I sacerdoti trovano nei Movimenti ecclesiali “scuole di comunione” per essere validi strumenti di unità

 

Non basta “dire” Cristo, occorre “farlo vedere”

 

del Card. Darío Castrillón Hoyos

 

Nella sua omelia nel primo giorno del Convegno il prefetto della Congregazione del clero, ispirandosi alle letture della liturgia, ha messo in luce la missione dei sacerdoti che, lasciandosi formare alla vita di comunione dai nuovi carismi, si rendono maggiormente docili nel riconoscere e nell’accogliere l’incessante azione dello Spirito Santo nella sua Chiesa, e più coraggiosi nell’intraprendere la grande avventura della nuova evangelizzazione.

"Prendi il largo!"

«Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi una cosa sola» (Gv 17, 21).

Carissimi concelebranti, venerati fratelli nel sacerdozio, cari fratelli e sorelle nel Signore!

Con profondo affetto e viva gioia mi rivolgo a tutti voi che prendete parte a questo Convegno sacerdotale internazionale, convocato ed organizzato dal benemerito Centro presbiterale del Movimento dei focolari all’alba del terzo millennio dall’incarnazione del Verbo.

Il tema congressuale che verte su “I Movimenti ecclesiali per la nuova evangelizzazione” ben risponde alle recenti esortazioni del Santo Padre che com’è noto, con la sua Lettera apostolica Novo Millennio 1neunte, ha voluto far riecheggiare in tutta la Chiesa l’imperativo “duc in altum: prendi il largo!” (Lc 5, 4), rivolto un giorno da Gesù a Pietro. Andiamo avanti con speranza!

«Il nostro passo, all’inizio di questo nuovo secolo – ha scritto il Pontefice – deve farsi più spedito nel ripercorrere le strade del mondo (...).

«Il Cristo risorto ci ridà come un appuntamento nel Cenacolo, dove la sera del primo giorno dopo il sabato (Gv 20, 19) si presentò ai suoi per alitare su di loro il dono vivificante dello Spirito e iniziarli alla grande avventura dell’evangelizzazione» (NMI, 56).

Cari fratelli sacerdoti, come gli Apostoli nel Cenacolo di Gerusalemme, siamo chiamati a fissare lo sguardo sul volto di Cristo risorto che ci assiste con la forza del suo Spirito, santificandoci e rendendo fecondo il nostro ministero pastorale!

Occorre andare! Occorre mettersi in cammino senza indugio. Si tratta di un imperativo che, nella prospettiva di questo Convegno, assume per noi un significato ben preciso: esso è una chiamata a rinnovare il nostro vivere in Cristo (cf Gal 2, 20) mediante una maggior docilità e disponibilità ad accogliere l’incessante azione dello Spirito Santo nella nostra vita sacerdotale e nella vita della Chiesa universale: è Lui il vero protagonista della nostra santità personale, è Lui l’agente principale della nuova evangelizzazione! (cf Redemptoris Missio, 30).

Gesù è il Sole che illumina e dà vita al mondo (cf sant’Agostino, Enarratio in Ps 10; Gv 8, 12), ed il Paraclito che abbiamo ricevuto nella consacrazione presbiterale e che ci ha conformati ontologicamente a Cristo richiede da noi, specialmente oggi, una più vibrante fedeltà ad essere il riflesso vivo e vivificante di quel Sole.

Sappiamo, inoltre, che è lo Spirito Santo ad offrire, in questo particolare momento storico, nei Movimenti e nuove Comunità ecclesiali i segni vivi della sua creatività vivificante, e «uno dei frutti più significativi di quella primavera della Chiesa già preannunciata dal Concilio Vaticano II» (Giovanni Paolo II, Messaggio al IV Congresso Mondiale dei Movimenti ecclesiali, 27.5.1998).

L’altum, verso cui il vostro Convegno c’invita ad andare è, dunque, un più intenso impegno contemplativo e, di conseguenza, un più forte dinamismo apostolico e missionario.

Con questi sentimenti ringrazio vivamente la Fondatrice e Presidente dell’0pera di Maria, Chiara Lubich, per avermi invitato ad incontrarvi in questa festosa circostanza.

Saluto tutti voi Sacerdoti che fate parte, a diverso titolo, dei Movimenti e delle nuove Comunità ecclesiali, che con il vostro sacro ministero rivitalizzate la freschezza e la bellezza della vostra vocazione sacerdotale, dono e mistero di inestimabile valore (cf 2Tim 1, 6).

Sui vostri volti, alcuni più giovani, altri segnati dal tempo e dalla fatica, riluce quell’affermazione di Pietro e di Giovanni rivolta a coloro che volevano opporsi alla loro predicazione: «Non possumus non loqui: noi non possiamo tacere» (At 4, 20). Dico a voi tutti grazie, perché la vostra vita è un incessante «annuncio di Gesù Cristo» (cf Fil 2, 11).

In voi, il mio saluto si estende, inoltre, a tutti i fedeli laici che appartengono ai Movimenti, disseminati in tutto il mondo.

Siate benedetti perché, seguendo Cristo, percorrete con il sorriso che emerge dalle profondità della vita di grazia, le orme dei discepoli di Emmaus lungo le strade dello sconforto umano e dell’ignoranza religiosa: nel lavoro, in famiglia, nelle scuole, nell’arte e nella comunicazione voi portate la luce di Cristo!

Siate benedetti per la vostra generosa ed instancabile diaconia della carità, di quell’amore misericordioso del Signore che fa sì che ognuno di voi guardi al prossimo bisognoso di sostegno materiale e spirituale, con gli occhi del buon Samaritano.

Servizio! Voi lo svolgete non solamente in questa splendida e rigogliosa Italia, ma anche nelle tante e lontane terre di missione spesso martoriate dalla divisione dell’odio e della violenza – in unione effettiva con il Santo Padre, a beneficio della Chiesa universale e delle Chiese particolari nelle quali operate.

Nuova Pentecoste:
far “vedere” Gesù

«Si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa» (At 2, 1-2).

La prima Lettura, tratta dal Libro degli Atti, ci ricorda quanto avvenne cinquanta giorni dopo la Pasqua a Gerusalemme. Alla presenza orante di Maria nel Cenacolo gli Apostoli sono riuniti in attesa di ricevere la “potenza dall’Alto”, quella luce e quella forza necessarie per ammaestrare le nazioni, ed annunziare con il dono delle lingue e con la testimonianza della vita, il Vangelo di Cristo, sempre lo stesso e sempre nuovo, in ogni tempo e nelle diverse culture ed in tutti i luoghi.

Come gli Apostoli in quella «grande sala al piano superiore» (cf Mc 14, 15), anche voi oggi siete uniti, come in un nuovo grande cenacolo, attorno all’ara del Sacrificio di questo Centro Mariapoli in comunione con Maria, la Madre di Gesù.

«Ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi» (At 2, 4).

L’odierna celebrazione eucaristica, amati sacerdoti, mi riporta alla memoria quei momenti suggestivi dell’incontro dei Movimenti ecclesiali e delle nuove Comunità con il Santo Padre, svoltosi, come ben ricorderete, la vigilia della Pentecoste nel 1998 in Piazza San Pietro, dove certamente molti di voi erano presenti.

In quella occasione Giovanni Paolo II, di fronte agli oltre 350.000 fedeli convenuti, elevava questa supplica: «Da questo cenacolo di Piazza San Pietro s’innalza una grande preghiera:

«Vieni, Spirito Santo, vieni e rinnova la faccia della terra (...) Vieni, Spirito di comunione e d’amore (...). Vieni e rendi sempre più fecondi i carismi che hai elargito. Dona nuova forza e slancio missionario a questi tuoi figli e figlie qui radunati (...). Rendili coraggiosi messaggeri del Vangelo, testimoni di Gesù Cristo risorto!».

Oggi, carissimi sacerdoti del nuovo millennio, nella imminenza della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, vi viene offerta dal Paraclito una nuova luce e una forza ristoratrice, portandovi con maggior pienezza a rivestirvi dei sentimenti di Cristo nella Sua unica Chiesa, e a lanciarvi per le strade del mondo per irradiare su tutti il volto amabile del Verbo incarnato, fino agli ultimi confini della terra.

Possono essere rivolte anche a voi quelle recenti parole del Santo Padre indirizzate ai giovani nella cattedrale greco-melchita di Damasco il 7.5.2001: «Vi invito oggi a dire Gesù Cristo con coraggio e fedeltà, in particolare ai giovani della vostra generazione. E non solo a dire Gesù Cristo, ma anche e soprattutto a farlo vedere. Nel vedervi vivere, i vostri concittadini devono potersi chiedere che cosa vi guida e che cosa costituisce la vostra gioia. Allora potrete rispondere loro: Venite e vedrete. Ed incontreranno in voi Cristo stesso, lumen gentium, luce di amore, di speranza e di verità!» (cf Ef 4, 24).

Nel vedervi vivere in Cristo, i fedeli potranno conoscere in voi la «manifestazione di Dio speranza dell’uomo, di Dio liberazione dell’uomo, di Dio salvezza dell’uomo» (Giovanni Paolo II, Omelia nell’Epifania del 1999).

Rispondiamo dunque all’azione del Paraclito con propositi concreti. Ecco il dono delle lingue: a servizio dei fedeli a voi affidati vogliate ripetere con maggior generosità i gesti di perdono e di offerta della salvezza, soprattutto dispensando i sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia.

Memori che «bisogna cominciare col purificare se stessi prima di purificare gli altri, ... essere santificati per santificare», come amava ripetere San Gregorio Nazianzeno (PG 35, 480), ci accosteremo noi stessi, con frequente regolarità, al sacramento del perdono, sacramento della gioia ritrovata e dell’amicizia divina riacquistata. «Solo chi ha sentito la tenerezza dell’abbraccio del Padre, quale il Vangelo lo descrive nella parabola del figliol prodigo – gli si gettò al collo e lo baciò (Lc 15, 20) – può trasmettere agli altri lo stesso calore, quando da destinatario del perdono se ne fa ministro» (Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo 2001, n. 10).

E offriremo, con sempre generosa disponibilità, il tesoro inestimabile della riconciliazione sacramentale a tutti i credenti sapendo che esso è sacramento di unità, perché ricompone nell’uomo la frattura originatasi nella vita della grazia, perché ricuce lo strappo della superbia umana nel tessuto del Corpo mistico di Cristo, facendo di ogni figlio dell’uomo un figlio di Dio.

Siate strumenti d’unità

«Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola (…). Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me» (Gv 17, 21-23).

Nella stessa parabola del figliol prodigo, all’abbraccio del Padre segue il banchetto festoso per il figlio ritrovato. Allo stesso modo il perdono sacramentale permette di prendere fruttuosamente parte all’Eucaristia nella ritrovata comunione con il Padre e nella Chiesa.

Amati Sacerdoti, siate strumenti di unità nell’esercizio del vostro ministero riconducendo i fedeli all’incontro con Cristo, soprattutto mediante la celebrazione dell’Eucaristia, conducendo tutti all’ortodossia della dottrina e alla motivata osservanza della disciplina ecclesiale.

Sappiamo che, soprattutto nell’Eucaristia, abbiamo realmente quella Porta di salvezza che Il Grande Giubileo ha illuminato e ha lasciato aperta, quella Porta viva che è Cristo stesso. Egli disse di sé: «Io sono la porta. Se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10, 9).

È verso questi pascoli che dovete guidare il gregge a voi affidato: con le vostre energie migliori e sostenuti dalla forza dello Spirito Santo, continuate ad annunciare fedelmente e a celebrare degnamente l’Eucaristia, che è l’evento evangelizzatore e missionario più efficace che possiate porre nella storia del mondo!

È dall’Eucaristia, infatti, che ogni credente trae la forza indispensabile per testimoniare a tutti il Vangelo della salvezza. È dall’Eucaristia che nasce la fonte perenne che irrora la terra con la feconda acqua della vita nuova.

Il pane spezzato apre la vita dei fedeli laici e dell’intera comunità alla condivisione e al dono di sé "per la vita del mondo" (cf Gv 6, 51) ed è Gesù che, da ogni tabernacolo, si fa compagno di viaggio del nostro quotidiano pellegrinare.

Tutti i Movimenti e le Comunità ecclesiali devono poter affermare, come fecero i martiri di Abitiné: «Noi non possiamo stare senza la cena dei Signore» (Dies Domini, 46).

Cari fratelli sacerdoti, noi non possiamo essere un muro collocato sul cammino della Porta e del pascolo salutare.

In effetti, ammirevole è lo zelo apostolico manifestato nelle vostre iniziative ed attività pastorali, ed encomiabili sono le iniziative pastorali da voi delineate. Andate avanti con speranza!

Immenso è il panorama apostolico che si apre dinanzi ai vostri occhi.

Come i discepoli nella moltiplicazione dei pani, voi fate giungere a tutti coloro che seguono il Signore il pane del divino Maestro. Possa ogni Eucaristia risvegliare lo stupore dei fedeli innanzi al tremendum mysterium: Voi nei Movimenti e nelle Comunità squarciate il velo di estraneità tra le persone, che si riconoscono realmente membri di uno stesso corpo, fatte tutte “uno in Cristo” (cf Gal 3, 28), in quel segno di unità e vincolo di Carità che ha l’Eucaristia come origine e culmine (cf SC, 47; LG, 7).

Avete la gioia di essere stati costituiti quali ponti che uniscono il Cielo alla terra, l’umano con il divino, il Figlio di Dio con il figlio dell’uomo, proseguendo l’opera inaugurata dal Redentore «mediatore di una nuova alleanza» (Eb 9, 15), per ricapitolare tutte lo cose in Cristo stesso.

"Affinché il mondo creda"

«Che siano una cosa sola, affinché il mondo creda» (Gv 17, 21).

Desidero concludere, venerati fratelli, esortandovi a rimanere uniti tra di voi: insieme con le vostre Comunità plasmate sulla pulsante vita della Chiesa universale, formate «un cuor solo e un’anima sola», perseverando «nella dottrina degli apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera» (cf At 2, 42; 4, 32).

Unità! Unità non emotiva ma effettiva; unità che cresce solo attorno alla verità oggettiva, attingendo al cuore stesso della Chiesa.

Nonostante le difficoltà, impegnatevi con ogni energia nel dialogo con i lontani dalla fede e con gli indifferenti nella fede, perché prosegua il cammino verso la piena unità dei discepoli di Cristo. Egli stesso è con noi e ci offre lo Spirito Santo per condurci verso quell’unità per la quale ha pregato il Padre.

«È sulla preghiera di Gesù, non sulla nostra capacità, che poggia la fiducia di poter raggiungere anche nella storia la comunione piena e visibile di tutti i cristiani» (NMI,  48).

In questa prospettiva proseguite sul cammino della promozione di una spiritualità laicale che aiuti i laici cristiani a vivere profondamente la loro vocazione alla santità «trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio» (LG, 31), e che aiuti i fratelli sacerdoti a vivere in pienezza la propria specifica identità.

Bisogna nutrire una profonda consapevolezza che la sfida di un’evangelizzazione efficace non può essere affrontata se non facendo leva sul compito profetico proprio di tutti i battezzati.

È urgente, dunque, la formazione del laicato che voi, amati sacerdoti, svolgete con tanta assiduità ed esemplare dedizione, in unione con gli Ordinari ed i rispettivi presbitèri. Dietro ad ogni laico ben formato c’è sempre un sacerdote veramente e totalmente sacerdote.

Ben sappiamo che spetta ai laici formati farsi lievito nella società per la salvaguardia di quei valori sui quali si gioca il futuro dell’uomo.

Mi riferisco in particolare al rispetto della vita umana, oggi sempre più insidiata da una cultura utilitaristica imbevuta di efficientismo, che si maschera come una cultura della libertà. Penso alla famiglia, alleanza di un amore indissolubile e alle responsabilità dei laici in campo professionale e politico che esigono una piena coerenza coi valori cristiani.

A Maria santissima, “porta dell’aurora”, affido il Convegno ed il cammino che vi attende: la Regina degli Apostoli e la Madre dei sacerdoti vi ottenga il dono della fedeltà alla missione ricevuta, il coraggio di proseguire con audacia e spirito di iniziativa nell’annuncio del Vangelo e la gioia della testimonianza della vostra identità: Cristo Gesù, unico Salvatore del mondo, «la vera stella di orientamento dell’umanità intera» (Dominus Jesus, 23).

Card. Darío Castrillón Hoyos