Flash di vita

A Dio attraverso
i fratelli?

Alcune impressioni a caldo di un giovane sacerdote che, durante un incontro del Movimento dei focolari alla Scuola sacerdotale di Loppiano presso Firenze, dopo anni di incertezze vede aprirsi la strada dell’unione con Dio per una via nuova che passa attraverso il fratello.

Scrivo velocemente quello che sta girando nella testa e nel cuore. Sono a Loppiano ad un incontro di sacerdoti e abbiamo già visto cinque dei sei bellissimi “tuffi nella storia”. Si tratta di videoregistrazioni che tratteggiano la storia del Movimento dei focolari.

Sì, sono davvero belli questi “tuffi” e confermano quanto mi è sempre stato insegnato sulla riscoperta delle radici. Sono convinto che per restare fedeli ad un’Opera di Dio sia assolutamente necessario riscoprirne le origini, ripercorrere la storia. Solo così si scorge la presenza dello Spirito che momento per momento ha dettato e condotto ogni cosa.

La dura lotta per uscire
dal mio individualismo

I “tuffi” sono belli ma anche quanto mi sta donando il resto dell’incontro è qualcosa di inesprimibile! Lunedì sono partito per Loppiano pieno di entusiasmo e con la solita trepidazione per la parrocchia. La sosta alla stazione dei treni di Bologna e la ricerca di Paul Isaac (sacerdote pakistano che ha condiviso con me il viaggio e poi la stanza durante l’incontro) mi hanno davvero innervosito. Avrei voluto fare il viaggio tutto solo per pregare, pensare e ascoltare musica a mio piacimento… Invece era già lì ad attendermi uno di quei “fratelli” da amare. Ma uno di quelli che ti mandano all’aria i tuoi piani, come fai ad amarlo?

Alla sera la tensione è andata alle stelle, non c’era Francesco, mio inseparabile compagno di avventura da molti anni. Con lui condividere è molto semplice, è un “fratello” secondo i miei canoni e l’avrei certamente amato, mi sarei fatto “uno” con lui e non avrei avuto difficoltà a dichiarargli la mia volontà di essere pronto a dare la vita per lui. Invece quanti “fratelli” lì ad attendermi, tante persone diverse e non si tratta di diversità interiori, le diversità sono molto chiare e tangibili! E avrei dovuto amarle tutte!?

Sono certo che non potrò farcela e vorrei davvero fuggire. Qui tutti mi vengono incontro, mi salutano, mi chiedono le solite cose: “da dove vieni?”, “sei sacerdote o seminarista?”, “sei parroco?”. Sono le solite domande e io rispondo le solite cose con gentilezza e cortesia ma non col cuore: non ho assolutamente voglia di farmi “uno” con loro; ho già gettato la spugna; non voglio farcela. Eppure i “fratelli” sono lì, preludio di quanto mi sarà proposto come via preferenziale per amare Dio, anzi per essere unito a Dio.

Io desideravo giorni calmi, sereni, senza confusione; desideravo tempo per il riposo e la preghiera e non “fratelli”, “fratelli” e ancora “fratelli”. Non scherzo, voglio davvero andarmene, eppure so bene di essere ad un convegno dell’Opera di Maria e non è neppure la prima volta. Così comincio a sforzarmi e a pensare che quella è solo una tentazione e che poi alla fine mi sarebbe piaciuto moltissimo, mi sforzo di entrare nella certezza che andrà tutto bene, ma è solo uno sforzo intellettuale, perché la mente e il cuore non sono ancora collegati. Basta: è ormai notte ed è meglio andare a dormire sperando tempi migliori.

Lentamente ritrovo
le coordinate evangeliche della vita

Il mattino seguente sono più sereno e parto con Paul per la Scuola sacerdotale. Noi eravamo alloggiati in una casa lontana dieci minuti di macchina dal luogo del convegno.

Dopo il primo “tuffo”, la riscoperta delle origini dell’Opera di Maria, il mio cuore è entrato nella pace, ho cominciato a ritrovare le coordinate del mio essere lì. Il primo “tuffo” ha risvegliato in me l’ideale dell’unità e la riconferma di una spiritualità che ha bisogno del “fratello” per realizzare quel “dove due o tre…” di Gesù. Ecco il perché di tutti quei “fratelli” che il Signore mi ha posto davanti. Non da solo ma nell’unità!

Ascoltiamo la registrazione video di una conversazione di Chiara sull’unione con Dio. Mi si spalancano il cuore e l’anima e vedo tutto chiaro, tutto trova significato in quello che sto vivendo, mi appare davvero tutto evidente. L’unione con Dio, quella che cercavo da sempre!

In un altro video Chiara dice che in questa spiritualità non vi sono esperienze mistiche come estasi, bilocazioni e cose del genere, perché la nostra spiritualità è fatta per il mondo e così il mondo non capirebbe: la nostra unione con Dio, invece, si sente, è vera, si percepisce anche con i sensi dell’anima!

Io, che sono sempre così pieno di cose da fare, che non dico mai di no pur di arraffare migliaia di cose contemporaneamente, nella mia vita sento tanta sete di santità: quante vite di santi mi sono letto e come avrei voluto essere ciascuno di loro!

Pur immerso nell’attivismo ho sempre guardato la vita monastica con grande ammirazione e le esperienze mistiche mi danno i brividi. Quanti libri di mistici ho divorato con avidità, io che corro dalla mattina alla sera. Eppure quell’essere tutti di Dio che così bene esprimono i mistici e i contemplativi, che fascino, che attrazione! Io sempre preso e quasi soffocato dalle attività pastorali, ma così inquieto nella ricerca di Dio e dell’Amore suo totale, ricevo ora una risposta chiarissima.

Per il mio temperamento e per la mia formazione non avrei mai avuto il coraggio di scegliere un monastero, ma forse perché non è solo lì che si vive l’esperienza dell’unione con Dio.

La trilogia

Sento che Chiara parla per me, direttamente al mio cuore, chissà quanti hanno sentito queste meditazioni, ma qui ho la sensazione che quanto lei dice è proprio per me.

Così risuonano con una forza inaudita le tre vie da lei indicate per giungere all’unione con Dio:

– Il fratello
– Gesù abbandonato
– Maria desolata

Ora mi è tutto chiaro. Ecco la grande fatica verso i “fratelli”: tutto mi preparava ad entrare in questa storia di unità che ha proprio il “fratello” come via preferenziale.

Qui si gioca la mia vocazione

Lo sguardo è cambiato, il cuore è tutto per loro, ogni occasione è buona per convivere e per stringere con essi il “patto” dell’amore fraterno. Tutte le occasioni dunque sono favorevoli per scegliere questa via. La cosa più grande però è che il cuore, l’anima e il corpo sono tutti collegati, è tutto unificato anche in me stesso.

Certo, i fratelli sono stati e sono anche la mia croce, sono il mio “Gesù crocifisso”, «ma ora non mi fai più paura, Gesù, anche se solo e abbandonato sulla croce, perché di lì sta passando la nostra unione con il Padre». E “Maria desolata”, pronta a perdere tutto, davvero tutto, per ritrovare Dio e amare Lui solo nell’altro? Che “vie” di grazia!

Già gli anni passati, ascoltando le meditazioni di don Silvano Cola sulla scelta di Dio, percepivo che mi aprivano il cuore e sempre più chiara e luminosa si faceva la strada da percorrere, ma ora sento più forte e deciso l’intento di stare fino in fondo in questa storia, in questo carisma.

Penso al mio parroco che, quand’ero ancora ragazzo, mi ha fatto conoscere quest’Ideale dell’unità portandoci in gita a Loppiano. Quanta fatica con lui negli anni successivi! Ora riesco ad amarlo sinceramente e profondamente: attraverso il suo essere apparentemente un po’ burbero, Dio ha fatto grandi cose. Sento una profonda gratitudine.

Ora percepisco anche l’assenza di Francesco come provvidenziale, perché il “fratello” non è solo lui ma tutti, anche quelli con i quali la lingua rende difficile la comunicazione. L’unità del cuore adesso è fortissima e sperimento che in questa esperienza si delinea sempre più la mia vocazione cristiana.

Nell’Opera di Maria trovo quell’unità con Dio sempre cercata e desiderata. Voglio vivere anch’io immerso nel “seno del Padre” e trovare lì la forza per compiere la sua volontà in ogni attimo presente che mi verrà donato di vivere qui sulla terra e poi in Cielo.

Ho un grande desiderio di unità e di comunione e un grande bisogno di spendermi amando tutti i fratelli, ma restando nello stesso tempo nel “seno del Padre”. Trovo così realizzato quell’anelito alla comunione con i fratelli e all’unione con Dio che fino ad ora era per me possibile solo nella separazione delle due cose, o l’una o l’altra! Qui trovo l’unità sempre desiderata, cercata e attesa e dentro a questo carisma la mia vita può realizzarsi totalmente secondo i piani di Dio.

Andrea Querzè

 

 

Vuoi ascoltare Gesù?
Ascolta il fratello

Non sempre un cambiamento di parrocchia è indolore. Di fronte ad una decisione difficile è bene confrontarsi con il fratello.

Nell’agosto scorso il vescovo mi ha chiamato per affidarmi una nuova parrocchia: una comunità con tanti operatori pastorali, vari gruppi vivi, una bella casa canonica, una parrocchia ben avviata sotto tanti aspetti. Questa proposta, sebbene mi comportasse dei problemi per altri impegni – tre giorni alla settimana sono in seminario come Padre Spirituale – l’avevo accolta volentieri.

Il 19 settembre sono andato dal vescovo per definire questo trasferimento e abbiamo parlato per un bel po’ di tempo. Con mia sorpresa egli mi ha domandato se ero disposto ad andare in una parrocchia diversa da quella prospettata in precedenza, poiché non aveva trovato disponibilità in altri sacerdoti. Quella parrocchia, infatti, è alquanto disagiata: le celebrazioni avvengono in un prefabbricato a causa dell’ultimo terremoto, non c’è casa canonica e da circa un anno e mezzo la comunità è senza parroco. Questi si era trovato in difficoltà col vescovo per una questione pastorale e la comunità ne aveva sofferto.

In quel momento non ho avuto la forza di dare alcuna risposta pur vedendo che il vescovo era molto preoccupato per quella situazione. A sera le sue parole mi riecheggiavano nella mente e, sebbene dicessi a me stesso che volevo fare la volontà di Dio ad ogni costo, mi sembrava proprio che egli mi chiedesse troppo. Numerose domande si affollavano nella mia mente: «Sarò capace di sanare le divisioni che troverò? Dovrò cercare una casa? Potrò dedicare il tempo necessario ai quattromila abitanti di questa città con gli altri impegni da seguire?». Capivo che era bene cercare l’aiuto dei fratelli.

Al mattino per prima cosa ho chiamato al telefono un sacerdote amico, gli ho raccontato quello che era avvenuto e gli ho detto che desideravo capire con la luce di Gesù tra noi quale risposta dare al vescovo. Egli non ha avuto alcuna esitazione: era bene tornare dal vescovo e dirgli che ero pronto ad accogliere questa sua seconda proposta.

Dopo la telefonata, mi tornavano alla memoria le parole di una celebre meditazione di Chiara Lubich: «Ho un solo sposo sulla terra, Gesù crocifisso e abbandonato…». È una logica che va al di là della visione ordinaria degli uomini, perché basata sulla fede, quindi più vera. Così, poche ore dopo, salivo le scale per andare in episcopio, e ho comunicato serenamente la mia adesione.

Tutto ciò era accaduto il sabato. La domenica mattina, mentre andavo a celebrare la messa, ripetevo a me stesso: «Sei Tu, Signore, l’unico mio bene, nessun altro, anche quando dentro di me sento la desolazione». Le circostanze mi chiamavano a non ripiegarmi su me stesso, ma a buttarmi fuori, per  consolare quella persona, dire una parola buona all’altra, accogliere quel bambino.

La pace dentro di me e nella comunità

Dopo la messa, con mia sorpresa, una pace mai provata, una immensa tranquillità d’animo. Sul mio nulla, per l’amore ai fratelli, germinava un’unione con Dio particolare, un vero dono dall’alto. Ho pensato a Maria ai piedi della croce: perdere tutto per avere il Tutto. Avevo accettato il volto del Crocifisso nella situazione della nuova parrocchia ed ora per l’amore a lui e ai fratelli sperimentavo il dono della sua presenza, del suo amore. Veniva da pensare al titolo della parrocchia: Santa Maria del Rovo. Questa comunità è nata, infatti, intorno ad una icona di Maria adagiata su di un rovo: una pianta piena di spine.

Ed è arrivato il 31 ottobre, giorno in cui il vescovo ha presieduto la cerimonia di consegna della parrocchia. Trovandomi in difficoltà nel dover dire due parole, per la situazione alquanto delicata della comunità parrocchiale, ho preferito evitare i soliti ringraziamenti e dare un messaggio di speranza.

Il vangelo del giorno era quello delle beatitudini: si concludeva l’anno del rosario e si celebrava la liturgia della festa di tutti i santi.

Ho parlato del Regno dei Cieli, che tutti possiamo sperimentare fin da adesso, se mettiamo in pratica il comandamento nuovo dell’amore scambievole. Scoprendo il Cielo nascosto nel cuore di ogni fratello, diventeremo, come Madre Teresa di Calcutta, mendicanti di Cielo, persone che sanno scorgere nelle piaghe nascoste nei dolori quotidiani, nelle divisioni, le feritoie da cui traspare il Cielo. E avremo così la gioia di vedere un mondo dove tutti sanno di avere un Padre e di essere fratelli fra loro.

Ho quindi affidato a Santa Maria del Rovo il cammino della comunità parrocchiale con questa preghiera di Chiara Lubich:

«E se qualche volta, intonando il Rosario,
una colata di Cielo ci circonda
e tutto il mondo, per quanto bello sia,
si appanna a quell’incanto,
che sarà incontrarti in cielo Maria?».

Alla fine come mio dono personale ho consegnato a tutti una card che da un lato riportava la Parola di vita del mese e dall’altro l’immagine di Madre Teresa di Calcutta con la scritta: “Mendicanti di Cielo”.

Molti sono stati gli echi e ancora oggi incontro persone che mi ringraziano e mi assicurano di condividere quanto ho proposto e offrono la loro disponibilità per i bisogni della comunità.

Ora la riconciliazione è in atto e la comunità ha ripreso il suo cammino nella pace.

Michele Fusco