Annuncio rispettoso
Chi osserva con attenzione la storia del mondo, almeno di
quello occidentale, non può non percepire che ad ogni grande svolta della
storia c’è stata la riscoperta di determinati valori evangelici, con o senza un
riferimento esplicito al cristianesimo. Basta ricordare l’opera civilizzatrice
dei monasteri benedettini in Europa o i tre famosi principi della rivoluzione
francese: libertà, uguaglianza e fraternità. La stessa ideologia comunista, se
ha avuto tanto seguito, non è perché si proponeva di promuovere l’uguaglianza?
E se poi ha fallito, non è perché ha dimenticato la libertà e la fraternità,
avendo voluto cancellare dalle coscienze la consapevolezza che siamo figli
dello stesso Padre? E se oggi il capitalismo selvaggio fa acqua da ogni dove,
affamando tanta parte dell’umanità, non è perché sottovaluta la fraternità
umana?
Forse mai come oggi il mondo ha
bisogno di un nuovo annuncio del Vangelo da parte dei cristiani. Ma come
parlare di Dio a chi è sommerso da tante parole allettanti, anche se
ingannatrici? Come far capire che la Parola vera e portatrice di vita è una
sola, quella inviata a noi dal Padre?
Anche nei Paesi tradizionalmente
cristiani la società ormai è sempre più multietnica e multiculturale ed è
segnata dalla presenza di religioni molto diverse tra loro. Bisogna farne
calcolo, senza inutili allarmismi. Sant’Agostino, che non era un uomo dalle
corte vedute, quando i Goti invasero la sua Africa, portando ovunque
distruzione, pensò fosse arrivata la fine del mondo. Invece iniziava per
l’Europa una nuova epoca, perché dopo Agostino sarebbe venuto Benedetto. E quei
popoli, che per secoli erano stati tenuti al di fuori dei confini dell’Impero
romano divenuto ormai cristiano, irrompevano dentro con violenza, quasi
volessero rimproverare ai cristiani del tempo di non aver portato loro
l’annuncio del Vangelo.
Forse non è azzardato pensare
che gli sconvolgimenti che travagliano l’umanità dei nostri giorni sono una
pressante invocazione per ricordare a noi cristiani di qualsiasi Chiesa e
comunità ecclesiale che, messa da parte le divisioni del passato e del
presente, dobbiamo saper accogliere e dialogare con tutti per costruire insieme
una civiltà nuova, quella dell’amore vero che, affondando le sue radici in Dio,
si pone decisamente a servizio di ogni uomo.
Nel portare così il proprio
contributo all’avvenire dell’umanità, in ogni Continente i cristiani devono
trovare la propria via per annunziare il Vangelo. Nel futuro, man mano che
questo annuncio prenderà forma nelle varie culture, potremo vedere bellezze
nuove sul volto della Chiesa.
Non è per questo che sono stati
celebrati i sinodi continentali? E non è su questa linea il magistero di Giovanni
Paolo II sulla nuova evangelizzazione? E il dialogo ecumenico ed interreligioso
non ci aprono a questi orizzonti?
Certamente dobbiamo prepararci a
donare il Vangelo innanzi tutto con la nostra vita. Mai un annuncio è stato
efficace, se smentito dalla vita di chi lo porta. San Gregorio Magno
consigliava agli evangelizzatori del suo tempo che prima di far risuonare la
loro parola, fossero con i fatti della loro vita testimoni qualificati di
quanto stavano per dire.
Oggi, però, non basta neanche
essere semplici testimoni, occorre che il nostro annuncio sia “rispettoso”,
rispettoso della libertà dell’altro. Dobbiamo ascoltarlo fino in fondo, calarci
per quanto ci è possibile nella sua realtà culturale, valorizzare i semi del
Verbo disseminati nel suo cuore e farli crescere al calore dell’amore.
È un’arte che può sembrare nuova
e a qualcuno persino pericolosa, quasi volessimo porre sullo stesso piano tutte
le religioni. Eppure è un’arte già praticata dai santi. San Martino di Tour
evangelizzava i contadini pagani della sua terra, andando in mezzo a loro e
lasciando sul posto a due a due i suoi monaci che insegnassero a coltivare
meglio la terra e a scoprire piano piano anche le realtà del Cielo.
Non ha fatto così Teresa di
Calcutta con i suoi poveri? Non domandava loro se erano cristiani, ma li
raccoglieva e li curava: donava loro l’amore. E non di rado essi scoprivano il
tesoro del Vangelo e chiedevano il battesimo. Lo stesso si può dire di Charles
de Foucauld.
All’umanità di oggi, così gelosa
della propria libertà personale, il Vangelo non si può imporre neanche
appellandosi alla forza della verità, ma bisogna offrire ad ognuno l’occasione
di scoprirlo e di innamorarsene.
Vedremo allora rifiorire il
cristianesimo, un cristianesimo però più cosciente.
Enrico Pepe