Due parroci svizzeri a vita comune

 

Insieme perché tra noi ci sia Gesù

Intervista a Hans Mathis e Josef Kohler

 

Da sempre la Chiesa ha raccomandato la vita comune tra i sacerdoti diocesani. Essa esige un’ascetica impegnativa e forse per questo non è molto praticata. Oggi però sono in atto vari tentativi. Abbiamo chiesto a due sacerdoti svizzeri di raccontarci la loro esperienza al riguardo.

Gli inizi

GEN’S: Potete dirci brevemente chi siete?

Hans: Noi abbiamo conosciuto la spiritualità dell’unità da giovani ed abbiamo frequentato il seminario insieme. Però siamo molto diversi. Josef proviene dalla città di Zurigo, io sono cresciuto in montagna. Egli è creativo e spontaneo, io piuttosto riflessivo e riservato.

Egli in un primo periodo era stato parroco da solo, io sempre insieme con un sacerdote del Movimento e quindi già abituato a programmare possibilmente ogni cosa in unità. Per questo non mi è sempre facile accettare che Josef nella sua creatività arrivi all’ultimo momento con nuove idee, ad es., per la celebrazione della Messa, suscitando anche lamentele da parte della comunità. «Le sue intenzioni – dicono – sono buone, ma è troppo lungo!».

Mi costa anche quando egli a volte arriva in sacrestia appena in tempo. Ogni tanto riesco ad accettare questo in silenzio; altre volte glielo faccio notare, sforzandomi di dirglielo in modo garbato.

Josef: Nonostante la mia spontaneità ho bisogno di tempo per riflettere e per avviarmi. Hans va sempre di corsa, fino a notte fonda. Il suo compito di decano richiede una supplementare presenza pastorale. Salvo le riunioni e i pasti, molto di rado stiamo insieme in forma familiare. Ho l’impressione che spesso venga a mancare l’aspetto della “casa”. Ma è sempre bello quando, dopo una giornata ricca di lavoro, uno di noi prende l’iniziativa e domanda all’altro: «Andiamo un po’ fuori a passeggiare e a recitare insieme il rosario?». È sempre una bella occasione per distenderci, pregare ed anche per raccontarci i frutti della giornata, dando così più spazio a Gesù fra noi.

GEN’S: Come siete arrivati a Glarona?

Hans: Glarona è una località di montagna  situata tra Zurigo e Coira a un’ora circa di macchina da Zurigo. Da cinque anni nelle tre parrocchie di questa valle non c’era alcun parroco. La situazione era difficile e nessun sacerdote voleva andarci. Il vescovo era in difficoltà.

Su suggerimento di Peter Husi – il sacerdote che ci ha aiutato fin da seminaristi a vivere la spiritualità di comunione – e dopo aver non poco pregato e parlato tra di noi, abbiamo proposto al vescovo di assumerci insieme questo compito. Avevamo tutti e due il desiderio di vivere e operare come preti con Gesù in mezzo a noi.

GEN’S: Come si esprime concretamente la vostra vita di comunione?

Josef: Da quattro anni abitiamo e lavoriamo insieme in questa valle. Nostro compito è di comporre le tre parrocchie in una unità pastorale. La cosa è sostenibile, perché le tre comunità parrocchiali contano 2.800 cattolici, sparsi in 17 centri abitati, che richiedono servizi liturgici, e quindi due sacerdoti sono necessari.

All’inizio i nostri parrocchiani non comprendevano che noi vivessimo insieme in una casa piccola invece di abitare ciascuno in una canonica spaziosa. «Ogni parroco deve risiedere nel paese», dicevano. Il vescovo ci è venuto in aiuto. Nel giorno del nostro ingresso, tra il serio e il faceto, ha detto alla popolazione: «Non si tratta di tre parrocchie con due sacerdoti, ma ora ogni parrocchia ha due sacerdoti».

Una delle canoniche, quella di Linthal, l’abbiamo attrezzata come casa per ferie. A tale scopo viene usata anche da sacerdoti dell’Ungheria, dell’Italia, della Germania e di altri Paesi. Un arricchimento per noi e per la popolazione.

Pur avendo suddiviso il lavoro tra noi secondo le nostre diverse competenze, ognuno si sente responsabile anche dell’ambito pastorale dell’altro. Ci teniamo a mantenere vivi il confronto e la comunicazione tra noi. A questo scopo ci aiutano molto i momenti vissuti assieme come la preghiera delle Lodi al mattino, la colazione e il pranzo: sono sempre occasioni preziose per rinnovare l’impegno di essere pronti a dare la vita l’uno per l’altro.

Lavorare insieme

GEN’S: Come si svolgono le vostre attività pastorali?

Josef: Il nostro lavoro va anche oltre le nostre tre parrocchie. In questo abbiamo  sperimentato la fiducia del vescovo nei nostri riguardi. Così, per esempio, dopo quattro mesi egli ha pregato Hans di assumere l’ufficio di decano e circa un anno dopo lo ha nominato canonico non residente del duomo di Coira. Questo ci ha aperto la possibilità di avere molti contatti in tutto il Cantone e pure col governo. Abbiamo sempre l’occasione di far conoscere le nostre esperienze tramite notizie sui giornali, anche oltre i confini del nostro territorio pastorale.

Nei quattro anni ormai trascorsi è un fatto normale che per tutta la vallata si tenga un unico corso per cresimandi. Anche per la preparazione dei ragazzi alla Prima Eucaristia proponiamo momenti sempre più comunitari sia per loro che per i genitori, e per il prossimo anno è prevista un’unica celebrazione eucaristica per tutti insieme.

Nella suddivisione dei nostri compiti teniamo conto delle attitudini di ciascuno: così Hans è a suo agio nelle riunioni comunali e cantonali come in quelle pastorali e diocesane, tipo consiglio presbiterale; io mi occupo volentieri dei giovani e ho una certa facilità nell’instaurare buoni rapporti e nell’organizzare varie attività con loro.

Solidarietà fra le tre parrocchie

Abbiamo già portato avanti due iniziative comunitarie di un certo rilievo nel nostro ambiente. La prima volta, due anni fa, abbiamo fatto un viaggio a Padova e a Venezia. Con cento persone appartenenti a quasi tutti i villaggi della vallata, dall’ottantenne fino al bimbo di pochi anni, abbiamo vissuto insieme quattro giornate.

La seconda volta, lo scorso autunno, siamo andati in quaranta a Montet nella Cittadella dei Focolari.

L’esperienza di stare insieme per quattro giorni, ha avuto per i partecipanti conseguenze positive fino a suscitare una certa comunione di beni. Così, quando nella parrocchia più ricca si è lanciata la proposta di aumentare le tasse a favore delle altre due meno abbienti, l’iniziativa è stata accettata e motivata con queste parole: «Non possiamo abbandonare gli altri!». Ciò è stato possibile grazie ai voti delle persone che avevano partecipato ai viaggi. Là dove di solito l’amore si spegne, qui invece un amore nuovo ha vinto.

GEN’S: Che cosa vi mantiene sempre in cammino e come? Il vostro sforzo di vivere in comunione irradia sulla popolazione?

Hans: Un mese fa è stato ordinato sacerdote un diacono polacco. Egli vive e lavora presso un confratello che fa parte del nostro gruppo più ampio di sacerdoti che cercano di vivere in comunione. Il lunedì successivo all’ordinazione abbiamo festeggiato insieme questo prete novello per dirgli concretamente il nostro affetto.

La settimana seguente ho riflettuto a lungo sulla nostra convivenza e mi sono chiesto a più riprese: «Ma io vivo abbastanza la vita di comunione che ci siamo proposti? Amo veramente l’altro come me stesso? Siamo noi un presbiterio attraente per i più giovani?».

E ogni volta capivo che dovevo fare una nuova conversione all’amore, cominciando con atti semplici e concreti verso il mio primo prossimo, verso Josef, come per esempio offrire una birra da consumare assieme  alla sera o chiedere scusa per qualche manchevolezza. In questo modo la presenza di Gesù tra noi si è ravvivata e ne è nata una luce che si riflette anche sui nostri collaboratori, facilitando i rapporti e rendendo più feconde le attività pastorali.

Evidentemente questa realtà è avvertita pure  dai parrocchiani. Essi percepiscono che questo nuovo spirito di comunione fra gli abitanti della valle, i quali finora non avevano gran che in comune, ha le sue radici nel reciproco amore tra noi sacerdoti.

a cura della redazione