Dieci principi della nuova evangelizzazione nel pensiero di Giovanni Paolo II e l’apporto che può venire dal Movimento dei focolari per attuarli

 

La nuova evangelizzazione

di Chiara Lubich

 

Portare la linfa vitale e rinnovatrice del Vangelo nei vari ambiti dell’attività umana è stata da sempre la passione di ogni fondatore. Oggi è particolarmente sentita da tutta la Chiesa, anche dai Movimenti ecclesiali. Quale il contributo del Movimento dei focolari? Ne ha parlato Chiara Lubich in occasione del recente convegno di vescovi di vari Continenti, nel Centro Mariapoli di Castel Gandolfo.

Signori vescovi, parlerò oggi della “nuova evangelizzazione”.

Non è la prima volta che tratto quest’argomento e devo dire che ne ho avuto sempre una gioia particolare.

Perché? Perché le indicazioni del Santo Padre al riguardo sono stupende, veramente particolari e attuali.

Ma anche perché – lo dico subito parlando a vescovi amici del nostro Movimento – mi sono resa conto di quanto sia vero ciò che il Papa dice nella Redemptoris missio e cioè che i Movimenti ecclesiali e le Nuove comunità «[sono un] vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l’attività missionaria propriamente detta»1, per cui egli si aspetta per la Chiesa soprattutto da essi una nuova primavera.

È per tale motivo perciò che, in ogni occasione, parlando della “nuova evangelizzazione”, ed elencandone i principali aspetti, non ho mancato di raffrontarli con quelli che caratterizzano queste nuove realtà ecclesiali e in particolare – è ovvio – col Movimento dei focolari. Spero ora fare cosa gradita se mi mantengo in questa linea anche al presente.

La “nuova” evangelizzazione

Come mai alla parola “evangelizzazione” è stato aggiunto l’aggettivo “nuova”?

Lo ha fatto Giovanni Paolo II nel 1983. Durante gli anni seguenti, poi, ha formulato dei principi, delle caratteristiche di questa “nuova evangelizzazione”.

Intanto occorre dire che, fin dai primi decenni del ’900, aveva in certo modo pronunciato questa parola “nuova” lo Spirito Santo, quando ha iniziato a mandare sulla terra – come fa di tempo in tempo – carismi particolari, per una rievangelizzazione della cristianità, che ne aveva bisogno, ed una più estesa evangelizzazione dell’umanità, dando origine così a vive e vibranti nuove forme associative, come i Movimenti, appunto, e le Comunità ecclesiali.

I principi e le caratteristiche più importanti della “nuova evangelizzazione” annunciata dal Santo Padre sono una decina.

L’evangelizzazione deve essere:

   nuova nel suo ardore;

   nuova nei suoi metodi;

  nuova nelle sue espressioni;

   il primo annuncio che deve fare: “L’uomo è amato da Dio”;

   è destinata alla formazione di comunità ecclesiali mature;

   occorre prima evangelizzare se stessi;

   la Parola del Vangelo che metterà in rilievo sarà l’amore;

   dovrà far attuare il Comandamento Nuovo di Gesù;

   non la si potrà realizzare senza puntare sulla santità;

   per una “nuova evangelizzazione” necessiterà naturalmente anche la Parola detta.

Tutti chiamati ad evangelizzare

Come si sa, le Parole di Gesù: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15) segnano la nascita dell’evangelizzazione.

Esse erano dirette ai suoi apostoli, ai loro successori ed a quanti avrebbero collaborato con loro.

E per 20 secoli è stato così.

Tutti i cristiani, e non solo, sono a conoscenza di missionari vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e qualche laico che, lasciando patria, casa, famiglia, lavoro, studi..., hanno adempiuto, lungo i secoli, questo comando. E a tutti è noto quale tipo di vita essi abbiano scelto per compiere tale missione; e quale esistenza, spesso eroica, abbiano condotto e conducano, ancor oggi, per annunciare il Vangelo alle genti. Evangelizzazione questa che, pensiamo, continuerà.

Primo principio:
“nuova nel suo ardore”

Tuttavia oggi la Chiesa, per bocca del Papa, afferma la necessità di una “nuova”.

Anzi, parlando ai vescovi del Celam in Haiti, già il 9 marzo ’83, il Santo Padre precisava: “nuova nel suo ardore”2. E sarà tale se, man mano che procede, cresce, in chi la promuove, l’unione con Dio.

L’evangelizzare gli altri, i prossimi, il mondo, ha da portare, dunque, un aumento dell’unione con Dio in chi la opera?

Può apparire nuovo quest’accostamento, ma non è così. Emerge infatti dalla Scrittura e dall’esperienza del nostro Movimento, che – come afferma Paolo nell’inno alla carità (1Cor 13, 1-13) – nulla vale se non è animato dall’amore al prossimo: nemmeno quindi l’evangelizzazione.

Poiché, però, vi è uno stretto legame fra l’amore al prossimo e l’amore a Dio, più cresce l’uno, più aumenta l’altro e viceversa.

Noi portiamo sempre l’esempio della pianticella: più cresce la sua radichetta, più s’alza il fusticino. E più s’allunga quest’ultimo – per il contributo dell’ossigeno, ad esempio –, più s’affonda la radichetta.

Ecco, quindi, la possibilità per tutta la Chiesa di un’“evangelizzazione nuova” che fa crescere l’unione con Dio, l’“ardore” nei cuori.

Secondo principio:
“nuova nei metodi”

Questa evangelizzazione deve essere “nuova nei metodi”3. Lo ha detto il Santo Padre nel 1988, in un’omelia a Salto, in Uruguay.

Nuova nei metodi significa che, questa volta, sarà attuata non solo da persone speciali, come sarebbero gli ecclesiastici o i religiosi, ma dall’intero popolo di Dio.

Vanno mobilitati, dunque, tutti i fedeli.

Ed anche qui: non è forse così per il nostro Movimento, come per tutti gli altri in genere?

Lo Spirito Santo, nel caso nostro, ha scelto sin dall’inizio proprio laici, o meglio laiche, per suscitare questa realtà ecclesiale, che è strumento di evangelizzazione.

E tuttora il nostro Movimento, anche se comprende tutti gli stati di vita, dai bambini ai vescovi, è costituito prevalentemente da laici. È anche qui, dunque, il popolo che evangelizza e lo fa da quasi 60 anni. Ora però questo metodo deve diventare prassi per tutta la Chiesa.

Terzo principio:
“nuova nelle sue espressioni”

La “nuova evangelizzazione” sarà nuova anche “nelle sue espressioni”4. Afferma sempre il Santo Padre: «È ormai tramontata, anche nei Paesi di antica evangelizzazione (come l’Europa), la situazione di una ‘società cristiana’, che (...) si rifaceva ai valori evangelici. Oggi si deve affrontare (...) una situazione (...) nel contesto della globalizzazione e del nuovo (...) intreccio di popoli e culture che la caratterizza»5.

Per questo occorrono nuove espressioni di evangelizzazione.

E non c’è dubbio che fra le forme di evangelizzazione moderne emergano i dialoghi, nei quali sono impegnati pure diversi Movimenti o Comunità ecclesiali.

Dialogo tra i cattolici

Il nostro Movimento, diffondendosi nel mondo – come loro sanno – ma lo riassumo per chi fosse nuovo a questo convegno – ha aperto sin dall’inizio, il dialogo nella nostra Chiesa, fra singoli cattolici e più recentemente fra i Movimenti ecclesiali e altre Associazioni, come pure con Famiglie religiose nate da antichi carismi.

È un dialogo che, fra il resto, raggiunge lo scopo tanto desiderato oggi dalla Chiesa: essere “comunione”, “Chiesa-comunione”.

Dialogo ecumenico

Nel 1961 è iniziato poi quello ecumenico, dove facciamo calcolo del molto che abbiamo in comune con i cristiani delle altre Chiese: il battesimo, la Scrittura, il credo, i primi concili, e la nostra stessa spiritualità dell’unità, che si vive insieme quasi integralmente. Essa è ritenuta qua e là, fra il resto, spiritualità ecumenica.

In tal modo, per tutti questi elementi comuni, sentiamo di poter già formare con i cristiani di 350 Chiese, che aderiscono al nostro Movimento, un solo popolo cristiano in attesa della piena unità. E ciò allevia di molto i dolori della divisione.

Dialogo interreligioso

Alla fine degli anni ’70 si è aperto il dialogo con i fedeli di altre religioni, nel quale, come primo passo, cominciamo col vivere assieme la “Regola d’oro” presente in quasi tutti i Libri Sacri, regola che, nel Vangelo, recita così: «Fate agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi» (cf Lc 6, 31). È quella regola menzionata recentemente ad Assisi dal Santo Padre e da altri.

Per l’amore al prossimo, che essa chiede da ambo le parti, è già possibile mettere a base del rapporto fra noi e gli altri l’amore reciproco. Ed ecco nascere brani di fraternità.

Poi, in questo clima, ponendosi sullo stesso piano, si può stabilire il dialogo col proprio partner, dialogo nel quale si cerca di farsi nulla per “entrare”, in certo modo, in lui.

Ci si pone quindi in quest’atteggiamento importantissimo e imprescindibile, che ha un duplice effetto: aiuta noi ad inculturarci nel mondo dell’altro, a conoscerne la cultura ed il linguaggio, e predispone l’altro ad ascoltare noi.

Si passa così al “rispettoso annuncio”6  bella e indovinata espressione del Santo Padre – dove, per lealtà davanti a Dio, a se stessi, come pure per sincerità davanti al prossimo, diciamo quanto la nostra fede afferma sull’argomento di cui si parla, senza con ciò imporre nulla all’altro, senza voler conquistare nessuno, senza ombra di proselitismo, quindi. Ma per amore.

Il nostro dialogo interreligioso abbraccia fedeli delle più importanti religioni: ebrei, musulmani, buddisti, scintoisti, indù, ecc., dai quali siamo spesso stimati ed amati sì da chiamarci a portare la nostra esperienza cristiana anche in moschee musulmane (in 40 finora negli USA), in templi buddisti, in centri ebraici, ecc.

Ci può essere poi chi abbraccia liberamente il cristianesimo, come è stato di migliaia di persone di un popolo africano, per il quale abbiamo dovuto costruire una chiesa ed è stata istituita la parrocchia.

Dialogo con persone di buona volontà

Anche le persone di buona volontà, pur senza un riferimento religioso, si rendono conto che l’amare gli altri non è solo dei cristiani, ma è un imperativo inscritto nel DNA d’ogni uomo, perché – così noi pensiamo – ogni uomo è creato ad immagine di Dio che è Amore.

Si può perciò amarsi a vicenda pure con loro e può nascere, anche con essi, il dialogo, col nostro “annuncio rispettoso” delle verità cristiane.

E, poiché credono nell’uomo, si lavora insieme, a gloria di Gesù, uomo oltre che Dio, a salvaguardare i grandi valori umani a cui danno, come noi, tanta importanza, quali la libertà, la solidarietà, i diritti umani, l’unità, la pace, ecc.

Ma i dialoghi non sono solo monopolio dei focolari. Altri Movimenti li praticano con grandi effetti. Ne è un modello la Comunità di Sant’Egidio.

Si tratta dei quattro dialoghi già annunciati da Paolo VI nell’Ecclesiam suam7, previsti oggi da Giovanni Paolo II per la Chiesa intera.

Quarto principio:
“l’uomo è amato da Dio”

Il primo annuncio da dare sarà: “L’uomo è amato da Dio!”8, perché – ha detto il Papa ai vescovi degli Stati Uniti nel 1998 – «l’evangelizzazione è lo sforzo della Chiesa di proclamare a tutti che Dio li ama, che ha offerto la propria vita per loro in Cristo Gesù e che li invita a una vita eterna di felicità»9. Meravigliosa sintetica definizione della Buona Novella.

E qui si può capire come la precisazione di questo doveroso primo annuncio da fare al mondo, non può non aver stupito noi ed altri. Non siamo soli, infatti, ad iniziare proprio, in tal modo, l’evangelizzazione.

Per quanto ci riguarda, come molti sanno, lo Spirito Santo, sin dai primi giorni della “nostra nuova vita”, ha impresso nel nostro cuore una forte convinzione: “Dio ci ama”. Dicevamo a tutti, in tutti i modi: «Dio ci ama immensamente».

E noi abbiamo creduto all’amore di Dio e, da allora, abbiamo continuato ad annunciarlo nei 58 anni di vita del nostro Movimento. Ed è stato da quella fede che tutto è incominciato e s’è sviluppato dando origine così alla nostra “spiritualità dell’unità”.

In obbedienza allo Spirito Santo, che parla nel Santo Padre, ora quest’annuncio potrà essere universalizzato in tutta la Chiesa.

Quinto principio: “formare
comunità cristiane mature”

«Questa nuova evangelizzazione, rivolta non solo alle singole persone ma anche ad intere fasce di popolazioni, (...) è destinata alla formazione di comunità ecclesiali mature»10.

“Comunità mature”. Mi sembra sia proprio questo, in genere, il traguardo che raggiungono i Movimenti e così il nostro.

Perché non ci si impegna tanto ad evangelizzare le persone unicamente, ad esempio, nella tenera età, né una volta ogni tanto con qualche missione o altro. L’evangelizzazione nei Movimenti è continua e può far sperare veramente nella formazione di comunità cristiane mature.

In particolare poi: «I laici – precisa il Papa nella Christifideles laici – hanno la loro parte da compiere nella formazione di simili comunità ecclesiali, non solo con la loro insostituibile testimonianza (nei vari ambiti umani), ma anche con l’azione missionaria vera e propria»11.

E non è forse questa la duplice azione dei laici, ad esempio, del nostro Movimento? Alcuni si dedicano all’annuncio del Vangelo attraverso le varie diramazioni del Movimento. Altri attraverso le cosiddette “inondazioni” (termine mutuato da san Giovanni Crisostomo12 per dire l’invasione della Sapienza evangelica negli ambiti umani più diversi: il mondo della politica, dell’economia, dell’arte, della scienza, della cultura, ecc.).

In modo analogo si comportano anche altri Movimenti, ed è certamente anche nei piani pastorali di certe diocesi.

Sesto principio:
“evangelizzare se stessi”

Ed ecco ora un altro principio per una “nuova evangelizzazione” che il Santo Padre ha annunciato, sempre nel 1998, ai pellegrini della diocesi di Torun, principio che a noi ha fatto grande impressione per la coincidenza del metodo. Certi Movimenti lo vivono e il nostro, in modo, vorrei dire, tutto particolare, alla lettera, in pieno.

«Non si può evangelizzare, se non si è personalmente oggetto di evangelizzazione», e quindi se prima non si evangelizza se stessi, perché «soltanto un uomo trasformato, per cui l’unico indicatore di strada e l’unica guida sono la legge d’amore di Cristo e la luce dello Spirito Santo, può operare una vera metánoia dei cuori e della mente di altri uomini, dell’ambiente, della nazione o del mondo»13.

Loro sanno come una delle prime nostre preoccupazioni, da sempre, è stata ed è quella di cambiare il nostro modo di pensare, di volere, di amare con quello di Gesù, vivendo sempre, per un certo periodo, parole del Vangelo dal senso compiuto. E ciò per rievangelizzare anzitutto noi stessi.

Ora chissà quali modi troverà ovunque la Chiesa per attuare questo principio, se già non lo fa.

Settimo principio:
“mettere in rilievo l’amore”

Questa trasformazione «si riassume prima di tutto nelle opere di misericordia»14, e quindi nell’amore del prossimo, così sempre il Papa ai pellegrini della diocesi di Torun.

E anche a noi, come a molti altri, pur dando la massima attenzione a tutte le Parole del Vangelo, lo Spirito Santo ha sottolineato particolarmente quella, in cui sta tutta la Legge e i Profeti: l’amore. «L’amore è la scintilla ispiratrice di tutto quanto si fa sotto il nome di focolare»15, così Giovanni Paolo II in un suo discorso diretto a noi nell’84.

Se poi specifica che l’amore si esprime nelle opere di misericordia o opere di carità, a testimonianza d’un amore vero, sappiamo che tutti i Movimenti le hanno, come il Movimento dei focolari. E senza numero sono nelle varie Chiese.

Ottavo principio:
“attuare il comandamento nuovo”

Per l’evangelizzazione è fondamentale la testimonianza dell’amore vicendevole. Diceva Gesù: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). E i primi cristiani davano pienamente questa testimonianza se di loro si diceva: «Guarda come si amano e l’un per l’altro è pronto a morire»16.

Nel Movimento dei focolari, come si sa, non solo si vuol vivere il Comandamento Nuovo, ma lo si pone a base di tutto, seguendo quanto san Pietro dice: «Prima di tutto abbiate fra voi il mutuo amore» (cf 1Pt 4, 8), che è per noi la norma delle norme.

Da qualche mese, poi, l’amore reciproco è sottolineato in modo tutto particolare nella Chiesa dalla Novo millennio ineunte dove è annunciata quella “spiritualità di comunione”, che il Santo Padre vuole vissuta ad ogni livello. La via maestra per poterla attuare è – come lui scrive – l’amore a Gesù crocifisso e abbandonato.

“Spiritualità di comunione” sinonimo della nostra “spiritualità dell’unità”, come il Papa stesso ha affermato in una lettera a loro, Signori Cardinali e vescovi, l’anno scorso17.

Nono principio:
“puntare alla santità”

Per la “nuova evangelizzazione” è chiesta ancora e si vede necessaria la santità18.

E pure qui: che dire della nostra esperienza?

I diversi membri del Movimento, che vari vescovi considerano tali da poter proporre come modelli, iniziando così un processo per la loro beatificazione, non sono forse una conferma che non solo è possibile farsi santi seguendo il nostro carisma, ma che, grazie a Dio, la tensione alla santità è presente nella nostra Opera in tutti i suoi membri chiamati ad evangelizzare il mondo?

D’ora in poi sarà dovere di tutti i cristiani tendere alla santità se vorranno contribuire efficacemente alla “nuova evangelizzazione”.

Decimo ed ultimo principio:
“la Parola detta”

«La “nuova evangelizzazione” sarà efficace se saprà proclamare dai tetti quanto ha prima vissuto nell’intimità con il Signore»19.

Lo facciamo noi? Certamente. E lo fanno tutti i Movimenti. La Chiesa intera vi tende in tanti modi.

Per quanto ci riguarda risuona la Parola in ogni nostro angolo: nei rapporti personali, nei nostri convegni e congressi, nelle oltre 170 Mariapoli temporanee o nelle 24 Cittadelle permanenti, ecc.

Si parla direttamente e attraverso i mezzi di comunicazione più moderni: stampa, radio, TV, teatro, collegamenti telefonici, complessi musicali, ecc.

Ecco un po’ i 10 principi lanciati dal Santo Padre. Ecco come lo Spirito Santo li ha sottolineati da tempo nella Chiesa attraverso i carismi più vari.

Per cui, come avranno capito, Signori vescovi, la “nuova evangelizzazione”, proposta dall’Alto, ha dato a noi le ali, come, penso, sarà stato per gli altri Movimenti.

Ora è una grazia enorme che il Papa l’abbia proposta, ed in questi termini, a tutta la Chiesa.

A noi non rimane, quindi, che metterci all’opera per incrementarla ed a tutti i cristiani per attuarla.

Che lo Spirito Santo ci dia di essergli fedeli.

 

Chiara Lubich

 

 

 

1)   Redemptoris Missio 72, in EV 12, 688.

2)   “La Traccia” 4 (1983), p. 269.

3)   “La Traccia” 9 (1988), pp. 523-525.

4)   Novo millennio ineunte 40.

5)   Ibid.

6)   Cf ibid. 56.

7)   Ecclesiam suam, in EV 2, 163-210.

8)   Christifideles laici 34 in EV 11, 1751-1752.

9)   “La Traccia” 19 (1998), p. 257.

10) Christifideles Laici 34, in  EV 11, 1751-1752.

11) Ibid.

12) Cf Giovanni Crisostomo, In Johannem Homelia, 51; PG 59, 284.

13) “La Traccia” 19 (1998), pp. 174-175.

14) Ibid.

15) “L’Osservatore Romano”, 21.8.1984, p. 5.

16) Tertulliano, Apologetico, 39,7.

17) Cf Lettera ai Vescovi amici del Movimento dei focolari, 14.2.2001, n. 3.

18) Cf Veritatis splendor 106. in EV 13, 2798.

19) Vita consecrata 81, in EV 15, 684.