Flash di vita

Echi incoraggianti

    

Un grande messaggio in piccoli gesti

In seguito al nostro articolo “Tanto amore e un pizzico di fantasia” nel numero scorso, il responsabile dell’Ufficio per il coordinamento della pastorale della diocesi di Vicenza, mons. Renato Tommasi, ha inviato questa simpatica lettera al parroco di Almisano.

«Carissimo don Mariano, ho letto con partecipazione il “flash di vita” che hai raccontato per la rivista Gen’s, e ho provato gioia per la serenità con la quale stai vivendo il tuo ministero pastorale, e per le cose belle e importanti che stai scoprendo nella tua vita quotidiana, sulla scia della spiritualità focolarina che hai ricevuto in dono.

Mi riferisco in particolare alla forza dei piccoli gesti, all’interno dei quali può passare un messaggio “grande” come quello dell’amore di Gesù. Penso, infatti, che questa esperienza possa contribuire a far crescere una comunità capace di relazioni cristianamente vere e significative, e quindi in grado di costituire il “grembo della fede” nel quale si “diventa cristiani”, attraverso la piena e gioiosa condivisione di quel “cammino di Emmaus” che porta a incontrare – nella fede – la sorgente della nostra possibilità di amare, Gesù morto e risuscitato.

Ti ringrazio per la tua comunicazione fraterna e t’incoraggio a continuare il cammino avviato, arricchendo con il dono della tua esperienza spirituale la vita e le scelte pastorali della nostra Chiesa diocesana».

Crescono in parrocchia
l’unità e la fiducia

Quest’altra lettera allo stesso parroco mostra quanto sia necessario premettere la testimonianza all’insegnamento per rendere credibile il nostro annuncio evangelico.

«Don Mariano, mi permetta di esprimerle questa riflessione che ho fatto su di lei, ripensando a questi primi mesi della sua presenza nella nostra comunità.

Per me è stato sorprendente il suo atteggiamento, senza dubbio sincero, di apertura, di stima, di fiducia e disponibilità verso tutti.

È incredibile come sia riuscito a volerci bene lei per primo, fin da subito, come se ci conoscesse da sempre.

La semplicità nel farci partecipi delle sue esperienze, del suo incontro personale con Dio e la sua capacità di premettere l’azione all’insegnamento, ci stanno dando una grande lezione di fede e un esempio incoraggiante.

Tutto ciò, unito alle iniziative finora proposte, ha certamente contribuito ad aumentare il clima di familiarità, di unità e di fiducia in parrocchia.

Credo che tutto questo è stato e deve continuare ad essere il “pane quotidiano” per mantenere viva e accrescere la nostra fede.

Per me personalmente, la sua presenza qui ha un significato ancora più profondo. Il messaggio di stima e amore reciproco che ha portato con sé, mi ha scosso la coscienza.

È stato come un “fulmine fragoroso” che mi ha costretta ad interrogarmi, ancora una volta, sulla mia capacità di “amare tutti”.

Di questo la voglio ringraziare, perché con il suo esempio ci sta richiamando ad una vera e continua conversione».

 

La vita di comunione
prepara al ministero

Formarci alla comunione

«Ho avuto modo nel mio Paese, in Africa, di conoscere dei sacerdoti diocesani che, vivendo la spiritualità dell’unità, erano impegnati a coniugare costantemente la Parola con la vita. Forse per questo il mio vescovo mi ha incoraggiato a prendere parte a questa “scuola di comunione” per sacerdoti che si svolge nella cittadella di Loppiano.

Qui ho ricevuto un’accoglienza calorosa da parte di tutti, eppure essi provengono da diverse nazioni e culture. Il sacerdote con cui condivido la stanza mi ha fatto sentire a casa con la sua amicizia, ma soprattutto con la sua pazienza di rispondere alle mie domande sulla vita di questa scuola così originale.

Appena giunto ho incontrato naturalmente delle difficoltà dovute al cambiamento di clima e di cibo e alla conseguente preoccupazione per la mia salute. Proprio per quest’ultimo motivo sono stato scelto per lavorare nella stireria. Prima pensavo che stirare e cucinare fosse un lavoro esclusivo per donne, poi mi sono accorto che qui tutti fanno i lavori di casa. Non nascondo la mia meraviglia nel vedere sacerdoti e seminaristi che sanno cucinare, servono a tavola, lavano i piatti,  rattoppano e stirano i vestiti.

All’inizio ho lavorato solo per adempiere un compito. Pian piano ho capito che il lavoro è amore concreto per chi usa quei vestiti ben stirati. Ho imparato a farlo come espressione d’amore a Dio nel fratello. La Scrittura dice che non si può dire di amare Dio che non si vede, se non si ama il fratello che si vede (cf 1Gv 4, 20-21).

Lavorando quattro ore al giorno con puntualità e serietà, ho sperimentato quanto sia formativo anche per noi sacerdoti il lavoro manuale. La mia formazione di prete mi aveva allontanato dalle attività più umili come quelle della casa. Qui ne ho scoperto le ciò mi ha aiutato a concepire il senso profondo del mio sacerdozio ancor più come servizio. Rifare il letto, curare l’armonia della stanza, lavorare nel giardino: tutto questo ha cooperato a farmi riscoprire la fratellanza che mi lega ad ogni creatura umana.

Dopo alcuni mesi mi sono reso conto che la mia formazione filosofica e teologica, se non poggiata sul Vangelo vissuto, era incompleta. Avevo appreso tante nozioni teologiche, ma avevo poca fede e poca carità. Invece qui ho vissuto come in una famiglia allargata, dove tutti sono impegnati nel vivere il comandamento nuovo.

L’amore scambievole costante mi ha aperto gli occhi sul mio spirito critico nei confronti di tutti e di tutto. Vedendo nell’altro Gesù, ho capito che criticandolo, uccido la sua presenza in mezzo a noi. Quando invece mi metto in un atteggiamento di accoglienza, la critica svanisce e il pregiudizio perde senso, mentre crescono l’amore e l’unità e sperimento un po’ di paradiso qui in terra.

Questa esperienza ha avuto un forte impatto sulla mia mentalità e sui miei rapporti, e mi ha fatto apprezzare maggiormente la mia chiamata. Ho sentito che la mia prima vocazione è di essere in unità con Dio e con il prossimo. Sono stato ordinato al ministero per contribuire all’edificazione del regno di Dio. E per far questo è importante ascoltare la voce dello Spirito che mi parla non solo nel mio intimo ma anche attraverso gli altri, vivendo in unità.

 

Antonio M. Gbosimba