Perché tutti siano uno

 

Notizie dal mondo dei seminari – 39

a cura della segreteria internazionale del movimento gens

 

Dio solo e amare tutti

 

Quanto bene fa un sì detto per sempre! Vivendo in una società in cui dappertutto regna il “forse”, mi rendo conto che un sì totale ha una forza gigantesca». È l’augurio che recentemente è arrivato a due nostri amici in occasione della loro ordinazione diaconale. A formularlo, un sacerdote sulla quarantina d’anni che con queste parole esprime la sua esperienza.

Ci sono, in effetti, svariati modi per rilanciare nel tempo di oggi la vocazione al sacerdozio ministeriale. È senz’altro importante mettere a fuoco l’identità del sacerdote. E non meno necessario è intraprendere utili iniziative di pastorale vocazionale. Ma ciò che forse più urge è far risplendere la vita di chi è incamminato per questa strada, far trasparire che diventare sacerdoti, prima ancora che assumere un particolare compito nella Chiesa, significa lanciarsi in un’avventura che si consuma nella libertà più assoluta: nella scelta di Dio solo.

«Dio come Ideale e amare tutti», è un motto che sta rinnovando la vita di migliaia di seminaristi nei cinque continenti e che conferisce alla loro vita nuova attrattiva. Come è successo a un giovane austriaco. “Una sera, dopo un incontro per gli studenti laici della facoltà di teologia – racconta –, c’era ancora un momento di incontro informale. Sarei voluto andare verso quelli che conosco bene e con i quali si instaura facilmente un rapporto. Ma uno studente veniva verso di me e voleva parlarmi. L’avevo conosciuto di sfuggita e sapevo che era una persona un po’ difficile e che, a causa dei suoi modi di fare, non era preso molto sul serio dagli altri. Mi sono proposto di amare in lui Gesù.

Quello che ho ricevuto di ritorno, è stato stupendo: egli non solo mi ha comunicato la storia sofferta della sua vita, sì da aiutarmi a comprenderlo meglio, ma mi ha confidato pure che stava studiando teologia da laico con il solo pensiero di diventare sacerdote. Ha voluto quindi sapere tante cose del seminario e come io mi ci trovavo. Diceva poi che doveva fare ancora tanti passi e che questa sua scelta doveva maturare, ma ribadiva che era questa la sua meta.

La stessa sera, poco prima, un collega di studio con cui c’è da qualche tempo un rapporto amichevole, mi ha preso da parte e mi ha comunicato che stava pensando anch’egli di entrare in seminario. Mi ha detto che era rimasto colpito dalla mia vita, dalla mia gioia…».

Significativo pure questo episodio vissuto da un giovane in Brasile cui è toccato, ancor da seminarista, tenere corsi di teologia per laici: «Ho visto le montagne, le foreste, i laghi, gli uccelli, le piogge, le cascate; ho visto i fiori, le margherite; ho visto i campi, gli animali    gli ha scritto al termine di un ciclo di lezioni uno studente – ma tu hai visto l’uomo Gesù».

 

 

João Carlos

 

Il 26 dicembre 1993 partì per il Cielo João Carlos Rachor, seminarista della diocesi di Cachoeira do Sul in Brasile. Abbiamo riferito in un’altra occasione del modo straordinario in cui ha vissuto la sua grave malattia (cf Gen’s n. 4-5/1995, pp. 192-194). A dieci anni dal suo “dies natalis” ci sembra bello ricordare l’esperienza che ha fatto quando nel 1991 è venuto per due mesi in Italia, per approfondire la spiritualità dell’unità un soggiorno che doveva durare due mesi, ma poi si è esteso ad un anno. Ne ha parlato nell’aprile di quell’anno ad un gruppo di giovani religiosi.

Pensavo sempre che Dio avesse il primo posto nella mia vita, ma in queste settimane, ho capito, che il mio cuore era ancora occupato di ben altro: lo studio, i libri, le mie cose, i rapporti con gli altri che non sempre erano facili…

Al contatto con la vita del Vangelo vissuto concretamente ogni giorno, lo Spirito Santo mi ha come nuovamente aperto gli occhi. Ho sentito che dovevo abbandonarmi solamente a Dio, credere nel suo amore di Padre e vivere bene il momento presente. Più facevo il vuoto dentro di me, più acquistavo una pace e una gioia che mi spingevano in ogni momento a vivere la volontà di Dio, donandomi interamente al fratello: un vero cambiamento!

Nuova scelta di Dio, dunque, ed amare tutti.

In seminario i formatori mi hanno sempre affidato tante responsabilità, al punto tale che io mi sentivo al centro di tutto, facevo io il mio programma. Di fronte alla scelta di Dio, questa era la prima ricchezza che sentivo di dover perdere. Si capisce che non era tanto facile, ma in seguito avvertivo una nuova luce e una pienezza mai sperimentate prima.

Mettere in comunione tutto, anche la corrispondenza, è stato per me la salvezza. Un giorno ho ricevuto una lettera da un’amica, compagna di studio all’università. L’ho letta e l’ho messa in comune. Alla luce di Gesù fra noi ho capito che camminavo su due binari, un piede di qua e un piede di là. Pensavo che Dio era tutto per me, ma il mio cuore batteva anche per questa ragazza. Davanti all’amore di Dio che avevo appena riscoperto, ho deciso di tagliare questo rapporto, anche se ciò mi costava. La libertà che ho sentito dopo è inspiegabile. Oggi sento che tutti i fratelli mi appartengono.

Intanto, avevo deciso di prolungare la mia sosta in Italia. Il vescovo era d’accordo. Per ulteriore conferma, dovevo soltanto incontrarmi con un mio formatore che, per caso, si trovava pure lui in Italia. Il rapporto con questo assistente negli ultimi anni non era stato del tutto facile, dato che egli non simpatizzava per i Movimenti. Avendo ormai solo Dio nel cuore, preoccupandomi unicamente di amare, mi sono recato da lui. Ed è stato davvero il centuplo! Lui stesso è venuto ad accogliermi alla metropolitana, mi ha chiesto di rimanere tutto il giorno con lui, si è interessato molto della mia vita e delle mie nuove scoperte e alla fine mi ha voluto dare anche una piccola somma di denaro.

Ora possiedo un solo tesoro: Dio; ho un solo programma: amare tutti. E sento che la mia vita adesso è davvero costruita sulla roccia.

 

 

Prima di tutto

«Con occhi veramente chiari»

Venezuela. «Di recente, ho sentito forti disturbi agli occhi che non mi permettevano più di leggere. Accorgermi che stavo
perdendo la vista, ha provocato in me
spavento e smarrimento. Ma poi un pensiero si è fatto strada dentro di me: “Di che cosa hai paura?”. E mi rendevo conto che, ancora una volta, stavo mettendo molte cose pur belle e buone al posto di Dio solo. Era – penso – lo Spirito Santo che stava facendo chiarezza dentro di me. All’istante ho
rinnovato la mia scelta e i frutti sono stati
immediati. Come mai prima ho cominciato a sperimentare in modo nuovo, stabile, forte, una pace e un’unione con Dio che mi
facevano vedere con “occhi veramente
chiari” tutte le quotidiane ed anche
straordinarie vicende della vita, tanto che pure altri ne sono rimasti contagiati. Sentivo che dovevo affidarmi totalmente alla
provvidenza e non temere. Certo, c’erano momenti duri, c’erano paura e dolore, ma tutto aveva un nome: era presenza e dono di Lui. E non ha mancato di manifestarsi la risposta di Dio: ho ricevuto la migliore
assistenza medica possibile ed ho avuto in dono le medicine. Qualcuno ha trovato per me persino un alloggio nelle vicinanze della clinica. Così ho fatto tutte le cure senza
pagare un centesimo. E pensare che quando ero uscito di casa avevo nella borsa solo un ticket per la metro e pochi spiccioli! Pure in seminario ho sperimentato massima
comprensione e pieno sostegno. Tutto ciò mi ha fatto costatare la verità delle parole di Gesù: “Cercate innanzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in sovrappiù”. Oggi il medico mi ha detto la sua gioia per il mio notevole miglioramento: tutti i sintomi di questa nevrite ottica stanno
indietreggiando e non rimarrà lesione
alcuna. Per me tutto questo è stato
un’esperienza rinnovatrice che mi ha fatto crescere nella coscienza di essere “uomo di carne”. Ma è stato anche un’occasione per
ricordare la mia scelta: piuttosto morire che non amare Gesù in croce».
(C.D.Y.)

«Tu non sei un uomo»

Brasile. «Un giorno una giovane che
lavorava in seminario mi ha fatto delle
avances. Le ho detto che non accettavo
proposte del genere, perché avevo scelto la via del sacerdozio e non volevo ridurmi ad un oggetto di piacere per lei. Mi ha risposto che non ero un uomo e che era già uscita con altri e che non c’era stato nessun
problema. Ho ribadito che non mi sembrava affatto giusto. Ho quindi messo in comune questo fatto con i miei compagni di diocesi. Abbiamo deciso di pregare per lei, perché Dio toccasse il suo cuore e perché lei non mi importunasse più. Una settimana dopo, lei ha lasciato il lavoro in seminario. Non sappiamo per quale motivo. In me si è
confermata la convinzione che noi
dobbiamo in ogni circostanza riscegliere Dio e farlo insieme». (C.X.)

Capodanno

Italia. «Quest’anno mi trovo alla Scuola sacerdotale di Loppiano, la cittadella del Movimento dei focolari nelle vicinanze di Firenze. Voglio raccontarvi un’esperienza che ho fatto nella notte di Capodanno al “Salone S. Benedetto” dove si è svolto per tutti i cittadini di Loppiano un programma molto interessante, preparato dalle famiglie. Ho cercato di amare le persone che
incontravo, di donarmi fino in fondo, di fare loro gli auguri più belli. Dieci minuti prima della mezzanotte sono andato a telefonare a casa mia in Polonia. Ha risposto mio padre che quella sera era da solo, mentre due miei fratelli erano usciti per festeggiare con i loro amici, e la mamma e un terzo fratello si
trovavano a Parigi. Era contento, anzi
contentissimo, perché da tempo non ci
eravamo sentiti. Cercavo di essere tutto per lui, pensando che in quel momento egli era “il mio Gesù”. Ne è nato un colloquio così bello che non mi sono nemmeno accorto quando è arrivato il nuovo anno. Per me contava quel momento... Rientrando in sala per fare gli auguri agli altri, ad un certo punto mi sono trovato davanti un ragazzo portatore di handicap, con un sorriso grande. L’ho guardato negli occhi, l’ho abbracciato ed ho instaurato un dialogo con quest’altro “mio Gesù”. Un momento tanto profondo che il tempo pareva si fosse fermato.
Eravamo solo noi: io e lui – Gesù. La festa del Capodanno è continuata poi per me alla mensa, non per mangiare ma per servire. Si erano cercati alcuni volontari per dare una mano nella pulizia e lavare i piatti. Benché avessi già fatto progetti per come festeggiare quella notte, ho subito detto di sì.
Comprendevo che questo era il momento giusto per svuotarmi completamente e
legarmi alla volontà di Dio. È stato per me motivo di gioia costatare che non ero l’unico ad aver scelto il servizio prima del
divertimento. E così questo Capodanno è stato per me straordinario. Quella notte ho iniziato l’anno nuovo con l’anima piena di Dio». (L.M.)

«Ma come fate a studiare così?»

Ungheria. «Avevo vissuto in passato una bella esperienza di studio assieme ad un mio compagno. Ora che si avvicinavano gli esami, desideravo che potessimo ancora
studiare in comune. Ho affidato a Gesù
questo pensiero e sono andato da quel mio amico. Subito mi ha detto che anch’egli aveva avuto la stessa idea. Abbiamo quindi cominciato a studiare ogni giorno per due tre ore insieme, ed abbiamo pure invitato i nostri compagni a condividere con noi
quest’esperienza. In un primo momento siamo rimasti solo in due. La nostra
collaborazione era per noi motivo di gioia e anche i nostri esami sono andati bene. Vedendo ciò, altri si sono uniti a noi,
dapprima quelli che facevano più fatica con gli studi, ma poi pure altri. Così ogni
giorno ci preparavamo insieme, lasciando ovviamente tempo anche per lo studio
personale. Sperimentavamo che quelle ore vissute in comune erano molto utili.
Ascoltare l’altro quando parla su un tema, cercare di capire le cose che non sono chiare per lui, ecc., era un vero esercizio di
comunione fraterna. Non è scomparso con ciò il peso degli esami ma è stato
condiviso, e così questo periodo non ci ha tolto la pace. Quando abbiamo iniziato, ero in dubbio se fossimo riusciti a perseverare fino alla fine in questo metodo. Ma poi non solo l’abbiamo fatto, ma abbiamo vissuto anche tanti momenti di luce. “Non ho mai
sperimentato tanta gioia nello studio come questa volta”, ha detto uno dei miei
compagni. Del resto, gli esami sono andati bene per tutti. Anzi, anche per quelli che, prima con una preparazione solo personale facevano fatica, i risultati sono migliorati. “Ma come fate a studiare cosí?”, ci hanno chiesto gli altri seminaristi. Sono nate, in seguito, pure nel secondo e nel terzo anno iniziative concrete per studiare in qualche modo insieme, un fatto di cui i nostri
formatori sono rimasti molto contenti, al punto da incoraggiarci ad andare avanti in questo modo». (L.B.)