri bastava ancorarsi,
oggi occorre migliorare;
per indurre, ieri bastava la speranza
oggi occorre la fede.

La vita alza il tiro
e l’uomo è attonito.

Ieri il malessere psicologico
apparteneva a chi lo soffriva;
oggi “ci” appartiene;

ieri era quasi esclusivamente
limitato al sé nel nucleo familiare
oggi si allarga sempre più
sino ai luoghi di lavoro
e persino agli spazi socializzanti.

Ieri il malessere era più definito,
circoscritto, diagnosticabile,
direi più perseguibile,
oggi è disseminato lungo la vita,
è sotteso alla vita.

Ieri c’erano i “confini”,
oggi c’è la “caduta” dei confini.

Ieri la sfida era scegliere,
oggi la sfida è armonizzare.

Oggi, l’adulto sano,
il dolore lo respira nell’aria:
è un dolore di fondo,
nuovo, sconosciuto ai padri
e ai padri dei padri;
è un dolore latente,
penetrante, invisibile.

È il dolore della turbolenza
che permea la nostra era,
è il dolore della discontinuità,
è il dolore dell’ incertezza,
che permea la nostra era.

Forse, in una parola,
è il dolore della indefinitezza:
di sé e del mondo
e di sé nel mondo.

E sono turbolenze e discontinuità
e incertezze che penetrano
a tutti i livelli,
ammalando l’uomo sano a tutti i livelli. Ma invisibilmente.

Ora la domanda è:
come può l’uomo di oggi
metabolizzare sanamente
elementi da sempre ritenuti ansiogeni,
quali la turbolenza, la discontinuità
e l’incertezza?

Come starci dentro, andando oltre?
Forse… semplificando,
forse… rimettendo a fuoco.
Rimettendo a fuoco “il messaggio”.

Forse estrapolando,
da intricati turbolenti discontinui
e incerti intrecci,
l’essenza, il messaggio
di realtà del nostro tempo:
il mondo è uno,
e aprirsi l’uno all’altro è l’unica via.

Dice Henri Laborit:
«Sarà pernicioso
per la salute dell’uomo
non capire
che tutto è correlato con tutto
e che lui stesso a tutti è correlato».

Ed è così
che anche il benessere
o il malessere
sarà determinato da quanto ciascuno
farà spazio all’altro,
conscio del valore dell’altro,
e del valore dell’altro per sé.

Dice Peter Roche de Coppens:
«Oggi non possiamo più permetterci
il lusso di essere pigri o falsi.
Perché se lo facciamo
ci autodistruggiamo e distruggiamo
il mondo in cui viviamo».

E da Oriente a Occidente
gli studiosi del nostro tempo avvertono:
questa è l’era della imprescindibilità
degli uni con gli altri.
Pena: la morte dell’uomo,
la morte del pianeta.

Ma tutto questo che riguarda
l’oggi per il futuro,
non ricorda una Morte già accaduta?
e un Cielo già squarciato
dal grido dell’Ut omnes?

E non è il raggio
che folgorò Chiara Lubich nel ’43,
e tutta la nostra vita?

E allora come esserci, lì e qui?
E cosa fare per esserci?

Forse ancora convertire noi stessi,
noi stessi
e tutto ciò che sapevamo fin qui.
Imparare a costruire
in occasioni di crescita
ciò che fin qui conoscevamo
come induttori di malattia:
turbolenza, discontinuità, incertezza.

Forse… imparare a convertire:
    la paura… in Lode
    l’inadeguatezza… in sana Levità
    l’indefinitezza… in sobria Libertà.

«Quella che il bruco chiama
fine del mondo
il Maestro chiama Farfalla».

Forse occorre imparare a
    Ringraziare Dio,

E imparare a indurre a questo:
    Spalanca l’Anima,
    Rinvigorisce la mente.

Forse occorre che gli adulti sani
imparino a divertirsi col paradosso:
nuove abilità per il Terzo Millennio?

La prima fra tutte:
smettere di pensare a sé
come unico referente.

E per guarire?
Correlarsi agendo,
correlarsi di più e senza confini.

L’adulto sano si ponga questo obiettivo
come obiettivo di salute:
sé con gli altri…
e per questo si completi: con azioni,
con emozioni, con l’intelligenza.

Al meglio? Ami!
E amare è anche,
come dice il dott. Jampolski,
«lasciare andare le paure»,
anche la paura di sperare,
anche la paura di credere,
anche la paura dell’altro.

Forse occorre elevare la Gioia,
la dignità della Gioia,
la valenza della Gioia nel Bene.

Occorre imparare a indurla,
la Gioia nel Bene,
a riconoscerla, a preferirla all’altra,
cioè a “vederla” tale
da essere preferita alla gioia nera.

Occorre imparare a goderla
e a benedirla … ringraziando Dio:
spalanca l’Anima,
rinvigorisce la mente.

Credo che mai come oggi
Dio possa essere direttamente sotteso
ad ogni passaggio terapeutico,
preventivo o induttivo, della salute
e che mai sia stata
più congruentemente palesabile…
l’identificazione
di… Dio con il Ben-essere dell’uomo;

che mai come oggi
la pochezza della potenza umana,
a tutti tristemente visibile,
induca ad una sana rivisitazione
dei nostri limiti

e che l’affascinante,
progettuale complessità
del nostro tempo
suggerisca di non fermare la fede a sé,
ma di farla fluire ai fratelli
ed elevarla a Dio.

 

Maria Assunta D’Antiochia