Sacerdote per l’unità

 

di Chiara Lubich

 

In visita alla nascente comunità del Movimento dei focolari a Buenos Aires, Chiara Lubich il 12 maggio 1966 ha parlato dell’importante contributo che d. Silvano Cola ha avuto per la nascita del Movimento sacerdotale dell’Opera di Maria. Col permesso dell’autrice, offriamo ai lettori questa testimonianza, così come l’abbiamo potuta raccogliere.

 

È stato proprio il Signore Dio a mettere d. Silvano in contatto con la nostra Opera. Sin da quando l’ho conosciuto a metà degli anni ’50, mi ha fatto una grande impressione. Per me è una di quelle persone che già in vita hanno fama di santità perché la gente dice: quello lì è un santo.

Ho avuto questa percezione ancora quando egli si trovava a Torino e sosteneva un folto gruppo di sacerdoti che vivevano profondamente la nostra spiritualità.

Ma questa impressione è stata più evidente nel 1963-64, quando il suo vescovo l’ha messo a disposizione dell’Opera di Maria ed è venuto a Roma dove, per diverse circostanze, per un lungo periodo ha dovuto abitare da solo. Lì ho visto che egli era capace non solo di reggersi in unità con altri, ma anche da solo, rivivendo Maria Desolata.

In d. Silvano si riscontrava un’autorevolezza che nasceva dalla vita e che era fuori dal comune, tanto che a Torino le cose sono andate avanti anche dopo la sua partenza, perché lui, oltre a sostenere tutti gli altri sacerdoti che erano in contatto col Movimento, ha sostenuto pure quelli nella sua diocesi di origine.

Mi ricordo che a Roma abitava in un appartamentino in Corso Vittorio Emmanuele, vicino al Palazzo della Cancelleria. Aveva pochissimi mobili e da solo provvedeva a tutto. Studiava Storia della Chiesa all’Università Gregoriana; poi diffondeva nuova vita, perché molti sacerdoti e religiosi desiderosi di vivere l’Ideale dell’unità andavano a trovarlo. Egli era sempre pronto a donarsi e a dare a tutti.

Ogni giorno faceva la spesa al mercato di Campo de’ Fiori. A Roma era sorprendente vedere un sacerdote in tonaca a fare le compere. E le donne del mercato facevano a gara: «Venga da me, padre, venga da me, venga da me!». Perché con il suo sorriso e il suo modo di fare si era reso simpatico a tutti. Era sempre nella gioia, in Gesù risorto.

Così d. Silvano ha incominciato da solo, senza appoggi. Ricordo una lettera che mi aveva scritto, diventata storica, perché con essa, in certo senso