Perché tutti siano uno

a cura della segreteria internazionale del movimento gens

 

Entrare nella logica della comunione

 

Aumenta, nei seminari, la presa di coscienza di quanto sia importante realizzare un’autentica vita di comunione. Ce ne ha scritto recentemente uno studente dell’Ungheria: «All’inizio di quest’anno nel nostro seminario è iniziato un cambiamento. Il nostro cardinale arcivescovo László Paskai ci ha parlato della spiritualità di comunione secondo la Lettera Apostolica Novo millennio ineunte. Era una sorpresa. Anche i nostri formatori sottolineano molto spesso il motivo della comunità. In particolare, il giorno di sabato è dedicato a questo scopo, con riunioni, gite, visite a sacerdoti, ecc.»

Naturalmente, per entrare nella logica della comunione, si esige un allenamento progressivo, che richiede tempo ed a volte anche coraggio. Così in un seminario d’oltralpe, dove la maggioranza degli studenti aveva preso l’abitudine di darsi del “lei’’ rivolgendosi ai loro compagni non con il nome, ma con un “signor N.’’. E’ bastato che alcuni si mettessero d’accordo di andare “controcorrente’’, per iniziare a creare un clima diverso e più fraterno.

Non a caso, Giovanni Paolo II, nella Novo millennio ineunte, fra gli ambienti in cui occorre promuovere una spiritualità della comunione, nomina esplicitamente i seminari e ribadisce la necessità di far emergere tale spiritualità come “principio educativo” (cf NMI 43). Davanti a tali istanze di comunione, è significativo come un giovane diacono colombiano, dopo anni di formazione alla vita comunitaria, ha reagito ad un attentato che ha colpito la casa a fianco alla parrocchia che gli era stata appena affidata. Dopo aver provveduto ai soccorsi immediati, ha fatto il giro dei sacerdoti della città, per accordarsi con tutti a vivere ancor più uniti, da veri fratelli. E’ proprio da questo nuovo passo nella comunione che è nato anche un aiuto concreto per le vittime di quel triste fatto.

Nella stessa nazione, studenti di vari seminari hanno deciso di dar vita, in occasione della prossima Mariapoli, l’annuale incontro estivo del Movimento dei focolari, ad una “scuola di comunione” per seminaristi, nello spirito della Novo millennio ineunte.

Ma non è l’unica iniziativa in questo senso. In Brasile si è concluso appena un congresso nazionale di seminaristi di cui riferiamo sulle prossime pagine. Un analogo appuntamento è in preparazione anche per l’Africa occidentale, con il titolo: «Gesù abbandonato: sorgente di una spiritualità di comunione per i sacerdoti». In Corea, nel Kenya, in Polonia, a Roma ed in altri posti ancora, esistono ormai incontri annuali che offrono ai seminaristi la possibilità di approfondire insieme i cardini di una spiritualità di comunione. Ed ogni volta è un appuntamento con la speranza. Perché è nella logica della comunione il nostro futuro.

 

Brasile: seminaristi a congresso

50 ore in pullman

C’è festa alla Mariapoli Ginetta, cittadella del Movimento dei focolari vicino a San Paolo. Sono appena giunti due pullman dai quali scendono 80 seminaristi del Nordest del Brasile. Erano partiti da Recife la mattina del 26 dicembre. Tre giorni e due notti di viaggio, ma sui volti dei nuovi arrivati non c’è stanchezza. La gioia di incontrarsi con seminaristi di tutti gli stati del “subcontinente’’ brasiliano, 300 in tutto, fa dimenticare ogni fatica.

La mattina dopo, il 29 dicembre alle ore 9.00, si apre il secondo congresso nazionale di seminaristi, promosso dal Movimento dei focolari. Due clown danno il benvenuto ad un’assemblea che vibra d’attesa. E si capisce immediatamente: qui non si tratta di un convegno scientifico sull’ecclesiologia, ma di un’esperienza vitale di Chiesa. Lo dice lo stesso titolo del congresso, che campeggia sul fondo del palco: «Vida de comunhão para a Igreja comunhão - vita di comunione per la Chiesa comunione».

Preparazione piena di sorprese

«Verremo in 80 e non solo in 50» avevano fatto sapere, un mese prima del congresso, quei seminaristi del Nordest, con una telefonata a Ricardo Pinto e Mário Spakí, che coordinano la preparazione del congresso. Ed hanno messo in comune la loro preoccupazione di non avere i soldi per pagare un secondo pullman. Mancano 3000 Reals (ca. 1.600 dollari). Ricardo e Mário si guardano in faccia e, non avendo nulla a disposizione, si dicono: «Sicuramente il Padre farà qualcosa». Due giorni dopo un sacerdote, che ha sentito parlare del congresso, comunica di voler contribuire con 3000 Reals. Né uno in più, né uno in meno!

Innumerevoli anche le attività, in ogni angolo del Brasile, per raccogliere fondi. Non mancava l’impegno e neppure la fantasia. Tutto era buono per essere messo in palio attraverso lotterie improvvisate: una bicicletta, dei CD, un’antenna parabolica… C’era chi vendeva Hot Dog e chi inventava la “serata della lasagna” con una grande fede ed un amore che si vedeva. Qualcuno ha commentato: «Così come sono, riuscirebbero a vendere sabbia persino nel deserto».

La Chiesa - casa di comunione

Nella scia della Novo millennio ineunte, il congresso ha presentato ai partecipanti i punti fondamentali della spiritualità di comunione come sono emersi nella storia del Movimento dei focolari. Momenti di riflessione teologica si alternavano con esperienze di comunione vissuta, presentate da seminaristi, giovani, sacerdoti ed anche da una famiglia. La presenza di sei vescovi – uno di loro ha partecipato all’intero convegno – era una forte testimonianza e sottolineava l’importanza di quest’iniziativa per la Chiesa in Brasile. Ha detto Dom João d’Aviz, vescovo di Ponta Grossa: «La partecipazione di 300 seminaristi, provenienti da ogni parte del paese, significa per il futuro cammino della nostra Chiesa una speranza enorme».

Per tutti, infatti, i cinque giorni del congresso erano una scoperta indimenticabile; scoperta di quella Chiesa comunione di cui ovunque si parla, ma che spesso stenta a farsi vita. Era per i seminaristi un’esperienza formidabile sentirsi profondamente fratelli con tutti: con colleghi di provenienza geografica, sociale e spirituale totalmente diversa, con sacerdoti e laici e anche e soprattutto con i vescovi che, dopo aver svolto un tema di teologia, facevano con tutti la fila per il pranzo o aiutavano a sparecchiare i tavoli. «Qui ho trovato una Chiesa nuova», ha commentato  Marcos di Bel Horizonte «Il mio concetto di sacerdozio è cambiato profondamente. Sono passato da un’esperienza di vaga religiosità ad un’esperienza del Dio vivo». E un’altro seminarista: «Appena arrivato mi sono trovato a casa e mi sono detto, in questo posto non mi sentirò solo».

Una rete di comunione

Nessuno voleva ripartire senza rimanere collegato con gli altri, per continuare l’esperienza iniziata e diffondere insieme quella spiritualità di comunione che si è potuta conoscere in quei giorni e che il Papa vuol vedere promossa nella Chiesa intera. Commentava Gustavo: «Per me che sono membro del Rinnovamento dello Spirito credo che sia preziosissimo vivere il Carisma del Focolare. Penso che sia ideale per una vera comunione nella Chiesa».

Ancora prima della partenza, i seminaristi di ogni regione del Brasile hanno fatto un piccolo programma per l’anno che sta iniziando. Hanno fissato le date per i prossimi appuntamenti nelle diverse regioni, hanno creato una rete d’informazione per far circolare le esperienze fra tutti, e hanno lanciato la sfida di venire al prossimo congresso nazionale non tanti in più.

Ma in fondo, non è giusto parlare di “congresso nazionale” perché c’erano, fra i partecipanti, anche otto studenti del Paraguay che, vista la loro situazione economica, quasi per miracolo sono riusciti a venire a San Paolo. Da tempo avevano fatto di tutto per trovare i mezzi per il lungo e costoso viaggio. Racconta Oscar: «Prima di entrare in seminario facevo il pugile; e per questo ero sempre in viaggio. Ora ho girato di nuovo tutto il Paraguay per trovare i soldi per la nostra venuta in Brasile». E un suo collega: «Ero arrivato all’incontro con un forte dolore nell’anima, a causa di una situazione difficile a casa mia. Durante questi giorni qualcuno ha messo dentro di me una gioia ed una pace infinita». Sono ripartiti per Asunción con la decisione di essere nel loro seminario al servizio di ciascuno e di far crescere la comunione fra tutti.

 

Seminaristi di 20 nazioni a Istanbul

In ascolto delle Chiese d’Oriente

Un breve videofilm documenta l’indimenticabile esperienza che 50 seminaristi di 20 paesi hanno potuto vivere dal 17 al 28 luglio 2001 nell’antica Costantinopoli, a stretto contatto con le Chiese d’Oriente.

Informato dell’iniziativa, il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, card. Walter Kasper, in un messaggio ai seminaristi, ha formulato la sua gioia per questo corso nel luogo «dove si sono riuniti i sette Concili ecumenici che hanno stabilito la fede comune a cattolici e ortodossi». Ed ha espresso la convinzione che «nei partecipanti tale esperienza lascerà un’impronta indelebile».

Il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, ricevendo il gruppo nel Monastero dell’Haghia Triada, già Accademia teologica del Patriarcato ecumenico, sull’isola di Halki, ha avuto parole piene di calore: «Oggi non c’e protocollo - ha affermato - dovete sentirvi a casa vostra». Ed ha improvvisato un discorso a braccio: «Con semplicità voglio esprimere la nostra soddisfazione sincera, la nostra autentica gioia di avere qui una cinquantina di seminaristi italiani, tedeschi, francesi, africani, asiatici… da tutta la oikumene, seminaristi che appartengono al nostro Movimento, così amato e apprezzato, dei Focolari». Ha quindi tracciato un quadro dei rapporti fra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa durante gli ultimi cinquant’anni, ed ha concluso: «Purtroppo non possiamo ancora celebrare e avere la comunione dello stesso calice, ma lavoriamo e preghiamo per questo. Come diceva [il Patriarca] Athenagoras, questo giorno grande e glorioso verrà».

In un clima non meno cordiale si sono svolti anche gli incontri con il Patriarca degli Armeni Apostolici ad Istanbul e in tutta la Turchia, Mesrob II Mutafyan, il quale ha sottolineato l’importanza della spiritualità del Focolare, incentrata nella vita della famiglia di Nazaret, per rendere concreta e accessibile la “comunione trinitaria”, e con il Vicario patriarcale per i siro-ortodossi in Turchia, il Metropolita Filiksinos Yusuf Çetin, che ha espresso ai seminaristi la sua gioia per l’incontro, avuto poche settimane prima, con Giovanni Paolo II a Damasco.

 

All’Università Gregoriana

Per invito del Rettore Magnifico, p. Franco Imoda s.j., il 27 novembre 2001 Chiara Lubich ha offerto la sua testimonianza di fede alla comunità accademica della Pontificia Università Gregoriana, prestigioso centro di studi a Roma che, da quando fu fondato nel 16° secolo da S. Ignazio di Loyola con il nome “Collegio Romano” ha formato decine di migliaia di futuri sacerdoti, religiosi, vescovi, professori di teologia e laici qualificati del mondo intero.

Aprendo l’incontro che si è svolto nell’Aula Magna alla presenza di oltre 500 persone, il Rettore ha sottolineato la speciale affinità fra l’Università Gregoriana e il Movimento dei focolari: «Credo che ci unisce questa preoccupazione, questo dono di cercare l’universalità, l’unità». Ed ha proseguito: «L’immagine che viene in mente davanti a Chiara, è quella del seme di senape del Vangelo che è piccolo all’inizio, ma che cresce e nei cui rami vengono a posarsi tanti uccelli del cielo». Nel suo intervento, Chiara Lubich ha raccontato le meraviglie alle quali lei e le sue prime compagne, guidati da un carisma dello Spirito Santo, hanno assistito dal 1943 ad oggi: la scoperta di una spiritualità di comunione incentrata tutta nel Vangelo, la nascita di un’Opera che raccoglie nel suo seno persone di tutte le vocazioni, i frutti insperati nel campo dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, l’irradiazione sempre più vasta anche negli ambiti più laici della vita umana, come la politica e l’economia. Un cenno alla “spiritualità di comunione” proposta da Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte all’intero popolo di Dio,  «dalle Eminentissime personalità della Curia Romana all’ultimo fedele», ha completato l’intervento che è stato seguito dall’uditorio con grande interesse.

Concludendo l’incontro, il Rettore Magnifico ha ringraziato Chiara Lubich per aver fatto vedere «come il Signore vivo può essere incontrato in una vita umana e trasformarla e comunicarsi a molti». Ed ha soggiunto: «Paolo VI diceva che la Chiesa ha bisogno di maestri, ma soprattutto di testimoni. Credo che ci è stata data una testimonianza e che a noi rimane l’invito, il messaggio di essere testimoni».

Un invito che è stato recepito come sottolineano i molteplici commenti a quest’incontro che per 40 minuti ha messo a confronto due realtà che rinviano l’una all’altra: il Vangelo vissuto e il mondo universitario.  «Chiara ha una incredibile capacità di comunicare», ha detto un giovane sacerdote italiano. E uno studente sudamericano: «Sono rimaste due cose nel mio cuore: la testimonianza di qualcuno che ha saputo incarnare in se stesso il Vangelo e la certezza che l’unità è possibile». Gli fa eco un suo collega: «Quello che più mi ha colpito è Gesù crocifisso e abbandonato come fonte e propulsore dell’unità fra gli uomini».