“Un processo teso a far emergere il contenuto culturale dell'evangelizzazione, anche quale apporto qualificato dei cattolici alla vita del Paese”

 

Evangelizzare la nostra cultura: un progetto della Chiesa in Italia

di Vincenzo Zani

 

L’autore, già direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Conferenza episcopale italiana, ed ora sottosegretario alla Congregazione per l’educazione cattolica, è coinvolto in prima persona in questo progetto culturale. Egli ci introduce nello sforzo attualmente in atto in seno alla comunità cattolica italiana.

L’idea di un progetto culturale della Chiesa italiana appare, per la prima volta, nella prolusione del cardinale Camillo Ruini al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana nel maggio 1994.

Successivamente i vescovi hanno discusso questa proposta più volte: in particolare nella loro Assemblea generale del maggio 1995, nel Convegno ecclesiale di Palermo e nell’Assemblea straordinaria del novembre 1996. Punto di sintesi della fase di avvio può essere considerato il documento della Presidenza del gennaio 1997, Progetto culturale orientato in senso cristiano. Una prima proposta di lavoro, diffuso nel marzo successivo con il contemporaneo avvio del Servizio nazionale per il progetto culturale. A questo Servizio della Segreteria generale fanno capo da allora numerose iniziative di sensibilizzazione e di collegamento, a diversi livelli, tra realtà accademiche, ecclesiali, associative, culturali, ecc. operanti sul territorio.

Finalità del progetto: evangelizzare

Nel documento del gennaio 1997 si trova un’efficace descrizione, più che una definizione, del progetto culturale: esso è «un processo teso a far emergere il contenuto culturale dell’evangelizzazione, anche quale apporto qualificato dei cattolici alla vita del Paese» (ivi, 2). Questa formulazione sintetica è accompagnata da considerazioni di metodo e di obiettivi, con indicazioni di aree di approfondimento da privilegiare, e dall’importante precisazione che la cultura, di cui si parla, è da comprendere in senso antropologico, per indicare cioè «non soltanto le idee ma il vissuto quotidiano delle persone e della collettività, le strutture che lo reggono e i valori che gli danno forma» (ivi).

Questa affermazione sintetizza il senso di tale intuizione: la Chiesa italiana oggi deve far passare l’evangelizzazione, cioè il suo compito proprio, attraverso un rinnovato e più intenso confronto critico con le forme della cultura diffusa. C’è forte nei testi del cardinale Ruini, raccolti nel volumetto della Piemme Per un progetto culturale orientato in senso cristiano, la consapevolezza che stiamo dentro una svolta storica o, comunque, in una fase di transizione piena di incertezze e i cui sviluppi avranno conseguenze significative riguardo alla valorizzazione o all’emarginazione dell’eredità cristiana che ha alimentato e costruito la nostra civiltà. Si coglie in questi testi una forte passione intellettuale per il futuro del cristianesimo, in particolare del cattolicesimo italiano. Gli interrogativi si concentrano sulla qualità evangelica del nostro cattolicesimo, sui suoi tratti peculiari nel quadro del cattolicesimo europeo, sulla sua disponibilità al dialogo con le altre componenti religiose e culturali presenti nel contesto pluralistico della società italiana odierna, sulle sue potenzialità di proiezione missionaria e, più al fondo, sulla sua capacità di tenuta di fronte ai corposi processi di scristianizzazione della mentalità e del costume che sono sotto gli occhi di tutti.

Guardare fuori

Il progetto culturale nasce da queste domande e si alimenta di questa tensione verso una rinnovata capacità di testimonianza e trasmissione del messaggio evangelico della Chiesa italiana in tutte le sue articolazioni. Sono cadute, almeno in parte, le forti tensioni intraecclesiali degli anni Settanta e continuate ancora negli anni Ottanta – tensioni tra aggregazioni ecclesiali, tra queste e le parrocchie, tra progressisti e tradizionalisti, all’interno del clero, ecc. –, che hanno segnato una stagione della Chiesa italiana e hanno contribuito a renderla così autoreferenziale, assorbita dai problemi interni, come bloccata e incapace di slancio genuinamente missionario. Sono cadute tante polemiche interne e si fa ora possibile un nuovo cammino, in cui farsi carico degli enormi spazi di non credenza, di povertà spirituale e morale, di richiesta di senso, di domanda diffusa, ma vaga, di religiosità.

Indubbiamente un contributo al cambiamento è venuto dagli Orientamenti pastorali della C.E.I. degli anni Novanta, incentrati sul Vangelo della carità e tesi a rifare con l’amore il tessuto cristiano della comunità ecclesiale, affrontando le sfide dell’evangelizzazione e cogliendo le nuove frontiere della testimonianza della carità. Su questa linea si è inscritta la straordinaria esperienza del Convegno ecclesiale di Palermo riassunta nel documento finale Con il dono della carità dentro la storia. Ne è uscita una comunità cristiana con una consapevolezza ecclesiale nuova e l’umile atteggiamento che si interroga su cosa il Signore voglia oggi dalla Chiesa in Italia.

Il cattolicesimo italiano oggi

Al fondo di questi interrogativi c’è una lettura e una valutazione del cattolicesimo italiano di oggi, difficili da fare, ma abbastanza delineate da indagini svolte proprio in relazione al progetto culturale. I più recenti studi sociologici, realizzati per conto della C.E.I. dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, descrivono il nostro cattolicesimo come popolare, devozionale e che ha sentito molto nel passato e sente forte ancora oggi la dimensione sociale e politica.

Cattolicesimo di popolo

I dati raccolti dimostrano che c’è in Italia un cattolicesimo di popolo che sembra resistere alla pressione della secolarizzazione. Questa persistenza di un cattolicesimo di massa, che è singolare nel panorama europeo, si può spiegare per la speciale storia dell’Italia, terra che ospita il centro del cattolicesimo e che eredita lo straordinario lascito sia del cattolicesimo riformistico – che penetrò profondamente nelle popolazioni delle regioni italiane – sia della dimensione organizzativa e dello slancio attivistico del cattolicesimo intransigente dell’Otto-Novecento; ma più immediatamente si spiega anche per le scelte pastorali dell’episcopato italiano negli anni del dopo Concilio, che, a differenza di quanto avvenuto presso altre Chiese europee, come quella francese e quella tedesca, hanno mirato a salvaguardare il quadro di diffusa adesione alla Chiesa cattolica della popolazione. Questo tratto popolare del cattolicesimo italiano viene da alcuni visto come un peso, in realtà esso è piuttosto un compito che investe la Chiesa perché si faccia carico della cura della crescita della fede personale, fino al livello della testimonianza pienamente consapevole e matura.

Cattolicesimo devozionale

Il secondo tratto che denota il cattolicesimo italiano è il suo carattere devozionale. È l’eredità del cattolicesimo controriformista, della predicazione missionaria itinerante di gesuiti, redentoristi e cappuccini nel Sei-Settecento, che suggeriva ai fedeli la devozione al Crocifisso, alla Madonna e ai santi quale modalità ordinaria ed esemplare di esercizio della vita cristiana. Del resto la vita devota è l’ideale proposto da tanti maestri spirituali dell’età moderna, la modalità di perfezione cristiana possibile ai laici, secondo l’insegnamento che fu di san Francesco di Sales. E tanta parte della cura pastorale è tuttora indirizzata alla cura delle devozioni. Questi elementi, tuttavia, oggi rischiano di dissolversi o di trasformarsi in un fenomeno di mero consumismo religioso, condizionato e sottoposto alle leggi del mercato e richiamano la necessità di puntare decisamente sulla linea tracciata dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II, con la riscoperta della Sacra Scrittura, della vita di comunione con Cristo Risorto attraverso i segni sacramentali e di una testimonianza cristiana capace di fermentare l’intera società.

Con una dimensione sociale e politica

Il terzo tratto che connota il cattolicesimo italiano è quello della dimensione sociale e politica che lo differenzia da quello di altre nazioni europee. Non è solo la stagione della Democrazia cristiana, ma la diffusa sensibilità per la dimensione civile, per l’impegno sociale, per la testimonianza dei valori umani e cristiani nella società che connota in profondità la vicenda di tanto cattolicesimo italiano. Le organizzazioni cattoliche di volontariato sono una realtà imponente che svolge un’ammirevole opera di solidarietà umana nel Paese. Ma anche qui si tratta di agire nel sociale senza appiattirsi su un’ottica prevalentemente orizzontale, riscoprendo le ragioni ultime ed escatologiche del Vangelo.

Alcuni segni di povertà

Accanto alla rilevazione di questi tratti che caratterizzano il cattolicesimo italiano, si constatano anche, come ad esempio sul piano della creatività letteraria, filosofica ed artistica: in questi campi vi è quasi un’incapacità dei cattolici di esprimersi. Questa difficoltà di entrare in tutta la gamma dei linguaggi e della comunicazione non consente di avere peso sugli stili di vita dominanti, di far passare la visione cristiana della vita, di trasmettere il fermento evangelico nella cultura diffusa di oggi. Al fondo di questa difficoltà appare una sorta di anemia spirituale, l’assenza di un’anima autenticamente religiosa.

Questa constatazione rafforza la necessità di un progetto ecclesiale e pastorale che sappia combinare la dimensione della spiritualità, l’approfondimento attraverso la vita e lo studio delle verità rivelate e lo slancio di una testimonianza che sappia informare e creare cultura. È questo compito di evangelizzazione della cultura e di inculturazione della fede che definisce propriamente il significato e la finalità del progetto culturale: un’impresa per nulla facile, ma assolutamente indispensabile e connaturale ai compiti della Chiesa.

Proposte

Nel 1999 il Servizio nazionale della C.E.I. per il progetto culturale pubblica in un Sussidio dal titolo Tre proposte per la ricerca, una prima scelta di temi su cui è urgente avviare una profonda riflessione. Nell’introduzione del Sussidio vengono chiariti lo scopo, il metodo e i contenuti del Progetto. La polivalenza del progetto culturale non riguarda soltanto la sua struttura, ma anche gli effetti che esso vuole produrre e che intendono rispondere a esigenze avvertite da credenti e non credenti. Il soggetto del progetto culturale «è il popolo di Dio, che oggi vive in Italia e che si trova ad affrontare una situazione per molti versi nuova, caratterizzata da un accentuato pluralismo sociale e culturale. Si pone pertanto una forte sollecitazione all’apertura storica del cristianesimo, alla sua capacità di autentica innovazione. Sul piano pratico, è posta una sfida particolare alla varietà delle strutture pastorali, formative e culturali della comunità cristiana» (Ivi).

A livello di metodo di lavoro viene proposto uno stile aperto e fortemente interattivo così da configurarsi come una grande opera di comunicazione. Infatti il progetto culturale ha bisogno di esempi, opere e iniziative che manifestino questo clima e questo impegno e avverte la necessità di indicare uno schema di contenuti, che diano sostanza a questo movimento e che lo orientino, attuando nel merito dei temi questa logica di estroversione, e non di arroccamento, e nello stesso tempo di rinnovamento e di trasformazione del contesto culturale.

In questa linea di azione si sono distinti due livelli di contenuti del progetto culturale. Al primo livello, si vogliono affrontare quelle grandi aree tematiche, per se stesse interdisciplinari, che toccano i contenuti fondamentali della fede nel loro impatto con i nodi più vivi del pensiero e dell’ethos contemporanei. Un secondo livello riguarda quei temi emergenti nel dibattito culturale e nella vita sociale, cui appare necessario offrire risposte evangelicamente illuminate, che orientino il pensiero e l’agire comune dei cristiani e li rendano capaci di entrare in dialogo con tutti.

Dopo un periodo di riflessione comune che ha visto la partecipazione di diversi studiosi, si è ritenuto utile cominciare a operare alcune scelte. Tra le “aree tematiche”, quindi, sono state privilegiate le grandi questioni, che da sempre caratterizzano l’avventura della fede e il suo incontro con le culture, e, nel concreto, il dialogo del credente con il non credente: la questione della libertà, la questione sull’identità e la questione della verità. Esse sono affrontate secondo tre piste di ricerca, così formulate: libertà personale e sociale in campo etico; identità nazionale, identità locali, identità cristiana; interpretazione del reale: scienze e altri saperi. Su queste indicazioni, diversi soggetti si sono attivati per avviare gruppi di studio, seminari, convegni, pubblicazioni, ecc.

Sviluppi

Dalle prime intuizioni fino ad oggi le riflessioni e le iniziative per uno sviluppo del progetto si sono articolare intorno a due percorsi. Il primo ha visto snodarsi la graduale focalizzazione delle tematiche attraverso i periodici incontri e confronti del Forum, cioè un folto gruppo di docenti universitari di diverse discipline e di rappresentanti delle più significative istituzioni culturali presenti in Italia. In uno di questi Forum è emersa come centrale la questione antropologica e insieme l’esigenza di declinarla in termini nuovi: la persona è evidentemente crocevia dei processi di accelerazione che caratterizzano il tempo presente nei diversi ambiti della vita. L’ultimo Forum ha affrontato il tema Il futuro dell’uomo. Un progetto di vita buona: corpo, affetti, lavoro. Su questi temi si sviluppano diverse iniziative di riflessione e approfondimento. È solo un inizio di percorso che dovrà ulteriormente svilupparsi come modalità di discernimento del cambiamento in atto e di studio attraverso gruppi disciplinari o interdisciplinari che coinvolgono le differenti istituzioni culturali sparse sul nostro territorio.

Il secondo percorso è stato definito Cantiere del progetto culturale. Si tratta di una programmazione annuale sul territorio di iniziative definite dai diversi soggetti del progetto culturale: in primo luogo le diocesi, ma anche le università, i centri culturali, le proposte editoriali, i gruppi e i movimenti ecclesisali. In questa linea emerge sempre meglio il ruolo del referente del progetto che è stato scelto in ogni diocesi e della rete di collaborazioni che si vanno creando, in particolare a livello regionale. Il proliferare di iniziative anche spontanee, di diverso livello culturale, l’emergere di diverse competenze, i convegni svolti sul piano nazionale lasciano ora intravedere la necessità di un raccordo promozionale e propositivo, la costituzione di piccoli gruppi di lavoro per competenze e, quindi, il ruolo specifico di coordinamento del Servizio nazionale istituito presso la C.E.I.

Vincenzo Zani