La Chiesa nel mondo

La parola del Papa

All’Opus Dei

Nel centenario della nascita del fondatore dell’Opus Dei, il beato Josemaría Escrivá, Giovanni Paolo II ha voluto sottolineare alcune note caratteristiche della sua spiritualità particolarmente attuali.

Ha ricordato che egli «fin dagli inizi del suo ministero sacerdotale pose al centro della propria predicazione la verità che tutti i battezzati sono chiamati alla pienezza della carità, e che il modo più immediato per raggiungere questo comune traguardo si trova nella normalità quotidiana. (…)

«Per ogni battezzato, che voglia seguire fedelmente Cristo, la fabbrica, l’ufficio, la biblioteca, il laboratorio, l’officina, le pareti domestiche possono trasformarsi in altrettanti luoghi di incontro con il Signore, che scelse di vivere per trent’anni nel nascondimento. Si potrebbe forse porre in dubbio che il periodo passato da Gesù a Nazaret fosse già parte integrante della sua missione salvifica? Anche per noi, pertanto, il quotidiano, nel suo apparente grigiore, nella sua monotonia fatta di gesti che sembrano ripetersi sempre uguali, può acquistare il rilievo di una dimensione soprannaturale ed esserne in tal modo trasfigurato.

«Nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte – continua il Papa – ho ricordato, in proposito, che l’ideale della perfezione cristiana “non va equivocato come se implicasse una sorta di vita straordinaria, praticabile solo da alcuni «geni» della santità”, ed aggiungevo: “È ora di riproporre a tutti con convinzione questa «misura alta» della vita cristiana ordinaria” (n. 31). A ogni battezzato il Signore concede le grazie necessarie per raggiungere i vertici della divina carità. I piccoli eventi della giornata racchiudono in sé un’insospettabile grandezza, e proprio vivendoli con amore verso Dio e i fratelli è possibile superare in radice ogni frattura fra fede e vita quotidiana. (…)

La preghiera, il lavoro e l’apostolato, come avete appreso dal beato Josemaría, si incontrano e si fondono se sono vissuti in questo spirito. Egli vi ha sempre incoraggiati ad “amare il mondo appassionatamente”. E aggiungeva un’importante precisazione: “Siate uomini e donne di mondo, ma non siate uomini o donne mondani” (Cammino, 939). Riuscirete così ad evitare il pericolo del condizionamento di una mentalità mondana, che concepisce l’impegno spirituale come un qualcosa riconducibile alla sfera privata e pertanto irrilevante per l’agire pubblico».

 

Alla Comunità di Sant’Egidio

Il 7 febbraio scorso Sant’Egidio commemorava i 34 anni di fondazione con un raduno internazionale a Roma di vescovi e sacerdoti e di personalità di varie Chiese e Comunità ecclesiali. Il Papa ha messo in rilievo il primato della santità e della preghiera nella vita di questo Movimento ecclesiale.

«Tra le dimensioni decisive del cammino della Chiesa – ha detto il Papa – ci sono la santità e la preghiera: “Per questa pedagogia della santità c’è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell’arte della preghiera” (NMI, 32). Le nostre comunità cristiane debbono diventare autentiche “scuole di preghiera” (ibid., n. 33). La Comunità di Sant’Egidio ha tratto la sua forza di amore proprio dallo sforzo di farsi “scuola di preghiera”. Ogni sera, a Roma, i suoi membri si raccolgono nella basilica di Santa Maria in Trastevere a pregare. E così fanno gli aderenti alla Comunità nelle chiese dislocate in tante altre parti del mondo. (…)

Il secolo appena iniziato attende che il Vangelo venga comunicato “sine glossa”, come amava dire san Francesco; attende discepoli che ne siano testimoni coerenti sino in fondo. Sta davanti a noi l’innumerevole schiera di vescovi, di sacerdoti e di fedeli, che nel Novecento hanno dato la loro vita per il Vangelo. La testimonianza di questi “nuovi martiri”, che ho voluto ricordare in modo particolare durante il Giubileo, sia per tutti noi un’eredità preziosa.

Sono certo che l’amicizia con la Comunità di Sant’Egidio vi è di giovamento sia sul piano personale che su quello ecclesiale. Ho incontrato la Comunità fin dall’inizio del mio pontificato, e ne ho potuto constatare la vitalità spirituale e la passione missionaria. L’ho vista operare nella Chiesa di Roma e di qui incamminarsi per le vie del mondo. Mi piace ricordare un bel canto che la accompagna ovunque: “Noi non abbiamo molte ricchezze, ma solo la Parola del Signore”. Questo canto, in cui riecheggiano le parole di Pietro al paralitico seduto alla Porta Bella del Tempio (cfr At 3,6), ricorda come il Vangelo sia la vera forza della Chiesa e la sua ricchezza. Lo era agli inizi e lo è ancora oggi...

Mentre ringrazio monsignor Vincenzo Paglia per le parole che mi ha rivolto, saluto di cuore il professore Andrea Riccardi, che in quel 7 febbraio del 1968 iniziò il cammino della Comunità. Sono ormai passati 34 anni. Sono stati anni di ascolto del Vangelo e di amicizia con tutti. Si potrebbe dire che l’amicizia caratterizza ogni dimensione della vita della Comunità di Sant’Egidio. L’amicizia vissuta con sensibilità evangelica è un modo efficace di essere cristiani nel mondo: permette di varcare frontiere e di colmare distanze, anche quando sembrano insuperabili. Si tratta di una vera e propria arte dell’incontro, di un’attenzione premurosa per il dialogo, di una passione amorevole per la comunicazione del Vangelo. Questa amicizia diviene forza di riconciliazione; una forza davvero necessaria in questo tempo drammaticamente segnato da conflitti e da scontri violenti.

Abbiamo appena celebrato l’incontro di preghiera per la pace nella città di san Francesco. Dal primo incontro del 1986, la Comunità si è fatta promotrice, anno dopo anno, di incontri che hanno portato lo “spirito di Assisi” a soffiare nel cielo di varie città europee. Ne è nato come un singolare movimento di uomini e di donne di religioni diverse i quali, senza confusione alcuna, non cessano tuttavia di invocare da Dio la pace per tutti i popoli.

Questo inizio di millennio, venerati Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, amici della Comunità di Sant’Egidio, vi trovi tutti attenti alla chiamata del Signore, perché “andiate al largo” a comunicare a tutti i popoli il Vangelo dell’amore».

 

A Comunione e Liberazione

In occasione del ventesimo anniversario del riconoscimento pontificio della “Fraternità di Comunione e Liberazione”, il Papa ha inviato una lettera autografa a mons. Luigi Giussani. Ne riportiamo qualche stralcio che ben qualifica l’importanza di questo carisma per il nostro tempo.

«Riandando con la memoria alla vita e alle opere della Fraternità e del Movimento, il primo aspetto che colpisce è l’impegno posto nel mettersi in ascolto dei bisogni dell’uomo di oggi. L’uomo non smette mai di cercare: quando è segnato dal dramma della violenza, della solitudine e dell’insignificanza, come quando vive nella serenità e nella gioia, egli continua a cercare. L’unica risposta che può appagarlo acquietando questa sua ricerca gli viene dall’incontro con Colui che è alla sorgente del suo essere e del suo operare.

Il movimento, pertanto, ha voluto e vuole indicare non una strada, ma la strada per arrivare alla soluzione di questo dramma esistenziale. La strada, quante volte Ella lo ha affermato, è Cristo. Egli è la Via, la Verità e la Vita, che raggiunge la persona nella quotidianità della sua esistenza. La scoperta di questa strada avviene normalmente grazie alla mediazione di altri esseri umani. Segnati mediante il dono della fede dall’incontro con il Redentore, i credenti sono chiamati a diventare eco dell’avvenimento di Cristo, a diventare essi stessi “avvenimento”.

Il cristianesimo, prima di essere un insieme di dottrine o una regola per la salvezza, è pertanto l’avvenimento di un incontro. È questa l’intuizione e l’esperienza che Ella ha trasmesso in questi anni a tante persone che hanno aderito al movimento. Comunione e Liberazione, più che ad offrire cose nuove, mira a far riscoprire la Tradizione e la storia della Chiesa, per riesprimerla in modi capaci di parlare e di interpellare gli uomini del nostro tempo. Nel Messaggio ai partecipanti al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e nuove comunità, il 27 maggio 1998, ho scritto che l’originalità del carisma di ogni movimento “non pretende, né lo potrebbe, di aggiungere alcunché alla ricchezza del depositum fidei, custodito dalla Chiesa con appassionata fedeltà” (n. 4). Tale originalità, tuttavia, “costituisce un segno potente, un richiamo suggestivo e convincente a vivere appieno, con intelligenza e creatività, l’esperienza cristiana. Sta in ciò il presupposto per trovare risposte adeguate alle sfide e alle urgenze dei tempi e delle circostanze storiche sempre diverse” (ibid).

Occorre ritornare a Cristo, Verbo di Dio incarnato per la salvezza dell’umanità. Gesù di Nazaret, che ha vissuto l’esperienza umana come nessun altro avrebbe potuto, si pone quale traguardo di ogni aspirazione umana. Solo in Lui l’uomo può giungere a conoscere pienamente se stesso

La fede appare in tal modo come un’autentica avventura della conoscenza, non essendo un discorso astratto, né un vago sentimento religioso, ma un incontro personale con Cristo, che dà nuovo senso alla vita. L’opera educativa che, nell’ambito delle vostre attività e comunità, tanti genitori e insegnanti hanno cercato di svolgere, è consistita proprio nell’accompagnare fratelli, figli, amici, a scoprire dentro gli affetti, il lavoro, le più differenti vocazioni, la voce che porta ciascuno all’incontro definitivo con il Verbo fatto carne...

Questo dialogo permanente con Cristo, alimentato dalla preghiera personale e liturgica, è stimolo per un’attiva presenza sociale, come testimonia la storia del movimento e della Fraternità di Comunione e Liberazione. La vostra è, in effetti, storia anche di opere di cultura, di carità, di formazione e, nel rispetto della distinzione tra le finalità della società civile e della Chiesa, è storia anche di impegno nel campo politico, un ambito per sua natura ricco di contrapposizioni, in cui arduo risulta talora servire fedelmente la causa del bene comune.

In questi vent’anni la Chiesa ha visto sorgere e svilupparsi al suo interno tanti altri movimenti, comunità, associazioni. La forza dello Spirito di Cristo non smette mai di superare, quasi di rompere, gli schemi e le forme sedimentate della vita precedente, per urgere a inedite modalità espressive. Questa urgenza è il segno della vivace missione della Chiesa, in cui il volto di Cristo si delinea attraverso i tratti dei volti degli uomini di ogni tempo e luogo della storia. Come non stupirsi dinanzi a questi prodigi dello Spirito Santo? Egli compie meraviglie e all’alba di un nuovo millennio spinge i credenti a prendere il largo verso frontiere sempre più avanzate nella costruzione del Regno.

Anni fa, in occasione del trentennale della nascita di Comunione e Liberazione, ebbi a dirvi: “ Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace, che si incontrano in Cristo Redentore” (Roma, 29 settembre 1984, n. 4). All’inizio del terzo millennio dell’era cristiana, con forza e gratitudine vi affido di nuovo lo stesso mandato. Vi esorto a cooperare con costante consapevolezza alla missione delle diocesi e delle parrocchie, dilatandone coraggiosamente l’azione missionaria sino agli estremi confini del mondo».

a cura della redazione